Muse @Mediolanum Forum – Milano (MI), 21 maggio 2016
Il 22/05/2016, di Roberto Villani.
Non c’è storia e neanche l’ombra di ogni ragionevole dubbio, per dirla in termini giuridici e da aula di tribunale.
I Muse sono a tutti gli effetti i Queen del nuovo millennio, avendo ereditato di diritto il trono rimasto vacante dopo la prematura scomparsa di Freddie Mercury in quel malinconico novembre 1991.
Ve lo dice uno che i Queen li ha amati, vissuti, ascoltati e, soprattutto, visti dal vivo per ben quattro volte nel loro momento di più alto splendore in termini di creatività e vena artistica e mi riferisco al periodo che intercorre tra il 1977 ed il 1982.
Nessuno, ribadisco, nessuno è riuscito meglio dei Muse ad incarnare e metabolizzare l’arte di coniugare la drammaticità e la maestosità di certe arie ispirate alla musica barocca e sinfonica, alla pura essenza del rock’n’roll d’impatto, quasi glam, che fu una prerogativa del successo clamoroso di album seminali dei Queen, quali ‘Sheer Heart Attack’ e ‘A Night At The Opera’.
Forse solo gli U2 di metà anni Ottanta ebbero lo stesso impatto devastante nello show business, ma quello che passano oggi i Muse è un qualcosa di unico e, al momento, irripetibile.
Matt Bellamy è un folletto indiavolato che domina in lungo e in largo uno stage aperto a 360 °, tra il delirio di migliaia di fans adoranti, i quali urlano a squarciagola ogni pezzo che esce dalla sua bocca e dagli altoparlanti del Forum, in quella che è l’ultima data del tour a supporto dell’album ‘Drones’, tour aperto allo Stadio Olimpico di Monaco il 29 maggio dello scorso anno, al Rockavaria Festival insieme a Metallica, Judas Priest e Kiss (e noi di Metal Hammer eravamo presenti anche in quell’occasione…).
Oltre a suonare la chitarra in maniera divina, alternando riff taglienti come lame di rasoio, a passaggi di una raffinatezza da far impallidire tanti improbabili guitar heroes, Bellamy ha il grande dono o talento, chiamatelo come volete, di scrivere canzoni che ti si appiccicano addosso e che non puoi più fare a meno di canticchiare, vita natural durante…
E’ vero che i Muse attingono da tante grandi band del passato senza ricalcarne nessuna in particolare, a parte i miei accostamenti “di cuore” ai già citati Queen, ma è altrettanto inequivocabile che il gigantesco drone, che a metà concerto inizia a volteggiare all’interno dell’arena milanese, è un richiamo neanche tanto velato all’unico ed ineguagliabile dirigibile della storia del rock, quello dei Led Zeppelin .
Uno show incredibile e altamente spettacolare questo di Milano, dall’impatto visivo e sonoro devastante, in cui le canzoni del nuovo album, prodotto da quella vecchia volpe di John “ Mutt” Lange , l’hanno fatta da padrone, con ‘Mercy ‘ e ‘Psycho’ elette a superstar della serata, ma dove hanno trovato spazio anche le celeberrime hit di un recente passato, tutto da incorniciare.
E’ mancata solo ‘We Are The Champions… Of The World’, ma è come se ci fosse stata…