Europe + Soul Seller @Alcatraz – Milano (MI), 29 novembre 2017
Il 01/12/2017, di Andrea Schwarz.
Serata di tutto rispetto quella che ci attende in quel di Milano, 29/11/2017: Europe e gli italiani Soul Seller come special guest. Questi ultimi, dopo aver promozionato per mesi l’ultimo album uscito lo scorso anno su Tanzan Music ‘Matter Of Faith’ insieme ad ensemble come Masterplan e Vega, si trovano oggi di fronte alla loro grande occasione davanti ad un pubblico più vasto e variegato rispetto a quanto non gli sia capitato in carriera. Diciamo subito che questo ultimo album è un disco ben bilanciato con un occhio di riguardo alla melodia mantenendo alta l’attenzione per un gusto per così dire radiofonico. Rispetto al passato oggi la formazione piemontese si avvale di un vocalist con maggiori doti vocali rispetto al precedente, un Eric Concas che ha ben impressionato per tutta la durata del set. La band si presenta puntualissima sul palco alle ore 19.50 di fronte ad un pubblico abbastanza numeroso nonostante l’orario, i suoni curati dal buon Del Vecchio sono già buoni facendo ben sperare per il proseguo della serata. Il primo brano, proprio come su disco, è ‘Neverending’: stupisce favorevolmente come questo venga recepito molto bene dai presenti così come l’esecuzione del sestetto è oltre le aspettative, compatti e senza particolari sbavature. Il secondo pezzo ‘Get Away From The Light’ è un melodic rock roccioso che mette in evidenza una base ritmica precisa ed un catchy refrain vocale, ben cantato da un motivato Concas. Lo show prosegue spedito, quasi senza un attimo di tregua ci troviamo catapultati al quarto pezzo (quella ‘Keep On Moving’ tratta dal primo album ‘Back To Life’ che vedeva Oliver Hartmann come guest) le cui coordinate non si distaccano molto da quanto già eseguito, il pubblico li accoglie calorosamente ad ogni ‘cambio brano’ pur sembrando un po’ freddini durante le singole esecuzioni, atteggiamento comprensibile per chi probabilmente non conosce la band ed il suo repertorio. Purtroppo la band non presenta i brani avendo probabilmente l’ansia di dover concentrare il proprio set list nei tempi stabiliti, un vero peccato ma segnaliamo ancora ‘Tide Down’ con le sue belle melodie mentre la successiva ‘Memories’ viene dedicata al pubblico ed agli Europe. In questo contesto forse risultano penalizzate un po’ le tastiere di Simone Morandotti, elemento imprescindibile del loro sound, troppo in secondo piano rispetto ai suoni di chitarra ed impastati da una debordante base ritmica. Quaranta minuti abbondanti che vede una band maturata rispetto al passato, più coesa e forse maggiormente conscia del proprio potenziale. Non era la sede migliore per poterli ‘valutare’ ma vedendo il pubblico possiamo tranquillamente affermare che la prova è stata più che positiva. Ore 21:00, puntuali come un orologio svizzero gli Europe irrompono sulla scena con la title track dell’ultimo studio album ‘Walk the Earth’ per la quale sembra quasi puerile sottolineare il tripudio che ha segnato la loro entrata in scena. Joey Tempest si dimostra subito in splendida forma, i brani sono ormai tagliati sulla sua (odierna) voce che ormai non riesce a raggiungere le tonalità con le quali incantò in passato milioni di fans. ‘The Siege’ segue a ruota la title track, un altro estratto dall’ultimo album che dal vivo impressiona maggiormente per dinamica e nella quale spiccano Ian Haugland e John Leven, una base ritmica mai sotto i riflettori ma che meriterebbe maggiore attenzione da parte dei fans ed appassionati. ‘Rock The Night’ è la prima miccia della serata, un colpo al cuore per tutti coloro che li hanno amati negli anni ottanta quando erano considerati modaioli e troppo leggeri; ma hanno resistito alla forza d’urto del tempo con alcuni classici come questa autentica perla. La tonalità vocale è stata abbassata per permettere a Tempest di esprimersi al meglio, esperimento perfettamente riuscito a sentire il pubblico. Da ‘Secret Society’ troviamo ‘Love Is Not The Enemy’, duole riscontrare come venga accolta un po’ freddamente, a seguire la più frizzante ‘Last Look In Eden’ che invece viene cantata da molti dei presenti. Il ‘nuovo’ corso della band passa da pezzi come questo, cadenzati, ermetici, magnetici ma con quella melodia che si fa fatica a non memorizzare. ‘Prisoners In Paradise’ questa sera viene eseguita in versione semiacustica con un Tempest alla chitara acustica senza i vocalizzi che ne avevano caratterizzato la versione originaria. A mio modesto parere si tratta di un buon esperimento che però non rende pienamente giustizia ad un brano fantastico in versione elettrica. Ma è il segno dei tempi, bisogna accettarne il corso con tutto quello che ne consegue. Alla scaletta non poteva mancare qualche estratto da ‘Bags Of Bones’ del 2012, ecco arrivare ‘Firebox’ che ristabilisce per un attimo gli equilibri prima di essere catapultati in un’energetica e senza tempo ‘Ready Or Not’ da quel gioiellino che è ‘Out Of This World’. Emozioni alle stelle, versione eseguita un po’ con il freno a mano ma sempre con una perizia ed un fervore che fanno onore alla band. È la volta di John Norum che si esibisce in ‘Vasastan’ tratta da ‘War Of Kings’, un brano dal forte sapore a là Gary Moore nel quale l’axeman norvegese deve (quasi) tutto, il gusto per la melodia, il tocco con il quale accarezza le corde…in alcuni momenti la sua chitarra sembra viva, presente quasi in carne ed ossa. Chapeau! E poi via con ‘Girl from Lebanon’ introdotta da un ispirato Norum. E qui le sensazioni positive si consumano. Dopo un simpatico siparietto di Joey Tempest nel quale ringrazia l’Italia considerandola la propria seconda casa (esilarante quando si esibisce in un ‘va a ciapà i rat’, mi perdonino gli amici milanesi per la non perfetta scrittura della loro famosa espressione) è la volta di ‘GTO’ dal nuovo ‘Walk The Earth’, meglio in versione live che su disco per la carica che riesce a trasmettere ad un pubblico ormai ipnotizzato, conquistato dal talento e dal mestiere di questi inossidabili Europe. Le canzoni si susseguono velocemente, quasi non vi è spazio per respirare tra un brano e l’altro e già ci si trova ad un’ora di concerto imbattendosi nell’ascolto della nuova ‘Turn to Dust’ che è forse tra i brani meno riusciti con il suo rock mid tempo ma ci pensa ‘Carrie’ a ristabilire l’atmosfera giusta. Un brano cantato da tutto il pubblico, telefonini ad immortalare uno dei momenti più esaltanti di tutta la serata con l’adrenalina che sale alle stelle, facile quando i brani sono immortali. Ma dopo questo momento quasi bucolico ecco ‘Riches to Rags’ da ‘Bag Of Bones’ a spingere un po’ sull’acceleratore. Non poteva mancare il drum solo, suonato da uno Ian Haugland esemplare sul palco nonostante la recentissima scomparsa del figlio 28enne, condito da ovazioni di tutti i presenti. Curiosamente la presentazione della band viene fatta in italiano da un ‘mai impacciato’ Tempest prima di buttarci in una ‘Wasted Time’ che è un’autentica chicca spazio/tempo che ha fatto andare indietro al secondo album ‘Wings Of Tomorrow’, pezzo non conosciuto da tutti i presenti ma che ha omaggiato un passato remoto da riscoprire, tante piccole perle per un hard rock meno pomposo ma più diretto ed adrenalitico. ‘War of Kings’ ci riporta prepotentemente nel presente prima dell’esibizione di un trittico non indifferente, un momento che potremmo intitolare ‘tu chiamale se vuoi…emozioni’…..si parte con ‘Superstitious’ passando per ‘Cherokee’ e finendo con l’immancabile ‘The Final Countdown’. Una delle cose belle di questa parte finale è stata guardarsi intorno, scrutare le facce dei presenti prestando le orecchie a quello che stava succedendo sul palco: per qualcuno occhi lucidi (anche il sottoscritto…..), gente che canta a squarciagola stonando cinque note su tre (!) ma che trasudavano di quelle bellissime e positive sensazioni che solo la Musica può suscitare. Tecnicamente possiamo dire che gli Europe sul palco hanno dato prova di grandissimo mestiere, hanno da sempre avuto la maturità e l’accortezza di rielaborare i brani del vecchio catalogo in base a quello che gli Europe sono oggi senza quindi sembrare una semplice caricatura di loro stessi, hanno saputo sapientemente calibrare una set list che mischiava le carte proponendo i loro indiscutibili classici mischiandoli con brani presi da quasi tutto il recente passato saltando solo canzoni da quel ‘Start From The Dark’ che li ha visti tornare in scena dopo tredici anni, a livello emozionale i giovani di oggi direbbero solamente ‘tanta roba’. E questo è quello che si chiede ad ogni show al quale si ha la fortuna di assistere, gli Europe di questa sera hanno regalato uno spettacolo non memorabile ma certamente intenso al quale valeva la pena di assistere.
FOTO DI ROBERTO VILLANI