Ara Malikian @Teatro Colosseo, Torino – 23 novembre 2017
Il 25/11/2017, di Fabio Magliano.
Ara Malikian è un musicista straordinario, figlio di una storia altrettanto straordinaria. Nato in Libano da genitori di origine armena, scampati al tremendo olocausto del loro popolo, riesce a fuggire dalla guerra civile che impazza nel suo Paese quando ha 14 anni grazie al direttore d’orchestra Hans Herber-Jöris che gli procura una borsa di studio del governo tedesco alla Hochschule für Musik und Theater di Hannover, della quale Ara diviene il più giovane alunno mai iscritto. E’questa la rampa di lancio per questo enfant prodige del violino arrivato oggi a dirigere l’orchestra sinfonica della Madrid Royal Opera, dopo essersi esibito come violino solista dalle maggiori orchestre del mondo, come la Tokyo Symphony Orchestra, la Bamberg Symphony Orchestra, Zürich Chamber Orchestra e la London Chamber Orchestra ed aver inciso oltre 40 album. La peculiarità di questo musicista è però la sua visione globale della musica, un sound unico nel quale la musica classica si fonde con la musica tradizionale figlia delle sue radici armene, con la musica araba e quella ebrea, quella gitana e kletzmer, intersecata con il rock, il pop, il tango ed il flamengo, in un potpourri sonoro eccezionale, capace di abbattere qualsiasi barriera legando il tutto con una fortissima carica emotiva. Il suo nuovo tour, portato in giro nei principali teatri italiani, reca il titolo “Le increìble gira de violin” perchè attorno al violino che oggi il Maestro porta in giro in tutto il mondo, vi è una storia, appunto, straordinaria, che vale la pena non solo raccontare, ma addirittura portare in scena “Questo violino, che ancora oggi suono, ha salvato due vite, la mia e quella di mio nonno – racconta Malikian in uno dei suoi frequenti, divertentissimi interludi rigorosamente in italiano, dote assai rara tra gli artisti che vengono a far visita al Bel Paese – Mio nonno non sapeva suonare, ma un giorno ricevò in dono questo violino, e grazie ad esso riuscì a spacciarsi per un musicista di un’orchestra itinerante e ad espatriare in Libano, sfuggendo così a quel genocidio armeno che costò la vita a un milione e mezzo di persone. Io, invece, quando ero ragazzino, mi trovai nel mezzo della guerra civile in Libano, espatriare era difficilissimo, ma grazie alla musica e al violino riuscì a andare a studiare in Germania avendo, di fatto, la vita salva”. Un viaggio non solo fisico, ma anche musicale, che parte dalla rilettura di brani tradizionali con l’ausilio di un ensemble composto da violino, contrabbasso, violoncello, chitarra, batteria e percussioni a supporto del “genio” di Malikian, che con nonchalance passa dalla danza armena ‘Kach Nazar’ al flavour ebraico di ‘Con Mucha Nata’, sino ad arrivare a brani di musica classica come la divertente “La Campanella” di Nicolò Paganini, o la “Suite n° 1′ di Bach, il tutto contrapposto a composizioni originali nel quale emerge tutta la genialità del Maestro, dietro le quali si cela sempre un aneddoto divertente, raccontato con grande umiltà dall’artista “Quando ero in Conservatorio l’argomento preferito di discussione tra gli studenti erano i loro violini e i liutai che li avevano costruiti – racconta – I nomi erano di quelli stellari… Stradivari…Guarneri…Amati… le “Ferrari del violino”…ed io me ne stavo zitto, perchè il mio non era così prestigioso. Però quando un giorno un compagno fetente mi chiese “E tu, Ara, che violino hai?” io risposi con molta fantasia…”Il mio? E’ un Ravioli! Un Alfredo Ravioli!” Perchè Ravioli era l’unica parola che conoscevo di italiano. Da qui ho costruito un castello di fantasie sul “liutaio” Alfredo Ravioli, costruttore di soli 5 straordinari violini prima di andare in Scandinavia a allevare pecore, tanto da arrivare a dedicargli un pezzo” e giù la scatenata ‘Broken Eggs’ già presentata al pubblico italiano nel concerto del 1° Maggio in Piazza San Giovanni a Roma. Malikian è un autentico animale da palcoscenico dal carisma magnetico, salta, si contorce, volteggia, rotea catalizzando l’attenzione e strappando standing ovation a raffica, perchè quando un brano pare aver raggiunto l’apice del concerto, ecco con il seguente arrivare a toccare vette ancora più elevate. Come quando in scaletta vengono inserite le versioni per violino e orchestra di grandi classici del rock come ‘Life On Mars’ di David Bowie, o una ‘Paranoid Android’ introdotta puntualmente dall’ennesimo aneddoto “Per guadagnare qualche soldo in Inghilterra fui ingaggiato da un cantante molto celebre all’epoca…un cantante famosissimo…di grande prestigio…Boy George – spiega – Ok, non è il massimo, ma per vivere bisogna fare anche questo. Un giorno fummo chiamati a esibirci in un grandissimo festival in Inghilterra, uno di quelli con più palchi e centinaia di migliaia di persone tra il pubblico. Dopo il soundcheck avevamo un’ora libera e decidemmo di andare a dare un’occhiata al festival. Su un palco secondario si stava esibendo una band sconosciuta, che catturò la mia attenzione. Rimasi affascinato da quella musica, tanto da rimanere ad assistere a tutto il concerto. Il concerto durò 3 ore. Quando finì il concerto tornai al mio palco, peccato che fosse finito anche il concerto di Boy George. Tutto ciò che il manager mi disse fu “Goobye Mr. Malikian”. Peccato…però avevo avuto il privilegio di assistere al concerto di una band sconosciuta, che oggi tutto il mondo conosce come Radiohead, questa è ‘Paranoid Android’ e la dedico a Boy George”. Brividi anche quando la musica del Maestro va ad abbracciare il rock più puro, con il racconto di come questo è entrato a far parte della sua vita artistica “Quando ero un ragazzino, in Libano, mi interessava la musica classica. I miei idoli erano Paganini…Bach… Vivaldi…mentre mia sorella preferiva cose un po’ più…pesanti. Un giorno attaccò in camera un poster, inquietante…con due occhi che mi guardavano e la scritta Led Zeppelin… Era un incubo…mi sognavo di notte quegli occhi infernali…erano il mio uomo nero. Quando, più grandicello, capitai in Inghilterra, iniziai a girare per negozi di dischi, ad ascoltare la musica con voracità, e con mia sorpresa scoprii che i Led Zeppelin non erano una creatura del demonio votata a rovinare il sonno di un bambino, ma una band musicale… e pure di grande valore. Tanto che ho voluto fare una mia personale rilettura di uno dei loro brani più celebri…’Kashmir’…”. Emozionante, anche se personalmente, l’apoteosi viene toccata dall’esecuzione di ‘Misirlou’ dalla colonna sonora di ‘Pulp Fiction’, cui segue una toccante dedica alle vittime del genocidio armeno, ricordate con una emozionante ‘1915’ in grado di far calare un velo di malinconia sul Colosseo. Un concerto fuori dagli schemi, che forse poco avrà a che fare con questo universo, ma che sicuramente vale la pena di essere raccontato e perchè no, vissuto almeno una volta.
Le immagini del concerto negli scatti di Alice Ferrero