Iron Maiden @Mediolanum Forum – Assago (MI), 22 luglio 2016
Il 24/07/2016, di Dario Cattaneo.
Foto di Roberto Villani
Una seconda giovinezza? Viene forte la tentazione di chiederselo, guardando gli show che gli Iron Maiden stanno tenendo in giro per l’Europa, in questa incostante e movimentata estate 2016. Oramai quasi un anno è passato da quando si sono cominciati ad ascoltare i primi brani che avrebbero poi composto quel discusso lavoro dal titolo ‘The Book Of Souls’; gli animi, amichevoli od ostili che fossero ai tempi, si saranno ormai ben raffreddati, e ci si aspetterebbe quindi un hype contenuto riguardo a questi concerti, ma – basta un’occhiata per accorgersene – vi assicuriamo che non è così. Ed è la band in primis, gli Iron Maiden stessi, a farci capire che di “tirare il fiato” non hanno nessuna intenzione.
E’ in effetti la classica “serata bomba” quella messa in piedi dai cinque della Vergine di Ferro al Forum di Assago il 22 di luglio, una serata di quelle che, ne siamo certi, i presenti si ricorderanno volentieri nei tempi. E non è, come si potrebbe pensare, la scaletta a fare la differenza, oppure i suoni o la cristallina prova del cantante, no, non sono questi fattori. E’ tutt’altro. E’ la consapevolezza che anche nel 2016, anche con un disco da supportare che è il complesso e pachidermico ‘The Book Of Souls’ e non il diretto e adrenalinico ‘Powerslave’, è ancora possibile per noi e per la band vivere emozioni e respirare un’aria simile a quella delle arene nel biennio ‘85/’86, quando durante il World Slavery Tour la band inglese si muoveva con la regalità e la supponenza propria dei Re che erano, i Re dell’heavy metal. E’ questa l’impressione che ci è stata comunicata nel corso della serata, fin dal momento in cui i supporter The Raven Age, giovanissima band di melodic metal moderno, finiva di suonare e i presenti, quasi senza soluzione di continuità, cominciavano ad inneggiare ai propri beniamini con le corna alzate e il classico grido sentito ormai ad innumerevoli concerti, ‘Maiden! Maiden!’. E’ anche l’impressione che riceviamo quando vediamo cadere i sipari durante l’intro ‘Doctor, Doctor’, scoprendo una scenografia in stile civiltà precolombiana, ricca di tutti i cliché e soprattutto carica dello stile che hanno reso grandi i Maiden nei mega-tour degli anni ’80. E, infine, è soprattutto l’impressione che abbiamo quando la band attacca finalmente a suonare e Bruce, dopo i due minuti di introduzione cantata per l’opener ‘If Eternity Should Fail’, entra sul palco con il consueto incredibile salto felino. La canzone, nonostante non abbia veramente il piglio di una opener live, si rivela però subito come un pezzo molto apprezzato dai fan, e nonostante la lunga durata raggiunge la propria conclusione fin troppo in fretta, quando gli applausi iniziali praticamente non sono ancora conclusi. ‘At The Speed Of Light’ ci fornisce adrenalina da vero pezzo di apertura, veloce e frizzante, con poi il classico ‘Children Of The Damned’ ad alzare un po’ il tiro dell’attenzione e a far scapocciare anche i presenti più… in là con l’età. L’album in promozione riprende poi il controllo della scaletta con due pezzi piuttosto attesi, ‘Tears Of A Clown’, che con la sua struttura più ragionata e radiofonica si rivela comunque un buon pezzo live, e l’epico ‘The Red And The Black’, che già mesi fa si vociferava sarebbe stato al centro delle esibizioni della Vergine di Ferro grazie al suo ‘oooohhh oooh’ centrale. Ci si rituffa subito nell’infuocato clima della Long Beach Arena di trent’anni fa grazie alla solida accoppiata ‘The Trooper’ e ‘Powerslave’, ma è solo una breve escursione, perché il nuovo album viene poi subito di nuovo omaggiato da un altro brano veloce, ‘Death Or Glory’ e dal suo pezzo forte, la cangiante title-track. L’alternanza tra vecchio e nuovo ha raccolto di sicuro i propri frutti, tenendo il pubblico sempre sul filo di un’emozione quasi tangibile, e quindi la band opta per mollare i colpi del KO con le solide ‘Hallowed Be Thy Name’, ‘Fear Of The Dark’ e ‘Iron Maiden’. Il palco si anima di più ancora, i fondali richiamano gloriose scene del passato, e un manichino di Eddie alto ben due metri e mezzo si aggira, minaccioso e strafottente, sul palco, interagendo con la band e con la folla tutta. Le ultime note di ‘Iron Maiden’ si spengono sotto gli applausi e sotto lo sguardo severo di un pupazzo di Eddie davvero gigante che, a mezzo busto, si erge dietro il drumkit di Nicko, osservando tutti noi. E non è finita! Con la consueta classe, i cinque mattatori tengono “il grosso” per i bis, e così sia ‘The Number Of The Beast’, sia la poco conosciuta ‘Blood Brothers’ che il classico ‘Wasted Years’ hanno la loro ricca dose di pupazzoni di Satana alti una decina di metri, facce di Eddie che compaiono in mezzo a un cielo stellato ed effetti pirotecnici di gran gusto. Che altro dire? Gli Iron Maiden con questo tour vogliono riportare l’attenzione allo show e all’adrenalina del suonare metal, e, mi ripeto, non è grazie a una scaletta che invece è stata criticata a priori nei mesi precedenti il concerto, né con una prestazione perfetta che gli Iron vogliono farlo. Piuttosto, è il metal che torna a essere quello che è sempre stato: passione, un certo gusto per l’esagerazione e lo scioccare, e tanto, tanto, divertimento!