Orden Ogan + Rhapsody of Fire + Unleash the Archers @Dagda Live Club – Retorbido (PV), 5 novembre 2017
Il 07/11/2017, di Marco Giono.
Una pioggia insistente rallenta la mia corsa verso il Dagda Live Club, locale situato a Retorbido in provincia Pavia. Ho del tempo per riflettere…si tratterà di una serata all’insegna della classicità, declinata in stili diversi, personali e per certi versi anche distanti tra loro. Apriranno le danze, i canadesi Unleash the Archers, autori di un heavy/power metal influenzato principalmente da Iron Maiden e Judas Priest, si affidano alla voce alta (e talentuosa) di Brittney Hayes per trascinare e scuotere l’ascoltatore nelle loro cavalcate ad alto tasso di adrenalina. Quest’anno hanno pubblicato il loro quarto disco intitolato “Apex”. Un concept album che contiene ottimi brani e potrebbe davvero piacervi, a patto di amare un heavy metal tirato che si sostanzia in una voce femminile sempre alta, seppur in maniera virtuosa. La pioggia non mi da tregua, ma la meta si avvicina. Ne approfitto per ascoltare la compilation di brani ri-registrati e reinterpretati alle diverse ere dei Rhapsody of Fire, intitolata ‘Legendary Years’. L’album nasce dalla volontà di presentare al pubblico il nuovo cantate Giacomo Voli che sostituisce Fabio Lione dopo due decadi di attività. Non una cosa semplice confrontarsi con una voce storica e rifare quei brani, ormai scolpiti nel tempo e nella memoria dei fan, tanto da risultare al prima ascolto un tentativo perfettibile, ma comunque un buon inizio che lascia spazio a margini di miglioramento. Così è tanta la curiosità di vedere all’opera i nuovi Rhapsody of Fire dello storico tastierista Alex Staropoli. Non vedo l’ora di vedere come si mettono le cose. Come sono impaziente di ammirare per l’ennesima volta gli Orden Ogan che stavolta supportano il nuovo album ‘Gunmen’. Un album dai due volti. All’apparenza molto simile al precedente ‘Ravenhead’ con un metal innestato da influenze anche power che tuona in cori melodici immersi con un’attenzione speciale alla messa in scena. Eppure il volto più vero di ‘Gunmen’ coincide in fondo con le origini stesse delle band, riprendono infatti il progressive folk di un album/demo come ‘Testimonium A.D.’ e provano a renderlo attuale. Se in un primo tempo sono rimasto perplesso da quei cori ripetuti in maniera ossessiva, non ci è voluto poi molto a far si che ‘Gunmen’ prendesse residenza perenne nella mia testa. Non mi resta quindi che schivare le pozzanghere e dirigermi a piedi verso il Dagda Live Club. Let’s the classic begins!
Unleash the Archers – L’Apice
Prima volta al Dagda Live Club e mi piace parecchio. Locale dalle dimensioni contenute, ma accogliente. Sin dall’apertura noto una buona affluenza di pubblico. In ogni caso mi trovo ben presto tra le prime file ad ammirare gli Unleash the Archers. Note arpeggiate introducono ‘Apex’ che poi corre veloce in riff alla Maiden e soprattutto esplode nella voce di Britney Hayes. Frontman dotata di voce talentuosa e di una energia altrettanto peculiare. Gli altri membri non posso fare altro che seguirla e si divertono parecchio pure loro. Si crea da subito empatia tra il pubblico e il gruppo canadese. I brani scorrono che è un piacere. Ci mettono alla prova con ‘Test Your Metal’ tratta da ‘Time Stands Still’ del 2015. Acuti chirurgici e riff giocosi si susseguono. L’energia si irradia nel locale. Quando poi fanno capolino i riff pesanti di ‘Cleanse the Bloodlines’ non si può che rimanere ammirati dalla capacità non comune degli Unleash the Archers di dare vita ad un metal corale, ma davvero compatto, che va dritto al punto senza mai risultare banale. Seguono poi a rotta di colla altri tre brani. Il tempo sembra volare, tanto che Brittney è incerta su quale giorno sia, ‘it’s Sunday!’, il pubblico accorre in aiuto. Dura la vita sulla strada. Pertanto non si può chiudere che con il brano ‘Tonight We Ride’. Già è stata una bella corsa. Gli Unleash the Archers hanno tutti gli attributi e i meriti possibili per aspirare a molto di più.
Rhapsody of Fire – A fuoco!
Il pubblico aumentato in numero rumoreggia. Cresce l’attesa quindi per uno di quei gruppi che sia per storia che per qualità musicale si è insediato nell’anima metallica dei fan italiani di ogni età. I Rhapsody of Fire non tentennano, ma danno il via alle danze con ‘Distant Sky’ tratta dall’ultimo album ‘Into the Legend’. Voli se la cava davvero bene e noto con piacere che la sua voce sembra trovarsi più a suo agio su brani più aggressivi quali ‘Flames of Revenge’ o ‘Dawn of Victory’. Non che quando si tratta di salire e scendere nelle melodie di ‘Dargor, Shadowlord of the Black Mountain’ o di‘The March of the Swordmaster’, non riesca, anzi, solo che il suo piglio aggressivo, metallico, riesce a donare maggiore enfasi al lato più oscuro del power sinfonico dei Rhapsody of Fire. Voli trova poi il giusto pathos per eseguire una sentita ‘The Magic of the Wizard’s Dream’. Impressiona anche il trio finale che corre nelle melodie lucenti di ‘The March of the Swordmaster’, implode nell’attitudine black metal di ‘When Demons Awake’ ed esplode nella poetica di ‘Emerald Sword’. Il pubblico gradisce a dir poco in toni da festa o se vogliamo di una battaglia vinta da entrambe le parti. Staropoli e soci sorridono per la splendida serata e ad un futuro con più certezze.
Orden Ogan – Verso la Fine
Parte del pubblico non resta per gli Orden Ogan. Di certo il gruppo tedesco non ha ancora acquisito quella visibilità trasversale necessaria essere headliner in Italia. Questione di tempo? Vedremo…intanto, il concerto inizia con qualche minuto di ritardo e rispetto alla scaletta originale verranno quindi tagliati un paio di brani (‘To the End’ e ‘Angels of War’). Detto questo, si parte. Due pistoleri Terminator si ergono minacciosi ai lati della batteria. I suoni, come per gli altri concerti, funzionano piuttosto bene. La voce di Sebastian Levermann mi pare un pò bassa al principio, anche per via dei corri rarefatti di ‘To New Shores of Sadness’, ma già dalla successiva si sale sia di ritmo che d’intensità. ‘F.E.V.E.R’, tratta da Ravenhead, è uno dei quei brani che splende nei cori del pubblico con grande forza. Noto anche un certo sforzo a rendere più viva la partecipazione del pubblico da parte di Levermann. Un tipo dalle fattezze nordiche, uno di quei vichinghi da birreria che alle prime ti appaiono un pò burberi, ma va a finire come potete immaginare…birra come non ci fosse un domani. In ogni caso gli Orden sono da sempre un gruppo attento alla forma e meno all’interazione con il pubblico. Personalmente la cosa mi piace, ma comprendo lo spaesamento di alcuni. Detto questo, la serata vive nei cori del pubblico che non mancherà di sostenere il gruppo a gran voce e di seguirne le peripezie musicali. Personalmente ho apprezzato la resa dei brani nuovi del nuovo album ‘Gunmen’: ‘Fields of Sorrow’, ‘Gunman’ e ‘One Last Chance’ su tutte. Gli Orden Ogan decidono di chiudere il concerto con la scherzosa ‘We Are Pirates’ e il brano manifesto ‘The Things We Believe In’. Cala il sipario su una bellissima serata che ha reso davvero onore al metal.