Lucifer – Death Walk With Us
Il 22/01/2024, di Fabio Magliano.
Compiono dieci anni di carriera i Lucifer, multinazionale del rock con base a Stoccolma nata attorno alla sempre affascinante figura della cantante Johanna Platow Andersson, arricchitasi nel corso degli anni dall’ingresso del partner Nicke Andersson, icona del metal europeo prima con Entombed quindi con gli Hellacopters ed oggi approdata al quinto lavoro, ‘Lucifer V’, che proietta i nostri verso un livello superiore. Per farlo la band si affida nuovamente ad un’elettrizzante miscela di heavy rock anni ’70, doom, heavy metal, occult rock ed una sana dose di ironia. Per saperne di più siamo andati a scambiare due parole direttamente con la bella Johanna che, senza troppi peli sulla lingua, ci ha concesso questa pungente intervista.
Innanzitutto complimenti per il vostro nuovo album ‘V’, un disco decisamente maturo che combina molto bene elementi dei vostri vecchi lavori, con alcune soluzioni più fresche perfette per proiettare i Lucifer verso uno step successivo…
“Ti ringrazio per le belle parole, so che non dovrei esprimermi così verso un mio disco, perchè per un artista ogni album è un po’ come un suo figlio, ma se devo dirla proprio tutta questo lavoro è il mio preferito della nostra discografia, e non lo dico perchè è il nuovo disco in uscita, siamo in promozione o qualcosa del genere… Lo dico perchè è una cosa che sento, è un album che mi piace davvero molto perchè, come hai detto giustamente tu, ci sono tutti gli ingredienti delle vecchie canzoni, ma allo stesso tempo c’è stata libertà di esplorare maggiormente rispetto al passato, come in ‘Slow Dance In A Crypt’. Sono cose che sono nelle nostre corde da sempre, probabilmente le avremmo potute fare anche in passato, ma forse non avevamo ancora la confidenza, la sicurezza necessarie per poter esplorare e andare un po’ al di fuori dalla nostra zona di comfort. Quando ascolto musica come fan adoro pezzi come ‘Slow Dance’, quelli che mostrano il nostro lato più vulnerabile, fragile, doloroso…quindi dopo aver dimostrato di poter suonare bene hard rock e doom, abbiamo voluto spingerci anche verso territori più intimi. E come cantante è stato importante espandere i miei orizzonti e mostrare un aspetto differente della mia arte”
Hai citato ‘Slow Dance In A Crypt’, una canzone straordinaria nella quale la tua voce raggiunge il pieno della maturità e anche da un punto di vista emotivo arriva chiaro come questo sia un brano particolare per te…
“Assolutamente si. Più si invecchia, più si entra in contatto con il dolore e con la morte, è una cosa che viviamo tutti, inevitabilmente. Le persone che hai intorno iniziano a lasciarci, devi fare i conti con i tuoi familiari, con persone che conoscevi da una vita… La morte che prima appariva lontana, a mano a mano che passa il tempo diventa sempre più reale, il dolore per la perdita di persone care diviene qualcosa con il quale ci si trova a convivere sempre con maggiore frequenza, in una sorta di evoluzione… con gli anni diventi più saggio ma allo stesso tempo più affranto. Mio padre ci ha lasciati qualche anno fa, e molte persone amiche hanno fatto lo stesso nel corso degli anni… Ecco, tutte le persone che no nci sono più, vivono nelle nostre canzoni, ed in ‘Slow Dance In A Crypt’ parlo della possibilità di una persona che è morta, che ritorna da noi. So benissimo che è qualcosa che non succederà mai, però il bello della musica è che con essa puoi costruire il tuo proprio mondo, dare ai tuoi sogni una sorta di ali, puoi costruire un tuo mondo ideale, puoi abbattere ogni barriera e riportare a te le persone che ti mancano. Questo è quello che faccio e, credimi, mi è spesso di grande conforto”.
‘At The Mortuary’, ‘Riding Reaper’, ‘Slow Dance in A Crypt’, ‘A Coffin Has No Silver Lining’, ‘The Dead Don’t Speak’… come sempre il tema della morte è ancora molto forte nelle tue composizioni. Che rapporto hai con la morte? La temi o la consideri una semplice fase di passaggio?
“Paradossalmente mi fa molta paura ma, allo stesso tempo, è la mia migliore amica. Io amo la vita, vorrei vivere 200 anni perchè per mia natura sono una persona molto curiosa, voglio vedere il mondo, visitare tutto quel che si puù visitare, vivere la vita al massimo ma so che non ci sono abbastanza anni per fare tutto quello che vorrei. Per questo la morte mi fa paura, perchè può infrangere i miei sogni e perchè porta via da me le persone che amo. Però allo stesso tempo è qualcosa di molto confortante…non so come spiegarlo, ho un rapporto ambivalente con la morte perchè la temo ma trovo rassicurante sapere che c’è sempre un’uscita di emergenza, basta esserne consapevoli. Non importa quanto sia dolorosa la morte, sai che un giorno morirai e tutto il resto non avrà più importanza, semplicemente sarà tutto finito”.
Pensi che cantare della morte sia anche un modo per esorcizzarla?
“Sicuramente lo è! Quando succede qualcosa di bello nella mia vita, quando sto bene, mi viene naturale pensare ‘Che bello questo momento, come sono felice!’ Ed è allora che devi pensare che è solo un attimo, che la morte potrebbe arrivare a porre fine a tutto, quindi quando si sta bene è fondamentale dare un valore a quei momenti di felicità e considerarli un dono prezioso”.
Con ‘Lucifer V’ festeggiate i dieci anni di carriera. Pensi che questo traguardo in qualche modo vi abbia portato un po’ di pressione al momento di lavorare al disco, o è stato un processo naturale, come in passato?
“No, non ho avvertito pressione, perchè quando lavoro a un disco cerco di isolarmi e a non pensare alle cose che potrebbero pensare gli altri. Cerco di mantenere il mio cuore libero e suonare quello che voglio realmente, poi se alla gente piace il risultato finale, allora è una cosa grandiosa. Cerco di lavorare sempre con grande leggerezza, perchè sarebbe un suicidio entrare in studio con la pressione di dover fare a tutti i costi un grande disco. Sono convinta che i dischi peggiori siano quelli realizzati quando il musicista ha voluto a tutti i costi rincorrere la perfezione, quindi preferisco affidarmi al cuore e a non pensare a tutto il resto”.
Dopo un lungo sodalizio con Century Media, per ‘V’ approdate sotto le ali protettrici della Nuclear Blast. Come è stato il grande salto?
“Te lo dico tra qualche tempo, quando il disco sarà uscito e potrò fare le prime valutazioni. Al momento è un po’ presto per poter giudicare il loro lavoro. Posso dire che siamo capitati alla Nuclear Blast perchè la persona che ci aveva messo sotto contratto con la Century Media si è trasferito con tutto il suo team alla Nuclear Blast. Quando il contratto per tre dischi che avevamo con CM si è esaurito abbiamo ricevuto una proposta di rinnovo e allo stesso tempo un’offerta da Nuclear Blast. Con la Century Media ci trovavamo bene, siamo soddisfatti del lavoro che avevano svolto per i nostri dischi precedenti, però la differenza l’aveva fatta il team di persone che si era trasferito alla Nuclear Blast, quindi abbiamo deciso di cambiare. Ora vediamo cosa succede…”
Una cosa che mi è sempre piaciuta dei Lucifer è il perenne controsenso che aleggia nel vostro universo, il tema della morte che va a braccetto con una certa ironia, la tua immagine da sacerdotessa che fa a cazzotti con il nome della band… Tu in che modo vivi questi contrasti?
“Li vivo in prima persona, basti pensare che nel disco precedente mi sono anche crocifissa in copertina! Vedi, io vengo da una famiglia molto cristiana, ci sono anche dei pastori tra i miei parenti quindi la religione è sempre stata un argomento molto serio…io la rispetto ma cerco di trattarla allo stesso tempo con più leggerezza, ci metto ironia. Il fatto del vestito da prete… di solito sono i maschi a indossarlo, lo ha fatto Pete Steele e molti altri, ma una donna è decisamente più inusuale… Ed è anche un po’ un “vaffanculo” al patriarcato. Un concetto che va a braccetto con la copertina dell’ultimo disco, o quella dove venivo crocifissa, una sorta di strega bruciata sul rogo, perchè oggi il sessismo è ancora profondamente radicato nella nostra società. Io ancora oggi lo vivo continuamente, vengo trattata in modo diverso dai colleghi maschi e questa cosa mi fa incazzare profondamente. E’ per questo che, queste immagini, sono anche una forma di ribellione verso un sistema che non funziona”.
Anche l’ironia è un buon mezzo per ribellarsi al sistema…
“Assolutamente, infatti per me è molto importante l’ironia. Amo l’umorismo nero, è un ottimo strumento per affrontare le tragedie della vita e un salvagente per sopravvivere e affrontare la follia del mondo”
L’ultima volta che vi abbiamo visti dal vivo, è stato a Milano di supporto ai Ghost e ai Death SS. Che ricordi conservi di quell’esperienza?
“E’ stato fantastico, ero elettrizzata dall’idea di poter suonare in Italia in una situazione come quella, poi il fatto di aver suonato per primi mi ha permesso di potermi rilassare e guardare gli spettacoli delle altre due band dal lato del palco. E’ stato molto bello, anche se non abbiamo avuto molta fortuna con il promoter. Non era stato previsto un camerino per noi, quindi abbiamo dovuto cambiarci sul furgone, e dal momento che quel giorno faceva molto caldo, non è stato il massimo. Poi ci sono stati problemi all’ingresso, hanno bloccato la gente all’entrata con il risultato che, quando siamo saliti sul palco, molta gente era ancora fuori in coda. Nei giorni seguenti molte persone mi hanno scritto lamentandosi perchè ci avrebbero voluto vedere ma non hanno potuto a causa della pessima organizzazione. Anche per noi non è stato il massimo, perchè quando abbiamo iniziato a suonare non c’era molta gente all’interno dell’impianto, quindi siamo stati un po’ delusi. E’ stato organizzato in modo pessimo, ma non importa… Voglio dire, io sono rock’n’roll nel cuore, per me l’importante è salire su un palco e suonare, poi ho conosciuto i ragazzi delle altre band e questo mi ha resa felice. Non ti nascondo che mi piacerebbe un giorno tornare a suonare in Italia, anche se ho parlato con diverse persone e mi hanno confermato che non è facile organizzare dei tour in Italia. Mi dispiace perchè sono legata all’Italia, con i miei genitori venivo spesso negli anni ’80 e ’90 come facevano molti altri tedeschi, però oggi, anche parlando con altri musicisti, è chiaro come sia difficile suonarci, anche a causa di promoter non sempre ben organizzati”.
Ovviamente non si può fare di tutta l’erba un fascio, però è innegabile che a volte ci sia una certa approssimazione anche nel mondo dei live… Comunque, a Milano vi abbiamo visto all’Idroscalo con la luce del giorno. Non pensi che per voi e per la vostra musica sia forse meglio la realtà di club più intimi e raccolti?
“Forse, ma non è una discriminante. Nella musica dei Lucifer coesistono elementi diversi, non c’è solo il dark, ma anche molto rock’n’roll, doom, hard rock… Nella nostra carriera abbiamo suonato ovunque, abbiamo suonato alle Bahamas su una nave per la Kiss Kruise, abbiamo suonato in piccoli pub e ci siamo esibiti a Las Vegas, abbiamo fatto l’Hellfest e il Wacken e abbiamo suonato per pochi amici…Abbiamo suonato un po’ ovunque e abbiamo affrontato ogni show sempre allo stesso modo. Non importa se suoniamo in una piccola città in Finlandia con 80 persone o sul main stage dell’Hellfest davanti a 70.000 persone, per noi la musica è musica e affrontiamo lo spettacolo sempre con la stessa energia”
Toglimi una curiosità: com’è lavorare con tuo marito? Non è complicato affrontare le problematiche che la vita coniugale presenta quotidianamente, unite con quelle che puntualmente si presentano lavorando nel mondo del rock?
“No. No. No, è sorprendentemente facile! Questo forse perchè abbiamo la stessa concezione di ciò che reputiamo giusto e rispettiamo l’opinione dell’altro. Qui non si tratta mai di ego, al centro c’è sempre la canzone, lavoriamo in funzione di essa e quindi è tutto molto semplice. Poi amiamo andare in tour insieme anche se non sempre è possibile. Ad esempio, abbiamo appena fatto un tour negli Stati Uniti e Nicke è dovuto rimanere a casa per stare insieme a suo figlio, ma non è stato un problema anche se mi è mancato… Io adoro andare in tour con lui, ci divertiamo molto, e poi non sentiamo la gelosia o la mancanza l’uno dell’altro, perchè facciamo tutto insieme, ed è una vita divertente da vivere”
In contemporanea con l’uscita di ‘V’ andrete in tour con gli Angel Witch. A giudicare dalla vostra intensa attività live pare quasi che il disco per voi sia solo un pretesto per poter suonare dal vivo…
“Non la vedrei così. Io adoro registrare, ma amo anche suonare dal vivo, è una cosa diversa. Penso che siamo diventati una buona live band perchè abbiamo avuto la possibilità di suonare molto, però amiamo entrambe le cose e diamo ad entrambe la stessa importanza. Per andare avanti hai bisogno di entrambe le realtà, a volte abbiamo bisogno di pause per suonare dal vivo, per riorganizzarci e pensare a tutto, a volte hai bisogno di nuovi stimoli e di fare nuova musica, per poi andare la fuori, portare il tuo rock alla gente e goderti la loro reazione”
In conclusione, quali sono gli obiettivi che ti sei posta per questo ‘Lucifer V’?
“Sicuramente poter continuare a vivere di musica, il che significa che non voglio tornare a fare cinque lavori. Mi piace quello che faccio, mi piace registrare e fare concerti, quindi spero solo di poter continuare a farlo il più a lungo possibile”