Death SS @ Audiodrome-Moncalieri (TO), 31 ottobre 2013
Il 12/11/2013, di Alice Ferrero.
Orde di zombi, vampiri, streghe e scheletrini. Ed ancora licantropi, Morticie, stregoni, alieni e sanguinari chirurghi. Non mancano neppure due, splendide Streghe di Salem, a rendere ancor più ricca e “colorata” la fauna all’interno dell’Audiodrome. Una cornice ideale per la calata torinese dei Death SS, la band italiana più controversa, chiamata ad incendiare la notte di Halloween, un matrimonio perfetto celebrato (sarà un caso?) nella città “magica” per antonomasia. Tanti tasselli che si incastrano perfettamente andando a ricreare uno splendido mosaico, ed il pubblico torinese accoglie alla grande l’invito affollando il locale e donando al concerto/evento il giusto contorno. Rispetto a passate produzioni, l’allestimento del “Resurrection Tour” appare quasi minimale, con tre grandi croci di ferro a celare le aste dei microfoni e quattro fiamme artificiali a ricreare un suggestivo “effetto infero” tra palco e pubblico. Anche il make-up dei musicisti si limita ad un semplice face painting ben distante da quello sfoggiato in altre incarnazioni della band, una scelta che comunque non va a scalfire l’impatto scenico del gruppo toscano, sempre più arroccato attorno alla carismatica figura di Steve Sylvester, un animale da palcoscenico capace di catalizzare su di sè l’attenzione, di smuovere il pubblico e di soggiogare i presenti con la sua malefica aura. Che rende ogni canzone un’esperienza da vivere, sin dal momento in cui il Vampiro esce dalla bara posta ai bordi del palco per riversare sui presenti la malvagia “Peace Of Mind” dopo che il classico inno “Ave Satani” aveva fatto scendere il gelo sull’Audiodrome. Con “Horrible Eyes” viene snocciolato un altro classico del metal made in Italy, con tanto di maleficio lanciato da Steve sugli astanti dal suo oscuro pulpito. E’ il momento di “The Crimson Shrine” e con questo pezzo viene abbandonata la via dei classici per addentrarsi nel nuovo “Resurrection”, un brano che mette in luce la solidità dei nuovi Death SS, ben ispirati dalle tastiere di Freddy Delirio ed impreziositi dai virtuosismi chitarristici di Al De Noble. Gronda puro heavy metal con “Where Have You Gone?”, marchiata a fuoco dal tellurico drumming di Bozo Wolf e scandita da quel refrain cantato a squarciagola dal pubblico, mentre sono ritmi tribali quelli che accompagnano la conturbante “Baron Samedi” nella quale il “Nostro”, travestito da malefico “Loa”, officia il rito ben supportato dal “Fantasma dell’Opera” che, alle tastiere, tesse sapiente le sue oscure trame. Si torna al moderno con “The Darkest Night” condotta da un tarantolato Glenn Strange, splendida per il suo impatto reso unico dal melodico refrain, un autentico squarcio nelle tenebre, seguito da uno dei più bei pezzi partoriti dalla band, ovvero quella “Scarlet Woman” introdotta dal suo inconfondibile gioco di tastiere capace di strapparti dalla realtà e trasportarti in una nuova dimensione nella quale a farla da padrona (è proprio il caso di dirlo) è la meretrice di Babilonia pronta, inguainata nel suo succinto abito in lattice, a fustare i presenti con il suo lungo scudiscio. Con la plumbea “Terror” si compie un autentico viaggio a ritroso nel tempo sino a giungere agli albori del gruppo, un brano dannato, oscuro ma ancora maledettamente attuale a riprova del valore dei Death SS, mentre a velocità siderale si torna ai giorni nostri per celebrare nuovamente “Resurrection” con la melodica “Dionysus”, contrassegnato ancora una volta dall’efficace lavoro alla sei corde di Al De Noble e dal conturbante ballo di una suadente danzatrice velata. Da delirio il trittico successivo, con “Baphomet” accolto con un boato dai metallers più oltranzisti, l’anthemica “Let The Sabbath Begin” cantata all’unisono dai presenti e la cavalcata rappresentata da “Cursed Mama”, ennesima gemma pescata dalla sconfinata discografia del combo pesarese. Il pubblico è in estasi e Steve se ne accorge, abbandonando per un istante il suo ruolo di distaccato maestro di cerimonie per innalzarsi ad aizzare la folla e prendersi tutto il suo calore. La cibernetica “Hi-Tech Jesus” è una beffarda parentesi pescata dallo splendido “Panic”, mentre spetta al classico “Vampire” porre fine alle ostilità, con la procace suora puntualmente vampirizzata e abbandonata alla sua danza blasfema. Tempo qualche minuto e la band è nuovamente sul palco per riproporre quella “Panic” che ancora una volta innalza la classe tastieristica di Freddy Delirio, e soprattutto la monumentale “Heavy Demons”, un autentico inno al metal tricolore culminata con la distribuzione di ostie sconsacrate da parte di una sensuale diavolessa, perfetto epilogo di un concerto che ha saputo lasciare in segno diventando, nel suo scorrere, un piccolo evento nell’evento.