Queensrÿche + Methodica @Phenomenon – Fontaneto D’Agogna (NO), 29 giugno 2017
Il 07/07/2017, di Andrea Schwarz.
Pensiamo ad un titolo per la serata…’Tu chiamale, se vuoi, emozioni’. Il resoconto della serata potrebbe finire qui, tanto in positivo quanto in negativo. Eh già, perché se a livello di mere emozioni musicali si è potuti assistere ad un intensissimo set dei Queensryche che andremo di seguito a dettagliare, altrettanto non si può dire per il disappunto generale per aver visto questo set concentrato in soli cinquantacinque minuti. Non strabuzzate gli occhi, proprio cinquantacinque minuti. Punto. E la responsabilità di una scelta così scellerata? Partiamo dalla versione ufficiale: la band il giorno successivo deve suonare in Spagna, a causa del forfait di un’altra band dovrà anticipare il proprio show ed allora…si accorcia la scaletta odierna per poter andar via prima visto il viaggio da affrontare. Piccolo antefatto: questa sera presenti come ‘special guest’ (utilizzando un termine in maniera un po’ polemica e che oggi è purtroppo in disuso pur avendo un valore fondamentale) ben tre band: Ravenscry, Setanera, Methodica. Le quali suonano tutta la scaletta prevista, anticipandola giusto un po’. Lo dico con il massimo rispetto per questi gruppi, si è preferito far suonare loro tutto il set tagliando i Queensryche? E veniamo al punto ed alle responsabilità. Il locale Phenomenon, tra i migliori club nel settore per accoglienza e sound, non ha nessuna responsabilità così come il local promoter…tutto è nelle mani del promoter italiano, tale Good Music che per un proprio tornaconto lascia alle suddette band la loro programmazione praticamente invariata senza alcun rispetto per il pubblico che lavora tutti i giorni, spende tempo e soldi in viaggio e biglietti per godersi in santa pace una serata di musica. I validissimi Ravenscry hanno suonato di fronte ad una decina di persone, compresi quelli come il sottoscritto presenti per poter poi raccontarvi della serata, fotografi compresi. A cosa serve suonare in quel contesto? Alla band no di certo ma al promoter certamente, l’unico ad avere un reale interesse. Questo è il cortocircuito dell’odierna scena musicale, un music business dove la meritocrazia ed il rispetto per chi paga il biglietto viene meno, frutto di presunti ed improvvisati promoter come si è dimostrata essere la Good Music. Ciò detto, un plauso alle band di supporto che hanno messo cuore ed anima nella serata che però ha visto il pubblico attendere spasmodicamente i Queensryche in un tour organizzato nel pieno dei lavori per il prossimo album previsto per fine 2017-inizio 2018. Credete, è stato uno degli show più intensi ed emozionanti ai quali mi sia capitato di assistere negli ultimi tempi e, sentendo le reazioni del pubblico al di là della rabbia scaturita da quanto sopra detto, è stato sentimento comune per un pubblico la cui età media non era più giovanissima, a testimonianza del carisma e fascino che il nome Queensryche porta con sé. Il quintetto comincia alle ore 22.10 e fin dall’inizio le cose son chiare: classe, esperienza, presenza scenica per un pubblico qui presente ancora un po’ contrito nell’esecuzione della prima ‘Guardian’, l’unica canzone proveniente dall’ultimo ‘Condition Human’. Poi comincia la vera e propria apoteosi, ‘Operation Mindcrime’ è la scintilla che fa esplodere il Phenomenom, Todd Latorre non fa rimpiangere Geoff Tate in una prova maiuscola e muscolare al tempo stesso seguita da ‘I don’t believe in Love’, due estratti da quel capolavoro incontrastato rappresentato da ‘Operation Mindcrime’. Sembra quasi che il pubblico non aspettasse altro se non questi grandi classici cantati dai presenti i quali, vista l’età media, ha ‘vissuto’ questi pezzi ‘in diretta’ quando furono composti. Emozioni a fior di pelle, reali, tremendamente vivi anche nella successiva ‘Empire’, title track dell’omonimo (altro) capolavoro del 1990, ‘Jet City Woman’ è un altro ‘colpo basso’, un pezzo suonato con una maestria e classe che oggi raramente si ritrovano nelle giovani leve. Michael Wilton, uno che ha vissuto gli anni d’oro della band fin dal lontano 1982, si prende cura di tutti gli assoli, sarebbe stato un po’ strano vederli eseguire da Lundgren, chiudendo gli occhi sembra di ascoltare i brani su disco. ‘Take Hold Of The Flame’’ ci riporta addirittura indietro al 1984 già presente su ‘The Warning’, cantato da tutto il pubblico insieme ad un Latorre in forma smagliante, da pelle d’oca ogni singola nota che la band suona. Chiudendo gli occhi quasi sembra di immergersi nelle atmosfere che pervadevano le prime produzioni, emozioni, soltanto emozioni per gli ‘attempati’ come il sottoscritto che avranno ascoltato questi brani un’infinità di volte, compagni fedele della propria adolescenza prima, giovinezza poi e continuata in età matura. ‘Queen of the Reich’ è accolta da un boato dai presenti, un balzo inidietro di trentaquattro anni…e quasi non sentirli. Incredibile come certi brani riescano a sopravvivere al passare del tempo, Eddie Jackson è impassibile ma preciso e chirurgico nel sostenere ed accompagnare un Grillo sempre a suo agio nelle inedite vesti di Rockenfield rimasto a casa dopo la recente paternità. Lundgren in tutto questo sembra un po’ il classico pesce fuor d’acqua ma non è facile rapportarsi con un catalogo che vedeva un certo Chris DeGarmo alla chitarra quando a quei tempi non era altro che un semplice ragazzino ignaro del destino che lo attendeva. ‘Screaming in Digital’ ci riavvicina di qualche anno, precisamente al 1986. tratto da quel ‘Rage For Order’ che ancora oggi suona attuale e tremendamente innovativo. Di coraggio la band di Jackson e Wilton ne ha tanto per proporre canzoni così leggendarie, piene di pathos che, come si dice tra il pubblico, hanno da insegnare a tante vere o presunte star dell’odierno music business. E non è affatto facile proporre canzoni che inevitabilmente prestano il fianco a paragoni. Da lacrime ‘Anarchy X’ / ‘Revolution’, Latorre non riesce ad emulare quanto fatto da Tate in quei frangenti ma la band è coesa ed efficace, l’affiatamento c’è anche se certamente non sarà stato facile per Grillo entrare in una macchina così ben oliata. Un plauso ai soli suonati da Michael Wilton, sembra di risentire la magia che scaturisce da ogni singola nota suonata e registrata in una discografia invidiabile, anche quando si prodiga nelle parti che furono di un tal Chris DeGarmo si sente il pathos e la carica emozionale che tutto ciò porta con sè . Le doppie chitarre iniziali di ‘Eyes of A Stranger’ è qualcosa che rasenta la perfezione, è impossibile trattenere le emozioni per i presenti (e per il sottoscritto). E dopo tutte queste emozioni snocciolate una ad una in maniera intensa, ‘Eyes Of A Stranger’ rappresenta purtroppo la fine dopo neanche un’ora di un concerto interrotto troppo bruscamente, improvvisamente, lasciando l’amaro in bocca in tutti i presenti che stavano volando sulle ali delle emozioni. Tant’è, tralasciando i commenti già enunciati all’inizio, questo concerto ha dimostrato ancora una volta quanta bellezza sia presente nel catalogo di una delle migliori band degli ultimi trent’anni…Queensryche!