Deep Purple @Unipol Arena – Casalecchio Di Reno (BO), 26 giugno 2017

Il 02/07/2017, di .

Deep Purple @Unipol Arena – Casalecchio Di Reno (BO), 26 giugno 2017

Corsi e ricorsi storici, per una band che pare non voler più smettere di stupire tirando in ballo una qualità finissima e una determinazione quasi feroce, alla luce di quanto ancora oggi stia pubblicando – che dire del recentissimo ‘Infinite’? Un album di grandissimo spessore, con le sue digressioni progressive e un imprinting bluesy che distilla umori scuri e pulsanti, come non ne sentivamo da tempo, una release che, a dispetto forse dei critici più stolti e con quella fatale puzza sotto il naso, ha riportato i Deep Purple in cima alle classifiche di mezzo mondo. Un’uscita discografica che, diciamola tutta, quasi stride con l’intestazione dell’odierna tournée mondiale che i Nostri stanno portando avanti, The Long Goodbye, annunciando un commiato artistico che sì, certamente avverrà, nessuno di noi è immortale, ma sarà un addio lungo e probabilmente non avaro di sorprese, alcune di queste saranno clamorose, stando alle voci che circolano nell’entourage dei Purple, nonostante le smentite più o meno autorevoli che tutto fanno meno che dissipar dubbi e curiosità. Che i Deep Purple siano agli sgoccioli, di una carriera ormai cinquantennale, sembra incredibile crederlo, si è quasi spazzati via dall’intensità e dalla magniloquenza con le quali stasera questi signorotti inglesi di mezz’età stanno severamente percuotendo l’Unipol Arena di Casalecchio (palazzetto dello sport oramai di blasone e dalla capienza appena irrobustita, già destinato a diventare l’autentico punto nevralgico delle prossime tournée rock in Italia, aggiornate le liste please…), nella loro seconda data lungo lo Stivale tricolore. ‘Time For Bedlam’ è l’opener, fremente apripista e tra i brani simbolo del nuovo album, a scatenar l’entusiasmo di un pubblico di fedeli numerosi e giubilanti, immediatamente investiti dall’inaspettata ‘Fireball’, una mossa tattica questa, scelta per sostituire uno degli “evergreen” storici, vale a dire ‘Highway Star’ che, suonata durante le prime date del tour, ha subito messo a dura prova l’ugola di Ian Gillan, il quale si è visto costretto a depennarlo dalla scaletta. Poco male, ‘Fireball’ è un grandissimo pezzo, anch’esso di elevata portata storica, e i Nostri, infaticabili e compatti, macinano note e classici a quantità industriali, ‘Bloodsucker’ e ‘Strange Kind Of Woman’ fanno tremare i polsi, Roger Glover e Ian Paice son probabilmente la sezione ritmica hard rock per eccellenza, e anche stasera a Bologna è lampante il loro primato. Solenne e al tempo stesso istintivo, il repertorio di ‘Infinite’ si manifesta prima con ‘Johnny’s Band’ e poi con la suggestiva ‘The Surprising’, canzone dal grande impatto emotivo e che apre le danze per ‘Lazy’, colonna portante del leggendario ‘Machine Head’. Gillan di suo ci mette parecchio mestiere, portando a casa il risultato spesso con il gioco di squadra, una squadra che riconosce in Don Airey il suo leader tangibile, stando al campionario di suoni e colori affrescati dal tastierista originario di Sunderland; uno che, con assoluta naturalezza e un’umiltà che lascia quasi sgomenti, vanta trascorsi nei Rainbow e nei Black Sabbath, nei Judas Priest e nei Thin Lizzy, nei Whitesnake e nei Saxon, ha lavorato con Gary Moore, Bruce Dickinson e Michael Schenker, per non dire dell’Ozzy Osbourne nel suo massimo periodo aureo… Difatti, è l’intro di ‘Mr. Crowley’ a dare la “stura” al suo dirompente assolo, un’autentica cavalcata a briglie sciolte quella affrontata dall’unico, vero erede di quel genio che rispondeva al nome di Jon Lord, tra gli highlights supremi di uno spettacolo che, sinceramente, non ci aspettavamo tale. L’epocale trittico finale lascia quasi interdetti: ‘Perfect Strangers’, tra i brani più amati dei Purple moderni, ‘Space Truckin’, con lo stage dell’Unipol ad assumere davvero le sembianze di un’astronave e, inchiniamoci tutti, uno dei totem inossidabili, ovverossia una ‘Smoke On The Water’ cantata a squarciagola da tutti i presenti, con la band che sembra paralizzata da tanto clamore e un amore che travalica età e passioni. Con l’Italia questa band ha legato da subito, fin dai suoi albori, dalle sue pionieristiche calate nei Palasport e nelle classiche balere estive, marchiando a ferro e fuoco l’adolescenza di moltissimi appassionati, compreso il sottoscritto innamoratosi perdutamente del monumentale ‘Made In Japan’… Un’autentica comunione rock, la performance felsinea dei Purple, con tutti i sacri dogmi devotamente osservati, la cover di ‘Hush’ e ‘Black Night’ lo confermano definitivamente, omaggiando una band eccelsa, di consolidata caratura superiore, che replicherà tanta intensità anche sul palco del Forum di Assago, soltanto ventiquattrore più tardi. Non mancheranno di stupirci, ancora. Sempre e comunque nel segno del Profondo Porpora.

FOTO DI ROBERTO VILLANI

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