Warrior Soul + Mastribes + The Lazys Band @ Garage Sound (BA), 26 Gennaio 2017
Il 26/01/2017, di Giuseppe Cassatella.
La vita sa essere strana, tanto che può accadere che un giorno tu possa ritrovarti a scrivere di una band su quelle stesse colonne su cui in gioventù ne leggevi le gesta. A me è capitato con i Warrior Soul. Di acqua (e gloria) ne è passata sotto i ponti dagli anni 90, periodo in cui Kory Clarke e i suoi guerrieri finivano sulle copertine delle maggiori testate giornalistiche (anche su Metal Hammer, ovviamente), oggi il gruppo si muove ai margini, sempre con la stessa rabbia e determinazione. Il destino non è stato clemente con gli autori di ‘Salutations from the Ghetto Nation’, primi nelle classifiche dei nostalgici quando c’è da nominare chi ha raccolto meno di quanto seminato, mai veramente in grado di far colpo sul grande pubblico, forse a causa di un suono che non era né metal né grunge, quando i due generi si davano battaglia. Anzi, a giudicare dello scarso pubblico presente al Garage Sound di Bari – forse meno di 50 paganti – i Warrior Soul restano più un oggetto di disquisizione virtuale che una band da ossequiare nella vita reale. Non saremo noi però a porci il problema, visto che Korky Clarke è stato il primo a fregarsene, sfoderando una prestazione da grande arena, come quelle che frequentava qualche decade fa.
Ad accogliere il pubblico ci ha pensato la The Lazys Band – formata da membri che probabilmente non erano ancora nati quando i Warrior Soul se la spassavano in giro per il mondo – che ha eseguito un repertorio composto in parte da inediti e in parte da cover di classici del rock più o meno duro. A loro l’augurio di continuare a lungo sulla strada intrapresa, abbandonando gradualmente i pezzi altrui a favore di brani autografi. In bocca a lupo.
Più scafati, però anche loro più giovani della età media del pubblico presente, i napoletani Mastribes, autori lo scorso ottobre del full-lenght d’esordio, ‘Blast’. La band si è districata bene nell’impresa di fornire una prestazione grintosa, nonostante la scarsa presenza di pubblico. Il genere proposto dai partenopei è un hard rock ruvido, con piglio melodico e stradaiolo, che mi ha ricordato gli Skid Row. Buona prova per loro, magari in futuro avranno l’occasione di esibirsi nuovamente a Bari davanti a platee più numerose.
Ci ha impiegato qualche secondo a raggiungere i restanti Warrior Soul sul palco, Clarke, da vera star, s’è fatto attendere, lanciandosi, poi, nelle solite evoluzioni canore che in questi anni ci hanno fatto amare la sua ugola ruvida. Poco propenso a darsi al pubblico prima dello show, sul palco invece è tutt’altra storia: urla, si dimena, arringa e, soprattutto bestemmia con il dito medio sempre in bella vista. Kory non è uno che le manda a dire, se un tempo era Geroge Bush uno dei suoi bersagli prediletti, oggi in cima alle sue preferenze c’è Trump. I tempi cambiano, la voglia di lottare resta. Per ovvie ragioni la scaletta proposta ripercorreva la tracklist del recente ‘Tough As Fuck: Live In Athens’, il che non è stato un male, perché rappresenta una bella panoramica sulla carriera della band, che non tralascia neanche gli ultimi capitoli discografici (nei quali, in verità, è complicato capire se ci si trova innanzi a un disco solista del cantante o un vero e proprio album della band), anche se non sono mancati ulteriori song non presenti sull’ultima fatica, come per esempio ‘Jump For Joy’. ‘Fuck the Pigs’, ‘Payback’s A Bitch’, ‘Punk and Bellligerent’, ‘Wasteland’, ‘Rotten Soul’, ‘Generation Graveyard’, hanno mostrato tutta la potenza e l’indole punk dei nostri, che dal vivo palesano l’influenza subita dalle band di Detroit (MC5 e Stooges). Dopo i soliti ringraziamenti di rito, il quartetto è sparito, lasciando sbigottiti i presenti. Più passavano i minuti, meno probabile appariva un ritorno per il bis. Con i meno fiduciosi ormai sulla via di casa – s’è trattato comunque di un concerto infrasettimanale finito ben dopo l’una di notte – il cantante, con uno strano pellicciotto stellato addosso, è riapparso, terminando lo show con ben tre pezzi: ‘The Drug’, ‘The Party’ e ‘Downtown’.
Tirando le somme, questa esibizione ha mostrato come Clarke riesca a portare ancora in giro degnamente il nome Warrior Soul. Magari non ci troveremo innanzi a una reale incarnazione del gruppo, però questi concerti non arrecano danno alla reputazione della band. Se capitano dalle vostre parti, non fate come i baresi, andateli ad ascoltare: non ve ne pentirete!