Hesperia – Folklore nero

Il 10/03/2025, di .

Hesperia – Folklore nero

Oggi, nell’era delle passioni fluide per i culti musicali relegati alle piattaforme digitali, è sempre più difficile trovare livelli di dedizione pari all’impegno di Hesperus per la sua creatura Hesperia dal lontano 1997 ad oggi. Cogliamo l’occasione della pubblicazione di ‘Fra Li Monti Sibillini’ targata Hammerheart Records per scambiare quattro chiacchiere con il multistrumentista diabolos ex machina del progetto.
Per prima cosa ti chiedo di presentare ai lettori di MHI il concept di “Fra li Monti Sibillini”, uscito a Gennaio, tutto sommato in sincronia perfetta col mood invernale del full lenght.
“(Hesperus) Ave Maurizio! Fra li Monti Sibillini è un concept album ambientato nel Medioevo sui Monti Sibillini, nelle Marche (mia regione di provenienza), totalmente in inverno, quindi sì: esattamente in sintonia con il periodo stagionale dell’uscita.
Nell’album si parla delle leggende di questi oscuri monti, che però non sono solo favolette ma sono racconti ben incastonati in un contesto storico, anzi si intrecciano con la storia stessa di questi luoghi. I Monti Sibillini devono il loro nome al Monte Sibilla, che a sua volta si chiama in questo modo poiché sulla sua sommità (cinta da una corona rocciosa) oltre i 2000 metri si trova l’antica grotta della Sibilla appenninica. Questa Sibilla, secondo le leggende, ha in sé i connotati della figura classica della Sibilla oracolare (che troviamo anche nell’Eneide) mescolatisi a quelli della maga medievale, o maliarda incantatrice e seduttrice. Anche le altre leggende di questo versante dei Sibillini (il versante magico) sono in qualche modo collegate alla Sibilla: per esempio quella del lago di Pilato (o lago della Sibilla) sul Monte Vettore, meta di stregoni e negromanti che secondo certe leggende andavano a consacrare il libro del comando ai demoni del lago. Anche per questo l’ingresso fu vietato con la pena di morte (che poi fossero studiosi o stregoni poco importava per le istituzioni dell’epoca).
Durante il Medioevo questi monti, e in particolare la grotta della Sibilla e il lago, erano meta di pellegrinaggio da parte di cavalieri, alchimisti, streghe, stregoni da tutta Europa. Spesso chiedevano indicazioni e venivano ospitati dalla popolazione del paese montano più vicino a quei luoghi, cioè Montemonaco (il cui nome leggendario antico è Mons Daemoniacus, per l’attecchire di ritualità di tipo esoterico-pagano, dovuto ai visitatori), sulla cui popolazione fu emanata una scomunica… che poi fu ritirata. Anche a questo è dedicato un brano. Non finisce qui, ci sono anche le fate alte bionde ma con i piedi caprini, che insegnarono il ballo tipico del luogo (il saltarello marchigiano) agli umani, e alcune sere scendevano a Foce ballando, seducendo i giovani, portandoli nella nota grotta.
Molto di quello che si tramanda della grotta della Sibilla lo troviamo nel poema cavalleresco di A. Da Barberino “Guerrin Meschino”, a cui ho dedicato appunto tre brani (praticamente un brano in tre atti); questo poema ha molto in comune con il teutonico Tannhauser, poi messo in scena da Wagner. Nel romanzo il cavaliere fa tappa in un’osteria e viene messo in guardia dall’oste, che cerca di persuaderlo a non recarsi in quel posto dimenticato da Dio, e una volta nella grotta della seducente Sibilla, tra tentazioni, fate e sfarzi, scopre che quel mondo sotterraneo nasconde delle insidie: le fate e la Sibilla stessa tra il venerdì e il sabato si trasformano in esseri ripugnanti come serpi.
Se ci pensiamo, questi elementi hanno tratti pre-gotici, e anticipano certi punti fermi che ritroveremo nei secoli a venire (come nell’ospite di Dracula). Ovviamente nella leggenda e nel poema sono contenute anche delle “demonizzazioni” cristiane di un antico mondo pagano, i cui valori venivano a cozzare con quelli del mondo cristiano.
Questo ed altro vi aspetta nel nuovo album che esplora i meandri di questi monti tenebrosi e affascinanti.”
Si tratta del settimo disco targato Hesperia, ma il primo a uscire sotto l’egida Hammerheart Records. Come nasce questa collaborazione?
“(Hesperus) Semplicemente in fase di promozione dell’album, inviando il promo, l’Hammerheart Records ha apprezzato appieno il prodotto in tutte le sue sfaccettature, dalla musica, alla grafica, ai contenuti, nonostante il fatto che il linguaggio usato nell’album sia l’italiano, l’italiano volgare tipico del Medioevo, e in alcuni casi anche il latino ecclesiastico medievale (non così accademico se vogliamo) o il dialetto maceratese (due sole strofe). Devo dire che l’etichetta ha fatto un eccellente lavoro con l’album, sia per la stampa, sia per la distribuzione che per la produzione: lo hanno valorizzato. Attualmente, a meno di un mese dall’uscita, è stata già annunciata la ristampa del doppio vinile.”

Se la prima tetralogia della discografia Hesperia, incentrata sull’Eneide, si colloca in ambientazione pre-romana, ‘Caesar’ e ‘Rome Vol.II’ si riferiscono al pieno splendore dell’Impero Romano, per arrivare a quest’ultimo ‘FLMS’ caratterizzato dal contesto medioevale. Esiste quindi una progressione cronologica nella produzione Hesperia?
“(Hesperus) Sì certamente. Hesperia è una concept oneman band incentrata sulla cultura italica, ed il nome scelto è proprio uno dei nomi più antichi, oscuri e significativi per indicare la nostra penisola. I greci vedevano tramontare il Sole ad Occidente proprio in direzione dell’Italia, quindi indicarono quei luoghi dove il Sole andava a morire, come la terra della sera, dell’oscurità: Hesperia. Il nome deriva da quello che per gli antichi greci era l’astro nel cielo di Occidente, cioè Espero, Hesperos in greco, e latinizzato Hesperus, che è appunto il mio nome “di battaglia”. In alcune mitologie Hesperus era anche sovrano oscuro di queste terre d’Occidente. L’astro Espero non è altro che la veste serale e notturna di quello che al mattino veniva indicato come Lucifero, ma era sempre lo stesso astro e cioè quello che oggi per noi è il pianeta Venere (quindi non una stella). La stella rappresentata sullo stemma della Repubblica italiana e prima ancora del Regno d’Italia è proprio questa, o meglio, risponde a questa simbologia.
Il progetto Hesperia dalla sua nascita si propone di racchiudere album uniti da questo concept, che sono a loro volta vari concept, ripercorrenti in ordine cronologico i punti focali nel tessuto storico-culturale (e letterario) della nostra penisola.
Sono partito dall’epoca preromana, scegliendo quello che è da considerarsi il sacro poema Romano scritto da Virgilio, cioè l’Eneide. Quest’opera ripercorre il mito della gens romana prima della fondazione di Roma, e parla quindi anche di molte vicende legate ai popoli italici preromani. Ho trattato questo argomento in una tetralogia, i primi 4 album.
Poi invece al periodo romano ho dedicato una bilogia, due volumi: il volume dell’aquila, cioè ‘Caesar-Roma vol.I’ più epico e metal, e successivamente il volume del lupo Roma vol. II, più estremo, intricato e fondamentalmente black metal.
Ora, arrivato al periodo medievale, ho deciso di parlarne attraverso luoghi più vicini a me (appunto i Monti Sibillini).
Il nome Hesperia racchiude in sé anche i due registri attraverso cui parlo di tutto questo: l’epicità e l’oscurità. Gli elementi culturali sono trattati e filtrati fondamentalmente attraverso queste due sensazioni principali, nonostante tutte le varie sfumature.”
Come già in ‘Rome Vol.II’ a confronto di ‘Caesar’, qui in ‘FLMS’ gli elementi black classici sono ancora più preponderanti. Sebbene siano inseriti nella cornice personalizzata dello stile Hesperia, come ho scritto in recensione, in questo disco ho trovato echi di mostri sacri quali Satyricon e Setherial. È stato un po’ come tornare ai tuoi esordi coi Sulphuria?
“(Hesperus) Sì, gli elementi black anni ‘90 sono decisamente più preponderanti anche rispetto a ‘Roma vol. II’
In realtà cerco di adattare la musica al concept nella maniera più consona possibile.
Caesar era una rock-metal opera sulla vita di Giulio Cesare (scherzosamente ne parlavo come J.C. Superstar, con le iniziali che non sono Jesus Christ ma Julius Caesar), quindi gli elementi black erano marginali; non sarebbe stato consono fare un album tutto black metal con un tema del genere. Invece il feroce volume del lupo ‘Roma vol. II’ parla di sette secoli di guerre praticamente ininterrotte dalla fondazione di Roma alla creazione dell’Impero Romano da parte dell’imperatore Augusto (fino alla cosiddetta pax Augusti o pax Romana, una nuova età dell’oro), quindi il genere si adatta anche in questo caso alle sensazioni: un black metal forsennato, estremo, a tratti intricatissimo e progressivo. Per l’ultimo album, con quelle tematiche, il black anni ‘90 che parlava di neve, foreste, streghe, Medioevo, eretici, sarebbe calzato a pennello, gli elementi ci sono tutti (anche se sono personalizzati dalla matrice culturale di cui tratta Hesperia). Diciamo che non è stato esattamente come tornare agli esordi con i Sulphuria, perché i Sulphuria avevano uno stile diverso (anche se a volte fuoriesce qualche reminiscenza anche nello stile di Hesperia), ma è stato un po’ come tornare a quel periodo dei ‘90 in cui suonavo con i Sulphuria, che (vorrei ricordare) si formarono agli albori dei ‘90, poco dopo l’uscita di ‘A Blaze in The Northern Sky’ dei Darkthrone. Seguivamo in maniera davvero entusiasta il black norvegese perché ci ricordava i gruppi che più ci piacevano degli ‘80, quelli che oggi vengono considerati proto-black: Bathory, Venom, Hellhammer/Celtic Frost, primi Sodom/Sepultura, ecc. Eravano stufi ed annoiati dai quintali di death metal inflazionato che ormai non aveva più l’atmosfera degli esordi (primi Possessed e Death) ma parlava solo di noiose tematiche sociali come faceva l’hardcore, e stava diventando troppo asettico. Ricordo che per me (all’epoca Ritus Tenebrarum) e Adramelech (leader dei Sulphuria) ogni disco che usciva dalla Norvegia (un po’ meno dalla Svezia) era qualcosa che lasciava il segno, qualcosa di cui far tesoro, qualcosa che sicuramente ha lasciato un segno indelebile nel nostro modo di proporre musica.”
Come hai maturato la decisione di dare vita al progetto musicale Hesperia in qualità di one man band?
“(Hesperus) C’è da dire che fin dai tempi dei Sulphuria non mi è mai piaciuta l’idea di ascoltare un genere di matrice culturale diversa semplicemente scimmiottandolo; è necessario rendere proprio un genere anche quando nasce altrove, solo allora l’identità della musica e dei contenuti può divenire tua, e diciamo… inizia ad appartenere anche alla tua identità.
Da questo presupposto è nata l’idea di un progetto culturalmente italico, anche partendo da un genere come il black metal che all’epoca veniva considerato nordico, oppure greco.
Se ci pensi l’idea di black metal non è nata in Scandinavia; c’erano molti gruppi negli ’80 etichettati come tali, ma più per le tematiche che per caratteristiche musicali. Diciamo che poi i norvegesi hanno reso il genere autoctono: lo hanno riempito di valori culturali propri e gli hanno dato un’impronta musicale prendendo spunto da quello che era considerato black negli ‘80, quello che oggi chiamiamo appunto proto black. Di sicuro i Bathory sono l’eccezione che conferma la regola, il punto di congiunzione tra il proto-black degli ‘80 e il black dei ‘90.”
Secondo te perchè la frangia atmospheric/folk black è così caratterizzata da progetti solisti? Penso a gruppi come Woods of Desolation, Agalloch, The Ruins of Beverast, Spectral Lore, ecc
“(Hesperus) L’atmospheric black metal spesso esprime concetti legati alla misantropia, alla solitudine, altre volte legati a stagioni come autunno e inverno (si veda Paysage d’hiver o Neige et noirceur, ecc.), quindi è anche abbastanza naturale sentire l’esigenza di comporre in solitudine per amplificare determinati sentimenti.
Nel mio caso il discorso è un po’ diverso. Personalmente concepisco il genere come qualcosa che esula da tutto il sistema legato al metal e anche a quello che è divenuto il black metal: concerti, aggregazioni varie, ecc. In definitiva anch’io in un certo senso vedo il genere in maniera piuttosto…diciamo…misantropica  (parlando del black metal in generale).”

Ti manca la dimensione live? Mi chiedevo se hai mai pensato di portare on stage la complessità di suggestioni delle tue composizioni in modo e maniera da restituire dal vivo la teatralità che le contraddistingue. Un po’ come fanno artisti come Attila Csihar o Agghiastru.
“(Hesperus) Collegandomi alla fine della risposta precedente: assolutamente NO. Non necessito dell’esigenza di fare concerti. Soprattutto concepisco il black metal come qualcosa che pur derivando inizialmente dal metal, agli albori si muoveva su binari assolutamente non legati alla dimensione live; per me è qualcosa che vivi nella tua immaginazione guardando gli artwork e ascoltando la musica per conto tuo, e a volte la dimensione live potrebbe lasciar delusi e sfatare quel mondo fatto di boschi, neve, oscurità e quant’altro.
Diciamo che il black non è il progressive, genere in cui devi andar per forza al concerto per vedere quanto sono bravi e virtuosi i componenti delle band e guardare cosa fanno con i loro strumenti.
Certamente sono cosciente del fatto che la stragrande maggioranza di chi oggi segue il black metal la penserà diversamente da me. Ma io non sono la stragrande maggioranza, e personalmente del pensiero di massa mi è sempre importato assai poco.
Non che io non sia mai andato ad un concerto, partecipai anche al Monsters of Rock del ‘92, vidi live i Death, i Samael del primissimo periodo, poi i Satyricon, il più recente quello dei Satanic Warmaster…però…riesco a farne anche a meno. Questo non vuol dire non supportare le band, le puoi supportare anche acquistando gli album, e personalmente ho una vistosa collezione sia di vinili che di cd.
Se ci pensi nemmeno i Bathory hanno fatto praticamente mai live, pur essendo la dimensione live caratteristica fondamentale negli ‘80; gli stessi Venom inizialmente non facevano live. Anche band black anni ‘90 note, come Summoning e Abigor sono state sempre band da studio. Se dovessi fare un live mi piacerebbe qualcosa in ambiente naturale, tipo…i Sibillini.
Su numerose piattaforme Hesperia è classificato come progetto atmospheric black eppure la struttura dei brani è molto variegata, con influenze epic e/o prog, lontana anni luce dagli stilemi ossessivi, basati sulla ripetizione, di matrice funeral doom. Quanto ti rifletti in questa etichetta?
“(Hesperus) Fin dall’inizio mi hanno etichettato a quel modo, poiché effettivamente a me piace creare degli spaccati atmosferico/ambientali nel tessuto black metal (o metal), per trasportare l’ascoltatore nel tempo e nel luogo di cui sto parlando, però sinceramente trovo questa etichetta di genere parziale e un po’ fuorviante. Senza poi considerare che nessuno tiene in considerazione il fatto che tra il 2015 e il 2017 sono usciti due album come Metallvm Italicvm e Caesar-Roma vol. I che si sono distanziati molto dalla dimensione black metal, per percorrere lidi più epic metal e rock di matrice italico-identitaria. Anche in quel periodo molti portali mi inserirono nel settore black per le recensioni, ma a mio avviso erroneamente. Attualmente negli ultimi due album sono tornato al black ma in maniera diversa, e comunque sia Roma vol. II che Fra li Monti Sibillini non potrebbero essere semplicemente identificati come atmospheric black poiché, come hai detto tu, ci sono molti altri elementi, la costruzione dei brani è più complessa e variegata, ci sono influssi anche prog nelle strutture (soprattutto in Roma vol. II; per fare un esempio nell’ultimo minuto della strumentale Clades Gallica ci sono ben undici cambi di tempo, tutti dispari e piuttosto complessi; sicuramente studiati a tavolino, ma sempre con la ricerca del feeling giusto per l’ambientazione).
C’è chi critica questo approccio, ma sinceramente non è nella mia indole comporre brani con un riff che si ripete in loop per cinque-dieci minuti. Tuttavia apprezzo anche band che scelgono questo tipo di compositività, li seguo e li ascolto anche volentieri”.
Rispetto al passato, fatta eccezione per formazioni sui generis come per l’appunto Hesperia ma anche Inchiuvatu e Aborym, dopo un iniziale periodo di emulazione dei gruppi scandinavi, sono sempre più numerose in Italia realtà che attingono a elementi sia linguistici che folkloristici legati all’appartenenza geografica e culturale dei rispettivi territori. Penso a Kre’û, Scuorn, Lamentu, ecc. Come valuti la scena black italiana oggi?
“(Hesperus) Premetto che quando iniziai con i Sulphuria, dopo un primo rehearsal in inglese, già nel ‘94 sentii il bisogno di proporre alla band di cantare in italiano, e fino all’epoca l’italiano era stato solitamente usato dalle band hardcore/punk, e non nel metal, quindi c’era una certa reticenza. Proposi anche il latino che comunque presentava una certa difficoltà, e alla fine arrivammo nel ‘96 a far uscire il terzo demo “Caelum Saguineum” con testi integralmente in italiano e latino. Penso sia stato uno dei primi se non il primo (c’erano all’epoca anche gli antesignani demo degli Inchiuvatu, che erano in dialetto siciliano).
E’ proprio questo tipo di attitudine che poi è stata sviluppata con Hesperia, portandomi ad usare sempre l’italiano e il latino fino ad arrivare a Roma vol. II in cui il 90% dei testi è cantato addirittura in latino con l’antica pronuncia di epoca romana, scelta che ha richiesto uno sforzo in fase di stesura, delle consulenze, e uno sforzo non indifferente in fase di registrazione del cantato.
Nell’ultimo album chiaramente, essendo invece ambientato nel Medioevo, l’uso della lingua è filologicamente più vario, e in un certo senso discrezionale, quindi più libero rispetto a Roma vol. II, meno rigido: a tratti in volgare medievale, o in italiano per le narrazioni, alcuni passi in latino medievale (soprattutto per i canti gregoriani), e un paio di strofe in dialetto marchigiano (maceratese, il mio dialetto; per via dell’ambientazione nei Monti Sibillini). Penso che oggi sia un po’ più diffusa in Italia la pratica di usare l’italiano o il dialetto nel black metal rispetto a quanto non lo fosse nei primi ‘90, e sicuramente la scena si è sempre più avvicinata all’identità culturale, comprendendo la ricchezza culturale della lingua (e del dialetto) ed abbandonando standardizzazione dell’anglofonia ed appiattimento che ne deriva. In questo il black metal è divenuto il sottogenere del metal migliore per veicolare certe valenze.
Tra le band ancora attuali che apprezzo di più da questo punto di vista (oltre che per la musica) potrei citare gli Imago Mortis, e a questo proposito ricordo che Abibial è ospite nell’ultimo album di Hesperia sul brano “Cecco D’Ascoli atto II” come seconda voce solista. Anche loro hanno usato spesso diversi registri (italiano, dialetto, latino).”
Nei dischi Hesperia la narrazione degli eventi storici è spesso attraversata da elementi del Mito e del Folklore. Pensi che, oggi come nel modo antico tratteggiato in ‘FLMS’, attraverso l’esplosione delle fake news e dell’AI ci aspetti il ritorno a ere di superstizione e regressione?
“(Hesperus) Personalmente non trovo che la tecnologia sia da demonizzare. Dipende dall’uso che se ne fa.
Spesso ci riferiamo ai classici (inteso come autori classici di qualsiasi corrente artistica o letteraria) in maniera nostalgica, dimenticando che quelli che oggi noi consideriamo classici, nella propria epoca erano INNOVATORI, e non avrebbero disdegnato di nuove tecniche che avrebbero facilitato o reso più interessante la propria arte. Come dicevo, sicuramente dipende da che uso viene fatto delle nuove tecnologie; un album generato con l’AI, o una copertina generata con l’AI, oltre ad essere evidentemente dozzinali (per chi ne conosce i risultati e l’uso) risultano in fin dei conti piatti e simili tra loro (anche perché siamo solo agli albori dell’uso di massa di questa tecnologia). Se invece questo tipo di mezzi vengono usati appunto come mezzi e non come fine ultimo, allora il discorso è diverso. Per fare un esempio, è un po’ la differenza che fino ad ora c’è stata tra il leggero fotoritocco e il fotomontaggio integrale. Personalmente però credo che l’artista debba sempre dare la priorità alla propria inventiva e vena creativa, e avere il più alto controllo possibile di ogni dettaglio della propria opera (esattamente il contrario di come funziona oggi l’attuale AI).
Per quanto riguarda i deep fake, immagino che si stiano sviluppando anche delle professioni di esperti che riescano ad individuare certi falsi; ma per la massa, per le persone comuni credo sia facile essere tratti in inganno da questo tipo di artefatti digitali; quindi per concludere, ci potrebbe essere un ritorno ad atteggiamenti oscurantisti, che del resto, a ben vedere, sono iniziati anche con l’avvento di internet e con la diffusione di massa dei dispositivi digitali, che spesso hanno portato a conoscenze facili, alla portata di tutti, conoscenze non sempre verificate e verificabili, ma sicuramente appetibili (soprattutto quando assecondano certe credenze personali). Quindi vediamo nuovamente inquisitori ed eretici, streghe e santi in ogni dove ma sotto nuova veste digitale; ma è l’eretico che può nascere dal santo (e viceversa) come l’indemoniato dal veggente (tanto per rimanere in tema medievale, con riferimenti al capolavoro letterario di U. Eco)”.
Per concludere, innanzitutto grazie per la disponibilità, cosa ci possiamo aspettare dal nome Hesperia nel prossimo futuro?
“(Hesperus) Sicuramente una continuazione del concept alla base del nome, quindi contenuti culturalmente italici, in progressione cronologica con le ere storiche. In particolare il prossimo album sarà una sorta di continuazione di Fra li Monti Sibillini, sia concettuale che musicale, quindi si tratterà ancora di black metal e folclore.
Per il resto, Hesperia non smetterà di riservare sorprese agli ascoltatori, e di curare al meglio ogni aspetto delle proprie uscite.
Grazie a te Maurizio e alla redazione di Metal Hammer Italia per questa interessante intervista concessami.”
AVE atque VALE

 

 

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