Miruthan – The cult of the apocalypse
Il 29/05/2024, di Fabio Magliano.
Gli australiani Miruthan non sono una band che passa di certo inosservata. Arroccati attorno a sonorità dark, black e death metal non prive, però, di interessanti contaminazioni, i “nostri” hanno saputo costruire un alone di mistero attorno ad essi, limitando al massimo le informazioni “esterne” e costruendo una storia inquietante attorno alla band, ai membri del gruppo e alla musica stessa della band. Ciò che sappiamo è che, coinvolti nel progetto, ci sono musicisti con un buon bagaglio tecnico e d’esperienza alle spalle (a parte Wrath, il batterista, che ha 14 anni…), per il resto l’identità è celata da maschere e tuniche, i nomi, come vedremo, sono affidati a pseudonimi quali Ghost (cantante), Demigod Nzabi (chitarrista e cerimoniere nonchè ideatore della band), Priest (chitarra), Witch Doctor (basso), Baron (seconda voce), Fantoma e Priestess (cori) e appunto il batterista Wrath, e la storia verte su un futuro distopico invaso dai non morti, nel quale i membri della band vogliono rappresentare l’unica ancora di salvezza tra una carneficina e l’altra. Incuriositi da queste storie, racchiuse nell’EP di debutto ‘Cult Of The Dead’, abbiamo contattato la band che ci ha risposto affidandosi al portavoce Demigod Nzambi.
Quello dei Miruthan è un concept sicuramente non semplice e decisamente affascinante. Cosa ti ha portato a ideare un progetto simile?
“(Demigod Nzambi) Molti anni di tournée e di ‘survival’ sono stati la forza trainante per la creazione di questo lavoro! Sono stato in tournée a livello semi-professionale per molti anni e ho anche lavorato come istruttore in una scuola di sopravvivenza, quindi tutto è stato guidato da queste mie passioni. Inoltre, essendo un fan sfegatato di film e spettacoli horror e apocalittici, volevo creare un mondo tutto nostro in cui potessimo creare il nostro sound”.
Il mondo a cui fai riferimento è in un futuro distopico, sul quale si è abbattuta un’autentica apocalisse. Puoi spiegarci qualcosa di più?
“Il mondo che stiamo creando è piuttosto elaborato e intricato, ma la premessa principale è che siamo otto sopravvissuti a quella che chiamiamo ‘L’Esplosione’. Nella storia che narriamo non sappiamo ancora cosa sia ‘L’Esplosione’, noi ci siamo semplicemente ritrovati e siamo rimasti uniti, mentre tutto attorno si scatenavano omicidi e carneficine. Gli abitanti di questo mondo sono persone terribili e noi dobbiamo farci strada attraverso copiosi spargimenti di sangue. Nei nostri comunicati e nei post sui social media usiamo la parola ‘venerazione’, perché, come dice il folklore, stiamo aiutando le persone buone (come gli spettatori dello spettacolo) nel mondo reale. Quindi, stiamo raccogliendo adepti da aiutare in questa follia”.
In questo scenario apocalittico vi muovete voi, che impersonate personaggi oscuri ed enigmatici. Ce li puoi presentare?
“Questa è una domanda che necessita di una risposta molto approfondita, quindi lavorerò su questo aspetto partendo da quello che il pubblico vede sul palco: Su tutto vi è il Signore Supremo. Demigod Nzambi èIl Padre della Morte, Nzambi è il più sacro tra i suoi fedeli, una grande divinità delle terre desolate in grado di elargire la benedizione della morte. Come capo dei Miruthan, regna sulle loro terre come imperatore, con la sua giusta furia che colpisce gli infedeli. Le sue origini sono oggetto di controversia sia tra i profeti che tra i pagani, poiché molto è andato perduto dopo ‘L’Esplosione’. Nelle Scritture si legge che egli esiste da tempi remoti, che lui e i suoi angeli erano un tempo esseri umani mortali che si ritrovarono tra le macerie del vecchio mondo. Tra i circoli più fanatici della sua congregazione si ritiene che egli sia antico quanto la Terra stessa e che sia sempre esistito, guidando l’umanità nell’ombra.
Ci sono poi gli Angels ov Miruthan. Il primo è The Ghost, il demone di Miruthan, mezzo morto e mezzo vivo. Si dice che cammini sul confine tra zombificazione e concisione. Serve Nzambi come suo feroce esecutore, pronto a scatenarsi contro i pagani e gli indegni. Come un animale selvatico, The Ghost è incline a compiere atti di violenza istintiva, ma rimane legato alla volontà di Nzambi. Coloro che conoscono The Ghost vivono nella paura, per evitare che si scagli contro di loro.
Nel folclore, il primo discepolo è Priest ed è al centro della congregazione di Miruthan. Si dice che abbia conosciuto Nzambi nei tempi precedenti all’esplosione e che sia stato il primo a essere unto come suo angelo. Serve come capo della congregazione di Nzambi e facilita la loro messa nera.
The Ritual Priestess è la mano di Nzambi, leader del rituale di morte e madre sacra del gregge di Nzambi. Attraverso le sue mani passano il cibo e le cure per la congregazione a coloro che sono ritenuti fedeli. Come Priest, si dice che sia stata un’apostola di Nzambi prima dell’esplosione ed è il secondo angelo più longevo della Corte Ov Miruthan.
The Witch Doctor è l’ autore della magia più vile. The Witch Doctor si riunisce con uno spirito miserabile per collegare Miruthan al mondo dell’aldilà. È la rovina degli infedeli, di tutti i villaggi pagani vittime di pestilenze, di morti misteriose e improvvise di coloro che si oppongono alla volontà di Nzambi, di pestilenze e carestie quando i raccolti abbondanti avvizziscono e muoiono da un giorno all’altro; la magia dello Stregone è capace di molte atrocità e la esercita con rabbia vendicativa.
Wrath è l’impulso della morte. Si dice che non sia nato, ma che sia venuto alla luce nel momento dell’esplosione, un essere forgiato dalla pura angoscia dell’umanità. Di Wrath si sa ben poco: alcuni credono che sia stata l’ultima creazione degli antichi dei, un’entità macabra creata dalle nostre emozioni più oscure, altri credono che sia l’Anticristo che cammina sulla terra, vagando nel regno a lungo abbandonato dal divino. Qualunque cosa sia, è venerato dalla congregazione di Miruthan come una figura quasi messianica.
Fantoma è stato derubato del suo corpo un secolo fa ed infesta Miruthan come uno spettro malvagio. La sua figura imponente scivola durante la Messa, ispezionando imperiosamente la congregazione in cerca di un candidato al sacrificio. Non si sa cosa ne sia dei sacrificati, si sa solo che esserlo è il più alto degli onori.
Infine vi è Baron, la Voce della Disperazione. Ci sono pochi testimoni dei suoi lamenti, perché quasi tutti quelli che l’hanno sentita sono stati portati alla pazzia. Coloro che ne sono stati testimoni e sono rimasti coerenti lo hanno descritto come il grido di dolore straziante di mille anime torturate”.
Immagino che, essendo una band che ha puntato molto sulla narrazione e sul racconto tematico le sfide che vi siete trovati ad affrontare non siano state semplici…
“Onestamente penso che le sfide siano abbastanza semplici, almeno per come sono fatto io. Nella vita penso molto alle cose, ho la Sindrome di Tourette e un disturbo ossessivo compulsivo, quindi la mia attenzione per i dettagli è piuttosto intensa, ma nell’ambito di quello che stiamo facendo la mia parte ossessiva funziona molto bene per me. Non riesco letteralmente a smettere di pensarci. Tutto il giorno e tutta la notte, ed essendo i Miruthan una band che bada molto al dettaglio e alle sfumature, il mio modo di essere non sarà mai un ostacolo ma, anzi, un grande aiuto”
Ci sono band o artisti particolari che hanno influenzato il suono e l’estetica dei Miruthan?
“Sì, più di quanti possiate immaginare e probabilmente non sono dove pensate che siano. I membri non provengono da band metal, abbiamo tre membri freschi che non hanno mai suonato in una band prima d’ora, uno dei quali (il nostro batterista) ha 14 anni, mentre gli altri sono musicisti abbastanza navigati. Provengono da ambienti country, rockabilly, blues, punk e swing. Tutti i membri hanno avuto per anni un amore per il death e il black metal, così come per altri stili, ma l’ambito professionale in cui abbiamo lavorato ci ha fatto prendere una strada diversa. Ma per il nostro sound non avrei potuto chiedere un background migliore, credo che questo ci abbia aiutato molto nella stesura delle canzoni e nell’affrontare le cose da una prospettiva diversa. Non che pensi che avere un background nel metal sia un male, ovviamente è fantastico, ma mi piace che possiamo essere un po’ diversi. Sono un fan sfegatato di Screamin Jay Hawkins, e l’estetica deriva originariamente dal suo look, in particolare dall’epoca di ‘Put a Spell on You’, ma è solo un’ispirazione. Mi ritengo influenzato anche dai film e dagli spettacoli televisivi di natura apocalittica e horrorifica, con cui mi sento molto in sintonia”.
E’ per quello che mi hai appena accennato che, nel vostro sound, al fianco di sonorità black e death, sono presenti sfumature tipicamente punk?
“Le band con cui sono stato in tour erano più vicine al mondo del punk che a quello del metal, c’è anche qualche sfumatura di rockabilly, blues e country nel nostro sound, ma è più nelle strutture degli accordi e nell’energia. La maggior parte dei membri proviene dal mondo del punk, quindi il mix di conoscenze è enorme. Ma tutti i membri sono sempre stati anche grandi fan del metal, quindi non è che siamo entrati in un mondo del quale non sapevamo nulla. Io stesso amo la variazione dei membri e le sfumature di scrittura e speriamo che anche i nostri fan si appassionino a questo aspetto. Per ora abbiamo ricevuto enormi complimenti per aver fatto qualcosa di diverso, da DJ radiofonici a promoter…”.
Come nasce un brano dei Miruthan?
“La maggior parte della scrittura viene fatta da me, poi Priest Ov Miruthan prende la canzone e aggiunge le sue parti principali e le parti secondarie di chitarra e le melodie. Tutte le parti vengono poi consegnate a tutti i musicisti, che le usano come meglio credono. Ci piace molto avere un suono di chitarra imponente, per questo abbiamo fino a otto tracce separate per chitarra e alcune per il basso, mentre per la batteria usiamo microfoni acustici e trigger per ottenere una miscela che la renda il più grande ma raffinata possibile”.
Come immaginate l’evoluzione della narrazione e del suono di Miruthan nei prossimi album?
“La narrazione continuerà a crescere con l’esperienza dei tour e dei fan, ma la narrazione musicale è molto calcolata, ho una grande idea di ciò che faremo in termini di stile man mano che cresceremo. Ovviamente, man mano che i membri aggiungeranno altri contributi, la cosa si svilupperà da sola. Ma il percorso è molto determinato ed eccitante per noi”.
Per la canzone ‘Land Of The Damned’ avete anche registrato un video davvero inquietante. Vuoi parlarcene?
“A parte il fatto che è stato un vero spasso, avevamo scritto la sceneggiatura da un bel po’ prima delle riprese. La location è stata un vero incubo da raggiungere e ha richiesto un sacco di lavoro per portare su la nostra attrezzatura con un’auto a 4 ruote motrici. Due dei membri della band sono fotografi e videomaker, quindi abbiamo fatto molte delle nostre riprese sul posto , poi abbiamo coinvolto un altro videomaker per le riprese dal vivo. Era anche nel bel mezzo di un’ondata di caldo nel bush australiano, quindi faceva dannatamente caldo. Ma ci siamo divertiti tantissimo”.
Siete una di quelle band che fanno dell’anonimato la propria forza. Come riuscite a mantenervi nell’ombra e, allo stesso tempo, a entrare in contatto con il pubblico?
“È stata una delle cose più difficili per la band nei primi tempi, poi con il passare dei mesi sembra che siamo riusciti a trovare un buon equilibrio e anche la risposta del pubblico ai nostri spettacoli è stata molto positiva. Riguardo al nostro rapporto con i fan, abbiamo appena aperto dei profili su Facebook per interagire un po’ meglio con il pubblico, e abbiamo già ricevuto alcune domande curiose, ma è tutto divertente”.
Quali sfide avete affrontato per dare vita al concetto di Miruthan, sia dal punto di vista musicale che visivo?
“Siamo assolutamente pieni di idee, concetti e canzoni, quindi questa è stata la parte più facile, ma la logistica del palco è quella più difficile. Dato che abbiamo molti oggetti di scena e costumi completi, è difficile trovare in alcuni dei club più piccoli le condizioni adatte per esibirci, visto che i cambi rapidi sono davvero difficili dato che dobbiamo microfonarci, abbiamo auricolari… Il compromesso è stato quello di lasciare a casa alcuni oggetti di scena se i palchi erano troppo piccoli, ma nonostante questo cerchiamo ugualmente di fare del nostro meglio per rendere ogni spettacolo uguale e di grande impatto visivo. Anche il fatto di avere 8 persone da microfonare è un’impresa, per il posizionamento dei microfoni e dei cavi fino a 5 voci che suonano contemporaneamente… Ma quando i palchi diventeranno più grandi e così via, perfezioneremo questo processo”.
Come riuscite a bilanciare l’intricato aspetto narrativo di Miruthan con le intense performance musicali durante gli spettacoli dal vivo?
“I nostri spettacoli dal vivo stanno diventando un vero e proprio culto, tanto che offriamo allo spettatore un libretto con i testi all’ingresso e lo facciamo in modo simile a come si farebbe a un funerale. È assolutamente ironico e super divertente, ma alla gente piace. Aiuta molto a far capire le storie che ci sono dietro le canzoni e come si incastrano tra loro. Gli spettacoli sono molto intensi ma totalmente coinvolgenti per il pubblico. Noi cerchiamo di coinvolgerlo il più possibile e di solito entro in mezzo alla folla e suono la mia chitarra con i membri del “culto”, loro lo adorano e anche noi. È una grande congregazione di amanti della musica e del metal estremo”
Qual è stata finora la risposta alla musica e alle performance dei Miruthan, sia da parte dei fan che della critica?
“Abbiamo persone che stanno setacciando internet per scoprire i nostri veri nomi e anche per trovare le storie… abbiamo deciso di spargere le informazioni in giro per la rete per rendere un po’ più difficile la ricerca e la ricostruzione delle nostre identità. I testi sono la chiave di ciò che viviamo, ma ogni membro ha una storia e faremo in modo che sia un gioco ricostruirla. I critici sono stati molto benevoli e ancora una volta molto interessati a quello che stiamo facendo e a quello che offriamo. Sembra che le canzoni risuonino con loro e alcuni le hanno aggiunte alle playlist personali su streaming”.
Il prossimo passo per i Miruthan?
“Abbiamo iniziato a lavorare all’album, e anche in questo caso la storia è piuttosto coinvolgente, non vedo l’ora di far conoscere queste storie al mondo e vedere cosa ne pensa la gente. Voglio che la gente si goda il più possibile le nostre storie, la scrittura dei testi e delle canzoni…la folla mi ispira tantissimo, mi piace fare cose per la gente per iniziare a seguire le storie, eccetera. Sono un grande nerd nel cuore e credo che lo siano anche molti dei nostri fan”.
Per concludere?
“Vi invitiamo a unirvi al culto di Miruthan. Ma divertitevi e scatenatevi con le storie insieme a noi. Diteci cosa pensate che dovremmo scrivere la prossima volta o dove avete trovato delle informazioni su di noi… il gioco continua!”.