Death DTA@Il Deposito – Pordenone (PD), 23 aprile 2016
Il 25/04/2016, di Angela Volpe.
Sabato 23 aprile al Deposito Giordani di Pordenone: terza tappa italiana per il tour Death Dta (Death to all), un grandioso tributo a Chuck Schuldiner con gli eccellenti Gene Hoglan alla batteria, Steve Di Giorgio al basso, Bobby Koelbe alla chitarra e Max Phelps alla voce e chitarra.
Trepidazione ai massimi livelli per l’ingresso della band, con un pubblico composto da veri appassionati di questo genere di nicchia, nato dal genio di Chuck Schuldiner.
Prima dell’inizio del concerto, un corpulento roadie cosparge d’incenso il palcoscenico, benedicendo la batteria e fissando due bastoncini fumanti ai lati del palco. Un gesto simbolico, già primo segno del valore emotivo di questa reunion.
La band non si perde in preamboli e bombarda subito il pubblico con ‘The philosopher’, da “Individual thought patterns”, ‘Left to die’ da “Leprosy”, ‘Living Monstrosity’ da “Spiritual Healing” e ‘Suicide Machine’ da “Human”.
Solo allora Steve Di Giorgio, senza posare il suo basso fretless tre corde, saluta il pubblico con affetto, ricordando che il progetto Death Dta è in piedi a titolo di omaggio all’amico e fondatore del gruppo, che ha lasciato una traccia inossidabile nel mondo musicale, nei ricordi dei musicisti che hanno collaborato con lui e nei cuori dei fans.
Gene Hoglan, da dietro la sua imponente doppia cassa che porta il logo dei Death e il suo nome, con il suo marcatissimo accento texano saluta e ringrazia calorosamente il pubblico.
Seguono altri tre brani da “Individual Thought Patterns” (Di Giorgio aveva avvisato che la scaletta sarebbe stata maggiormente improntata sul quinto album dei Death): ‘Overactive Imagination’, ‘Trapped in a corner’ e ‘Destiny’.
Dopo ‘Lack of Comprehension’ e ‘Flattening Of emotions’, tratte da “Human”, Steve presenta Bobby Koelbe alla chitarra, che con i Death ha inciso “Symbolic” nel 1995, del quale eseguono ‘Symbolic’, ‘Zero Tolerance’ e ‘Crystal Mountain’.
I suoni sono eccezionali: le vibrazioni profonde del basso scuotono il pavimento, la doppia cassa di Hoglan è una precisissima scarica di colpi d’arma da fuoco e le chitarre hanno il tipico suono Death, peccato solo che per sentirle entrambe occorresse essere perfettamente al centro del locale (a destra si sentiva poco quella di Phelps e a sinistra poco quella di Koelbe).
A Max Phelps, già voce dei Cynic, tocca l’arduo compito di impersonare l’indimenticabile Chuck Shuldiner. Max esegue i brani con grandissima concentrazione, senza mai interagire con il pubblico, quasi a volersi tenere rispettosamente in disparte, senza imporsi quale frontman del gruppo e lasciando a Di Giorgio gli onori di casa.
Phelps si accosta con modestia e grande attenzione alle creazioni intricate di Chuck, eseguendo in maniera impeccabile ogni nota e nel corso del concerto si dimostra all’altezza del compito che gli è stato assegnato.
La sua performance tocca l’apice con ‘Spirit Crusher’ (da “The Sound Of Perseverance”), dove sfoggia uno screaming brillante e acuto davvero notevole.
‘Bite the Pain’ è l’unica altra canzone tratta da “The Sound of Perseverance”, peccato per la grandiosa ‘Scavenger Of The Human Sorrow’, rimasta fuori scaletta.
Dopo una breve pausa sigaretta per Gene Hoglan, i Death To All lasciano il pubblico con due brani da “Scream Bloody Gore”: ‘Zombie Ritual’ e ‘Baptized In Blood’.
Mentre Steve Di Giorgio ringrazia di nuovo, sentitamente, i presenti, Max Phelps, abbandonata la postura statica e la tensione di aver dovuto in qualche modo reggere un paragone ingombrante, si lascia scappare l’unico timido sorriso.
Le capacità tecniche di questi musicisti e il calore con cui hanno interpretato i migliori pezzi dei Death trasmettono la palpabile sensazione di non aver partecipato a un concerto, ma a una celebrazione.
Support Music, not Rumors. Chuck Schuldiner