Testament + Annihilator + Death Angel @Live Club – Trezzo sull’Adda (MI), 1 dicembre 2017
Il 04/12/2017, di Andrea Schwarz.
Quello di questa sera è un package che non ha bisogno di presentazione alcuna: Death Angel + Annihilator + Testament. Insomma, sulla carta ci troviamo di fronte al meglio che il thrash metal oggi possa offrire. Ed a fine serata, possiamo certamente affermare che si è trattata di una grande, grandissima serata. Tutte le bands coinvolte hanno dato il meglio in base alle loro rispettive discografie, i Death Angel hanno suonato un set di quaranta minuti intensi come non mai, se mi si consente alla fine saranno probabilmente i ‘vincitori morali’ mentre gli Annihilator non hanno forse reso quanto ci si sarebbe aspettato. Ed i Testament? La band di Chuck Billy è una vera e propria garanzia, le loro prestazioni valgono sempre il prezzo del biglietto grazie anche ad una set list con qualche sorpresa rappresentata da brani che hanno eseguito pochissimo in carriera. Mai scelta migliore visto che negli ultimi anni sono passati spesso nel nostro Belpaese. Fatta questa doverosa precisazione andiamo a vedere nel dettaglio le prove delle singole bands. I Death Angel, se non si era ancora capito, sono una forza della natura, fin dai primi due pezzi rappresentati da ‘Father of Lies’ / ‘The Dream Calls for Blood’ scaldano il pubblico da par loro. Sono una collaudata macchina da guerra ed a questo il numerosissimo pubblico presente ne è conscio, preparato ad essere letteralmente coinvolto in una serata che si prospetta infuocata. Il quintetto spadroneggia sul palco, l’affiatamento è la forza che ne contraddistingue la notevole forza d’urto che sprigionano dal vivo. In studio son devastanti ma dal vivo la loro carica è quantuplicata, sempre un piacere assistere ai loro show. ‘Claws In So Deep’, come descrive il titolo è una manata che ti sbatte a terra, quasi a conficcarsi nella carne degli astanti che non aspettavano altro. La coppia d’asce formata da Rob Cavestany / Ted Aguilar sciorina il loro potenziale offensivo in un turbinio eccellente, Mark Osegueda si diverte a guidare il pubblico prima di passare a ‘Thrown To The Wolves’ che scatena un pogo incessante nelle prime file, uno spettacolo nello spettacolo. I suoni sono dannatamente puliti, quasi come se non ci fosse (giustamente) distinzione tra headliner ed opening act. Mark Osegueda ringrazia il pubblico e li incita a scatenarsi sotto il palco sostenendo di doverlo fare dopo aver certamente lavorato sodo durante tutta la settimana (!). Il quintetto statunitense è l’emblema della dedizione, di umiltà e talento come se ne vedono pochi, non deludendo ma, anzi, entusiasmando ogni minuto che passa. Dal cilindro dei ricordi ecco arrivare come un treno in corsa ‘Mistress Of Pain’ da The Ultra-Violence, è difficile descrivere appieno la carica adrenalinica ed il pathos che si è formato e saldato canzone dopo canzone tra band e pubblico. Osegueda continua a ringraziare per la devozione il pubblico prima dell’ultimo brano tratto dall’ultimo studio album dello scorso anno (‘The Evil Divide’), quella ‘The Moth’ che carica i fans ma non ce né bisogno…incredibile come la gente li acclami in massa. E stranisce come una band di siffatto valore abbia in carriera raccolto meno di quanto meritasse (e meriti), 40 minuti di violenza sonora: tutti i presenti sono rimasti soddisfatti dello show energico dei Death Angel, sarebbero da andare sempre a vedere a prescindere dalle produzioni in studio, grandissimi amabili schiacciasassi. Dopo il doveroso cambio palco, comincia a risuonare l’intro Crystal Ann per presentare gli..Annihilator! Questa intro viene accolta da un boato, ecco che il quartetto canadese si presenta esibendosi in ‘One to Kill’ tratta dall’ultimo album ‘For The Demented’, il pogo nelle prime file è sempre di prim’ordine, dal vivo il brano rende bene anche se la differenza di potenza sonora rispetto ai Death Angel è evidente. Jeff Water, quando non impegnato dalle incombenze canore, corre in lungo ed in largo sul palco arringando la follla da vero leader, il cui unico talone d’achille è la voce (non lo avreste detto, vero?). Mentre sul disco riesce ad esprimersi su buoni livelli ormai in sede live si nota la sua poca propensione per il microfono e maggiormente per la chitarra di cui è autentico mattatore. ‘King of the Kill’ e ‘No Way Out’ continuano a scaldare i presenti in attesa di ‘Set The World On Fire’…ascoltando l’esibizione del quartetto sembra sempre mancare qualcosa, quasi come se suonassero sotto una gabbia, probabilmente manca quella coesione che gli permetterebbe di far risaltare un repertorio di tutto rispetto ma d’altronde è lo scotto dei continui cambi di line up che ne hanno caratterizzato la carriera. Singolarmente tutti e 4 sono strumentisti di valore ma è il loro insieme che ne mina l’efficacia. Forse è proprio da ‘Set The World On Fire’ che l’atmosfera sopra e sotto palco comincia a farsi più convincente, ‘W.T.Y.D.’ è un altro brano che ha mandato in visibilio l’intero Live, grazie al più vecchio repertorio pubblico e band hanno trovato maggiore feeling…poteva essere altrimenti? ‘Twisted Lobotomy’ arriva dopo una piccolissima pausa, uno dei migliori brano dell’ultimo studio album, il pogo sotto il palco si attenua nonostante gli Annihilator stiano adesso dando l’anima, le atmosfere thrashy ed ottantiane di questi pezzo vengono messe in risalto da un’esecuzione quasi chirurgica di un gruppo padrone del palco, meno fisici e più cerebrali rispetto ai Death Angel ma altrettanto efficaci in questa fase dello spettacolo. Waters ricorda come i Testament siano stati la band con la quale nel 1989 andarono per la prima volta in tour, a detta sua gli Annihilator si trovano nella condizione di essere un sandwich canadese in mezzo a due super bands scatenando ilarità tra il pubblico. Tutto questo per introdurre una splendida versione di ‘Alison Hell’ / ’Human Insecticide’! ‘Phantasmagoria’ è suonata come si confà, un tuffo in un lontano passato che il pubblico gradisce, eccome. Anzi, si esalta. Punto finale di uno show agrodolce, molto buono nei momenti dei cosiddetti classici, un po più claudicante soprattutto all’inizio come fossero dotati di motore diesel. Lenti a carburare, decisivi ed incisivi a tratti per un’esibizione che ha soddisfatto per lo più i presenti pur nutrendo maggiori aspettative da una band che non riesce ad uscire a pieni voti. Appena finito questo show alle ore 22:00 alacremente e celermente cominciano i lavori per il cambio palco e si vede subito chi sono i padroni di casa. La batteria di Hoglan è posta su una pedana alta un paio di metri che corre lungo tutto il palco al quale si accede tramite due scalette ai lati della batteria, un bel colpo d’occhio, non c’è che dire! Introdotti da luci stroboscopiche rosse e fumogeni i Testament irrompono sulla scena con una ‘Brotherhood Of The Snake’ al fulmicotone, la loro consueta carica si sprigiona come pochi sono in grado di fare, il pubblico adorante gradisce ogni singola nota cantando e pogando sotto palco, segno del grande affetto che la band riscuote in terra italica (e non solo), un pugno in pieno volto come è loro uso e costume, ‘Rise Up’ segue a ruota trovando favori anche tra coloro che sono più distanti dal palco. I Testament non li scopriamo certo oggi, sono un’oliata macchina da guerra che vede Chuck Billy non propriamente nella miglior forma ma sopperisce a questo problema con tanto mestiere ed un innato carisma, Di Giorgio / Hoglan sono fantastici nel rendere il lavoro di Skolnick / Peterson fluido e chirurgico allo stesso tempo, ‘The Pale King’ è un altro estratto dall’ultimo album prima di ‘More Than Meets The Eye’ che è diventato un classico nei loro live, sempre bene accolta e cantata dal pubblico presente…da pelle d’oca il refrain del pezzo interpretato dalla band all’unisono con gli astanti che non vedevano l’ora di trovarsi di fronte a tanta potenza sonora sublimata a seguire da uno dei pezzi più heavy di ‘Brotherhood Of The Snake’, quella ‘Centuries of Suffering’ che qui brilla per intensità innescando una spettacolare bolgia sotto palco. Alex Skolnick è da sempre chitarrista che travalica i limite del metal, testimone è la sua discografia extra Testament. Sentirlo in un intenso solo mix tra reminescenze hendrixiane e partiture di brani strumentali della passata discografia Testament è una delizia per le orecchie, ottimo preludio ad ‘Electric Crown’. Eseguito dal vivo quest’ultimo pezzo si dimostra essere un grande brano tratto dal vituperato ‘The Ritual’…, una song cadenzata e catchy che esalta le loro doti ‘melodiche’. Per l’ennesima volta eseguono ‘Into the Pit’ e per la milionesima volta l’adrenalina va alle stelle, la mente va ai tempi in cui il thrash bay area era all’apice, sempre da brividi. Come Chuck Billy ammette è qualche anno che il quintetto statunitense suona in lungo ed in largo per l’europa, per non ripetere la solita stantia e scontata scaletta ecco annunciare ‘Low’, title track dell’omonimo album del 1994 poco suonato dal vivo ma che sprigiona una forte carica….Il quintetto dà molto sul palco, l’energia che sprigiona è notevole come di consueto e tanto anche riceve da un pubblico attento e partecipe in ogni frangente, mai un attimo di stanca o cali di tensione, non annoiano mai gli show dei Testament. Prova ne è la grande affluenza qui stasera come ieri sera in quel di Bologna. Da ‘The Gathering’ ecco arrivare ‘Eyes of Wrath’ preceduta da un inutile quanto noioso momento solista di Peterson, una mazzata da tramortire chiunque eseguita con innata naturalezza. Difficile non entusiasmarsi di fronte a cotanta grazia. ‘First Strike Is Deadly’ ed ‘Urotsukidôji’ vengono preceduti dagli assoli di Hoglan nel primo caso, di Di Giorgio nel secondo. Tecnicamente incredibili, riescono a far vibrare i loro strumenti che ogni musicista presente avrà potuto pienamente apprezzare, meno chi di musica mastica poco. ‘Urotsukidôji’…esalta le doti tecniche di un incredibile Di Giorgio, antipasto di quell’autentico tripudio dei brani successivi, momenti in cui i die hard fans della band rimangono a bocca aperta cercando di reggere un urto che definire tellurico è dire poco. Prendete ‘Souls of Black’ / ‘The New Order’ / ‘Practice What You Preach’ / ‘Disciples Of The Watch’ fino alla conclusiva ‘Over the Wall’, una manciata di canzoni che hanno mandato in visibilio tutti costringendo ad attingere alle proprie riserve di energia. Non serve sottolineare quanto intensi siano stati gli ultimi venti minuti finali, applausi scroscianti pensando a Dimebag Darrell ed ai Pantera quando Billy ha presentato ‘Practise What You Preach’ raccontando di quando loro dovettero andare in Texas a lavorare a quello che era il loro primo videoclip incontrando la sera delle riprese proprio i Pantera in concerto. Un concerto emotivamente intenso, tecnicamente ineccepibile e con una scaletta che ha mischiato un pò le carte rispetto alle ultime esibizioni. Ma con una discografia così ampia per i Testament non è così difficile. Nel complesso una serata da ricordare, memorabile grazie a tre bands che non si sono per nulla risparmiate ed al pubblico che è accorso in massa tributando i dovuti onori a coloro che hanno scritto pagine importanti per il thrash metal, peccato essersi perso quello che probabilmente è stato il concerto(ne) dell’anno.