Red Hot Chili Peppers @Unipol Arena – Bologna (BO), 08 ottobre 2016
Il 09/10/2016, di Roberto Villani.
Già si vocifera di una o più date estive in Italia nel 2017, nel frattempo i Red Hot Chili Peppers hanno scaldato i motori ed entusiasmato i quattordicimila presenti all’Unipol Arena di Bologna, con un concerto di straripante energia, di luci abbaglianti, ma anche di apparenti pause.
Alla primordiale irruenza del periodo “Blood Sugar Sex Magic” album strepitoso del 1991 al quale seguivano concerti altrettanto memorabili , si e’ passati a performance “live” di grande spessore e tecnicamente ineccepibili ( oltre trenta Tir di materiale al seguito), a dispetto di album a corrente alternata, come l’ultimo “The Getaway” , in cui e’ troppo evidente la perdita in fase creativa di un asso come John Frusciante .
Preceduti da brani dei Clash, i Red Hot Chili Peppers si presentano sul palco dell’Arena di Casalecchio dopo una serie di concerti ad alta intensita’ , prima negli States, di seguito in Europa , calando immediatamente il jolly di “Can’t Stop” con il pubblico delirante a pogare a ritmi forsennati, come nelle successive “Suck My Kiss “ e “By The Way” , prima di cedere al rito dei telefonini alzati sulle frequenze melodiche e radiofoniche delle varie “Dani California” , “Scar Tissue” e “ Dark Necessities” .
Questi brani incarnano magnificamente le due anime in antitesi dei Red Hot Chili Peppers, la prima quella funky / metal del duo Chad Smith e Flea, una sezione ritmica dalla potenza devastante, assolutamente unica sulla faccia della terra, la seconda quella pop da classifica di Kiedis, autore a sua volta di brani assolutamente vincenti e di grande presa, capaci di trasformare l’arena bolognese in un gigantesco karaoke.
Se Anthony Kiedis appare un po’ più statico del solito, concentrato più sulle parti vocali da eseguire che su trovate squisitamente sceniche tipo le acrobazie a cui ci aveva abituato in passato, altrettanto non si puo’ dire di Flea, una furia devastante al basso utilizzato più da solista che da accompagnamento, per sopperire ad un mediocre Josh Klinghoffer, chitarrista bravino , talvolta scolastico, ma distante anni luce dal talento cristallino di Frusciante, sia come tocco sulla tastiera della sei corde, che in veste di rockstar sul palco, in cui John era un vero e proprio maestro.
Una band che, forte di 60 milioni di album venduti in carriera, viaggia costantemente con il pilota automatico inserito, tanto e’ perfetta , equilibrata ed inattaccabile sulle assi del palcoscenico , anche se la forsennata energia selvaggia degli esordi ogni tanto viene a mancare ed e’ per questo motivo che continuo a preferire a loro band come The Who , passati da queste parti due settimane fa , che stravincono il duello a distanza con i “peperoncini” Californiani.