Master Boot Record – Spread the Code!
Il 25/03/2025, di Alex Ventriglia.

Come ho scritto all’interno dell’intervista, i Master Boot Record sono realmente un gruppo indecifrabile, all’apparenza possono spiazzare, ma non appena approfondisci, magari approcciandoti a loro nella dimensione più congeniale e veritiera come può essere un concerto dal vivo, ecco che tutto si fa più chiaro, nitido. Lampante. Sull’eccezionalità di una formazione che, piano piano, anche in Italia sta emergendo, finalmente, dopo che all’estero sono anni che i Master Boot Record vanno forte. Piuttosto forte, se non addirittura belli lanciati, e le future tournée in via di definizione lo dimostreranno ancora di più. Ben spalleggiato da una label storica e prestigiosa qual è la Metal Blade Records e da un management e una booking agency che evidentemente sanno il fatto loro, il terzetto capitolino prosegue, imperterrito, nella sua scalata, esplodendo a più riprese un metal sound farcito di suggestioni antiche, tra un amore dichiarato verso il thrash/death d’autore, squarci chitarristici che non possono non richiamare i grandi eroi di un tempo e una passione dirompente, sconfinata verso il computer e tutto ciò che esso può realizzare. Sublimandolo. Victor Love, per gli amici più stretti Vittorio D’Amore, ghigna soddisfatto, tra una battuta e l’altra in un romanesco che tanto può esaltare e rendere unico l’amore per Roma e tutte le sue sfaccettature, quando glielo faccio notare, nel corso di un’intervista che prova a svelare più di un segreto, più di un retroscena, dietro una band a dir poco sorprendente, di sicuro molto, molto originale. Personale.
Victor, ormai si può dire che è un po’ che ci “annusiamo”, tu sai che io faccio interviste solo con chi mi appassiona veramente o chi mi suona alquanto originale ed innovativo, come io so che tu rilasci poche, esclusive interviste. Quindi direi l’ideale punto d’incontro per venire “a dama”.
“(Victor Love) Ciao Alex, mi fa molto piacere ed è vero che finora ho fatto veramente poche interviste, questo perché preferisco non mettere in evidenza la mia persona in relazione al progetto. Se provi a prendere uno qualsiasi dei miei dischi vedrai che non ci sono credits in relazione a chi li ha scritti, prodotti o registrati. In realtà quasi non ci sono testi di alcun tipo se non quelli strettamente necessari o in relazione ai puzzle nascosti negli album. In passato era diverso, forse perché ero più giovane e magari desideravo ricevere un riconoscimento personale per quello che facevo, ma poi ho capito che l’unica cosa che conta è la musica al di là della persona che la produce. Tutto il resto tanto viene comunque da sé e non c’è bisogno di ostentarlo o sottolinearlo. Inoltre penso sia più interessante lasciare alle persone che sono veramente interessate il compito di scoprire maggiori informazioni. Oggi come oggi molti artisti spiattellano tutto quello che possono al limite del ridicolo, pensando che così facendo riescano ad ottenere qualche like in più sui social, ma per come la vedo io risultano “cringe” nella stragrande maggioranza dei casi”.
Giuro che fino a quando non vi vidi suonare dal vivo, facevo fatica a inquadrare, e a descrivere, una band come i Master Boot Record. Per uno che deve scrivere, è quasi “frustrante” non poterlo descrivere: ma tu, d’accordo che sei chiamato direttamente in causa, come descriveresti un’esperienza tale a un “profano”?
“Per molto tempo ho evitato di dare delle descrizioni precise perché non amo catalogare quello che faccio dato che poi alla fine è un mix di tantissime cose, generi, influenze che vanno dal metal all’elettronica utilizzando hardware e software di tutti i tipi. Infine però ho capito che forse era il caso di definire quello che facevo perché tante persone, così come anche tu descrivi, avevano difficoltà a capire esattamente che cosa è Master Boot Record e questo provocava un paradosso dove venivo costantemente associato a generi che, secondo me, non hanno nulla a che fare con quello che faccio come la Synthwave, Darksynth o addirittura alle volte incredibilmente all’Hardcore Techno o alla musica EDM. Il che devo dire ha creato anche dei problemi pratici perché quando pensano che sei un DJ e che non sei neanche una band che suona dal vivo, è difficile che ti facciano suonare ad esempio ad un festival metal. E ti dico che, nonostante ora la sveglia sia arrivata un pò a tutti, ancora molti non l’hanno capito. L’occasione si è presentata da sola quando è uscito il nuovo singolo ‘CPU’ del nuovo disco ‘Hardwarez’ dato che una quantità notevole di persone ha cominciato a commentare ovunque e a scrivere “Computer Metal”. A quel punto mi son detto, beh, effettivamente è proprio tutto quello che MBR rappresenta. Ovvero musica metal che non è semplicemente fusa con la musica elettronica, ma piuttosto con tutto quello che riguarda il mondo dei computer sia dal punto di vista musicale che concettuale. Dal vivo io suono con un Commodore 64 e un Amiga 500, facciamo cover dei videogame degli anni ‘90, la musica dei dischi viene interamente scritta in live streaming usando un computer con Cubase 12 e altri software. I titoli dei dischi sono tutti riferimenti al mondo dei computer degli anni ‘90 e io stesso sono cresciuto in mezzo ai computer. Insomma, è veramente un ottimo modo di definire quello che questo progetto rappresenta! Per quanto riguarda nello specifico le influenze, principalmente è un mix di musica thrash/death metal mista alla musica dei crack e dei videogame con una componente “classical” molto evidente ed è totalmente scritta via MIDI tramite un computer. Dal vivo, invece, suoniamo in sync con la parte sintetizzata. Io suono tutte le ritmiche con una chitarra baritono, Edoardo va all’unisono su tutte le parti soliste e Giulio suona la batteria che è completamente live. Il risultato è fondamentalmente metal, ma con una forte componente sintetizzata e quintali di retrohardware sul palco!”
Il Commodore 64 la tua Bibbia assoluta? Il tuo Dogma imprescindibile?
“Il Commodore 64 è stato il mio primo computer e ha sicuramente un significato speciale per me non solo per tutti i videogame iconici, ma soprattutto per quel che riguarda la musica, con il SID chip e quel sound così distintivo che mi ha influenzato tantissimo per quello che faccio con MBR. Tuttavia, essendo cresciuto in mezzo a tutti i tipi di computer e avendoli avuti praticamente tutti, non posso realmente dare una preferenza. Ad esempio anche l’Amiga 500, con i suoi floppy disk a 3 pollici e mezzo, la grafica incredibile che aveva per i tempi e il sound del chip Paula, sono stati fonte di ispirazione. Così come anche successivamente il 486 con le varie Adlib o Soundblaster e tutto il mondo che gira intorno al DOS che è quello a cui si ispira la maggior parte dei titoli degli album. In ogni caso il progetto Master Boot Record è una celebrazione di tutto quella che è stata la storia dei computer dagli albori fino ad oggi. Pur essendo ispirato al passato utilizzo comunque un computer moderno per produrre i dischi e nel corso degli anni ho utilizzato veramente di tutto a livello di produzione. Anche dal vivo abbiamo sia computer vecchi che strumentazione modernissima da laptop che registrano in multitraccia, mixer collegati in wi-fi, sequencer e così via, così come abbiamo allo stesso tempo monitor CRT, ma anche proiezioni o wall led”.
Stai parlando con uno che era più per il flipper, a parte i classici Space Invaders, Breakout, 1942, Pac-Man, e che ha “chiuso” la sua stagione dei giochi con Shinobi e Mortal Kombat, tutta roba da “bar” se vogliamo. Tu hai più una formazione “casalinga”, per meglio dire, anche se mi raccontavi una volta di tuo padre, che fu tutta colpa sua, se non sbaglio… E, se si può dire, uno dei “pirati” più in gamba d’Italia!
“Sicuramente anche io sono stato un fan dei giochi Arcade, ma ho avuto anche la fortuna di crescere in mezzo ai computer dato che mio padre ha sempre trafficato con i computer e, successivamente, agli inizi degli anni ’90, ha aperto un negozio dove facevamo anche corsi di informatica. Questo ha influenzato pesantemente tutta la mia vita e ovviamente anche quello che faccio come MBR. Avevamo praticamente tutto per tutte le piattaforme tanto che gli altri pirati d’Italia venivano da mio padre perché semplicemente sapevano di trovare qualsiasi cosa! Avevamo una lista stampata su carta continua che era alta 1 centimetro e ricordo che ai tempi dei dischi neri a 5 e ¼ avevamo qualcosa come 80mila titoli diversi! Ai tempi era veramente difficile trovare software o videogame, e spesso alle volte questi avevano costi folli se presi originali e che nessuno sarebbe mai stato in grado di permettersi! Senza considerare che certi titoli non erano proprio distribuiti per niente! La pirateria è quasi sempre la conseguenza diretta di una scarsa distribuzione e accessibilità. Adesso ad esempio è cambiato tutto e la pirateria, seppur ancora presente, è sicuramente meno diffusa. In passato era la normalità. Adesso tramite diversi portali è possibile trovare tutto a prezzi accessibili e ormai non conviene quasi più perdere tempo a scaricare le versioni pirata, che tra l’altro sono spesso piene zeppe di malware. Se però non ci fosse stata la pirateria, il mondo sarebbe stato completamente diverso oggi… Grazie alla pirateria milioni le persone sono state in grado di imparare a usare certi programmi, e questo è un fatto incontestabile. Il motto della pirateria è sempre stato try before you buy, ed effettivamente così è stato per molti che oggi giorno lavorano con questi software e li hanno successivamente comprati originali. Io stesso ho iniziato a usare Cubase nella versione pirata quando avevo 16 anni. Oggi ho tutto originale e sono pure addirittura endorser per Steinberg, ma se non avessi imparato usando la versione pirata non sarei mai arrivato al punto di essere in grado di produrmi i dischi da solo. Anche tutto l’hype che c’è sul retrogaming non sarebbe esistito. Essenzialmente è la stessa cosa avvenuta con il tape trading per il metal! Se non ci fosse stato, tutti i gruppi che oggi sono pietre miliari del metal non sarebbero mai stati così popolari, ed è stato grazie alla diffusione delle copie pirata che la musica è riuscita a raggiungere ogni angolo del mondo. Fino a qualche anno fa questo argomento era ancora considerato un tabù, e sono sicuro che c’è gente che ancora non gli è entrato in testa… Oggi qualsiasi album lo puoi ascoltare gratis su youtube senza neanche bisogno di scaricarti gli mp3 pirata o sottoscrivere un qualche tipo di abbonamento, e gli album continuano a vendere uguale grazie alle persone che volontariamente decidono di supportare una band in diversi modi, incluso quello di partecipare ai concerti. Questa cosa ormai è diventata la normalità, ma ricordo chiaramente che fino a non tantissimo tempo fa mettere il proprio disco in free streaming su youtube era considerato una follia, una svalutazione della propria musica, un atto quasi offensivo nei confronti degli altri artisti. Sembra che però la gente ormai fa finta di esserselo dimenticato, perché ormai è diventata la norma”.
Parliamo d’Italia, che è un po’ il tasto dolente, ma che in fondo non stupisce più di tanto… Un Paese, il nostro, che segue poco il (grande) feedback che arriva appunto dall’estero: dal contratto su Metal Blade, a tournée europee e americane super gettonate e spesso all’insegna del sold-out, non è solo un caso estemporaneo… Perché questa “chiusura”, secondo te? Anche se va detto che serve forse un certo contesto, per potervi adeguatamente tirarvi in ballo…
“Io sono dell’idea che basta aspettare e lavorare bene e poi alla fine arriva il momento che le cose le riesci a far funzionare anche in Italia. È evidente che l’Italia è un territorio più difficile per questo tipo di genere, ma per me riuscire in questo intento è veramente importante perché vorrei davvero suonare sempre di più qui nel mio Paese. Per ora francamente non posso lamentarmi, abbiamo fatto meno concerti che in altri posti, ma sono sempre andati benissimo e con tantissima partecipazione. L’audience italiana è spesso a volte molto severa con i gruppi italiani, ma se pur con le dovute eccezioni ho notato che, per questo progetto, c’è quasi sempre un feedback positivo. In ogni caso, come ti dicevo, preferisco aspettare che le cose maturino da sé e che ci si arrivi naturalmente, perché, alla fine, se poi una cosa funziona c’è poco da fare, basta solo avere un po’ di pazienza”.
Ho letto da qualche parte che, quando ti presenti, forse per semplificare, dici che suoni del Computer Metal, Metal fatto al computer, ma pur sempre Metal! E con cazzute, vere chitarre!
“Sì, come ti dicevo già prima questo è un termine che in realtà è uscito fuori dai nostri fans più che da me, ma lo abbiamo fatto nostro perché in effetti aveva molto senso. E poi ovviamente sì, ci sono le chitarre e c’è la parte live della band che è una realtà diversa da quella delle produzioni in studio che sono per la maggior parte completamente sintetizzate, tranne l’ultimo disco dove io ed Edoardo abbiamo registrato anche sovraincisioni di chitarre che vanno insieme alle parti di synth guitar e lead. La dimensione live di MBR è volutamente diversa dal disco perché per me il live deve portare qualcosa in più rispetto a quello che può dare il semplice ascolto dei brani a casa. Quello che facciamo di base è fondere le parti eseguite dai computer a strumenti reali come chitarre e batteria, oltre alle aggiunte fatte con Commodore 64 e Amiga 500 che ho modificato per suonare live come se fossero dei synth, utilizzando i sound chip interni. Oltre a questo c’è tutta la parte visual, con riferimenti, oltre che ai videogame anni ‘90, anche a tutta la demo scene e crack scene della scena warez pirata che, a sua volta, è stata una enorme fonte di ispirazione per me a livello musicale. Il risultato del nostro live è decisamente metal, e alle volte solo venendo al concerto le persone realizzano questa cosa…”.
Quindi ora l’argomento non può che essere Edoardo, chitarrista che sia come stile che visivamente ricorda molto i grandi guitar heroes di un tempo, dal Malmsteen epoca Steeler a Marty Friedman che, assieme allo sfortunato Jason Becker, ispirava i Cacophony: si può dire che Edoardo sia oggi un punto nevralgico per il sound live di Master Boot Record?
“Edoardo è un prodigio veramente unico e io sono veramente contento e onorato di portarlo in giro sui palchi di tutto il mondo con MBR perché si merita veramente tutta l’esposizione possibile. Come dici tu incarna tutta l’epicità dei più grandi guitar heroes di un tempo, sotto tutti i punti di vista, e chiunque lo vede in azione rimane folgorato. Il suo contributo nel live di MBR è assolutamente fondamentale e francamente penso sia uno dei pochi al mondo in grado di suonare le cose che scrivo su disco. Devi considerare che quando scrivo le parti soliste sul disco queste sono tutte fatte via MIDI, pertanto non hanno alcun tipo di limite nella loro complessità e inoltre non sono scritte con una tastiera della chitarra in mano. Pertanto molto spesso hanno posizioni che sono quasi impossibili da suonare, ma Edoardo riesce nella stragrande maggioranza dei casi a suonarle lo stesso, oltretutto andando perfettamente in sync con il lead synth originale che è presente sempre anche dal vivo! In alcuni casi ha dovuto anche inventare delle tecniche di chitarra nuova, come nel caso di BIOS dove sul solo utilizza una roba che ha chiamato thumb sweep, nel quale ha dovuto usare il pollice della mano sinistra per riuscire a prendere tutte le note! Insomma veramente un chitarrista incredibile e seriamente credo che sia uno dei chitarristi più forti al mondo al momento. Non per niente è anche endorser Ibanez e lo stesso Jason Becker o Jordan Rudess dei Dream Theater sono rimasti colpiti dal suo talento”.
Raccontiamo allora qualche aneddoto relativo a Edoardo? Dalla sua amicizia con Jason Becker, che ha visitato direttamente a casa sua in California, alla sua collaborazione coi Dream Theater, o meglio, con Jordan Rudess… Visto che Edoardo è il suo insegnante di chitarra!
“Jason è una leggenda vivente, non solo per il suo immenso talento, ma anche per la forza d’animo con cui affronta la vita nonostante le difficoltà. Edoardo è andato a trovarlo in California dopo essere stato invitato da Jason stesso e ha suonato per lui la chitarra eseguendo brani presi dalla sua discografia. Per Edoardo è stato un sogno realizzato, e credo che anche Jason abbia visto in lui un talento puro, un artista giovane che porta avanti quella stessa passione per la chitarra. In realtà è stato da lui due volte, l’ultima durante il nostro tour negli Stati Uniti. Sono veramente contento per lui perché so quanto Edoardo adori Jason Becker, è il suo idolo, ed essere riuscito a incontrarlo è stato davvero importante per lui. Per quanto riguarda Jordan, devi sapere che Edoardo fa anche lezioni online e ha scritto un libro sullo sweep. Ha una notevole presenza online soprattutto su Instagram, credo sia stato proprio tramite Instagram che è entrato in contatto con Jordan Rudess. Mi raccontava che Jordan, pur essendo uno dei più grandi tastieristi al mondo, ama continuamente imparare e perfezionarsi anche su altri strumenti e quindi ha fatto delle lezioni con Edoardo per specializzarsi su determinate tecniche. È un riconoscimento enorme per Edoardo, lavorare con una figura del calibro di Rudess, non posso che essere felice per lui”.
Victor, ma tu come arrivi al metal? Ci siamo beccati recentemente a Milano, e farlo per il concerto di Anthrax, Kreator e Testament, credo che spieghi già molto, di che tipo di background tu abbia.
“Diciamo che il metal è arrivato a me già quando ero veramente piccolo e tutti i miei amici del quartiere in cui vivevo erano metallari. Come dicevo prima, tutto è iniziato tramite delle cassette pirata del resto, quelle dove ci si cimentava a replicare i loghi dei gruppi oppure le compilation che contenevano tutti brani diversi uno per gruppo. Metallica, Megadeth, Sepultura, Pantera, Anthrax, Death, Exodus, Kreator, Overkill, Destruction, Tankard, Sodom, Annihilator e così via tutti gli altri. Per anni, fino a quando avevo 20 anni, non ho ascoltato altro che thrash e death metal. Poi verso la seconda metà degli anni ‘90 il metal è andato in decadenza e ho cominciato ad ascoltare anche altre cose che andavano dalla musica elettronica al nu-metal di quel periodo, fino all’industrial o la musica dark. Non che abbia mai smesso di ascoltare metal, però diciamo i miei ascolti erano molto più diversificati. Negli ultimi anni invece sono tornato ad ascoltare prevalentemente thrash e death metal, ovviamente nella stragrande maggioranza dei casi la stessa roba che ascoltavo ai tempi, più tanti dischi che mi ero perso per strada e che grazie allo streaming è facilissimo scoprire e riscoprire. Allo stesso tempo sono anche tornato ad ascoltare molta musica classica e, ovviamente, tutta la musica per Commodore 64, Amiga, ecc. che ha poi influenzato sia MBR che Keygen Church”.
Visto che condividiamo anche il luogo natio, ma l’importanza di Roma? Quanto ha influito la Città Eterna su Victor Love, per gli amici Vittorio D’Amore?
“Essere cresciuto a Roma sud penso sia stato determinante per diverse ragioni. Il luogo in cui cresci in qualche modo influenza molto quello che sei, senza contare tutte quelle persone, o meglio quei personaggi, con cui entri in contatto e che in qualche modo influenzano le tue esperienze direttamente o indirettamente. Se parliamo della scena metal per fare un esempio io sono cresciuto nel periodo d’oro del Black Out di via Saturnia, locale metal leggendario e che non era solo un posto dove incontrarsi, ma anche un luogo dove si scopriva ogni settimana musica nuova e dove si aggiravano personaggi mitologici di ogni tipo. E poi c’era il mitico Baffo con le sue serate di Metal Massacre e i pullman da Tiburtina per andare a vedere il Gods of Metal. Insomma, ti sto dando solo degli spunti, ma tu, essendo di Roma, sicuramente saprai di cosa sto parlando. Poi ovviamente c’è tutta la storia, quella vera di Roma, i suoi luoghi unici al mondo, la bellezza e la cultura di questa città e tutto il resto. Una città che io amo tantissimo e da cui difficilmente riuscirei ad allontanarmi, se pur con tutte le sue criticità…”.
Hai parlato come un libro stampato, caro Vittorio. Roma caput Mundi. Nel bene e nel male, e chi viene da Roma sa bene cosa vuol dire… Concludo questa mia ricordando infine che la band sta portando avanti alcuni concerti in Italia che personalmente reputo “tattici”, tipo il concerto romano al Traffic che ha segnato un sold-out dai molti significati, oppure la sua prossima, importante partecipazione al Lucca Summer Fest del 6 luglio, quando Victor Love & soci saranno chiamati a dividere il palco con Lindemann e Lacuna Coil, per uno dei sodalizi estivi più curiosi e intriganti che Lucca potesse augurarsi…