Opeth -Ora ce lo spiega Fred
Il 29/12/2024, di Federica Sarra.
Sono trascorse ormai alcune settimane dall’uscita di ‘The Last Will and Testament’, e la frattura tra i fan degli Opeth sembra essersi ulteriormente approfondita. Da un lato, c’è chi considera l’album un capolavoro di stratificazione musicale e maturità compositiva; dall’altro, chi lo critica per una presunta mancanza di innovazione o per la sua natura eccessivamente ridondante.
Durante la nostra prima intervista, Fredrik Åkesson ci disse chiaramente: “Questo disco va ascoltato almeno cinque volte per essere compreso a fondo.” E a distanza di settimane, la sua affermazione si rivela profetica. Con il suo carattere complesso e stratificato, l’album ha continuato a dividere e provocare reazioni contrastanti tra i fan.
In un panorama così polarizzato, abbiamo deciso di tornare da Fredrik per fare il punto. Con il suo inconfondibile mix di schiettezza e professionalità, il chitarrista degli Opeth ci guida attraverso il processo creativo dell’album, affronta le critiche e ci aiuta a comprendere meglio una delle opere più discusse della band.
L’uscita di “The Last Will and Testament” ha polarizzato i fan. Durante la nostra prima intervista, hai detto che l’album va ascoltato almeno cinque volte per essere compreso. Come mai?
Fredrik Åkesson: “È un album complesso, pieno di dettagli e cambi di atmosfera. Al primo ascolto, potrebbe sembrare “troppo”: ci sono tanti elementi intricati che possono distrarre l’ascoltatore, ma con il tempo si rivelano fondamentali. Ogni brano ha una propria identità, e la sequenza dei pezzi è studiata per creare una sorta di viaggio musicale. Dopo cinque ascolti – anzi, direi cento! – cominci a cogliere ogni sfumatura.”
Il concept dell’album è un tema piuttosto elaborato. Da dove nasce la storia e quali sono state le ispirazioni principali?
“È una storia scritta da Mikael [Åkerfeldt], ambientata negli anni ’20, durante un’epoca decadente e ricca di intrighi. Parla di un patriarca ricco che muore, lasciando un testamento carico di segreti e tensioni familiari. Ci sono tradimenti, affari illeciti e una serie di “colpi di scena” che rendono la narrativa davvero avvincente. Una grande ispirazione è stata la serie Succession: Mikael è un grande fan, e la dinamica di potere e manipolazione familiare ci ha influenzato molto.”
I così detti “The Roaring 20s”, un periodo decadente ma allo stesso tempo molto affascinante.
“La nostra storia è più cupa e “spettrale”, ambientata in un’epoca piena di contrasti: la cosiddetta “età dell’oro”, prima della Prima Guerra Mondiale, con il lusso degli aristocratici che coesisteva con profonde tensioni. Volevamo riflettere quell’atmosfera decadente attraverso la musica, con un mix di opulenza e inquietudine.”
La musica dell’album sembra essere stata scritta per amplificare la narrativa. Come avete bilanciato i due aspetti?
“È stato un processo complesso. La musica è stata composta prima che la storia fosse definita nei dettagli, quindi tutto si è sviluppato parallelamente. Questo ha richiesto una grande attenzione per creare un equilibrio tra parti aggressive e momenti più calmi, per riflettere i cambi di tono della narrativa. Il risultato è un album dinamico e compatto, con canzoni più brevi rispetto ai nostri lavori precedenti, ma incredibilmente ricche di dettagli.”
La vostra musica si è sempre distinta per le sue dinamiche
“È sempre stato un nostro marchio di fabbrica, quel mix tra yin e yang: momenti aggressivi seguiti da sezioni più calme e malinconiche. In questo album, credo che il contrasto sia ancora più netto. Volevamo che la musica riflettesse i cambi di tono della storia, creando una dinamica che mantenesse l’ascoltatore coinvolto dall’inizio alla fine.”
Come avete coinvolto Ian Anderson in questo progetto?
“È stato fantastico avere Ian Anderson nell’album! Lui interpreta il ruolo del padre deceduto, il patriarca della storia. Lo sentirete narrare in diversi punti, a partire dal primo brano, §1. La sua voce aggiunge un elemento drammatico che aiuta a immergersi nella trama. Mikael aveva questa idea da tempo, e Ian è stato molto entusiasta di partecipare.”
Parliamo del ritorno delle growl vocals. È stato un tema molto discusso tra i fan. Come è nata questa scelta?
“Era qualcosa di cui si parlava da tempo, ma doveva essere una decisione di Mikael. Durante i concerti, ho notato che si divertiva sempre di più con le growl vocals, ed è stato naturale riportarle in questo album. Non volevamo semplicemente “tornare indietro” a Deliverance o Blackwater Park, ma piuttosto usarle per fare un passo avanti. È una parte del nostro DNA, e credo che i fan lo apprezzeranno, anche se so che non mancheranno le critiche.”
Alcuni fan hanno ipotizzato che ci fosse una campagna segreta per riportarle in auge. Per caso ti sei mai creato dei profili falsi per commentare e incitare Mikael a riportare il growl?
(ride) “No, no, non ho mai fatto una cosa del genere! Però, sai, ne parlavamo tra noi, io e Mendez dicevamo che sarebbe stato interessante riportarle. Durante i concerti notavamo che Mikael si stava divertendo sempre di più con le growl vocals, quindi era naturale che tornassero. Ma ti ripeto, doveva essere una decisione tutta sua.
Se gli avessimo fatto pressione, probabilmente avrebbe detto di no!”
Quindi niente profili segreti su forum o social per scrivere “Bring back the growls!”?
“No, mai! Ma di sicuro è una cosa che i fan ci hanno chiesto tantissime volte. Ovunque guardassi, c’era qualcuno che diceva “Ridateci il growl!”. E ora finalmente possono essere contenti… almeno una parte di loro, perché c’è sempre qualcuno che trova da criticare.” (ride).
Come descriveresti l’impatto del nuovo batterista, Waltteri Väyrynen, sul suono della band?
“Waltteri è incredibile. È giovane, pieno di energia e incredibilmente versatile. Non è solo un batterista di metal estremo, ma ha anche una sensibilità prog che lo rende perfetto per il nostro stile. Mikael ha scritto parti di batteria volutamente più complesse per metterlo alla prova, e lui le ha superate brillantemente. Ha portato nuova linfa alla band.”
Cosa possiamo aspettarci dai vostri prossimi concerti?
“Stiamo lavorando per includere almeno cinque nuove canzoni in scaletta, ma probabilmente ne suoneremo tre o quattro. I brani del nuovo album sono più brevi, quindi possiamo bilanciare meglio vecchi e nuovi pezzi. Stiamo anche collaborando con un nuovo light designer, che ha lavorato con King Diamond, per creare uno show visivamente più coinvolgente. Sarà una grande esperienza.”
Cosa vuoi dire ai fan italiani, visto che non ci saranno date nel nostro Paese nel prossimo tour?
“So che i fan italiani sono molto appassionati, e non vediamo l’ora di tornare. Questa prima parte del tour è breve, ma ci saranno sicuramente altre date. Prometto che torneremo in Italia, e sarà fantastico come sempre.”