Paradise In Flames – Return From Obscurity
Il 22/06/2024, di Carlo Monforte.
Formatisi nel 2002 nel cuore di Santa Luzia, Minas Gerais, i Paradise In Flames sono emersi con la missione di sfidare idee precostituite e forgiare un nuovo percorso nel panorama metal. Traendo ispirazione dalle scene brutali del death e del black metal, la band unisce riff pesanti a elementi non convenzionali che partono dalla musica orchestrale passando per quella tradizionale brasiliana, confluiti nell’ambizioso concept album ‘Blindness’, il settimo di una ricca carriera che li ha visti anche protagonisti di un importante tour internazionale insieme a band del calibro di I Am Morbid, Batushka e Diabolical. Incuriositi dalla loro proposta sonora, abbiamo contattato i Paradise In Flames nelle persone del cantante/chitarrista Andre Damien e del tastierista Guilherme de Alvarenga, disponibilissimi a prenderci per mano e ad accompagnarci alla scoperta di una band davvero affascinante.
Come descrivereste, a chi non vi conosce ancora, il nuovo ‘Blindness’?
“(Andre Damien) L’album è una riflessione su come l’industria religiosa si sia intrecciata con la politica e altri campi del pensiero, alla ricerca del potere. Abbiamo voluto dargli una connotazione filosofica, rispecchiando gli eventi e le dinamiche che osserviamo accadere in varie parti del mondo.
Dal punto di vista musicale, abbiamo immaginato di creare un’opera black metal, incorporando numerosi elementi sinfonici e personaggi per costruire un’atmosfera teatrale. L’aspetto più impegnativo è stato collegare senza soluzione di continuità le canzoni in una sequenza cronologica di melodie e testi. Il nostro obiettivo era dare agli ascoltatori l’impressione di vivere una storia coesa, in cui i testi e la musica fossero in sinergia. Un testo è stato progettato per scorrere attraverso le melodie, creando una narrazione unitaria in tutto il lavoro”.
Una sfida decisamente ambiziosa, verrebbe da dire…
“(AD) Sicuramente, perchè sin dall’inizio volevamo creare un’opera metal. La sfida più grande è stata sviluppare una sceneggiatura che corrispondesse fedelmente alle canzoni. La sequenza delle canzoni doveva avere un senso nel contesto della storia, pur rimanendo coinvolgente. La presenza di un solo testo per tutte le musiche e i dialoghi ha aumentato la complessità della composizione. Tuttavia, credo che il risultato finale sia riuscito e il feedback è stato molto positivo”.
Che ne diresti di farci addentrare nel concept alla base di questo disco?
“(AD) L’idea iniziale è nata nel bel mezzo della pandemia, quando i governi di diversi Paesi hanno iniziato a privilegiare la religione rispetto alla ragione. Questo ci ha portato a chiederci: ‘Sono tutti completamente ciechi? È un piano per ottenere più potere?’. Eravamo nel bel mezzo della composizione del nuovo album e avevamo già deciso che sarebbe stato un lavoro concettuale, perché il nostro ultimo album, ‘Act One’, è stato spesso paragonato a un’opera, anche se non lo era.
Così è nata l’idea: Cosa succederebbe se tutti perdessero la vista a causa di una malattia psicologica incoraggiata da entità religiose? Cosa succederebbe allora? Ricordavo di aver letto il libro di Saramago ai tempi dell’università, che poneva domande simili ed era un buon riferimento, anche se la nostra storia prende una direzione diversa.
Abbiamo iniziato a capire che l’umanità non sarebbe stata in grado di sopportare uno scenario del genere e sarebbe tornata alla barbarie, con il dialogo che non sarebbe più servito come mezzo di negoziazione. Saremmo regrediti a uno stato medievale. La storia dell’album si basa sull’idea che la Chiesa abbia diffuso questa malattia con l’intenzione di riconquistare il potere che aveva molti anni fa. Tuttavia, hanno trascurato il fatto che all’interno del clero stesso ci sono individui corrotti che cercano il potere per il proprio interesse. Questo crea una trama complessa e tesa con l’avanzare delle canzoni”.
Come è nata l’idea di utilizzare un’unica sequenza di testi per tutte le canzoni dell’album?
“(AD) Il nostro stile musicale è molto teatrale e nell’ultimo album avevamo già sperimentato una sequenza di due canzoni che raccontavano un’unica storia. Questa esperienza ha risvegliato un vecchio sogno che avevamo sempre voluto perseguire ma che non avevamo mai realizzato a causa della sua complessità. Con ‘Blindness’ ci siamo sentiti maturi e pronti ad affrontare questa sfida, anche se devo confessare che è stata più difficile di quanto avessimo immaginato (ride Nda)”
L’ultimo singolo estratto è stato ‘Concerto No 6 in C Minor, Cold Spring’. Come si inserisce questo pezzo nel contesto dell’album?
“(AD) Questa canzone apre l’album e serve a descrivere, in un contesto generale, ciò che stanno vivendo i personaggi: un mondo desolato da un’epidemia sconosciuta. Molte persone stanno diventando cieche senza nemmeno conoscerne le ragioni. L’idea era di rendere drammatico il tema con un’abbondante orchestrazione di violini. Penso che le nostre idee abbiano avuto successo”.
Come è stata l’ esperienza con l’orchestrazione e l’inserimento di elementi classici in questo album?
“(Guilherme de Alvarenga) Sono laureato in musica classica e quando mi sono laureato ho scritto una monografia intitolata “Tecniche di composizione classica applicate all’estetica heavy metal”. Grazie a questo background, è molto naturale per me incorporare elementi classici nella nostra musica. La mia esperienza con l’orchestrazione deriva dalla collaborazione con diverse band e dalla creazione di musica nel corso degli anni”.
Da un punto di vista musicale, quali pensate siano i punti di riferimento di ‘Blindness’?
“(AD) Ovviamente, il black/death sinfonico non sarà mai lasciato da parte, perché queste sono le nostre radici. Tuttavia, volevamo incorporare più orchestrazioni in formato opera, il che ci ha portato a esplorare altri stili come la musica classica. Siamo anche usciti dalla nostra zona di comfort con i vocalizzi, puntando a un’atmosfera più operistica con voci pulite. Un’aggiunta interessante e curiosa è stata quella di incorporare la musica popolare brasiliana, come il forró e la bossa nova, per concettualizzare meglio la storia. L’idea era quella di immergere l’ascoltatore negli eventi e, per la nostra visione, era necessario creare questi mix audaci all’interno del metal.
Il risultato è molto interessante e diverso da quello che si ascolta di solito. Credo che valga la pena di ascoltarlo”.
Come avete bilanciato le vostre radici nel death e nel black metal con l’evoluzione del vostro sound in ‘Blindness’?
“(GdA) Fin dall’inizio, la nostra idea era di creare musica con molta velocità e blast beat, pur mantenendo un forte senso della melodia. Ci è sempre piaciuto aggiungere elementi sinfonici alla nostra musica. Credo che la direzione orchestrata che abbiamo preso con ‘Blindness’ sia stata un’evoluzione naturale per noi musicisti. Forse stiamo finalmente raggiungendo il suono che abbiamo sognato fin dall’inizio della band, ed è per questo che negli ultimi EP abbiamo registrato nuovamente canzoni che erano rimaste nel passato”.
Quali strumenti e tecniche speciali avete utilizzato per registrare l’album?
“(AD) Abbiamo incorporato strumenti che non si trovano comunemente nel metal, come le percussioni forró come la zabumba, il sonaglio e il triangolo. In ‘The Priest’ abbiamo utilizzato uno strumento indiano, di cui mi sfugge il nome, ma che ha creato un’atmosfera fenomenale. Inoltre, incorporiamo la fisarmonica e sulle chitarre mescoliamo vari effetti per ottenere un risultato diverso da qualsiasi altra cosa nella discografia della band”.
C’è una canzone dell’album a cui siete particolarmente legati?
“(AD) Sono tutte preferite, perché quelle che non ci sono piaciute molto sono state tagliate dall’album.
Tuttavia, ci sono diversi punti di forza in questo album. ‘Black Wings’, con la sua audace miscela di stili musicali brasiliani, è riuscita a creare un’interessante chimica che è diversa da qualsiasi cosa abbia mai sentito nel metal. ‘Endless Night Battle’, insieme a ‘War Sonata’, crea un’esperienza coinvolgente dei campi di battaglia rappresentati nella storia, che per me è di grande impatto. Infine, ‘I Fell the Plague’ crea un incredibile scambio di energia con il pubblico quando la suoniamo dal vivo. Ma confesso che è difficile scegliere una sola canzone preferita di questo album”.
Quali sono le vostre aspettative per l’uscita di ‘Blindness’?
“(AD) Credo che abbiamo raggiunto una maturità musicale che si allinea con ciò che vogliamo trasmettere. Durante il nostro ultimo tour, che ha compreso 60 concerti, abbiamo ricevuto un feedback sempre positivo. Con ‘Blindness’, siamo fiduciosi di poter salire un altro gradino di questa infinita scala underground e di continuare a crescere come musicisti.
Qual è stato il feedback dei vostri fan sui singoli pubblicati finora dall’album?
“(AD) Si stanno davvero divertendo! È incredibile: ogni volta che pubblichiamo una nuova canzone, la gente viene da noi e dice che è la migliore che la band abbia mai fatto (ride Nda). Poi, un mese dopo, pubblichiamo un altro singolo e quello diventa il nuovo preferito. Siamo divertiti dal feedback dei nostri fan, ma nel complesso la risposta ha superato le nostre aspettative. Anche quando suoniamo le nuove canzoni dal vivo, si crea una frenesia travolgente”.
Come vedete l’evoluzione del metal oggi e che ruolo pensate che abbiano i Paradise In Flames in questo contesto?
“(AD) La vedo in modo positivo, anche se non amo particolarmente molti suoni moderni. Lo vedo come qualcosa di necessario affinché lo stile si evolva e resista in mezzo ai cambiamenti del mondo. Così come noi cambiamo costantemente, credo che la musica non sia da meno: adattarsi o morire. Come abbiamo detto nella canzone ‘Evil System’ dell’album ‘Act One’, si tratta di adattarsi o di affrontare l’obsolescenza (ride)”.
Ci sono collaborazioni con altri artisti o band che avete in programma per il futuro?
“(AD) Vedo la collaborazione in una luce positiva, soprattutto quando è fatta per il bene della musica.
Tuttavia, preferisco impegnarmi in progetti in cui la collaborazione è una vera e propria partnership piuttosto che una collaborazione guidata da ricompense. Pur comprendendo che gli artisti non dovrebbero sostenere spese per registrare il lavoro di qualcun altro, vengo da un’epoca in cui la collaborazione significava vera e propria partnership, e oggi non vedo necessariamente la necessità di incentivi monetari in questo tipo di iniziative. Forse in futuro emergeranno delle vere e proprie collaborazioni, solo il tempo ce lo dirà”.
Qual è stato il momento più memorabile della vostra carriera finora?
“(AD) Abbiamo avuto il privilegio di condividere il palco con numerosi maestri del metal, ricevendo da loro consigli e lodi lungo il percorso: è un’esperienza davvero indimenticabile. Tuttavia, per me, uno dei momenti più gratificanti è stato quando ho sentito la mia musica suonata su vinile per la prima volta. Era un sogno che non avrei mai pensato potesse realizzarsi, e avere tra le mani quella manifestazione fisica della mia musica è stata una sensazione indescrivibile”.
Quali consigli dareste alle nuove band che cercano di emergere nella scena metal?
“(AD) Prima di tutto, fatelo per amore, perché se è per qualsiasi altra ragione, non ne varrà la pena. In secondo luogo, non arrendetevi mai: la perseveranza è fondamentale. Infine, considerate sempre voi stessi come parte del pubblico; se non va bene per voi, non andrà bene nemmeno per gli altri”.
In che modo le vostre radici brasiliane influenzano la vostra musica e il vostro stile nel metal?
“(AD) Sebbene il metal sia il nostro genere preferito, tutti noi ascoltiamo diversi stili musicali al di fuori del metal.
Riconosciamo la ricchezza della cultura musicale del nostro Paese e, sebbene ci siano molte cose che possono essere scartate, i classici sono senza tempo. Traendo ispirazione da questi classici, miriamo a creare un’identità leggermente più distinta e inquietante all’interno della scena metal”.
Com’è la scena metal in Brasile e come si inseriscono i Paradise In Flames in questo contesto?
“(AD) Venendo dalla città in cui sono nati gruppi come i Sepultura e i Sarcófago, il metal occupa un posto speciale nei nostri cuori come mezzo culturale e come aspetto determinante della nostra identità all’interno della nostra micro-società. I Paradise in Flames sono stati parte integrante di questa scena per molti anni e credo che la nostra storia di rappresentanti del metal brasiliano all’estero ci abbia fatto guadagnare il rispetto della più ampia comunità metal brasiliana”.
Ci sono artisti o gruppi brasiliani che vi hanno ispirato o con cui vorreste collaborare?
“(AD) Ci sono molti artisti e gruppi brasiliani incredibili che ci hanno ispirato durante il nostro percorso musicale. Tra questi ci sono Sarcofago, The Mist, Malefactor e altri. Per quanto riguarda le collaborazioni, siamo sempre aperti a lavorare con musicisti di talento che condividono la nostra passione per la musica. Tra l’altro, nel brano ‘The Cure’ ha partecipato Bruno Paraguay, cantante degli Eminence, una rinomata band new metal brasiliana”.
Come è stato il percorso della band dalla scena locale di Minas Gerais alla scena internazionale?
“(GdA) La band ha sempre goduto di visibilità sulla scena nazionale, ma quando siamo tornati da una lunga pausa e abbiamo deciso di dedicarci alla musica a livello professionale, si sono aperte le porte a un pubblico che non avremmo mai immaginato di raggiungere prima. I nostri tour in Europa hanno dato risultati incredibilmente positivi e crediamo di essere riusciti a diffondere il nostro nome in diversi Paesi. Stiamo ancora sperimentando questa crescita, e spero sinceramente che non si fermi presto (ride)”.
Cosa pensate che distingua il metal brasiliano da quello di altre parti del mondo?
“(GdA) Credo fermamente nel potere di abbracciare la ricchezza culturale del Brasile, che è una vibrante miscela di influenze indigene, africane, europee e asiatiche. Quando infondiamo la nostra musica con questa ricchezza culturale, invece di limitarci a imitare altri stili, si crea una musica davvero unica e interessante.
Inoltre, essere una band underground in Brasile comporta una serie di sfide, che richiedono un’immensa dedizione e amore per ciò che facciamo. Nonostante gli ostacoli, persistiamo perché non c’è niente di più genuino dell’amore per la nostra musica e per il nostro scopo”.
Per concludere, avete già pianificato il tour per promuovere il nuovo lavoro?
“(AD) Sì, abbiamo già in programma una tournée nelle capitali di diversi Stati del Brasile in agosto, e abbiamo in programma di intraprendere un altro tour in Europa verso la fine dell’anno. Non vediamo l’ora di portare la nostra musica a un nuovo pubblico e di provare ancora una volta l’emozione delle esibizioni dal vivo”.