Lacuna Coil, the Empire strikes back!
Il 17/02/2025, di Mauro Parozzi.

La nuovissima uscita di ‘Sleepless Empire’, decimo studio album a firma Lacuna Coil, rimette diverse cose al loro posto. Vale a dire, in primis, la consapevolezza, una volta ancora, di avere a che fare con una band di categoria superiore, anche se non lo scopriamo di certo oggi. Quello che oggi travalica e straborda è che la band milanese ha letteralmente gettato il cuore oltre l’ostacolo, stando all’intensità e alla qualità che permeano questo album che, non dimentichiamocelo, arriva a più di un lustro dall’importante, significativo ‘Black Anima’, e dopo la devastante esperienza della pandemia che ha indelebilmente segnato tutti noi. Ma andiamo per gradi.
Invitato presso gli uffici milanesi della Sony Music, Metal Hammer ha presenziato, insieme a una ristretta cerchia di altre testate specializzate, a una tavola rotonda incentrata sull’uscita dell’album, sui singoli e i loro a dir poco avvincenti videoclip (applausi a scena aperta sia per ‘Gravity’ che per il nuovissimo ‘I Wish You Were Dead’!), non mancando di toccare novità e curiosità che circolano attorno al nome Lacuna Coil. Il tutto alla presenza di Cristina Scabbia e Andrea Ferro, cantanti ed elementi simbolo di una band che non smette mai di sorprenderci, e di cui dobbiamo esser fieri anche per la sua nazionalità italiana. E alla quale, per l’intervista, dedichiamo un titolo che i milanesi senz’altro gradiranno, da grandi cultori di ‘Star Wars’ quali da sempre sono…
In quest’album parlate del rapporto tra uomo e tecnologia e penso che sia un tema assolutamente odierno, anche vedendo cosa sta accadendo negli Stati Uniti dove risalta questa corsa quasi da post-umanesimo in cui si ipotizza di creare una civiltà ibrida tra tecnologia e uomo… sono tematiche veramente molto presenti nella società attuale. Vorremmo sapere un po’ come vi collocate all’interno di questa discussione anche perché, tra tutti questi estremismi, c’è tutta la gente comune che in realtà ha quasi la tendenza all’analogico, un po’ una retro-mania che nella musica ad esempio si concretizza nei vinili, nel merchandising e nel rapporto fra i fan e gli artisti.
“(Cristina) È molto interessante quello che hai detto rispetto a quello che sta succedendo. La nostra visione non è di critica, noi ci troviamo al 100% nella generazione digitale tanto che facciamo largo uso da anni dei social media, non è una cosa recente. La nostra riflessione nasce dal fatto che noi abbiamo davvero iniziato in tempi analogici in cui si registravano dischi su nastri in cui non si poteva ritoccare nulla sia nella musica che nell’artwork, sino ad un presente in cui molte canzoni vengono generate dall’ IA ed è tutto digitalizzato. È un’idea che permea tutto il disco: come abbiamo attraversato i vari periodi, come abbiamo attraversato le correnti cercando di capire cosa succedesse. Siamo sempre stati curiosi di scoprire cosa stesse accadendo attorno a noi per poi inglobare tutto nella nostra musica. In linea di massima, la tecnologia è meravigliosa ed è bello avvalersene per facilitare compiti superficiali per risparmiare del tempo, ma siamo contro la tecnologia quando cerca di rubare la creatività umana, perché molto spesso purtroppo succede questo.”
“(Andrea) Dipende sempre dall’uso che se ne fa ovviamente, se è uno strumento per espandere le tue possibilità, ben venga! Se dev’essere la scusa per non dare dei soldi ad un disegnatore o a un artista, allora no, anche perché ciò che viene creato dall’IA si vede che è creato dall’IA. Al di là di questo, molto spesso ciò che c’è di creativo nasce spesso dall’errore, cosa tipicamente umana. Ad esempio, quando facciamo una canzone e si inserisce una nota strana a metà fra giusto o sbagliato ma che sta benissimo su quella parte, ci si ritrova ad un punto inaspettato di composizione ed è qualcosa che rende la canzone unica od il disegno unico, andando in una direzione impensabile. L’IA non riesce a fare questo in quanto non sbaglia e, pertanto, viene meno proprio il fattore umano che rende speciale l’arte… almeno al momento. Il concetto del disco in questo senso è partito dall’osservazione della società dopo la pandemia. Con la pandemia molta gente si è spostata nel mondo virtuale. Gente come noi che ha vissuto sia nel mondo pre-internet che post-internet ha continuato ad avere un bilanciamento tra quello che potesse essere caricato nei social media e quello che non potesse essere caricato, con un certo bilanciamento fra questi mondi; invece, molti giovani non hanno la capacità di distinguere fra queste cose perché sono cresciuti in un mondo a prevalenza virtuale… Quest’osservazione ci ha fatto partire con l’idea di questo Impero gigante e potentissimo con tanta offerta virtuale (serie TV, film, streaming service, giochi, etc.) e con gli abitanti sempre connessi, sempre online 24h/24, che non dormono mai… La nostra è un’osservazione, non una critica, capita anche a noi…”
…un po’ lo stato delle cose…
“(C) Sì, quella sensazione di dover produrre continuamente, di non dormire mai deriva esattamente da quello, dal fatto di dover essere sempre presente per non scomparire perché sembra che, se non fai vedere quello che fai, tu non esista.”
“(A) Questa era l’osservazione generale, ma ogni canzone ha la sua storia.”
Se prendiamo una linea temporale immaginaria che va dal vostro esordio sino ai giorni nostri, l’album attuale è sicuramente un prodotto molto maturo sia a livello compositivo che a livello musicale. Qual è stata la vostra sensazione in questo senso e con quale spirito vi siete approcciati al componimento in questa situazione?
“(C) Ci sono diverse cose curiose che hanno orientato quest’album nella direzione che ha preso. La prima è che era il primo disco dopo cinque anni dal precedente ed in mezzo c’è stata la pandemia; quello ha cambiato un sacco di cose e già lì l’approccio era diverso in quanto ci siamo ritrovati dopo molti anni a comporre dei pezzi nuovi. L’altra componente particolare è che, nel frattempo, abbiamo riscritto un disco di 20 anni prima (‘Comalies’), quindi abbiamo ri-analizzato quello che avevamo fatto 20 anni prima per fare una nuova versione di un classico dei Lacuna Coil; questo ci ha portato a ritrovarci, riascoltare i pezzi vecchi, ricantare le stesse linee vocali. Ci siamo trovati io Andrea e Maki (il bassista, Nda) in montagna da lui, abbiamo ricantato tutto il disco. Alcune canzoni non erano nei radar da parecchio tempo e anche Maki si è ritrovato a fare delle parti basandosi sul disco che già esisteva.”
“(A) Parentesi: il disco era registrato in analogico su bobine e quindi non avevamo nessun file separato delle tracce solo di tastiera, solo di basso, solo di chitarra… Marco si è dovuto riascoltare tutto e rielaborare tutto il disco perché non c’erano tracce digitali separate da analizzare… e quindi, l’ha riscritto tutto…”
“(C) Però non l’abbiamo riscritto perché non ci piacesse l’originale (tanto che poi quando lo abbiamo fatto uscire abbiamo incluso anche la versione originale), ma volevamo semplicemente dargli un abito nuovo ed immaginare come potesse essere ‘Comalies’ scritto nel 2022… e quello secondo me ha riportato inconsciamente delle vecchie vibrazioni nel disco nuovo senza che nemmeno ce ne accorgessimo, è una cosa che ci hanno fatto notare in tanti, ma di cui…”
“(A) …ce ne siamo accorti dopo…”
“(C) Effettivamente il fatto di aver iniziato a buttare le basi di un disco nuovo nel momento in cui stavamo riscrivendo ‘Comalies’ deve avere influito, quello è stato il momento in cui abbiamo iniziato a raccogliere le prime idee. Sicuramente è stato un momento importante che ha caratterizzato il disco.”
“(A) E’ stata anche un po’ dura ripartire dopo il COVID. Il COVID non ci ha dato nessuna ispirazione, a livello creativo ci ha proprio appiattito. Eravamo abituati a fare un disco ed andare in tour ed in tour ascolti altre band, conosci cose nuove e girando il mondo conosci nuove culture, cibi nuovi, etc. Quando torni, fai un po’ il riepilogo di tutto ciò che hai fatto e nasce un nuovo stimolo di ripartire! Invece, non avendo completato questo ciclo a causa COVID, è stata un po’ dura trovare un focus da cui partire. In genere, noi all’inizio cerchiamo sempre più o meno un titolo (che non per forza sarà quello definitivo ma che delinea una strada) e un’immagine visiva… soprattutto Marco, per iniziare a scrivere, ha bisogno di vedere il disco in un’immagine e da lì parte! Ovviamente ha già degli arpeggi e delle parti così come noi abbiamo frasi e idee raccolte in precedenza, però poi per metterle nel disco c’è bisogno di questo focus per qualche motivo. È stata dura trovare quel focus, ci abbiamo messo tanto, tanto tempo. Poi è iniziata a girare bene, e abbiamo iniziato a lavorare.”
Beh, direi che il risultato merita!
“(A) (ride) Si, però è stato il disco più difficile in cui trovare la quadratura, non tanto per scrivere una canzone, ma per avere una direzione, una visione di come sarebbe stato il disco che per noi è importante anche per immaginare come sarebbe stato dal vivo, come si sarebbe evoluta la scenografia… noi lavoriamo proiettando il più possibile; anche con Roberto Tollarico, il ragazzo che ha creato l’artwork, ci siamo sentiti per mesi perché volevamo un disegno per ogni canzone…”
“(A) Tra l’altro, un disegno reale, disegnato a mano… ogni canzone ha avuto un’illustrazione inchiostro su carta, poi ovviamente ci si è avvalsi della tecnologia per alcuni ritocchi.”
“(A) Ci sentivamo tutti i giorni anche se , ad esempio, alle volte di singole canzoni avevamo solo il titolo… musica con dei cantati senza significato, quindi, dare anche a lui delle informazioni è stato un processo lungo ma, secondo me, è venuto molto, molto compatto nell’insieme.”
Ascoltando molto il disco, una delle cose che più si notano è che ci sono tante intro molto atmosferiche, una scelta insolita, inaspettata. Come mai questa scelta? È stata una cosa organica nello sviluppo di ogni canzone, o è qualcosa che cercavate specificamente?
“(C) Non abbiamo cercato nulla in questo senso, in genere quando componiamo tendiamo a raccogliere un po’ tutte le idee da una parte e dall’altra. Solitamente Marco si occupa della musica e noi ci occupiamo delle linee vocali e dei testi; mettiamo tutto nel calderone e poi selezioniamo ciò che ci piace e quello che può suonare bene nell’insieme per la dinamicità del disco. Gli intro lunghi sono molto cinematografici, che è una cosa che ci piace fare mentre scriviamo: ci piace pensare al disco e non alle canzoni singole, anche se ora sembra funzionare il lavorare sui singoli. Un intro lungo ti trascina nella canzone in maniera diversa. Non è stata una cosa voluta, però è accaduto così. Non tutte le canzoni sono così, ad ogni modo…”
“(A) Forse anche inconsciamente. Il primo pezzo su cui abbiamo lavorato, anche prima del disco, è stato ‘Never Dawn’, perché era stata usata per il gioco ‘Zombicide White Death’, pertanto serviva un intro lungo perché doveva essere usato anche per dei trailer; così, Marco ha provato a farlo più in stile cinematografico, come – appunto – un film. All’inizio avevamo pensato anche di farne due versioni, una più lunga ed una diretta, invece, poi abbiamo deciso di inserirla in questo modo ed è piaciuta proprio per l’intro lungo, cosa anomala perché oggi si tende a tagliare. Li abbiamo messi inconsciamente, senza pensare che potesse risultare un po’ in vecchio stile, abbiamo semplicemente pensato a mettere ciò che veniva bene per il disco…”
“(C) Una volta le canzoni erano molto più lunghe e abbiamo iniziato a stupirci quando le canzoni si sono accorciate… ogni tanto è bello anche invertire l’ordine delle cose!”
C’è una cosa che piace almeno quanto la musica: i videogiochi… e voi siete nati ufficialmente nel ’94, quando esce la playstation 1…
“(C) Sì, in realtà nel ’94 esce in Giappone, nel ’95 esce in Italia.”
“(A) Nel ’94 io e Marco suonavamo ma eravamo in casa quando non potevamo andare in skate che pioveva, con il nostro amico che suonava sulla bacinella, io che canticchiavo e Marco che strimpellava la chitarra… quindi sì … abbiamo iniziato a suonare tra virgolette…”
“(C) … ci siamo conosciuti nel 93…”
“(A) Sì, ma diciamo che quando abbiamo cominciato a lavorare sarà stato nel ’96-’97.”
“(C) Il primo promo è del ’96, ma conteneva due sole canzoni…”
Quindi, com’è successo che sei diventata una playmaker? E ha portato dei benefici il fatto che tu sia un riferimento italiano nel mondo dei videogiochi?
“(C) Ma guarda, noi siamo Nerd da sempre! I primi ricordi della Playstation, al di là del giocarci in casa, sono legati alla prima registrazione che facemmo a Dortmund in Germania perché registravamo ad Hagen, a meno di mezz’ora da Dortmund, però pernottavamo sempre nel palazzo della Century Media, dove avevano creato delle stanze. Avevamo una stanza piccolissima con tre letti a castello, dove c’erano un tavolo, due sedie, una TV a tubo catodico…”
“(A) Eravamo in 6 in una stanza, con bagno e cucina in comune…”
“(C) E noi partivamo da Milano e ci portavamo il vino, la pasta, la conserva di pomodoro… e ci portavamo la Playstation! Ricordo tornei di ‘Tekken’ in cui la band ha rischiato di dividersi sin dall’inizio! Portavamo le prime versioni dei giochi da tavolo, magari ridisegnate…”
“(A) Con ‘Tekken’ ci uccidevamo di brutto! Poi abbiamo intitolato anche una canzone di ‘Comalies’ come una mossa di ‘Tekken’, che è ‘Tight Rope’!”
“(C) Un EP lo abbiamo chiamato ‘Half Life’! Ci sono comunque tanti riferimenti al mondo dei videogiochi, e comunque il mondo dei videogiochi ed il mondo metal sono sempre stati profondamente connessi: tante colonne sonore di videogiochi sono di fatto “metal”! Vedi ‘Doom’, ma ci sono anche molte altre track che sono metal… ad esempio ‘Metal: Hellsinger’, ‘Call of Duty’, ce ne sono tantissimi di esempi, solo che i ragazzi delle nuove generazioni non lo sanno. Dicono “figa la canzone di doom” e poi non sanno o non riescono ad accostarlo al metal! Magari ti dicono che a loro il metal non piace e poi ti dicono di adorare la colonna sonora di ‘Doom’. Sì, però sarebbe metal! Sicuramente ci ha aiutato in tempi più recenti ad allargare un pochino il nostro parco fan perché magari persone non vicine al metal, ma vicine al mondo Nerd e dei videogiochi hanno scoperto i Lacuna Coil. Andiamo tantissimo a fiere, abbiamo suonato al Lucca Comics, quindi qualche beneficio lo abbiamo avuto, da un mondo di cui ci siamo sempre sentiti di fare parte e che seguiamo da sempre con amore!”
“(A) Siamo stati anche a San Diego, al Comicon, quando abbiamo fatto la collaborazione per cui abbiamo fatto ‘Never Dawn’ per il gioco ‘Zombicide White Dead’! Per spiegare perché noi siamo finiti dentro il gioco avevano fatto un fumetto in cui si raccontava la storia in cui questa nebbia ci trasportava nel mondo fantasy del gioco e da lì i nostri strumenti diventavano armi, tipo la chitarra – un’ascia, una mazza etc… e lì a San Diego lo abbiamo distribuito e firmavamo le copie allo stand del gioco. Ci hanno anche fatto le miniature nostre in un’edizione speciale del gioco.”
Ho trovato molta correlazione tra i temi che affrontate nell’album, quindi questa voglia di disconnessione – di rallentare, e il tipo di artwork – di immagine che avete voluto dare all’album, quindi, anche lì, un ritorno al manuale. Mi piace molto nel vostro lavoro come riuscite a chiudere il cerchio, attraverso le arti visive, quindi, la mia domanda è: c’è correlazione fra questa scelta di una tecnica slegata completamente dall’IA e dalla tecnologia e quindi la scelta di illustrare l’album alla vecchia maniera?
“(C) Sicuramente volevamo un lavoro fatto da un umano – ci sono sempre piaciuti gli artwork originali. Ho una certa antipatia per l’IA intesa come creazione artistica rubando idee di altri, però siamo consapevoli che la tecnologia serva, la usiamo tutti in fondo. Ci piaceva l’idea di fare questo disco con molto materiale made in Italy. Roberto lo conoscevamo già da tempo, volevamo collaborare, ma il fatto di vedere dei disegni ispirati dalla nostra musica, disegnati da mano umana su carta è stato emozionante anche perché Roberto ha donato ad ognuno di noi metà dei disegni che ha fatto, donando ad ognuno di noi la canzone che era più significativa per lui in qualche modo… ed il fatto di avere un artwork ispirato da una canzone che tu hai scritto umanamente è comunque emozionante! È un modo di trasmettersi sensazioni in modo diverso: lui comunica con il disegno e noi con musica e parole.”
“(A) Infatti abbiamo fatto quasi più riunioni con lui per l’artwork che non quelle fra di noi per la musica perché comunque non è facile far capire quello che vuoi o dargli solo un testo e lui deve capire cosa fare! Ognuno ovviamente lo interpreta a modo suo. Siamo stati in contatto con lui tantissimo, ed alla fine ha azzeccato tutto, ci siamo trovati molto bene a lavorare così ed è bello anche vedere l’interpretazione di un’altra persona della tua creazione perché ovviamente è qualcosa che tu non faresti così! È un po’ come quando il fan viene e spiega perché quella canzone è stata importantissima per lui e magari il testo non parla di quello che dice lui, ma è proprio quello il bello della musica: tu la crei, la metti lì e ognuno la usa a modo suo: per la palestra, in momenti di allegria, di tristezza, etc. Non è detto che se io scrivo una canzone per un certo motivo tu la devi interpretare per forza come dico io, infatti, quando ci chiedono di spiegare i testi è sempre la parte un po’ più brutta perché non è detto che quello che ha motivato me a scrivere certe parole tu lo debba interpretare allo stesso modo, anche perché noi generalmente partiamo da una sensazione, da un’esperienza personale e poi la scriviamo in maniera più poetica in modo che ognuno possa ricavare quello che vuole dalla canzone!”
Dicevate prima che Marco si occupa più della parte musicale e voi di quella vocale. In questo album abbiamo due ospiti; avete già avuto altri ospiti, ma è la prima volta che questi sono alla voce. Com’è stata questa collaborazione e questa novità, visto che è una cosa nuova, e come vi siete rapportati con questi musicisti? Gli avete dato indicazioni molto strette o piena libertà? Com’è stata la collaborazione?
“(C) Le parti erano già state scritte da noi per entrambe le collaborazioni con Randy Blythe (Lamb of God) e Ash Costello (New Years Day). Sono state diverse le modalità di contatto perché Randy era un amico di vecchia data e ci sentiamo molto spesso, però, ovviamente avevamo quest’idea di averlo su un pezzo adatto alla sua voce. Probabilmente non avevamo mai pensato ad altri ospiti in questo contesto perché siamo già in due a cantare e non avevamo mai sondato questa eventualità, invece questa volta ci siamo chiesti perché non farlo in un modo che avesse senso, e non solo perché bisogna fare i featuring perché siamo nel 2024 (quando abbiamo scritto il disco); quindi, abbiamo mandato un messaggio consapevoli che avremmo potuto ricevere un rifiuto perché, al di là dell’amicizia, ci sono anche delle altre cose che possono impedire la collaborazione: può essere la label che decide di non farti collaborare, le tempistiche, magari non hai voglia tu o non ti piace il progetto e invece ha risposto subito dicendo che non vedeva l’ora di collaborare con noi! Gli abbiamo consegnato le basi, la canzone e la parte che avrebbe dovuto cantare e ha fatto un lavoro meraviglioso! Si è divertito e ha portato la carica di Randy! Secondo me ha aggiunto una bella botta!”
“(A) Ha anche aggiunto dei piccoli arrangiamenti suoi, che non c’erano nella versione originale…”
“(C) Vero! E invece Ash non l’avevamo mai incontrata prima, ci scrivevamo e ci siamo sempre seguite sui social, speravamo di incontrarci ma non capitava mai e abbiamo pensato a lei perché ha una voce, come stile, simile alla mia. Anche considerando altri amici che abbiamo nel business musicale, molte donne avevano una voce non adatta al pezzo; poi abbiamo pensato a lei e ci siamo detti “E’ perfetta per il nostro genere!”. Le abbiamo scritto su Instagram e lei è impazzita: “cavolo, assolutamente si vi adoro!” e anche lei ha accettato volentieri! Abbiamo avuto occasione di fare il pezzo insieme durante il tour in America: quella è stata la prima volta che ci siamo incontrati di persona, tanto che, alla prima data, non abbiamo fatto il pezzo perché non l’avevamo mai provato prima! Il primo giorno, pertanto, lo abbiamo dedicato a provare il pezzo!”
“(A) Tante volte quando pensi ad artisti amici e vorresti collaborarci, devi avere anche il pezzo giusto in cui inserirli. Devi trovare la persona giusta, disponibile nel momento giusto, da mettere nella canzone giusta.”
A proposito del tour: qualche spoiler a livello di produzione? Su cosa state lavorando?
“(A) Adesso stiamo lavorando al tour americano, è ancora presto per pensare al tour europeo ma è anche normale: il tour si sviluppa mentre si fa il tour. Ad esempio, qualche mese fa in Inghilterra abbiamo portato dei video, dei visual fatti da artisti italiani e li abbiamo proiettati. Era la prima volta che usavamo dei visual, magari, possiamo pensare di riproporli, ma ad esempio in Sudamerica è complicato: si vola ogni giorno, non c’è tour bus e quindi non possiamo portarci tutta l’attrezzatura, ma dobbiamo sfruttare le backline già presenti nei luoghi dove andremo a suonare. Tornando all’esempio dei visual, li potremmo usare solo se già ci sarà uno schermo nel locale. Sicuramente ci saranno canzoni nuove, classici dei Lacuna e qualche canzone ripescata. L’abbigliamento sarà nuovo, così come per ogni tour. Ci piacerebbe incorporare dei nuovi visual nel tour europeo, ma bisognerà ponderare il tutto in base all’evento. Sicuramente ci saranno delle sorprese.”
Focalizziamoci ora su ‘Gravity’. Se n’è parlato tanto. Avete fatto il video, e volevo chiedere in generale com’è andata la registrazione del clip, appesi e quant’altro… e poi cosa consigliereste ad una band che sta iniziando adesso.
Cristina: (ride) Ho avuto mal di schiena per due settimane! Partiamo dalla domanda difficile: “cosa consiglieremmo”. Ci risulta molto difficile dare dei consigli in quanto quando abbiamo iniziato noi le cose erano completamente diverse. Adesso è un altro mondo, quindi dare consigli sulla nostra esperienza di tanti anni fa è inutile. Sicuramente consigliamo di cercare di essere sé stessi e cercare di offrire qualcosa di nuovo perché è difficile trovare una propria identità (anche noi ci abbiamo messo un po’ a trovare la nostra, è una cosa che richiede tempo!), però allo stesso tempo è molto più pericoloso proporre qualcosa che fanno tutti perché si rischia di andare nel calderone e di non uscire. Quindi, magari, cercare di capire la propria identità e rischiare uscendo fuori dal coro perché sulla distanza questa cosa paga.”
“(A) Tutti i giorni c’è qualche gruppo italiano o straniero che ci chiede dei consigli, ascoltiamo anche i loro pezzi ed il problema non è mai la bravura, ci sono tantissimi musicisti talentuosi, molto spesso quello che è difficile da avere è l’identità della band. Quando gli si chiede quale sia il messaggio della loro band o perché suonano, nessuno sa mai dirti il perché: si vuole fare una carriera, ma perché una terza persona dovrebbe interessarsi alla loro band? Perché comunicano qualcosa di diverso, qualunque cosa… ad esempio, se volessero parlare solo di cibo andrebbe bene: avrebbero il loro cliché di canzoni incentrate su quella tematica, tutti vestiti da cuochi e magari non per tutti sarebbe interessante, ma sarebbe una cosa unica che li distingue dagli altri! La maggior parte delle band invece fa sentire cose generiche, fatte bene, ma che non hanno pubblico in quanto restano generiche o sono l’imitazione pari-pari di altre band. Mi ricordo che alcuni discografici mi hanno detto in passato avessero una band come i Pantera in ogni paese: ci sono i Pantera belgi, i Pantera olandesi, i Pantera italiani… e non se ne fanno niente perché i Pantera già ci sono, sono enormi, e le altre band non hanno la stessa credibilità per fare quella cosa! Stanno solo proponendo qualcosa che non ha nessun interesse. I gruppi portano spesso prodotti fatti bene, ma senza alcun interesse. Si può fare un genere che già esiste ma bisogna renderlo personale quanto più possibile. Noi prima di fare il demo del ’96 abbiamo comunque lavorato un anno in sala su quelle due canzoni, perché a noi piaceva il death metal, tecnico, il doom, i Type 0 Negative, i Paradise Lost… e infatti il nostro demo era un insieme di tutte queste cose, canzoni da 6 minuti, molto personale ma anche molto immaturo perché eravamo dei ragazzi giovani che provavano a scrivere senza esperienza di songwriting! Quello che ci ha distinto è che abbiamo trovato una strada nostra, anche perché la discografia all’epoca te lo consentiva di più. Per ipotesi, se faccio il primo disco che assomiglia di più ai miei gruppi preferiti, il secondo lo personalizzo un po’ di più, una volta era il terzo disco l’ago della bilancia con cui o diventavi conosciuto o scomparivi; il nostro terzo disco fu ‘Comalies’, quello che ebbe successo. Ascoltandolo, secondo me, è il primo disco in cui i Lacuna Coil mostrano un’unità e uno stile più personale dove viene mostrata una personalità che abbiamo ampliato col tempo. Oggi questo tempo di crescere, manca un po’, oggi è tutto veloce, quindi il mio consiglio è di lavorare sin da subito a questa identità, alla personalità della band, soprattutto i cantanti… se si parte già con un cantante bravissimo ma che è eguale a tutti gli altri cantanti, non funziona! Meglio uno meno bravo ma con una personalità.
“(C) Il video di ‘Gravity’ invece… noi per i nostri video dobbiamo sempre soffrire in qualche modo: o rischiamo di affogare o altro (ride)… Martina, la regista del video, ha pensato che dovessimo fluttuare in qualche modo; solo che per farlo dovevamo essere sospesi nel vuoto, cioè, girare delle scene di “caduta”, che si fanno a testa in giù con le gambe in alto. La testa in giù e due sparafoglie in faccia per 3-4 ore… e così è stato! Il giorno dopo eravamo pieni di lividi!”
“(A) Abbiamo fatto una giornata io e lei solo per le parti del cantato… siamo stati appesi per 4-5 ore di seguito…il giorno dopo avevamo infatti tutti i segni neri dei lividi! Il video più doloroso di sempre!”
“(C) Bisognava indossare un corpetto tattico supercostoso e ipersicuro, ma che per essere ipersicuro doveva essere molto stretto. Io oltre a quello avevo un altro vestito col corpetto (perché non era abbastanza) e in più la posizione, gli strappi e i movimenti che dovevamo fare! È stato abbastanza sofferto, però devo dire che il risultato ci ha fatto capire che ne è valsa proprio la pena.”
“(A) Fra l’altro abbiamo girato un altro video, per la canzone ‘I Wish You Were Dead’.”
“(C) Non abbiamo sofferto, ma abbiamo fatto delle cose che non abbiamo mai fatto prima, e per questo c’è voluto altro tempo.”
Nella vostra evoluzione, come band, l’equilibrio fra le vostre voci è andato maturando. Trovo, personalmente, che negli ultimi tre album si sia creata una sinergia molto forte e molto importante per il vostro sound e per quello che producete, in quanto rende perfettamente l’idea di un tutt’uno insieme al resto. Siete d’accordo?
“(C) La fortuna di avere due voci è che possiamo toccare ogni angolo dello spettro musicale. A livello vocale possiamo permetterci di fare un po’ tutto. Abbiamo due approcci differenti, due modi anche di scrivere sia le linee vocali ed i testi che poi confrontiamo per il risultato della canzone. È una cosa bella avere lo stesso gusto musicale applicato ai Lacuna Coil e che non ci siano discussioni in quanto, avendo due voci diverse, ci viene proprio naturale capire dove è meglio mettere la sua voce e dove sia meglio mettere la mia.”
“(A) L’evoluzione c’è stata un po’ in quanto la direzione musicale è andata sempre più in direzione estrema e già da ‘Delirium’ c’è stato un certo indurimento del sound, un po’ perché abbiamo due range vocali diversi. A volte in passato abbiamo fatto un po’ di fatica perché delle parti che erano perfette per lei, se io avessi dovuto cantare subito prima, sarebbero state troppo alte per me o in una tonalità scomoda, quindi, anche quella è una cosa che abbiamo dovuto imparare col tempo. Avendo due range vocali diversi o si tende a favorire uno, oppure l’altro, invece, con le parti più ritmiche, ci sono meno problemi di tonalità. Certamente, ha influito il fatto che la musica sia andata in direzione più estrema, non solo per noi ma anche tutto intorno a noi, nel senso che abbiamo notato che, in generale, se si guarda quello che ha successo nel metal di adesso (togliendo le cose classiche) c’è un indurimento del sound, non spaventa più la doppia cassa o la voce growl o il riffone.”
Una domanda riguardante la città di Milano. Negli ultimi 15-20 anni c’è stata un’evoluzione in peggio della musica live, ma anche del sistema musica in generale con la chiusura di spazi storici e di negozi di dischi come Buscemi e Mariposa. Voi, da musicisti e da cittadini, come avete vissuto questa chiamiamola evoluzione dagli anni ’90 ad oggi?
“(C) Male, male, hanno chiuso tantissimi locali, soprattutto di media capienza, per cui anche le band che stavano uscendo non hanno avuto la possibilità di suonare. Hanno chiuso il Rolling Stone, il Rainbow, è stata una sconfitta un po’ per tutti, è brutto quando non viene dato il giusto spazio alla musica.”
“(A) C’è stato un cambio culturale. Secondo me abbiamo attraversato una fase totalmente negativa in cui siamo passati da tanti locali a zero locali. Poco alla volta, tuttavia, mi sembra che la situazione si stia lentamente risollevando. Certo, non ci sono più tanti locali come allora ma cominciano a prender piede diverse realtà, però è davvero cambiato il modo di fruirne. Io mi ricordo che andavo al sabato sera al Laboratorio Anarchico in via De Amicis, con 5 mila lire prendevi una birra e ascoltavi gruppi che non avevi mai sentito nominare, però noi andavamo e ci stava bene così! Se ci fossero piaciuti, avremmo comprato un CD magari. C’erano tanti posti così, il vecchio Leoncavallo (ci vidi per esempio i Biohazard!). Però questa cosa non esiste quasi più. Oramai si è tutto spostato sul fare lo show, anche i gruppettini hanno banner luci, etc., che sono cose inutili perché se non hai nulla da dire, non servono a niente. Si ritorna al discorso di prima: meglio lavorare sul fare un live che spacca e che tira in mezzo la gente piuttosto che fare qualcosa che sembra perfetto e non è interessante.”
“(C) I negozi di dischi sono lo specchio dei tempi purtroppo, perché la gente non compra più dischi ed è tutto digitalizzato, anche se devo dire che all’estero ci sono molti negozi che vendono vinili o cassette, che ora sono tornate; noi abbiamo fatto un set di cassette di tutti i dischi che abbiamo realizzato ed è andata molto bene! Qualche negozio si trova, ma non è più in larga scala come prima quando si creavano le file per comprare l’album il giorno dell’uscita…”
“(A) Sono tempi passati che non torneranno indietro. Per fortuna il metal ha ancora una grossa fetta di mercato fisico, noi di fisico vendiamo ancora decine di migliaia di dischi fra vinili, edizioni da collezionismo, etc. Ad ogni concerto li vendi sempre.”
Senza voci, questo album potrebbe essere effettivamente una colonna sonora. Ci ho sentito tanto vocativo nell’uso del latino in vari pezzi… visto la cura che solitamente avete anche nei video, quanto vi solletica il mondo del cinema dato che vi piace anche lavorare su side-project e su cose di contorno?
“(C) Ci piacerebbe sicuramente scrivere qualcosa per il mondo del cinema, un film magari che può anche piacerci e stimolarci. Attori, non credo proprio sinceramente! È una bella sbatta fare gli attori, lo vediamo quando ci capita di girare i video e gli attori hanno tutto il mio rispetto a partire dagli orari, dal trucco, a quello che devono fare di continuo, alle scene ripetute all’infinito, c’è un enorme lavoro dietro! Di certo ci diventiamo un sacco a fare i video, però ovviamente sono sessioni ridotte, non ci si mette mesi per fare un film. Ma ci piacerebbe comporre una colonna sonora vera e propria. Pensa che Maki compone con la TV accesa e gli piace avere un riferimento visivo per farsi ispirare!”
Però, a livello di scrittura, non vi piacerebbe provare a creare a scrivere una storia?
“(C) Tantissimo. Un po’ un esperimento è stato ‘Never Dawn’, dove abbiamo scritto una piccola colonna sonora per delle immagini che erano già presenti per un gioco che aveva già una sua “lore”, quindi è stato più facile per noi trovare delle frasi descrittive che riportassero alla storia del gioco. È stata una bellissima esperienza scrivere sapendo già di cosa si stesse parlando! Quindi, anche per noi è stato più facile trovare anche le frasi descrittive che riportassero alla storia del gioco e Maki aveva il trailer già pronto senza musica, quindi poteva comunque farsi ispirare dalle immagini; poi lui è un amante dei giochi da tavolo, sapeva esattamente in che direzione andare ed è stata una bellissima esperienza perché anche noi abbiamo detto, cavolo, che bello comunque scrivere quando sai già esattamente di che cosa stai parlando!”
“(A) Sì, è più facile scrivere quando hai già un argomento, ovviamente. Noi invece cantando, magari a volte facendo i demo delle canzoni, hai delle frasi belle che ti piacciono, le metti lì nel ritornello, poi dopo le devi dare un significato, ovviamente. Cioè a volte quella frase l’hai messa perché ti piace tanto, però non ha per forza già tutto il significato chiaro del messaggio della canzone, quindi da lì devi poi cesellare e arrivarci a costruirlo e dargli un senso vero, no? E quello è il lavoro più difficile.”
“(C) Oppure è un testo che magari suona male perché alcune parole non hanno il suono che tu vorresti, allora ti ritrovi: ok, come possiamo dirlo in maniera che suoni come…”
“(A) Quello è il lavoro peggiore in assoluto.”
“(C) Inoltre, Un’altra cosa diversa che abbiamo da altre band è che noi consideriamo le nostre voci come due strumenti da aggiungere e quindi anche le parole devono avere un determinato suono che ci piaccia, pertanto è un lavoro doppio che richiede un po’ più di tempo.”
“(A) Comunque, in generale, noi non siamo partiti con la musica perché volevamo diventare famosi un giorno. Siamo partiti con la musica perché era una delle passioni che avevamo negli anni ’80, come il cinema, giochi, film horror, fumetti, graphic novel. Poi, la musica è stata quella che andata meglio e a cui ci siamo dedicati di più. Noi eravamo al pub metal con orecchini e chiodo, vivevamo quella cosa lì come stile di vita, ed è poi diventato un lavoro. “
Leggevo ieri di un’artista inglese che rispondeva alla domanda: “cosa provo a cantare davanti a 10.000 cellulari” e raccontava che, nonostante sia comprensibile la volontà di portarsi a casa un ricordo, dall’altra parte si sentiva un po’ in ansia perché rendendosi conto di essere ripresa, adattava il comportamento anche inconsciamente alle telecamere (es: mettendo in dentro la pancia, tirando su le spalle, studiando la posa insomma). Volevo chiedervi se è una cosa che provate anche voi e cosa pensate ad esempio dei Ghost che, per la prima volta nei concerti metal, hanno messo il divieto di uso dei cellulari durante il concerto, se pensate che sia una cosa che si diffonderà o che altro…
“(C) La censura è sempre brutta, però è altrettanto brutto vedere qualcuno che guarda l’intero concerto tenendo il telefono in mano! Non mi disturba se vedo quest’attitudine all’inizio dello show perché, come giustamente dicevi prima, ognuno vuole portarsi a casa un ricordo, qualche piccolo momento, la tua canzone preferita, però davvero, dar fastidio anche a quelli dietro, bloccandone la visuale, è fastidiosissimo. Recentemente sono andata al concerto dei Wardruna a teatro, grande atmosfera, e quello seduto davanti a me, costantemente col cellulare, ogni canzone… volevo mandarcelo perché cosa sei venuto a fare?! Come puoi avere il desiderio di guardarti uno show così invece di viverti l’emozione di quell’istante? Quindi forza Ghost, GRANDI!”
“(A) Diciamo che è molto difficile da applicare; magari con i Ghost, con un’organizzazione molto grossa è possibile, ma in una realtà da club risulterebbe sicuramente più difficile.”
“(C) Una volta, quando vedevano una videocamera fra il pubblico, arrivava la security e la spaccava… adesso col cellulare è più difficile perché è un telefono, ma in anni passati la security non risparmiava nessuno e tutti correvano a prendergli la telecamera.”
“(A) Secondo me è sempre una questione di buonsenso: se tu filmi il tuo pezzo preferito perché te lo vuoi riguardare ci sta; ma se vuoi filmare 10 canzoni non ha senso, non te li riguarderai nemmeno quei 10 video nel cellulare. È un po’ il discorso di ‘Sleepless Empire’, sei sempre connesso anche quando non ce n’è bisogno.”
“(C) In Inghilterra abbiamo suonato recentemente e c’erano veramente pochissimi telefoni… è stato bellissimo.”
“(A) In tour inoltre avevamo una regola durante le cene nei day off. Mettevamo in pila tutti i cellulari e se uno di noi lo avesse preso, avrebbe pagato per tutti (risate generali)!”
In Italia siamo tutti esterofili… con tanti haters… e stranamente tutte le band italiane fanno sempre cagare. Vi siete chiesti se foste nati in Svezia? O in Svizzera?
“(C) Ma io mi gaso tantissimo, io li amo gli haters, sono i nostri followers più accaniti! Mi diverto un casino! Io impazzisco perché non sospettano mai che tu sia lì e dia una risposta, si aspettano sempre di rimanere impuniti, di fare i fighi sul momento e poi, nel momento in cui scrivi, o cancellano o ti dicono “stavo scherzando”. Poi io non rispondo mai all’offesa con un’altra offesa, che è ancora peggio! Perché se uno ce l’ha su con te si incazza perché tu non ti inviperisci. Se resti carino e gentile rimangono spiazzati. Non trovo comunque giusto che una persona che spreca tempo andando sui social per parlare male di una persona o di una band gratuitamente possa rimanere impunita. Se si esprimono questioni di gusto personale, ad esempio “non mi piace il disco dei Lacuna Coil” non me ne frega niente perché sei liberissimo di amare la nostra musica o di odiarla, non è un problema! Ma se tu scrivi un messaggio in cui attacchi la persona inventandoti cazzate, toccando il personale, non avendo neanche idea di quello che hai letto, di base, è veramente il modo di fare i fighi o il fastidio perché una band è riuscita a fare qualcosa che tu avresti voluto fare (perché 9 volte su 10 hanno una band che suona nello scantinato e che non farà mai un cazzo e quindi la colpa è nostra, no?) e quindi è dove scaricare la frustrazione.”
“(A) Secondo me sono due discorsi separati. È vero che l’Italia non è mai orgogliosa delle proprie band, un po’ perché l’Italia non ha mai avuto la storia delle band degli anni ’80 che hanno fatto carriera, e quindi non si è costruita quella situazione in cui band italiane possano far carriera a livello professionale, mancando la credibilità della struttura… l’hating online invece c’è dappertutto. È così che funziona internet, è così anche sulle pagine di calcio o di qualunque altro argomento. La cosa che fa più ridere è che, ogni volta che cercano di spiegarti le cose, dimostrano solo che non hanno idea di come le cose sono andate veramente!”