Fosch Fest @Area Feste – Bagnatica(BG), 23 luglio 2016
Il 26/07/2016, di Andrea Schwarz.
Fosch Fest, un appuntamento che alcuni anni fa era una bella abitudine nel panorama musicale folk italiano; fin dal lontano 2009 quando il festival nasceva dall’esigenza di creare un happening interamente dedicato appunto al Folk Metal e che vedeva tra i suoi primi promotori i Folkstone così come svariate associazioni locali ed il comune di Bagnatica (le prime edizioni si svolsero interamente ad ingresso gratuito). Ma come è normale che sia, Fosch Fest si è evoluto allargando i propri confini dopo l’annullamento dell’edizione del 2014, abbracciando stili musicali diversi a partire dall’edizione del 2015 ospitando band di spessore come Satyricon e Carcass che con il folk metal non avevano nulla da spartire. Insomma, la voglia di crescere da parte degli organizzatori è continuata fino ad oggi, la tipica caratterizzazione folk della kermesse è stata messa da parte proponendo un bill più ad ampio respiro: Ancient Bards, Korpikklani, Fleshgod Apocalypse fino ad autentiche icone del Thrash Metal come Destruction, Sacred Reich, At The Gates ed Anthrax. Fin qui le note positive, quelle che ti solleticano il palato come si fosse a un ristorante di lusso: l’appetito vien mangiando, tanto più che era stato previsto un palco minore ove far suonare band più ‘sconosciute’ come i The Modern Age Slavery, Nightland, Embryo e tanti altri. E qui arrivano le note dolenti. La location, innanzitutto: un parcheggio con terreno in cemento….vero è che storicamente in Italia ci sia una cronica assenza di luoghi studiati per la musica dal vivo ma un luogo del genere poteva essere gestito meglio considerando il periodo in cui il festival avrebbe dovuto svolgersi. Poi c’è il palco, che per dimensioni e struttura sembra più un palco da festa di paese piuttosto che uno stage dove ospitare band di primissimo livello ed a questo va aggiunto un servizio catering inadeguato (code infinite per qualsiasi esigenza aggravata dall’utilizzo di una scheda prepagata come nei migliori festival europei), un impianto elettrico non sufficiente (più volte durante il pomeriggio del sabato abbiamo dovuto assistere ad interruzioni di corrente elettrica per sovraccarico anche durante le esibizioni delle bands). Last but not least un acquazzone mattutino ha danneggiato il palco secondario rendendo necessario l’annullamento delle esibizioni di tutti i gruppi che avrebbero dovuto calcarne le assi, band e pubblico avvisati sul luogo con molta gente inferocita nell’aver pagato il biglietto per il pacchetto da due palchi ma trovandosi invece di fronte ad un bill dimezzato (senza contare anche l’annullamento per problemi tecnici dello show degli Ulvedharr sul palco principale) e un inizio ritardato di un paio d’ore. Assolutamente inaccettabile per chiunque abbia macinato chilometri per essere qui presente, siano essi pubblico o musicisti. Detto questo per dovere di cronaca, passiamo a parlare delle band che hanno suonato esibendosi in shows energici e coinvolgenti. I primi a salire sul palco i nostrani Fleshgod Apocalypse che sciorinano una prestazione di tutto rispetto, tecnicamente e musicalmente ineccepibili, pagano l’orario pomeridiano che penalizza uno dei loro punti di forza: la scenografia e le caratterizzazioni che ne seguono. Visti in club al chiuso questo aspetto trova una sua collocazione ideale e per certi versi naturale mentre in questo contesto sono quasi risultati dei pesci fuor d’acqua. Ma la prestazione è maiuscola nonostante qualche problema tecnico (eseguendo ‘The Fool’ salta la corrente elettrica….) autentici professionisti che suonano per il pubblico accorso pezzi del calibro di ‘The Forsaking’, ‘Pathfinder’, ‘Cold As Perfection’ giusto per nominarne qualcuno. Cambio palco ed è la volta dei Destruction di Schmier, attesi dal pubblico presente. Ed il terzetto teutonico non si fa pregare a deliziare i presenti grazie ad un suono diretto che ti investe come un treno in corsa. Peccato che anche in questo caso dopo pochi minuti salti la corrente sull’esecuzione di ‘Under Attack’, stessa scena che avviene nella riproposizione di ‘Curse The Gods’. Questi sono inconvenienti che lasciano l’amaro in bocca nel pubblico e molto disappunto nei Destruction che non nascondono la loro delusione avendo comunque offerto agli astanti i loro pezzi migliori: ‘Eternal Ban’, ‘Mad Butcher’, ‘Nailed to The Cross’, la strumentale ‘Thrash Attack’. Peccato per i problemi tecnici che hanno funestato la loro prova, i Destruction picchiano mostrando una forma invidiabile ed un set quasi da best of. Ed arriva uno dei momenti topici e più attesi dal pubblico: l’esibizione dei Sacred Reich, la prima in terra italica dopo trent’anni di onorata carriera fatta di dischi come ‘Surf Nicaragua’, ‘Ignorance’, ‘The American Way’ che hanno infiammato i thrashers a cavallo tra la fine degli anni ottanta e l’inizio degli anni novanta. Ed è proprio con ‘The American Way’ che alle ore 19.55 comincia lo show dei thrashers statunitensi, uno spettacolo che da una parte denota un gruppo anagraficamente e fisicamente notevolmente invecchiato (Phil Rind si presenta sul palco con qualche chilo di troppo….) ma con una grande carica emotiva che si percepisce in ogni singola nota. Credetemi, è una grande emozione poter ascoltare dal vivo brani come ‘Love/Hate’ e ‘Who’s to Blame’ sempre da The American Way, ‘Ignorance’, ‘Heal’, ‘Indipendent’ fino a sfociare nella conclusiva ‘Surf Nicaragua’ che ha suggellato una prestazione dove per la prima volta nella giornata band e pubblico sono sembrati una cosa sola, liberi anche dai molteplici problemi tecnici che avevano contraddistinto le esibizioni delle bands precedenti. Da menzionare in ultimo una magnetica esecuzione di ‘War Pigs’ per una prestazione maiuscola, storica ed intensa come in pochi si sarebbero aspettati. Dopo tanto dispendio di energie ed il consueto cambio palco è la volta degli svedesi At The Gates che hanno attaccato immediatamente gli spettatori con ‘Death And The Labyrinth’ da ‘At War With Reality’ dopo il quasi scontato intro rappresentato da ‘El Altar Del Dios Desconocido’. Ancora una prestazione superlativa questa del quintetto che ha presentato moltissimi brani tratti dall’ultimo studio album e dal classico ‘Slaughter of The Soul’. ‘Tompa’ Lindbergh riesce con molto mestiere e maestria a prendere in mano i fans e la band, i suoni complessivi sono decisamente buoni ed allora ci si può godere appieno le esecuzioni chirurgiche e senza fronzoli di ‘The Night Eternal’, la classica ‘Blinded by Fear’, ‘Under a Serpent Sun’, ‘Suicide Nation’, ‘Heroes and Tombs’. Un’ora di ininterrotta violenza sonora, una prestazione sopra le righe che ha preparato a dovere il pubblico verso i veri protagonisti della giornata: Anthrax! Dopo l’ennesimo (e interminabile) cambio palco arrivano finalmente le ore 23.20: si spengono le luci e risuonano le note di ‘You Gotta Believe’ tratta da ‘For All Kings’. Per chi avesse ancora qualche riserva sulla bontà dell’ultimo prodotto discografico è qui servito, questo come gli altri brani estratti da ‘For all Kings’ quali ‘Breathing Lightning’, ‘Evil Twin’, ‘Monster At The End’ e la stessa title track hanno dal vivo la stessa forza d’urto dei loro classici che hanno caratterizzato la loro trentennale carriera. Frank Bello è un autentico animale da palco che aizza e carica la folla ad ogni nota, un folletto saltellante dall’infinita energia mentre Scott Ian bada al sodo con il suo chirurgico e tagliente modo di interpretare la chitarra ritmica. Joey Belladonna è una delle note liete della prestazione del quintetto newyorkese: sempre pulito ed espressivo in ogni frangente, ha catalizzato l’attenzione dei fans presenti senza mostrare (fortunatamente) neanche un calo vocale sembrando maggiormente in forma adesso che all’inizio della sua carriera. Come non menzionare la perfetta prestazIone di John Dette alle pelli al posto del leggendario Charlie Benante, drumming possente e preciso ed a suo agio nello scomodo ruolo di ‘rimpiazzo di lusso’. Lo show ha visto anche la presenza nel set list di autentici classici come ‘Medusa’, ‘Caught in a Mosh’, ‘Got The Time’, ‘Antisocial’, ‘Indians’ che il pubblico non ha fatto mistero di apprezzare continuamente. Gli Anthrax sono state le autentiche star della serata, suoni perfetti (verrebbe da meravigliarsi pensando che si trattava dello stesso impianto di cui avevano usufruito le altre band prima di loro) e una prestazione superlativa, tanto che qualitativamente c’è stato un abisso tra loro ed il resto del bill. Insomma, bilancio positivo se pensiamo agli show offerti dalle band presenti ma assolutamente insufficiente il contesto generale.