The Hellacopters – Kickin’ Up Dust

Il 31/01/2025, di .

The Hellacopters – Kickin’ Up Dust

Sarà anche morto, il rock, come profetizzavano nel 2005 gli Hellacopters, quello che è certo è che qualcosa di molto simile allora è tornato sulle scene e gode di discreta salute. La band di Nicke Andersson a meno di tre anni dal suo trionfale ritorno in classifica con ‘Eyes Of Oblivion’, piazza oggi un altro colpo importante con ‘Overdriver’, lavoro pregno di chitarre ad alto tasso di intensità e melodie di grande impatto, con il quale il gruppo spegne 30 candeline sulla torta. Un buon modo per festeggiare questa ricorrenza, nonchè un ottimo mezzo per affermare al mondo che il rock sarà anche morto ma gli Hellacopters sono vivi, vegeti e più in forma che mai. Ad affermarlo è lo stesso Nicke Andersson, un po’ frastornato dal jet leg dopo un viaggio in Giappone ma quantomai desideroso di presentarci la sua nuova creatura.

Con il nuovo album ‘Overdriver’ celebrate i trent’anni di carriera. Che cosa provi al pensiero di aver tagliato un traguardo c0sì importante?

Photographer Linda Akerberg
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“Wow, ad essere onesti 30 anni forse è un dato non del tutto esatto visto che abbiamo lasciato la band nel 2008 e ci è voluto un po’ di tempo prima di prendere la decisione di ritornare insieme. Cioè, se all’epoca mi avessi chiesto circa la possibilità di un futuro per la band la risposta che avresti ricevuto sarebbe stata ‘Non ci riuniremo mai!’. Poi sai, di acqua sotto i ponti ne è passata, le cose sono cambiate, sono tornato sui miei passi e ci siamo rimessi in strada… Quindi credo che sia più corretto sottrarre ai 30 gli 8 in cui siamo stati fermi… Ci sono Hellacopters prima dello scioglimento e dopo la reunion… ma forse la pausa ci ha fatto bene, ci pensavo un giorno, al 2008, a quando ci siamo fermati. Forse era giunto il momento perchè per una band stare così tanto insieme poteva essere logorante, noi ci siamo fermati e siamo ritornati solo quando il tempo era giusto… E la pausa non posso dire che non ci ha fatto bene!”.
In quegli anni la vostra visione delle cose non era rosea, nel 2005 cantavate ‘Rock & Roll Is Dead’, una profezia fallace visto che siete ancora qui…
“Mah, non credo che gli Hellacopters da soli possano portare in alto la bandiera del rock’n’roll. Se devo essere sincero cedo che oggi il rock sia più morto che mai e forse è per questo che la gente è ancora interessata a noi, perché non ci sono molti altri gruppi che fanno quello che facciamo noi. Penso che se guardi le classifiche e tutto il resto, non c’è quasi nessuna chitarra in giro, tanta plastica e poche chitarre… troppo poche per dire che il rock non è morto”
Veniamo a ‘Overdriver’, un album che hai scritto, prodotto, suonato… insomma, un disco tuo al 100%. Che sensazioni provi oggi ascoltandolo?
“Onestamente non lo so ancora, credo di aver bisogno di un po’ di tempo, come per ogni album di qualsiasi band in cui sono stato, per capire realmente cosa provo per un disco e se questo mi soddisfa a pieno. Al momento è solo l’ultimo album che abbiamo fatto e credo che sia un buon album, ma il tempo ci dirà cosa ne penso davvero. È bello e credo che non lo pubblicheremmo se non ci piacesse, ovviamente, ma credo che ci vogliano almeno cinque anni per comprendere realmente il suo valore reale”.

‘Eyes Of Oblivion’, il disco con il quale siete ritornati sulle scene, forse sentiva un po’ la pressione del ritorno, la ruggine da togliere, mentre ‘Overdriver’ scivola via liscio, sembra quasi vi siate voluti scrollare di dosso le scorie residue e emerge un forte senso di libertà…
“Non lo so, come ti ho detto prima ci vuole del tempo per capire realmente le cose. Probabilmente è una sensazione che sente chi ascolta il disco dall’esterno… Cosa posso dirti è che sono due dischi differenti. Dal punto di vista sonoro credo che la differenza più grande sia nel fatto che questo disco è stato mixato da Robert Pehrsson mentre l’altro disco era stato mixato da Michael Ilbert e questo sicuramente fa differenza. In più questo è il primo album con Dolf DeBorst (già con i The Datsuns Nda) al basso, e lui non si è limitato a fare il suo compitino ma ha portato molto del suo, contribuendo anche a scrivere due pezzi per il disco, che non è una cosa scontata, e uno è il singolo ‘(I Don’t Wanna Be) Just A Memory’, quindi una bella responsabilità”
Hai citato ‘(I Don’t Wanna Be) Just A Memory’, un brano abbastanza strano che si discosta notevolmente dal vostro classico rock…
“Una canzone strana dici? Non so, cosa c’è di strano in questa canzone? Ha una grande melodia alla base, questo si, magari esula dal contesto del disco, ma se guardi alla nostra discografia nella sua totalità non è un pezzo poi così strano. In ‘Rock & Roll Is Dead’ c’era un pezzo, ‘Monkey Boy’ che come stile si avvicinava molto al nostro ultimo singolo. Sono brani semplici, con pochi accordi e una grande melodia di fondo che li avvicina maggiormente al rock melodico che non al classico punk rock, ma credo sia un pezzo assolutamente nelle nostre corde”
Un altro pezzo forte del nuovo disco è ‘Do You Feel Normal?’. Ma che cos’è normale per te?
“Questa è la stessa domanda che viene posta nella canzone, ‘cos’è la normalità?’. E la risposta è che io non lo so proprio! A volte non mi sento affatto normale, per la maggior parte del tempo mi sento estraneo a tutto, poi a volte mi sento un po’ più normale…ma d’altra parte, che cos’è la normalità? Credo sia la percentuale media del modo di agire di chi si comporta in un determinato modo. Poi se ci rifletto su mi convinco che anche le persone che si reputano normali abbiano i loro momenti di anormalità, quindi alla fine nessuno può realmente definirsi normale. Questo è un po’ quello che dico nel testo della canzone”.
Sono quasi 40 anni che fai musica con i più svariati progetti. Pensi che la musica sia terapeutica per te? Dove trovi le energie e la giusta ispirazione per continuare a comporre dopo tutto questo tempo?
“Naturalmente ci sono giorni migliori e giorni meno buoni quando si tratta di fare musica, ma credo che per me la forza motrice sia il    reale amore verso le canzoni, ma la cosa più importante è che non mi sento arrivato ma sto ancora imparando molto riguardo alla composizione. Sai, sono una persona che impara lentamente. Mi ci vuole molto tempo per imparare e penso che sia interessante farlo senza porsi limiti di stile. Voglio dire, mi piacciono diversi generi di musica, ma i tipi di musica che mi piacciono non girano attorno a un milione di accordi diversi, alla fine sono sempre quelli, quindi fare cose interessanti e soprattutto differenti con un numero limitato di accordi è davvero interessante. Penso che per arrivare a qualcosa che voglio dire, non sia necessario essere originale, non lo sono mai stato, mi interessa fare qualcosa che penso suoni bene; e sai, è stata una piccola fortuna che forse ci sia qualche persona là fuori che pensa che la mia musica sia buona, sai, e che è una specie di benedizione. Poi ho scritto alcune canzoni buone e altre meno buone, ma questo non è importante, la cosa che realmente importa è farlo”.
Affermi di stare ancora imparando, ed è strano se penso che hai registrato tonnellate di musica e suonato in tutto il mondo con nomi grandi come Kiss, Deep Purple, Foo Fighters…
“E’ strano ma è così che si impara, per tentativi ed errori. E a me poi piace imparare. Voglio dire, se sento qualcosa che mi piace voglio sapere come è stato fatto… questo mi incuriosisce, mi interessa. E’ per questo che ho iniziato ad avere un mio studio, per poter imparare come si fa a far suonare quel rullante in quel modo preciso, è una cosa molto da nerd, me ne rendo conto. Quando ho fatto il primo degli Hellacopters non sapevo cantare e non sapevo come farlo. Non è come per le altre band dove canti da dieci anni e poi vai a incidere il primo disco… Se ascolti la nostra discografia puoi sentire l’intero processo di apprendimento ma non è stata una cosa ‘studiata’. Io non sono molto bravo ad esercitarmi, lo trovo noioso. Preferisco imparare scrivendo canzoni piuttosto che provare e riprovare le scale, non è una cosa troppo attraente per me”.

Hai accennato al primo album, ‘Supershitty To The Max!’, un disco che è stato registrato in sole 26 ore ed è stato un successo enorme. Te lo saresti mai aspettato?
“No, assolutamente, quando è uscito vedere il clamore che ha suscitato è stata una sorpresa per me, non era una cosa intenzionale. Volevamo solo fare un album che fosse uguale ai 45 giri in vinile da sette pollici che avevamo fatto in precedenza, ma con più canzoni.
Non c’erano altri piani e abbiamo iniziato a registrarlo nello stesso modo dei singoli che avevamo registrato in precedenza e ci abbiamo impiegato 26 ore, cosa che oggi mi sembra molto strana. Come diavolo ci siamo riusciti? Perché siano poche ore per così tante canzoni, ma ce l’abbiamo fatta e poi, quando è uscito, la gente ha cominciato a comprarlo e abbiamo persino vinto un Grammy qui in Svezia. E’ stato pazzesco, ci siamo messi a ridere quando lo abbiamo saputo perchè ci sembrava qualcosa di impossibile, almeno per come era nato il disco”
E’ l’album che in qualche modo vi ha cambiato la vita?
“No, non più degli altri dischi. Un disco è importante per una band se poi gli dai un seguito con un tour e dei concerti. Forse le cose sono cambiate nel senso che, il successo riscosso, ci ha dato la possibilità di continuare, di fare un altro album e un altro ancora… Ci ha consentito di accrescere la nostra fan base ma non è qualcosa che è successo da un giorno all’altro, ci è voluto parecchio tempo. Il primo tour che abbiamo fatto in Europa è stato duro, a volte suonavamo davanti a dieci persone ma noi ce ne fregavamo perchè a noi bastava suonare a volumi altissimi e divertirci. Poi con il tempo anche il numero di fan è aumentato, ma non è stata una cosa immediata”
Con ‘Grande Rock’ entrate addirittura nella Top 10 delle chart svedesi, un nuovo scalino verso il successo. Il disco è stato recentemente rivisitato e remixato, perchè non ti soddisfaceva a pieno ascoltato con la testa di oggi?
“No, non direi. Penso che ogni album sia un documentario del tempo e mi piace così com’è anche la versione originaria. Naturalmente in ogni album che ho fatto con qualsiasi band ci sono sempre cose che potrebbero essere migliorate, che potrebbero essere cambiate, ma è per questo che si fa un altro album. Quindi cerchi di migliorare le piccole cose per te stesso. Se l’album fosse perfetto che senso avrebbe farne un altro? Lo sai? Non credo ancora che abbiamo fatto un album perfetto, quindi ci stiamo ancora lavorando. Per me è solo un documento del tempo passato, ecco cosa significa per me, e se lo sento mi riporta a quell’epoca”.
Cos’è che ti inorgoglisce maggiormente se guardi a quello che hai fatto in tutti questi anni?
“Non saprei, sono orgoglioso di esser arrivato sino a qui, ma non c’è qualcosa di specifico. Credo di essere orgoglioso del fatto che abbiamo fatto quello che abbiamo fatto senza sacrificare la nostra integrità, che è importante, e che abbiamo fatto quello che volevamo fare e non abbiamo detto di sì a cose a cui non volevamo dire di sì, e di questo credo di essere orgoglioso. E di aver fatto musica che è riuscita ad entrare nel cuore di altre persone”.
E qualche rimpianto?
“Il suono della chitarra in ‘Rock & Roll Is Dead’ è il mio rimpianto, perchè avrei voluto qualcosa di più. E’ un po’ troppo pulito, e se fosse stato più simile a quello dell’album precedente, per esempio, sarebbe stato meglio. Questo è un rimpianto perché mi piacciono molto le canzoni dell’album, ma non mi piace molto il suono della chitarra”.
Per congedarci, oggi esce ‘Overdriver’, quali saranno i prossimi passi?
“Sicuramente inizieremo il tour dalla Scandinavia perchè è da qui che veniamo, poi faremo qualche concerto in Germania dove ci sono i grandi festival, quindi gireremo un po’ l’Europa magari dopo la stagione estiva… Italia, Francia, Spagna… i posti dove abbiamo da sempre ricevuto grande calore e supporto. Ma al momento è presto per dirlo perchè non c’è ancora nulla di fissato”.

 

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