Meghistos – Am I Evil?

Il 20/01/2024, di .

Meghistos – Am I Evil?

Meghistos riemerge dalle tenebre cinque anni dopo il disco di debutto, per presentare al mondo il suo ‘The Reasons’, un lavoro pregno di ferocia e malvagità che ha nel death metal più tradizionale le sue radici e nel male la sua forza trainante. Il male che si insinua in ogni composizione di questa one man band, che ancora una volta si avvale della collaborazione di Andy “Bull” Panigada dei Bulldozer il cui tocco non può che contribuire a trascinare l’ascoltatore verso l’oscurità. Annichiliti dall’ascolto di ‘The Reasons’ siamo andati a bussare alla porta di Mr. Meghistos in persona…
‘The Reasons’ è il vostro secondo disco dopo il debut del 2018. Quali pensi siano le principali differenze tra questo disco e ‘The Evil Sound of Hidden Demons’?
“I brani di questo disco vogliono rappresentare i diversi motivi per approcciarsi al Male e stringere un patto inscindibile con esso. Per questa ragione ritengo che, rispetto al disco precedente, ogni canzone abbia un’identità maggiormente marcata e presenti peculiarità uniche nell’economia dell’album in modo da rispecchiare anche musicalmente le ragioni alla base di ogni scelta. ‘The Evil Sound of Hidden Demons’ rappresenta un’escalation di terrore e follia guidata da Demoni mostruosi che vivono nascosti come parassiti, nutrendosi del dolore da loro stessi generato”.
 Il male è il comune denominatore tra i brani di questo lavoro. Che cosa è per te il male?
“È l’essenza che pervade il nostro mondo e che noi alimentiamo a nostra volta con le nostre scelte: quando si parla di azioni turpi ci si vuole spesso sentire estranei, come se noi fossimo altro. Ma la realtà siamo noi: se ti guardi dentro potresti scorgere un abisso nero, profondo. Attento a non caderci dentro!”
Visto quello che si sente quotidianamente nei TG e si legge sui giornali, spunti per comporre i brani non ti sono mancati…
“Quello che sta accadendo non fa altro che confermare quello che siamo, una progenie nera e subdola come un cancro che fagocita sé stesso. Arte e realtà si fondono e sono due facce della stessa medaglia: nell’arte l’istinto è mediato dalla ragione, il fiume delle emozioni è in piena e servono argini.
Nella realtà la ragione è a servizio dell’istinto per imporre la nostra volontà: brami qualcosa e per ottenerla devi superare ostacoli, distruggere la morale, annientare il rivale”.

In che modo tratti certi temi a volte scomodi? Con occhio critico, con freddo distacco, con cinismo…?
“Adoro il cinismo e questo appaga il mio rancore: questa musica è la terapia della mia anima anche se guarire è utopico”.
“Became what you want to be, lead your oppressed sould to freedom, you know your reasons for going to hell, becouse we just show what we sell” potrebbe essere questo il vostro manifesto?
“Si tende sempre a giustificarsi, a incolpare altri di quello che siamo, ma il Pantheon demoniaco che si cela oltre il portone raffigurato in copertina ci ricorda che le scelte sono nostre: queste divinità mostruose non fanno altro che venderci ciò che più desideriamo. Acquistare questa merce vuol dire fare una scelta da cui non è possibile tornare indietro e, come ogni merce, ha un prezzo da pagare. Questo non vuol dire che sia sbagliato, ma soltanto che trattandosi di una scelta è comunque una nostra responsabilità”.
Mi parli di ‘Meat Grinder’, uno dei pezzi forti del disco?
“‘Meat Grinder’ è un pezzo interamente composto e suonato da Andy Panigada dei Bulldozer, mio carissimo amico da una vita. Il brano parla della corsa al potere considerando valido qualsiasi mezzo per raggiungerlo: è forse il patto più comune in quanto rappresenta uno dei desideri più ancestrali dell’uomo. La smania di potere diventa così accecante da portare il protagonista a sfidare il demone stesso, grazie al quale ha visto realizzarsi il suo desiderio, aumentando di conseguenza la posta in gioco.
Nel titolo della canzone è racchiuso il prezzo che dovrà pagare”.

Un altro pezzo di sicuro impatto è ‘Black Blues Of Death’…
Questo brano parla del patto per l’arte: è dedicato a Robert Jhonson musicista fallito che, grazie all’incontro con il Demonio, scolpirà il suo nome nell’eternità. Una morte prematura, all’età di 27 anni, sarà il prezzo da pagare. Con lui nasce il Club dei 27: artisti deceduti tutti, appunto, a questa età”.
Che dire, infine, di ‘Marriage For Evil’?
“Questo brano parla di un duplice patto: parla di un matrimonio celebrato sotto l’egida di Satana che in cambio della sua protezione si assicura una futura progenie devota. È quindi un patto tra due sposi e tra questi e il Male. Il testo parla appunto dei festeggiamenti: ho voluto inserire alcune melodie apparentemente leggere che, nel contesto, assumono un tono decisamente macabro”.
Le sensazioni che si provano ascoltando questo disco sono un senso di claustrofobia e di disagio, penso collegabili ai messaggi che mandate attraverso i vostri brani. Ma c’è spazio per la speranza nell’universo Meghistos?
“No”
Ancora una volta è forte la collaborazione con Andy Panigada. Quanto è importante per il sound dei Meghistos?
“Andy è un mio caro amico dai tempi del suo disco ‘Neurodeliri’. Era l’89 e sotto consiglio di Metal Shock lo acquistai e ne rimasi entusiasta. Chiamai quindi la casa discografica, la Discomagic, nella speranza di trovarlo, cosa che avvenne. Nel corso degli anni grazie alla sua esperienza e ai suoi consigli ho imparato molto e posso quindi dire che parte della mia identità musicale si è formata anche grazie a lui. Inoltre è estremamente versatile: ‘Meat Grinder’, brano da lui interamente composto e suonato, si adatta perfettamente all’atmosfera del disco e a quanto volevo esprimere”.
Pensi che i Meghistos rimarranno un progetto in studio o ci sarà la possibilità di vederli assumere la dimensione di band e vederli su di un palco?
“Non saprei, ci sono due ordini di problemi. Il primo è relativo al tempo a disposizione: ho una vita decisamente piena e suonare live è un impegno non indifferente.
Il secondo è legato alla mia necessità di potermi esprimere senza venire a patti con altri elementi di una band: questo progetto è frutto del mio personale rancore e non sarei felice di avere continue interferenze nel processo creativo”.
Grazie e a te la conclusione!
“Colgo l’occasione per ringraziare Andy Soresina e Francesca Donzuso di Hellucination Photography per avere curato le grafiche del disco e la fotografia. Ringrazio inoltre Ezio, fondatore di Wine and Fog, che mi sta aiutando a promuovere l’album. Inoltre rinnovo i miei ringraziamenti a Metal Hammer per avermi dato questa opportunità di farmi conoscere”.

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