Chris Holmes – I Am What I Am
Il 17/12/2023, di Fabio Magliano.
Quando si parla di Chris Holmes la mente corre inevitabilmente alla grottesca scena del documentario ‘The Decline Of Western Civilisation’ dove, ubriaco fradicio in mezzo a una piscina, si definiva un “pezzo di merda” davanti agli occhi attoniti della madre. Un episodio epico che a modo suo è entrato negli annali della storia del metal, ma che inevitabilmente ha finito per offuscare quanto, a livello musicale, ha fatto questo mastodontico chitarrista nel corso della sua carriera. Una carriera cavalcata alla grande in quella scena, quella di Los Angeles, dominata con gli W.A.S.P, una manciata di pezzi oltraggiosi nei quali veniva riflessa la sua immagine costantemente over the edge, l’alcolismo, la droga, la prigione, l’eterna disputa con Blackie Lawless compagno di successo ma mai completamente tollerato e poi ancora tanto, tantissimo rock. Sino al giorno in cui decide di rinascere, lasciare l’America e ripartire dall’Europa, dalla Francia, dove si ricostruisce una carriera minata ma non fermata da un cancro affrontato e sconfitto come ultima prova per questo incredibile personaggio. Che ci si para davanti nei suoi oltre due metri di altezza, il viso ancora segnato dalla malattia ma in forma splendida, forse un po’ diffidente all’inizio ma subito pronto a sciogliersi con la sua contagiosa risata e quella energia che di lì a poco sfodererà sul palco in uno dei tanti show del suo winter tour europeo.
Direi di partire dalla cosa più importante: la tua salute. Hai dovuto lottare con un cancro alla gola, come stai ora?
“Sto bene. Ho avuto un tumore alla gola e sono stato sottoposto a radioterapia per sette settimane, ogni giorno tranne sabato e domenica. Sono state settimane dure ma alla fine le radiazioni hanno ucciso il cancro che avevo in gola. Mi hanno fatto vedere una foto prima e dopo, e il tumore ora non c’è più. Si spera che il mio corpo lo abbia prodotto per l’ultima volta e che non lo rifaccia più”.
Pensi che il cancro abbia cambiato il tuo modo di vedere la vita? Per esperienza posso dire che sono situazioni che ti cambiano profondamente e mutano anche le tue prospettive…
“No, no, no… Beh, qualche anno fa ho suonato in una band chiamata Where Angels Suffer ed il cantante, Rich Lewis, un mio buon amico, ha avuto anche lui il cancro alla gola, proprio come me, solo un anno prima…Ci sentivamo una volta alla settimana al telefono, gli parlavo di cosa stavo passando e sapevo esattamente cosa mi sarebbe successo. Quando mi è stato diagnosticato ho parlato tanto con lui e sapevo esattamente come avrei affrontato la malattia e che questo tumore sarebbe stato al 100% guaribile. Non avevo paura, non mi preoccupava come mi avrebbe preoccupato un tumore al pancreas o al sangue. Sapevo che avrei solo dovuto attraversare l’inferno, con le terapie e tutto il resto e ne sarei uscito vivo. Mi ha cambiato la vita? Oggi non posso mangiare determinati alimenti perchè mi hanno dovuto estrarre dei denti, il mio corpo non produce più fluoro e ogni volta che vado a dormire devo mettere sulla mia mascella del fluoro in gel… Solo queste cose sono cambiate. Ma ora poco per volta le cose stanno tornando alla normalità. Anni fa ero arrivato a superare i 120 chili, con il cancro sono sceso a 88, ora ho ripreso peso e sono a 95 chili, esattamente il mio peso ideale. Sto meglio, decisamente, non sono più magro come quando ero ammalato. Quando mi facevano i trattamenti mi hanno dato la morfina contro il dolore. Io non ho mai preso eroina in vita mia…magari metanfetamina, cocaina, ma mai tranquillati. Non mi sono mai piaciuti. Con la morfina ho compreso molto dei tossicodipendenti e delle crisi di astinenza da droga. Wow…io non ho preso il metadone, ho dovuto smettere a freddo e ho avuto un mese di crisi di astinenza, è stato molto duro e mi dispiace per gli eroinomani che devono affrontare tutto questo. Sono stato in grande difficoltà e ora li guardo da un punto di vista diverso”.
Tra i tanti cambiamenti nella tua vita c’è anche la residenza. Dopo un momento in cui tanti gruppi europei andavano in America a cercare fortuna, tu hai fatto il viaggio inverso e sei emigrato da Los Angeles alla Francia… Forse perchè oggi è l’Europa la nuova America per un musicista?
“No, i gruppi venivano in America per fare soldi, ma io ho visto il declino negli anni ’90 di Los Angeles. Io sono nato a Los Angeles, e posso dirti che la maggior parte delle persone che vivevano di musica, oggi non lavorano più. Conosco bene il Rainbow e tutti gli altri club…hanno iniziato a chiudere poco per volta. Sono arrivati i Nirvana, il grunge e all’improvviso alla gente non è più piaciuto l’heavy rock, le hair band, i Poison sono usciti di scena e tutto si è spento. Poi è arrivato l’hip hop e la situazione è peggiorata ulteriormente. I locali hanno iniziato a chiudere, tutto è diventato digitale, la gente ha smesso di comprare dischi…un fottuto disastro. Io per quindici anni ho cercato di trovare una band a Los Angeles ma non ci sono riuscito. Non so il perchè, non so darti una risposta, forse è per via del modo in cui ho vissuto in precedenza. Poi nel 2014 sono andato a suonare in Finlandia, sono stato li circa sei mesi e ho detto a mia moglie Sarah: ‘Proviamoci!’. Ho venduto tutto in America, il mio cane, la mia macchina, tutto quello che avevo e mi sono trasferito in Europa. E’ stata la decisione migliore che potessi prendere. Da dieci anni non ho problemi con la polizia…dopo un po’ ci siamo trasferiti in Francia ma, nonostante non mi sia ancora abituato alla cultura francese e non parli una parola di francese, non cambierei nulla delle scelte fatte. Oggi vino a Cannes, mi piace, è un po’ come la California. Il clima, il mare… sono contento di essermi stabilito qui. Los Angeles è diventata una grande schifezza, tutti i locali hanno chiuso. Dove una volta c’era il Gazzarri’s, il club dove Eddie Van Halen iniziò a suonare hanno demolito tutto e costruito il Key Club, proprio accanto al Rainbow, poi ha chiuso e lo hanno comprato Beyonce e Jaz-Z ed oggi è un club hip hop… è tutto uno schifo, meglio l’Europa, credimi”.
Nel 2021 è uscito ‘Mean man: the story of Chris Holmes’, un documentario che narra la tua storia. Che effetto ti ha fatto vedere la tua vita raccontata sul grande schermo?
“Mi fa stare bene. Voglio dire, è un documentario che mostra la vera persona che sono, non c’è nulla di falso, di costruito in quel documentario. Mostra quello che è Chris Holmes oggi… io non ho paura di mostrarmi per quel che sono, far vedere che vado in tour a bordo di una piccola auto, non mi da fastidio. Mostra cosa succede a chi vive il rock a pieno, e io sono ancora qui, che suono e faccio concerti, questa è la cosa più importante”.
‘Mean Man’ è anche la canzone che Blackie Lawless ti ha dedicato su ‘The Headless Children’. Se la ascolti ti ritrovi ancora oggi in quelle parole?
“Naaa, quello è uno scherzo del cazzo, è l’interpretazione che ha fatto di me Blackie Lawless, una battuta e basta. Io non sono così e non sono d’accordo con quelle parole. E ti dico di più, dopo che lui ha scritto di me su ‘The Headless Children’, io in ogni album che ho fatto ho scritto di lui”.
Eppure nel 1996 eravate anche tornati a suonare insieme, e la chimica per chi vi aveva visto dal vivo appariva molto forte, on stage eravate una forza della natura…
“Nel 1996 mi era stato detto che tutto era cambiato, io sono tornato ma alla fine era ancora tutto uguale, esattamente come quando avevo lasciato. E’ un narcisista ed è difficile per una persona così cambiare. Era tutto incentrato su di lui, lui, lui, lui…non era una squadra la nostra, eravamo dei dipendenti pagati per fare il nostro lavoro e basta. Io in quel periodo ero sobrio, avevo smesso di bere, ero in forma, e dal vivo lo si vedeva. Tutta quell’energia veniva da me. Non dal batterista, nè da Randy, nè da Johnny Rod, nè da Mike Duda, nè da Blackie Lawless… l’energia veniva da me, dal mio modo di suonare… io non sono capace di stare su un palco e fare il mio compitino, io devo generare energia, adoro il feeling che sgorga dagli amplificatori. Non mi piacciono i lenti, mi piacciono i Black Sabbath, mi piacciono gli Iron Maiden, mi piacciono i Priest… mi piace quel suono, e Blackie ha sempre odiato il mio modo di suonare la chitarra. Per ‘The Headless Children’ abbiamo litigato con le unghie e con i denti, non so quante volte stavo per smettere e mandare tutto a fare in culo, dirgli ‘Questo non sono io, cercati qualcuno che suona la chitarra come vuoi tu'”.
Però sei rimasto, e il tuo nome è indissolubilmente legato a quello degli W.A.S.P…
“Quello è il mio passato, e voglio superarlo. Gli W.A.S.P non mi danno soldi, quello che ho scritto per quella band porta su il mio nome ma da loro non ricevo alcun diritto d’autore. Loro suonano i miei pezzi, a me non spetta nulla e sai perchè? Perchè io figuro come un session player, e questa è una cosa che odio, non la sopporto. Mi hanno preso in giro, e sai come hanno fatto? Io sono dislessico, non riesco a leggere bene, e loro hanno approfittato di questo e mi hanno fatto firmare dei contratti giocando su questo mio disturbo. Ma non sono l’unico musicista a cui è successo, so che anche altri con il mio stesso problema sono stati aggirati”.
Il tuo ultimo disco solista ‘Shitting Bricks’ è del 2015. Pensi di pubblicare un giorno del nuovo materiale inedito?
“Si, ho della roba pronta, ma durante il COVID mi si è rotto il computer con su tutte le registrazioni, quindi abbiamo dovuto ordinarne uno nuovo in Inghilterra ma con la storia della Brexit ci sono voluti due mesi prima di riceverlo. Poi una volta che mi arriva e lo apro vedo che è rotto e questo ha rallentato ancora un po’ le cose. A questo punto ho iniziato a lavorare per mettere su una nuova band e poter iniziare a registrare il mio nuovo disco. Ora siamo in tour, quando torneremo a casa qualcosa faremo…”
Molte delle persone venute qui per vederti ti considerano un’icona della scena hard rock losangeliana degli anni ’80…
“No, sono solo io, non sono un’icona. Vedi amico mio? Io sono cresciuto con Eddie Van Halen, e anche lui non si è mai considerato un mito della chitarra o un’icona. Gli altri là fuori possono pensare cosa vogliono, Ma io sono tutt’altro che un’icona. Sono Chris Holmes e basta”.