Blaze Bayley – The Messiah
Il 05/03/2025, di Gianfranco Monese.

In occasione dell’ascesa italica di Blaze Bayley, e per la precisione nella prima delle quattro date presso l’Arci Tom di Mantova, il nostro Gianfranco Monese ha avuto il piacere di intervistare l’ex frontman degli Iron Maiden per farsi svelare molte curiosità: dalla sua carriera solista ai trent’anni di ‘The X Factor’ fino ad arrivare ai Wolfsbane. Inutile aggiungere altro, perchè sappiamo di aver già stuzzicato la vostra curiosità. Buona lettura!
Buonasera Blaze Bayley, grazie della tua disponibilità e benvenuto a Metal Hammer Italia: come stai innanzitutto?
“Bene, mi sono ripreso dal mio intervento chirurgico post infarto, sono in forze ed ora sto lavorando su me stesso. Queste sono le prime date da quando mi sono ammalato, è bello riprendere e tutto sta andando bene. Quello che si è deciso di fare è stato di portare qui in Italia questo tour (“Iron Maiden XXX Anniversary Tour”, ndr.) in quanto ho tanti fan qui da tempo, ma finora nonostante lo avessi portato in giro per l’Europa, in Italia dovevo ancora passare. Quindi ora mi sono deciso di venire qui, e le reazioni sono state molto positive. E’ bello rivisitare queste vecchie canzoni: sono come vecchi amici, le conosco molto bene da trent’anni, e per questo ormai non le ripropongo più come le puoi trovare su disco. Le ripropongo “alla Blaze Bayley”: ci sono cose su ‘The X Factor’ e ‘Virtual XI’ che quando le riascolto mi piacerebbe suonassero diversamente, ad esempio in un pezzo trovo ci sarebbero dovute essere più chitarre, quindi ho modulato il tutto a seconda di come per me renderebbe al meglio, in modo da darti una resa live, non l’esatto sound che trovi su disco, e questo è il modo in cui credo che le canzoni rendano al meglio, ed ovunque le abbiamo suonate in Europa ogni fan le ha amate. Parlo ovviamente di piccoli cambiamenti. Una cosa che mi incuriosisce, ad esempio, è ‘Virus’, singolo del ‘Best Of The Beast’ (1996) che abbiamo in scaletta: la cosa “sinistra”, è che se lo ascolti sembra che i testi, riguardo ad esempio all’intelligenza artificiale, siano stati scritti oggi! E’ una gran canzone che io amo cantare, anche perchè non la ascolterai mai live da parte degli Iron Maiden, non fu eseguita nemmeno quando io ero con loro: la registrammo, facemmo il video, ma non la suonammo mai, quindi è davvero divertente riproporla, anche perchè ogni fan la conosce ma, come ti dicevo, non l’ha mai sentita dal vivo.”
A più o meno un anno dalla sua uscita, come giudichi la tua ultima prova discografica ‘Circle Of Stone’?
“Sono molto contento, e la ragione principale è questa: molti miei fan che mi seguono da ‘Silicon Messiah’ hanno detto che questo è il mio miglior disco da solista. E’ stato un album che ho prodotto col mio collega Chris Appleton (membro degli Absolva nonchè della sua band, ndr.), e nonostante sia stato un lungo e duro lavoro, il mio pensiero era costantemente verso i fan. La cosa che secondo me ha colpito nel segno, è stato l’essere riusciti a pubblicare una versione in vinile, in modo tale da poter suddividere ‘Circle Of Stone’ in due lati: nel “Side two” si ha il concept sugli antenati (si parte dalla strumentale ‘The Call Of The Ancestors’, ndr.), mentre nel “Side one” si hanno canzoni su storie varie, film e su di me. Il tutto si è adattato così bene che, assieme ad una produzione dinamica da me pretesa, in grado di abbinare parti più soft ad altre più aggressive, un qualcosa che non avevamo provato prima, rende questo disco ancora migliore di quanto credessi.”
Sei più orgoglioso di questo album, o c’è un lavoro del tuo passato a cui sei ancora particolarmente legato?
“Continuo a guardare avanti, ad essere onesto. Credo di essere molto, molto fortunato ad avere ancora così tanti fan che mi seguono da tanto tempo, ovvero da ‘Silicon Messiah’, ‘Tenth Dimension’, ‘Blood And Belief’… Credo che tutti questi dischi siano buoni, ed una volta pubblicato uno mi sono sempre spinto verso il prossimo. Ora c’è un album che è un’altra parte di me, ‘Circle Of Stone’, e credo che le sue canzoni abbiano reso molto bene dal vivo, quindi adesso mi sto chiedendo cosa possa passarmi per la testa, cosa l’universo voglia dirmi, in modo tale che io possa poi gettare il tutto sul mio prossimo progetto.”
Guardando al tuo passato, quest’anno ‘Silicon Messiah’ compirà venticinque anni: durante aprile, maggio e giugno farai un tour speciale per festeggiarlo: come mai questa decisione?
“Well, penso che questa sia una gran domanda. Mi piace davvero tanto tornare indietro nel tempo e visitare vecchi amici, c’è un bel feeling nel tornare indietro e sentirsi bene nei riguardi di quelle canzoni. Inoltre, una parte di ciò che accadde quando ‘Silicon Messiah’ uscì non fu fortunata: non ebbi un buon manager, di conseguenza non ebbi date dal vivo programmate. Niente di niente. Chiamai la casa discografica e mi dissero che conoscevano qualcuno all’interno del Wacken Festival, quindi l’unico show che prenotai fu Wacken, in basso nella scaletta con tutti i nomi. Ovviamente tutto questo mi fece sentire come se ‘Silicon Messiah’ fosse morto, eppure era un bimbo appena nato, senza considerare che avevo molte speranze, sogni ed aspettative che non avrei soddisfatto, e senza pensare che fan dei Maiden, dei Wolfsbane, non avrebbero mai ascoltato il disco dal vivo. Quindi anni dopo è bello celebrare quell’album in maniera indipendente, scegliendo location indipendenti. It’s nice, man, andare indietro nel tempo e lascia che ti dica che se oggi ascolti il suono di ‘Silicon Messiah’, è ancora moderno!”
Personalmente, credo che con il disco dal vivo ‘As Live As It Gets’ tu abbia celebrato una perfetta parentesi del tuo inizio di carriera solista: come consideri quel periodo?
“E’ stato un bel periodo della mia vita con una gran band. Continuavamo a guardare avanti, ma alla fine non si continuò per motivi manageriali, con la casa discografica, insomma una serie di problemi. Credevamo che comunque si sarebbe arrivati da qualche parte, ma alla fine cademmo semplicemente a terra. ‘As Live As It Gets’ ed il successivo ‘Blood And Belief’ credo siano due grandi dischi seppur in maniera diversa: sono molto orgoglioso di quell’epoca, seppur dopo la band cadde a pezzi ed io dovetti ricominciare tutto daccapo.”
Torniamo indietro di molto, tra la fine degli anni Ottanta e l’inizio dei Novanta: cosa ci puoi dire dei Wolfsbane? Hai news per noi?
“Siamo insieme, e da quando lo siamo abbiamo pubblicato due album: ‘Wolfsbane Save The World’ e ‘Genius’. Si trova tutto su Spotify, e se in particolare ti piacciono i Wolfsbane, credo che con ‘Genius’ ti divertirai. Cosa poi abbiamo fatto riguarda il nostro primo album ‘Live Fast, Die Fast’, che non è più disponibile. Quindi, come gli Scorpions e i Foreigner, abbiamo deciso di registrarlo nuovamente con una nostra produzione: abbiamo fatto tutto da soli, ovviamente con la stessa line up di quel disco: siamo sempre noi, non siamo mai cambiati dal 1989, quell’album si chiamerà ‘Live Faster’ e speriamo possa uscire verso la fine di marzo.”
Riguardo proprio il vostro album di debutto ‘Live Fast, Die Fast’, ricordi come fu lavorare con Rick Rubin?
“Si, ma per me non fu una grande esperienza, per un paio di ragioni. Noi non si era mai lavorato con un produttore, facevamo tutto tra di noi, e quando qualcuno arriva e vuole cambiare la tua musica, un qualcosa di profondamente personale… E’ stato difficile: siamo cresciuti molto ed abbiamo imparato molto durante quel processo di registrazione. Quello che ho imparato e che poi ho portato con me come bagaglio personale, è separare ciò che funziona da ciò che non funziona, e vale la pena farlo anche se pensi che vada tutto bene, perchè è sempre meglio quando si ha il quadro completo di tutto. Penso che Rick Rubin sia un gran produttore, solo non mi è piaciuto il suo stile, non mi andava bene anche se credo che abbia fatto un buon lavoro per quel disco. Per il successivo ‘Down Fall The Good Guys’ collaborammo invece con Brendan O’Brien, e lui credo sia un talento enorme: imparai molto da lui, e credo che abbia prodotto un gran disco. Riguardo il primo album, le registrazioni originali sono andate perdute, ecco perchè ci siamo decisi a registrarlo di nuovo, e credo che i fan saranno emozionati a riguardo, perchè noi lo siamo.”
Molto bene. Quest’anno ‘The X Factor’ compirà trent’anni: amo le sue atmosfere oscure, anche se probabilmente riflettono un particolare momento nella vita di Steve Harris, e credo che la tua voce si adatti molto bene allo spirito del disco. Cosa puoi dirmi a riguardo?
“Well, c’è stata una diversa virata per quell’album. La band era abituata alla voce di Dickinson e voleva provare qualcosa di nuovo. E’ stato l’inizio dell’era in cui gli Iron Maiden si sono oscuriti un pò, e credo sia un buon disco: ci furono molte sfide, problemi tecnici con varie macchine durante le registrazioni, ma credo sia un lavoro profondamente personale, che mostr
a l’inizio graduale dell’era progressive degli Iron Maiden. E’ un album di cui sono molto orgoglioso, e credo che in futuro farò qualcosa con il materiale in esso contenuto.”
Ottimo Blaze, l’intervista è terminata. Ringraziandoti nuovamente per la tua disponibilità, se c’è qualcosa che vuoi aggiungere ai lettori di Metal Hammer Italia, questa è la tua occasione!
“Grazie mille a tutti per il supporto, la gentilezza e la generosità che mi dismostrate ogni volta. Amo esibirmi in Italia, sono stato qui tante volte ed ogni volta amo tornarci: è sempre speciale quando vengo in Italia, quindi di nuovo grazie mille!” (quest’ultimo ringraziamento è stato pronunciato in italiano, ndr.)