Rock In Idro @ Arena Joe Strummer – Bologna, 1 giugno 2014
Il 21/06/2014, di Elisa Penati.
Nel 2013 Rock In Idro si era preso un anno sabbatico, dodici mesi per riflettere su quali strategie adottare per un’edizione 2014.
Il tempo è stato utile e molte sono state le novità apportate alla strutture della manifestazione: a partire dalla location, non più Milano, ma Bologna, non più due giorni ma quattro, ed in particolare è il terzo quello dedicato all’hard rock e heavy metal.
Una fiumana di oltre ventimila metalhead è arrivata fin dalle prime ore del mattino ai cancelli dell’Arena, che però ha aperto i battenti con circa trenta minuti di ritardo sull’orario previsto, finendo così per penalizzare lo show dei vincitori del contest, i Pavic, indetto dallo stesso Rock In Idro.
E’ il sound degli americani Skillet a sancire ufficilmente l’apertura del festival.
Poco conosciuti qui in Italia, la band di John Cooper propone sonorità hard rock gradevoli che strizzano l’occhio a quelle correnti più modaiole che non sempre incontrano il favore dei fan, almeno qui in Italia. Ciononostante lo show è stato adrenalinico, perfetto per l’ora ed il tempo a loro disposizione.
Il testimone viene passato agli Hawk Eyes, che rispetto alla precedente performance perdono un po’ il mordente: il quartetto inglese non riesce a calamitare su di sè l’attenzione di un pubblico sempre più numeroso. Il loro sound, un misto di metalcore, stoner e alternative rock non regala, purtroppo, particolari momenti degni di nota.
Sono gli Extrema, unica band italiana in bill, a determinare quel momento in cui l’attenzione dei presenti si concentra finalmente solo sullo show. Esibirsi alle tre di un caldo pomeriggio di inizio giugno non è una delle situazioni migliori, ma la band di Tommy Massara ha calcato il palco con grinta riuscendo a coinvolgere in maniera eccellente il pubblico in completa balia della band su brani quali ‘Again and Again’ e ‘Deep Infection’, tratte dall’ultimo ‘The Seed of Foolishness’ che mostrano quanto gli Extrema siano in forma e pronti a divertirsi con i fan.
Dall’Italia si passa agli Stati Uniti, precisamente al Kentuchy con i Black Stone Cherry che arrivano a Bologna per la prima volta dopo l’uscita del loro ultimo studio album ‘Magic Mountain’. Questi quattro ragazzi hanno conquistato l’affetto dei presenti con brani quali ‘Me & MaryJane’ e ‘Never Surrender’ tratti dalla loro ultima release che hanno presentato con una grinta disarmante, scatenando pogo e cori per tutto lo show. Il misto tra southern rock, classic rock e blues valorizza al massimo la voce di Chris Robertson, che sul palco, regala un’ottima esibizione tanto che i presenti, letteralmente conquistati, rimangono con l’amaro in bocca quando la band saluta dopo solo otto brani.
L’arrivo degli Opeth segna forse un momento nel quale si può tirare il fiato.
La band di Miakel Akerfeldt propone un death progressive che forse non è il genere più adatto per l’ora in cui si esibisce e certo anche per la posizione ricoperta in bill: dopo l’adrenalinica performance dei Black Stone Cherry il sound degli Opeth smorza un po’ l’atmosfera. La track list proposta è comunque apprezzata dai fan che ne amano le cervellotiche sonorità: ‘Deliverance’, ‘Heir Apparent ‘, ‘The Devil’s Orchard’ Atonement’ sono quattro dei sei pezzi proposti in un’esibizione che si è fatta amare ed ha invece permesso di ricaricare le energie a chi non era più di tanto interessato alla musica degli Opeth.
Si giunge così alla penultima band e l’arena ormai trabocca di metallari.
Gli Alter Bridge arrivano sul palco conquistando fin dalle prime note tutti i presenti che da subito accompagnano i quattro su ogni brano. Myles Kennedy è in gran forma e non manca di scherzare con i presenti chiamando cori che prontamente si alzano ad ogni suo gesto. Si può dire lo stesso dei compagni: Mike Tremonti coinvolge in ogni attimo il pubblico tra un solo e l’altro ed anche Brian Marshall sa occupare degnamente la sua parte di palco, dialogando negli attimi più importanti con il preciso batterista Scott Phillips. La tracklist è accattivante, soprattutto quando la band propone l’immancabile ‘Metalingus’ e ‘Blackbirds’.
A chiudere la giornata arrivano gli headliner tanto attesi, gli Iron Maiden, che tornato in Italia con il Maiden England Tour.
Qualsiasi concerto della storica band inglese raccoglie approvazione: i fan hanno nel cuore gli Iron Maiden ed ogni volta non si può non godersi lo show. Anche qui al Rock In Idro tutto è grandiso: scenografie, fuochi d’artificio e Dickinson in gran forma regalano momenti di grande pathos.
‘Can I play With Madness’, ‘Fear Of The Dark’, ‘Two Minutes To Midnight’ giusto per citare alcuni dei grandi classici che vengono proposti e cantati a due voci con una folla in completa balia della band. Lo show prosegue e come sempre gli Iron Maiden regalano uno di quegli spettacoli che rimarrà ben impresso nella memoria.
‘Aces High’, ‘The Evil That Man Do’ e ‘Sanctuary’ segnano la fine di un live che ha regalato emozioni continue ad un pubblico che già non aspetta altro che vederli ancora live.
Le luci si spengono sul palco del Rock In Idro e l’appuntamento non rimane che per il prossimo anno.
FOTO EMANUELA GIURANO
SETLIST IRON MAIDEN
Moonchild
Can I Play with Madness
The Prisoner
2 Minutes to Midnight
Revelations
The Trooper
The Number of the Beast
Phantom of the Opera
Run to the Hills
Wasted Years
Seventh Son of a Seventh Son
Wrathchild
Fear of the Dark
Iron Maiden
Encore:
Aces High
The Evil That Men Do
Sanctuary