Marilyn Manson + The Charm The Fury @Castello Scaligero – Villafranca (VR), 26 luglio 2017
Il 29/07/2017, di Roberto Villani.
di Mathias Marchioni
Tanto tuonò che non piovve.
Ed era logico finisse così la seconda ed ultima data sul suolo italiano di Marilyn Manson al Castello di Villafranca, lo scorso 26 luglio 2017.
I timori della comunità cattolica più old style si sono disgregati in un amen (per rimanere in tema) appena i circa 8mila presenti si sono radunati ordinatamente davanti ai due ingressi che portavano all’area del concerto; nessun rito satanico, nessuna messa nera né bibbia bruciata o altri episodi sacrileghi si sono visti né sentiti prima, durante e dopo il concerto. Solo tanta voglia di rivedere il reverendo da parte dello zoccolo duro dei fan del cantante americano e molta curiosità da parte di una buona parte di pubblico che è accorsa al concerto quasi per curiosità, richiamata -è inutile negarlo- dalla cassa di risonanza che le proteste e le petizioni per far annullare il concerto da parte di alcuni schieramenti politici e associazioni cattoliche hanno dato all’evento.
La location si dimostra una vera e propria perla del panorama italiano, un cortile circondato dalle mura del castello scaligero è davvero un luogo suggestivo per un concerto tanto che lo stesso Manson, a tarda notte non ha resistito al fascino del lugo e si è ritratto in un selfie post concerto successivamente pubblicato sul suo profilo instagram
Ma parliamo di musica.
In apertura, puntuali alle 20.00, salgono sul palco i The Charm the Fury, band olandese che sta promuovendo con successo “The Sick, Dumb & Happy“, loro secondo album uscito lo scorso marzo per Nuclear Blast.
La band con la carismatica leader Caroline Westendorp ha voglia di dare il massimo e lo dimostra fin dalle prime battute di quello che si dimostrerà un energico set, tiratissimo e senza pause.
Il pubblico apprezza, fatto per nulla scontato dato il non facile compito di accontentare una platea che smania per acclamare l’headliner della serata.
Quaranta minuti di set, poco di più, e i The Charm the Fury salutano la platea con la promessa di un prossimo imminente ritorno.
Nel frattempo un telone nero viene calato sul palco ed ha ufficialmente inizio il countdown per la performance dell’headliner.
Un’attesa che si protrarrà fino alle 21.30 quando, appena terminata una intro fatta di messaggi poco rassicuranti ripetuti in loop e successivamente da The End dei The Doors, il telone viene calato ed in una coltre di fumo appare, seduto su un enorme trono di metallo, l’inconfondibile figura di Marilyn Manson.
Si parte con la nuova Revelation No. 12 che assieme a We know where you fucking live e Say10, saranno il trittico di pezzi inediti inclusi in scaletta e che faranno parte di Heaven Upside Down il decimo album di Manson in uscita nei prossimi mesi.
Seguirà un trittico che manderà letteralmente in delirio i presenti e che con This Is the New Shit, mOBSCENE e The Dope Show anticipa quello che sarà il leitmotiv della serata: una carrellata dei maggiori successi della ventennale carriera dell’artista dell’Ohio.
Durante lo scorrere del concerto le impressioni negative sul suo stato di forma ricevute da chi era presente al concerto di Roma svaniscono e la performance vocale e di presenza scenica del cantante americano sono decisamente buone, anche se non ottime come in altre occasioni, ma nei momenti peggiori la band formata da Tyler Bates, Paul Wiley, l’amico e compagno artistico di lunga data Twiggy Ramirez, Gil Sharone e Daniel Fox colma i vuoti in maniera egregia mantenendo alti sia i ritmi sia il pathos.
Con Deep Six e l’acclamatissima The Beautiful people si chiude la prima parte di concerto che sarà seguita da 2 encore per un totale di 1 ora e venti di concerto, quasi trenta minuti in più della data romana ed in linea con la media dei concerti che offre Manson.
In definitiva abbiamo assistito ad un concerto in linea con le aspettative, non una performance memorabile, ma nemmeno un flop (e viste le premesse c’è da gioire); Manson ha ancora carisma da vendere e sa tenere in pugno il proprio pubblico anche con l’inevitabile passare degli anni. Si muove meno, è vero, e non mantiene più certi ritmi vocali ma questo non gli preclude di cimentarsi in maniera convincente sia sui grandi classici come per Irresponsabile Hate Anthem sia sui nuovi brani più articolati e complessi.
Le scenografie e i cambi d’abito seguono lo stesso mood: i trampoli si accorciano, i siparietti dai pulpiti vengono sostituiti, ma la forza del messaggio rimane e al pubblico tanto basta per uscirne soddisfatto.
A novembre, con un nuovo album tutto da scoprire e a tour più rodato ritroveremo il reverendo nella dimensione outdoor a Torino e sinceramente non vediamo l’ora di rivedere lui ed il suo pubblico sempre colorito, estroverso e devoto tanto da far parte integrante di quello show che da vent’anni spaventa i bigotti e fa parlare di sé.
FOTO DI ROBERTO VILLANI