Klogr – Frammenti di realtà
Il 02/11/2024, di Francesco Faniello.
Parlare dei Klogr significa parlare di Rusty, poliedrico leader, cantante e chitarrista, nonché espressione di molteplici progetti che ha portato avanti anche in un recente periodo di “ferma” della band. Era dunque essenziale fare quattro chiacchiere con lui in vista dell’uscita di ‘Fractured Realities’, il nuovo e affascinante lavoro della band madre…
Facciamo un deciso passo indietro: cosa c’è dietro la scelta di un monicker come Kogr?
“Klogr è un nome che evoca immediatezza e un certo senso di mistero. Deriva dal logaritmo, una funzione matematica che rappresenta complessità e trasformazione, concetti che troviamo spesso nella nostra musica. Volevamo un nome che fosse unico, intrigante e che riflettesse la nostra volontà di esplorare temi profondi e complessi attraverso il nostro sound.”
Siete tornati dopo il lungo iato di sette anni che separano ‘Fractured Realities’ dal precedente ‘Keystone’. Ovviamente ci sono stati gli eventi del 2020 a fungere da spartiacque tra il passato e il presente, ma cos’altro è successo nel frattempo? Inoltre, si può dire che attualmente la formazione sia tutta italiana o sbaglio?
“Durante questi sette anni abbiamo attraversato molte trasformazioni, sia personali che come band. Dopo 3 anni di promozione e tour, 2017 con The Rasmus, 2018 con Butcher Babies, 2019 con Infected Rain abbaimo iniziato a buttare giù le idee per il nuovo album. Gli eventi del 2020 hanno certamente avuto un impatto, ma sono stati anche anni di riflessione e crescita. Abbiamo lavorato su nuovi progetti, esplorato nuovi suoni e affrontato sfide che ci hanno portato a rinnovarci. Attualmente, dopo la collaborazione con Todd Allen prima e Art Cruz dopo, la formazione è composta interamente da membri italiani, il che ha rafforzato la nostra coesione e la nostra identità come band.”
Parliamo del disco nello specifico: una opener come ‘Early Wounds’ si pone sia come uno degli episodi “in your face” che come citazione nel titolo a un tuo progetto parallelo, i Rusty Wounds. Casualità o scelta voluta?
“È stata una scelta voluta. ‘Early Wounds’ rappresenta una connessione tra il passato e il presente, un modo per riconoscere le nostre radici e allo stesso tempo guardare avanti. Il titolo richiama i Rusty Wounds non solo per omaggiare quel progetto, ma anche per indicare che le ferite del passato sono parte integrante del nostro percorso e della nostra evoluzione. Con Rusty Wounds abbiamo arrangiato cover e sperimentato nuovi confini sonori che poi abbiamo riportato nel sound dei Klogr.”
Continuando a giocare con le parole, ricordo che una delle cover scelte per la tracklist di ‘Genetic Code’ dei Rusty Wounds era proprio… ‘Rusty Cage’ dei Soundgarden! Quanto c’è di quel progetto negli attuali Klogr? E in generale quanto è importante per la tua creatività esprimersi su più fronti e progetti?
“Rusty Wounds è stato un progetto che mi ha permesso di esplorare diverse sfaccettature della mia creatività. Molto di quell’esperienza si riflette ancora oggi nei Klogr, specialmente nell’approccio alla composizione e alla struttura dei brani. Avere la possibilità di esprimermi su più fronti mi consente di mantenere viva la mia ispirazione e di portare nuove idee e prospettive alla band. Ho avuto modo di sperimentare molto con l’elettronica e synth, cosa che è sempre mancata nei Klogr. ‘Rusty Cage’ come l’abbiamo arrangiata potrebbe essere tranquillamente integrata nel sound della band oggi, un capitolo che mi ha dato molto e sono felice di aver speso 2 anni nella ricerca sonora.”
Un pezzo come ‘Gravity of Fear’ ha un indiscutibile appeal che una volta avremmo definito “radio-friendly”. Si tratta di una scelta precisa in fase compositiva o è nato in maniera puramente casuale?
“‘Gravity of Fear’ è nato in maniera piuttosto naturale. Non abbiamo mai puntato intenzionalmente a creare un brano radio-friendly, ma quando la melodia e il testo si sono uniti, è diventato chiaro che aveva quel tipo di appeal. Credo che la sincerità nella composizione sia la chiave: quando una canzone nasce in modo autentico, riesce a connettersi con un pubblico più ampio. Diversi brani di questo album sono nati così e nulla è stato studiato a tavolino.”
L’etichetta “alternative metal” si accompagna spesso a quella di “post/grunge”, eppure all’ascolto di episodi come ‘Unspoken Words’ emergono chiare radici grunge tout court, senza filtri successivi. Quanta importanza rappresenta ancora quella pur breve stagione di fermento musicale?
“Il grunge ha avuto un impatto enorme su di me e sulla mia generazione. È stato un periodo di grande innovazione e autenticità musicale. ‘Unspoken Words’ riflette quella influenza e l’importanza di mantenere vive quelle radici. Il grunge, con la sua crudezza e la sua onestà, continua a ispirare il nostro approccio alla musica. Crivez (chitarrista) è stato molto utile nel contribuire a questo ingrediente. È molto musicale e con una sensibilità artistica molto spiccata. Io sono un po’ più contorto, lui ha tagliato dove io ero prolisso e prog e io ho inserito un po’ di Klogr nelle sue idee, questo mix ha avuto per me un risultato vincente.”
Non ho potuto fare a meno di soffermarmi sulle tonalità dell’artwork di copertina, che personalmente mi hanno ricordato l’ultimo, clamoroso disco dei Gong ‘Unending Ascending’. Al di là delle ovvie differenze musicali, c’è un qualche tema multidimensionale alla base di una simile scelta, sia cromatica che di concept grafico?
“Assolutamente sì. L’artwork di ‘Fractured Realities’ è stato concepito per riflettere la natura multidimensionale del nostro album. Le tonalità e i colori scelti rappresentano le diverse emozioni e sfaccettature dell’esperienza umana che esploriamo nei brani. Volevamo che la copertina fosse visivamente stimolante e che offrisse un’anteprima dei temi profondi che i fan troveranno nel disco. Charly Aldrighi (la designer che ha realizzato il lavoro) ha saputo perfettamente interpretare le nostre idee e raffigurare un mondo emotivo fratturato dalle imposizioni della società e dagli stereotipi di molti.”
Leggo sulle note promozionali che il disco sarà accompagnato da un serie di videoclip, realizzati tra l’altro con il supporto di ex membri della band. Puoi dirci di più? A quanto vedo, una costante può essere quella dell’apertura di una “valigia”: ha a che fare con il baule aperto dal personaggio di Lila su ‘One of Eight’?
“Sì, i videoclip sono una parte essenziale del nostro progetto per ‘Fractured Realities’. Abbiamo collaborato con ex membri della band (Jo e Giampi, bassista e chitarrista dal 2012 al 2014) per creare una serie di video che narrano una storia continua. La valigia rappresenta un elemento ricorrente, simbolo di viaggio e scoperta. Nel video di ‘One of Eight’, la valigia aperta da Lila è un momento cruciale che collega vari temi dell’album, rappresentando la ricerca di sé e la scoperta delle proprie verità nascoste. Gli oggetti trovati da Lila vengono poi riposti in un baule che rappresenta il nostro io, con tutte le sue sfumature e le sue differenti emozioni.”
State per partire per un tour europeo dalla fittissima tabella di marcia. Quanto è cambiata negli anni “quella” sensazione di trovarsi a calcare palchi sempre nuovi, giorno dopo giorno?
“La sensazione di salire sul palco è sempre emozionante, indipendentemente da quanto tempo sia passato. Negli anni, l’esperienza è diventata più intensa e gratificante. Ogni concerto è un’opportunità per connetterci con i nostri fan e condividere la nostra musica. La passione e l’energia del pubblico rendono ogni performance unica e indimenticabile e senza di loro il nostro lavoro sarebbe inutile. Siamo una band che senza il live non esisterebbe. Infatti il motore si è acceso a pieni giri quando l’ipotesi del tour ha preso forma. Da quel momento l’energia per finire il disco ci ha invaso e reso possibile tornare in pista a testa alta.”
Restando alla tematica del tour in supporto a ‘Fractured Realities’, qual è la maggiore differenza da voi sinora riscontrata tra il pubblico di casa nostra e quello di altri Paesi, occidentali e non?
“Ogni paese ha la sua unicità e il suo modo di vivere la musica. In Italia, i fan sono molto calorosi e appassionati, con una connessione profonda alla nostra musica, ma purtroppo sono “pochi” e sparsi per lo stivale. All’estero, abbiamo riscontrato un entusiasmo e una curiosità che ci spingono a dare il massimo sul palco. La diversità del pubblico arricchisce la nostra esperienza e ci ispira a migliorare continuamente. Siamo certi che prima o poi avremo anche il nostro spazio in Italia, per ora l’estero ci ha regalato molto… ma suonare in casa è sempre importante ed emozionante.”
Oltre agli Evergrey, ci saranno altre band in cartellone? Le conoscete?
“Sì, oltre agli Evergrey, ci saranno altre band straordinarie con cui condivideremo il palco. Siamo entusiasti di suonare con gruppi che ammiriamo e che rispettano. La scena musicale è ricca di talenti, e ogni occasione di condividere il palco è un’opportunità per imparare e crescere. Conosco bene entrambi i cantanti, Marco Pastorino dei Virtual Symmestry e Gab Gozzy degli Inner Vitriol. Gli altri componenti delle band non li ho mai incontrati personalmente. Ma Marco e Gab sono due cantanti straordinari. Poi… un po’ di orgoglio… sembra una barzelletta… ci sono 3 cantanti italiani in tour con una band svedese (ahahaha). Sarà davvero un tour pazzesco, non vedo l’ora!”
A parte chiederti gentilmente di stilare una Top Ten personale dei dischi di tutti i tempi per Metal Hammer Italia, ci diresti cosa gira attualmente nel lettore – virtuale o reale – di Rusty? E a questo proposito, qual è la tua opinione sulla dicotomia musica liquida vs. supporto fisico?
“Attualmente sto ascoltando una varietà di generi e artisti, nella mia top ten troviamo Alice in Chains, Tool, Deftones, Chevelle, Staind, In Flames, Chris Cornell in tutti i suoi progetti, NIN, Marylin Manson, Rob Zombie.
Attualmente sul mio lettore gira la nostra scaletta perché devo studiare! (ahahaha)
Per quanto riguarda la dicotomia tra musica liquida e supporto fisico, credo che entrambi abbiano il loro valore. Lo streaming rende la musica più accessibile, ma il supporto fisico offre un’esperienza tangibile e un legame più profondo con l’opera dell’artista. Il fatto che il vinile stia tornando in auge è un traguardo pazzesco! Noi siamo old school, anche se il supporto è digitale, l’album va ascoltato dall’inizio alla fine.”
Argomento spinoso: l’apporto dell’AI in fase di artwork o magari di composizione. Cosa ci attende in futuro e qual è la tua opinione in merito?
“L’AI ha il potenziale di rivoluzionare molti aspetti della produzione musicale e artistica. Tuttavia, credo che l’elemento umano resti insostituibile. L’AI può essere uno strumento potente, ma l’autenticità e l’emozione che derivano dalla creatività umana sono essenziali. Il futuro vedrà probabilmente una combinazione di entrambi, con l’AI che assisterà gli artisti senza sostituire la loro visione e il loro talento. Se visto come strumento a servizio sicuramente è utile, come lo è stata la rivoluzione della registrazione digitale, se visto come fine e sostituzione dell’uomo credo che sarà la disfatta del mondo emozionale… l’unico che ci rende davvero umani e unici.”
A dispetto di un genere chiaramente focalizzato sulle parti vocali, una costante dei tuoi lavori è l’attenzione agli inserti di chitarra solista. Penso a ‘Waking World’, in questo caso… quali sono le tue principali ispirazioni in merito?
“La chitarra solista è sempre stata una componente fondamentale della nostra musica. Le mie principali ispirazioni provengono da chitarristi leggendari come Jerry Cantrell degli Alice in Chains, Adam Jones dei Tool e Kim Thayil dei Soundgarden. Questi artisti hanno un modo unico di integrare la chitarra nelle loro composizioni, creando melodie e assoli che aggiungono profondità ed emozione ai brani. In ‘Waking World’, ho cercato di incorporare questa influenza, bilanciando tecniche complesse con un’espressività che supporta il messaggio della canzone. Non sono certo un guitar hero o un virtuoso, in passato in formazione abbiamo avuto chitarristi formidabili come Pietro Quilichini o Eugenio Cattini, dei solisti strepitosi. Per un istante avevamo pensato di eliminare le parti soliste… ma poi il mio essere chitarrista si è opposto e sono riuscito ad inserirle e togliermi qualche soddisfazione!”
Bene, siamo alla fine: le tue ultime parole sono per i lettori di Metal Hammer Italia!
“Vorrei ringraziare tutti i lettori di Metal Hammer Italia per il loro continuo supporto e passione per la musica. Siamo entusiasti di condividere ‘Fractured Realities’ con voi e speriamo che troviate nei nostri brani la stessa ispirazione e forza che abbiamo sentito durante la loro creazione. Non vediamo l’ora di incontrarvi tutti nel 2025 per delle date in Italia e di vivere insieme l’energia dei nostri concerti. Continuate a credere nella musica, a esplorare nuovi suoni e a sostenere gli artisti che amate. A presto e rock on!”