Smash Atoms – #grungeisback

Il 16/10/2024, di .

Smash Atoms – #grungeisback

Gli Smash Atoms nascono in Svezia dall’incontro fortunato tra il chitarrista Martin Söderqvist, il bassista Per Romvall e l’americano Glen Gilbert, voce carismatica della band. Si distinguono per la loro capacità di riportare alla luce l’energia cruda e autentica del rock anni ’90, traendo ispirazione da icone come Alice in Chains, Soundgarden, Stone Temple Pilots e King’s X.
Abbiamo avuto il piacere di parlare con Martin per esplorare le radici di questo progetto, nato dalla passione per un sound che trascende il tempo, e abbiamo scoperto come la band riesca a fondere la nostalgia della golden age del rock con un tocco fresco e contemporaneo. Nell’intervista, Martin ci ha raccontato delle influenze che hanno plasmato il loro primo album e del modo in cui riescono a mantenere vivo lo spirito del grunge e dell’alternative rock, pur restando saldamente legati al presente. Scopriamo insieme il percorso che ha portato questo quartetto svedese a ridare nuova vita a un genere che continua a conquistare gli animi ribelli degli amanti del rock.

Allora Martin, come è nato il vostro progetto?
“Il progetto Smash Atoms nasce nel 2012, dopo che io e Per Romvall (bassista) avevamo appena lasciato la nostra precedente band metal, gli Hostile Cell. Volevamo suonare del rock diretto, senza compromessi, e fortunatamente conoscevo un bravissimo cantante americano, Glen Gilbert, con cui avevo suonato negli Hide The Knives. Loro erano fermi da un po’, e Glen era appassionato tanto di grunge quanto di ogni tipo di buon hard rock. Quindi è successo tutto molto naturalmente: c’era una bella chimica. Con noi, poi, c’era questo batterista decisamente pazzo, Johan Engelin, che suonava come nessun altro. Insomma… avevamo messo insieme qualcosa di davvero buono. Abbiamo pubblicato una demo, che è stata trasmessa da Nicke Borg dei Backyard Babies nel suo programma su Bandit Rock, una radio nazionale. Sfortunatamente, dopo qualche concerto c’è stata una seria incomprensioni tra me e Glen, quindi il resto di noi ha continuato a suonare come trio nei The Torch, mentre io e Glen non ci siamo parlati per dieci lunghi anni. Ma alla fine ci siamo ritrovati e abbiamo ripreso da dove ci eravamo lasciati: abbiamo registrato questo album insieme e siamo felici di come suona”.

Cosa vi ha ispirato a creare una band con queste indiscutibili vibrazioni grunge? È stato un processo naturale?
“Sì, decisamente! Sia io che Glen Gilbert ascoltavamo un sacco di grunge e hard rock degli anni ’90, quindi siamo cresciuti con quel genere. Ma non siamo stati noi a definire la nostra musica “grunge”; è stato il pubblico a farlo. Quindi l’abbiamo semplicemente accettato e ci siamo lasciati trasportare. Se vogliono il grunge, il grunge gli daremo! Amiamo anche noi questa musica. Personalmente, non credo che molte delle canzoni dell’album lo siano, ma sono sicuramente ispirate dal rock degli anni ’90, che è ciò che amiamo e con cui siamo cresciuti”.
Com’è essere una rock band che evoca gli anni ’90 nel 2024? Considerando la direzione dell’industria musicale, pensate che ci sia ancora spazio per questo genere?
“Assolutamente! C’è sempre spazio per il rock, se lo fai bene, ed è quello che vogliamo fare. La mia analisi mi dice che le grandi tendenze nella musica e nella moda oggi ritornano ogni trent’anni. Prima erano cicli di vent’anni, come gli anni ’70 che tornarono negli anni ’90, e così via. Ma poiché la gente fa figli più tardi ora, sono diventati cicli di trent’anni, quindi penso che siamo perfettamente in tempo per una rinascita di questa musica (ride)”.
Com’è la scena musicale a Göteborg per una band come la vostra? Avete affrontato delle sfide o avuto delle sorprese positive a livello locale? E come vi rapportate al “Göteborg sound”?
“Ad essere onesti, la scena dei club a Göteborg e in tutta la Svezia per il rock è morta al momento. Siamo bravi a esportare buon rock, ma terribili nel supportare le nostre band e i locali. I club hanno chiuso dopo la pandemia e non sono mai stati davvero riaperti. Ci sono nuovi posti che stanno nascendo, e ci sarà sempre un movimento controcorrente a un certo punto. Speriamo che la gente si renda conto che non deve stare a letto a guardare Netflix e TikTok ogni venerdì sera, ma può effettivamente uscire e ascoltare della musica dal vivo. Non ci relazioniamo affatto con il “Göteborg sound” (ride). Ci sono grandi band, soprattutto gli In Flames e ora gli Halo Effect. Ed è totalmente comprensibile che il death metal nasca da Göteborg: è un posto deprimente in autunno e in inverno, tutto buio e piovoso. Simile a Seattle, ideale anche per creare musica come la nostra”.

Essendo musicisti svedesi, sentite il bisogno di integrare influenze locali nel vostro sound?
“No, per niente. Glen è americano, e tutti noi abbiamo ascoltato rock e metal americani ed europei sin da bambini. C’è molta buona musica svedese, ma non abbiamo pensato di integrare influenze locali, almeno non intenzionalmente!”.
Quali album degli anni ’90 hanno influenzato maggiormente il vostro songwriting?
“‘Facelift’ e ‘Dirt’ degli Alice in Chains, ‘Badmotorfinger’ dei Soundgarden, ‘Dogman’ dei King’s X, l’omonimo dei Motley Crue (l’album più sottovalutato di sempre), ‘Countdown to Extinction’ dei Megadeth e ‘Stone Temple Pilots'”.
Le vostre canzoni trattano temi specifici o si ispirano più alla vita quotidiana, come accadeva a molte band grunge degli anni ’90?
“I nostri testi trattano principalmente temi specifici, ma ci sono anche elementi di vita quotidiana. Di solito mi viene un’idea su ciò di cui voglio scrivere, inizio con il ritornello e costruisco il resto delle liriche attorno a quello. Gli argomenti di cui scrivo sono molto personali in molte delle canzoni… è una mia forma di terapia scriverne. Come in ‘Living a Lie’, che ha un tema molto personale: mantenere una facciata quando dentro non ti senti bene, per esempio. Oppure ‘Sunshine in a Bottle’, che è una canzone d’amore che ho scritto per mia moglie”.
Sento forti influenze degli Alice in Chains nella vostra musica. Come vi relazionate con il lato emotivo delle loro atmosfere cupe e l’intensità dei loro testi?
“Riesco a percepire il dolore nella voce di Layne Staley e immagino che soffrisse molto quando ha scritto parecchie di quelle canzoni. Tragicamente, è proprio ciò che fa sì che quelle canzoni mi parlino. Non sono un tossicodipendente, quindi non posso relazionarmi a quel tema, ma penso molto alla morte e al significato della nostra esistenza qui. Anche io ho problemi a gestire la rabbia e a volte penso che tutto ciò che facciamo qui sia inutile. Ho alti e bassi molto marcati e a volte mi sento come se volessi buttarmi giù da una scogliera. Ma penso che possiamo tutti relazionarci a questo, quindi potrebbe aiutare qualcuno scriverne. Non è pericoloso avere ansia, non ti ucciderà fisicamente, anche se molti ragazzi più giovani sembrano pensare di sì”.
Le voci e le armonie vocali sono centrali nel sound degli Alice in Chains. Come approcciate questi elementi nella vostra musica?
“Il nostro approccio è che la voce è la parte più importante di ogni canzone che facciamo. E se dobbiamo cambiare l’intera struttura di una canzone per migliorare la melodia finale, lo faremo. Ci sono molte armonie vocali nel disco e le facciamo anche dal vivo. Non usiamo nessuna traccia di supporto. Sfruttiamo il fatto che abbiamo due cantanti capaci nella band, addirittura tre. Siamo ispirati dagli Alice in Chains, ma anche dai King’s X, che avevano incredibili armonie vocali, ad esempio in ‘Dogman'”.
Dove vi vedremo prossimamente? Tour? Festival?
“Speriamo di fare un tour per supportare l’album, ci stiamo lavorando e lo annunceremo appena sarà tutto definito. E sì, ovviamente, anche festival in Europa. Dobbiamo vedere come l’album sarà accolto e lavoreremo sodo per far conoscere la nostra musica a un pubblico più vasto”.
Quali sono i vostri piani futuri? Vi vedete esplorare altri generi, o vi sentite radicati nel vostro attuale sound?
“Abbiamo in programma di registrare un doppio album, e abbiamo già iniziato a scrivere delle canzoni. Stiamo esplorando nuove sonorità; io sto suonando una Les Paul Standard a 7 corde in alcune delle nuove canzoni, il che potrebbe portare a un suono più new metal/alternative, combinato con le armonie vocali distintive e la voce caratteristica di Glen. Sarà interessante. Pensiamo anche che il prossimo album sarà un po’ più dinamico, con più chitarre pulite e semplici linee di basso con voci sopra. Questo per rendere i pezzi heavy ancora più pesanti quando arriva la distorsione, se capisci cosa intendo. Non mi piace quando c’è inflazione nella pesantezza, perché rende tutto meno pesante dopo un po’”.
Grazie mille per il tuo tempo e la vostra musica. Non vedo l’ora di vedervi dal vivo in Italia— o da qualche altra parte!
“Grazie a te, speriamo davvero di suonare di nuovo in Italia. È il nostro Paese preferito in cui suonare”.

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