Opera Nera – Sulle tracce di una leggenda

Il 28/02/2025, di .

Opera Nera – Sulle tracce di una leggenda

Dopo aver messo in musica il ‘Nosferatu’ di Murnau e aver realizzato un paio di album di eccellente fattura, i napoletani Opera Nera ritornano alla carica con un ambizioso e affascinante nuovo progetto: un album interamente dedicato alla celebre opera di William Shakespeare, ‘La Tempesta’. Il gruppo, formato da Marco Napolitano (chitarre), Alessandro Pacella (basso), Eduardo Spada (batteria) e Tiziano Spigno (voci), ha dedicato ben dieci mesi alla lettura approfondita del testo, alla composizione e agli arrangiamenti, creando una sonorizzazione unica per l’Isola di Prospero. Senza paura di esplorare nuove dimensioni musicali, gli Opera Nera in questo lavoro mescolano l’heavy metal con sonorità inaspettate, come ballate, tammurriate e persino elementi di techno e funky. Un viaggio sonoro che rispetta l’autenticità di Shakespeare, includendo anche brani strumentali e canzoni interpretate in lingua inglese e napoletana, con la partecipazione di ospiti prestigiosi come Lino Vairetti degli Osanna, il pianista Marco Fiorenzano, il sassofonista Giulio Martino, Sergio Maglietta ed Elio Manzo dei Bisca, Pierpaolo Polcari degli Almamegretta, il produttore e musicista Ernesto Nobili, la pianista e direttrice d’orchestra Elisabetta Serio. Nomi importanti che hanno contribuito a dare ancora più spessore ad un disco destinato a spiazzare non poco l’ascoltatore. Per questo non potevamo esimerci da andare più a fondo sviscerando quest’opera insieme alla band al gran completo.

Cosa vi ha spinto a scegliere proprio ‘La Tempesta’ di Shakespeare come fonte di ispirazione per questo progetto musicale?
“(Alessandro) ‘La Tempesta’ è l’ultima produzione di Shakespeare e racchiude tutti i temi della sua commediografia: il potere, la vendetta, il perdono, l’amore, l’inganno, la magia. E’ un testo ricco di spunti ed è una bella sfida cercare nelle parole di Shakespeare la musica che possa accompagnarle e descriverle. L’ho vista spesso in teatro e, per un verso o l’altro, l’ho sempre trovata potente. Leggendola con attenzione ne ho anche riconosciuto i tratti autobiografici”. 
Dopo aver messo in musica ‘Nosferatu’ di Murnau vi siete ripetuti con ‘La Tempesta’ di Shakespeare. Sembra quasi che la parola “canonico” non faccia per voi e che siate sempre alla ricerca di sfide nuove. Forse perchè la realizzazione di un album “standard” vi sta stretta?
“(Eduardo) Quando scriviamo musica, non seguiamo regole né sentiamo il bisogno di imporcele. Questo ci permette di esprimerci liberamente, senza vincoli, e di tradurre in musica esattamente ciò che abbiamo dentro. Seguire schemi prestabiliti non fa per noi, ma non è una scelta calcolata o pianificata a tavolino. È semplicemente ciò che siamo. Questo sono gli Opera Nera”.
In che modo il testo di ‘La Tempesta’ è stato tradotto musicalmente, e quale parte del dramma vi ha colpito maggiormente?
“(Alessandro) Abbiamo dedicato molto tempo alla lettura del testo e alla fine siamo andati a Bari a vedere quella messa in scena da Alessandro Serra, che ha definitivamente fatto luce su come dovevamo impostare il nostro lavoro. Ci ha colpito la potenza della furia di Prospero che scatena gli elementi per terrorizzare l’equipaggio, quella costante ambivalenza dei personaggi mai del tutto buoni, mai del tutto cattivi. La linea indefinita di bene e di male che attraversa tutta l’opera. Io sono abituato a scrivere in modo minore, Marco è stato l’alterego giusto per la sua inclinazione al modo maggiore. Ci siamo completati”.
Qual è stata la sfida maggiore nel comporre la musica per un’opera teatrale come quella di Shakespeare?
“(Marco) La sfida principale è stata dare una visione sonora a ciò che si legge: immaginare le scene, interpretare il testo e tradurlo in immagini mentali. Da queste immagini, poi, nasce la musica, cercando un abbinamento che abbia senso e potenza espressiva. Oggi la musica di scena è spesso un soundscape, un tappeto sonoro minimale. Noi, invece, l’abbiamo concepita più come una composizione melodrammatica, con un respiro che richiama, per certi versi, Wagner. Ovviamente, è solo un accostamento esemplificativo, non un paragone con il Maestro. Abbiamo preso ispirazione anche da rappresentazioni viste a teatro. A me ha colpito molto quella di Alessandro Serra come già anticipato dal Pacellone nazionale”.

Come siete riusciti a mantenere l’essenza del testo di Shakespeare, pur inserendo una varietà di generi musicali diversi come metal, funky e techno?
“(Tiziano) In realtà, è stata proprio l’essenza del testo di Shakespeare, così ricco di sottotesti, a imporci di superare i limiti e i confini dei generi musicali, per avere a disposizione una tavolozza che ci permettesse di ricercare le sfumature necessari, senza imporci limiti o preclusioni. Un lavoro liberatorio ed entusiasmante, che ci ha arricchito come musicisti e persone”.
In che modo il concetto di “magia” nell’opera di Shakespeare ha influenzato la composizione delle tracce?
“(Tiziano) Il concetto stesso di “magia” per noi è insito nel processo di scrittura musicale, dato che nel momento in cui si compone si attinge a lati profondi e ancestrali del proprio essere. In questo senso, è bastato tuffarsi nelle parole del bardo per entrare in connessione con la materia che ha dato poi origine alle melodie che potete sentire sul disco: l’intenzione non era quella di realizzare un album in senso canonico, ma un viaggio emozionale che portasse l’ascoltatore sull’isola assieme ai protagonisti de ‘La Tempesta’”.
Come avete rappresentato attraverso la musica i temi di vendetta e perdono che sono centrali nella trama de ‘La Tempesta’?
“(Alessandro) La vendetta scatenata da Ariel mette insieme il vento della tormenta, l’acqua delle onde ed il fuoco che incendia la nave; nella composizione di ‘Hell Is Empty’ abbiamo provato a riportare ognuno di questi elementi. Il Perdono diventa liberazione dal rancore che erode chi odia e ascoltando ‘Yo, Elves of Hills’ la musica descrive il momento nel quale Prospero spezza il bastone e rinuncia al potere magico, liberandosi del tormento della sete di vendetta”.
Come è stato tradotto musicalmente il passaggio che recita caro “Non avere paura. L’isola è piena di rumori, suoni e dolci arie che donano piacere e non feriscono”?
“(Tiziano) Quel passaggio è stata la molla che ha innescato e indicato la strada per affrontare il lavoro, quindi è stato assolutamente naturale che aprisse l’album. Compare come una frase recitata, immersa nel silenzio, che invita l’ascoltatore ad addentrarsi nell’ascolto dell’opera. (E Tiziano lo fa maledettamente bene, nd Marco)”
Che tipo di atmosfere volevate creare per rappresentare l’isola di Prospero e la sua misteriosa magia?
“(Marco) Siamo metallari, e la musica metal può essere avvolgente tanto quanto quella orchestrale. In realtà, ogni genere musicale può diventare il vestito di una narrazione. L’isola di Prospero è viva di suoni, e abbiamo cercato di costruire atmosfere che rispecchiassero ogni scena. La magia è un elemento fondamentale e si manifesta nei dettagli sonori: negli scricchiolii della nave, nel crepitio delle fiamme, nella rabbia di Calibano, nella potenza di Prospero e nella leggerezza di Ariel. Questa forza arcana abbiamo provato a evocarla nei brani, soprattutto in alcuni momenti chiave”.
Cosa rappresentano le diverse scelte stilistiche (come la tammuriata, il funky e la musica elettronica) per il gruppo?
“(Marco) La nostra idea è sempre stata quella di abbattere i confini tra i generi e lasciare che la musica racconti nel modo più autentico possibile. Ne ‘La Tempesta’, ogni stile ha un ruolo preciso: la tammuriata richiama le radici popolari di un marinaio, Stefano, che è ubriaco in scena, il funky dà ritmo e dinamismo, mentre l’elettronica crea atmosfere sospese e ultraterrene. Non è un semplice esercizio di stile, ma un modo per dare voce ai diversi stati d’animo dell’opera e ai suoi personaggi. Shakespeare è universale, e volevamo che la sua storia risuonasse con una musicalità altrettanto variegata e potente”.
Come vi siete divisi i ruoli musicali durante la creazione di questo album? Chi ha avuto la supervisione creativa delle tracce strumentali e delle liriche?
“(Tiziano) Il lavoro di composizione è stato affrontato da Alessando, che ha passato mesi a studiare il testo del Bardo – fino ad esserne invaso completamente – e da Marco che lo ha affiancato nel lavoro di composizione e arrangiamento. Io ed e Eduardo abbiamo poi dato il nostro contributo in sede di preproduzione, interpretando le linee fornite in sede di arrangiamento”.
La scelta di includere testi in napoletano per la parte del personaggio di Stefano ha aggiunto un tocco particolare all’opera. Cosa ha significato per voi utilizzare il dialetto napoletano?
“(Eduardo) Il dialetto napoletano, o meglio le influenze della musica popolare napoletana, sono un bagaglio essenziale che portiamo sempre con noi, fino a farle esplodere nell’espressione Metal. In questo caso, l’uso del testo napoletano di Eduardo De Filippo ha richiesto un’espressione musicale che, almeno in apparenza, si discosta dal Metal. Tuttavia, questa scelta ci ha permesso di creare una musica profondamente nostra, rendendo l’esperienza ancora più intensa ed emozionante”.
L’album presenta anche numerosi ospiti, come Lino Vairetti e Pierpaolo Polcari. Che contributo hanno apportato questi musicisti alla resa finale dell’album?
“(Eduardo) La presenza di nomi come Vairetti e Polcari ha apportato non solo una notevole esperienza, ma anche un contributo significativo in termini di stile e originalità, arricchendo ulteriormente l’armonia di generi all’interno dell’album”.
Qual è stata l’idea dietro l’inclusione di brani strumentali, e come si legano al flusso narrativo dell’album?
“(Marco) I brani strumentali sono fondamentali per creare respiro e profondità all’interno del racconto. Ne ‘La Tempesta’, la musica non è solo un accompagnamento, ma un vero e proprio linguaggio che dialoga con la narrazione. Gli strumentali servono a evocare atmosfere, a dare spazio alle suggestioni e a sottolineare momenti di transizione o tensione senza bisogno di parole. Alcuni rappresentano il caos della tempesta, altri la magia di Prospero o l’inquietudine dell’isola. Sono frammenti sonori che tengono unito il filo della storia, lasciando che la musica parli dove il testo si ferma”.

Quali connessioni vedete tra la musica metal e l’opera di Shakespeare, in particolare con il dramma de ‘La Tempesta’?
“(Eduardo) Ho sempre pensato che non esista genere più adatto del Metal per rappresentare musicalmente qualsiasi situazione, ambiente o sentimento. Il Metal può essere tanto aggressivo quanto delicato, e questa versatilità ci permette di esprimere ogni sfumatura emotiva attraverso la musica. È già successo con ‘Nosferatu’, ed è stato di nuovo possibile con ‘The Tempest'”.
Com’è stato l’approccio alla creazione di “songs” che Shakespeare stesso aveva indicato nel suo copione? Qual è stato il processo di adattamento musicale?
“(Alessandro) Ci siamo incontrati con Davide Iodice, regista teatrale napoletano, che ci ha indicato la come approcciare il testo. Le songs funzionano come arie operistiche ante litteram, sono piccoli intermezzi nella recitazione, li abbiamo trattati ora come ballads ora come pezzi strutturati in forma metal, è il testo stesso che ti racconta chi canta, cosa canta ed in quale contesto… in un certo senso ti suggerisce moltissimo. Ci siamo poi affidati all’istinto per disegnare musicalmente la scena e dare voce ai personaggi”.
Come avete lavorato sulla costruzione dei temi sonori legati ai personaggi di Ariel, Calibano e Stefano?
“(Tiziano) Stefano è stato affidato a Lino Vairetti, voce degli Osanna. Dovendo interpretare un testo in napoletano seicentesco, tratto dalla traduzione dell’opera realizzata da Eduardo De Filippo (ultima sua opera, al pari di quello che fu ‘La Tempesta’ per il Bardo), la scelta è stata praticamente guidata e necessaria. Io, invece, mi sono dedicato a interpretare le songs dedicate ad Ariel e Calibano, affidandomi alla mia versatilità di interprete. Ariel l’ho reso con una voce eterea e delicata, ma venata da una rabbia implosa e da una malinconia di fondo. Calibano, invece, ha preso forma attraverso una vocalità più esplosiva e graffiata, che tuttavia nasconde sempre una componente melodica capace di rivelare un animo ferito e sensibile. Ne ‘La Tempesta’, nessuno è completamente buono o cattivo. Esattamente come nella vita reale”.
L’album si presenta con un packaging ricco di dettagli, come il booklet con illustrazioni e testi. Quanto è importante per voi l’aspetto visivo e fisico di un disco come elemento di collezionismo?
“(Marco) L’aspetto visivo è per noi parte integrante dell’esperienza musicale. In un’epoca in cui la musica si consuma velocemente in digitale, crediamo ancora nel valore di un disco come oggetto da vivere, non solo da ascoltare. È un modo per restituire alla musica un senso di ritualità e per offrire ai nostri ascoltatori qualcosa di tangibile, che possa essere non solo ascoltato, ma sfogliato, collezionato e custodito nel tempoE poi, come ci disse Tiziano quando ci conobbe. Voi non vi prendete mai troppo sul serio, però fate le cose seriamente…”.
Dopo ‘Nosferatu’ e ‘La Tempesta’, mi viene quasi paura chiedervi quale sarà il prossimo passo per gli Opera Nera…
“(Alessandro) Una delle funzioni di questi progetti speciali è quella di influire sulla nostra maniera di comporre: dopo i tre anni di composizione della colonna sonora del ‘Nosferatu’ abbiamo abbandonato la struttura verso-chorus e ‘Land of Salvation’ e ‘Revelation’ non sarebbero mai stati così senza quella esperienza formativa. Alla Tempesta seguirà un disco nuovo per il quali ci sono già 9 pezzi pronti ed altri 6 da definire: sarà un disco molto aperto al prog, all’hard rock e sono sicuro che questa manciata di canzoni avrà addosso le onde e la magia dell’isola di Prospero”.
Ci saranno possibilità di vedere portato su un palco questo lavoro? Magari a teatro, casa ideale per un’opera come questa
“(Eduardo) Questo rappresenterebbe davvero il massimo per noi. Sappiamo bene che richiederebbe una messa in scena complessa, con molte strumentazioni, e che non sarebbe affatto semplice. Ma la nostra forza è proprio quella di non fermarci davanti a nessun ostacolo. Chissà… forse un giorno riusciremo davvero a portare questo lavoro dal vivo, magari proprio in teatro”.

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