Secret Sphere – Negli Abissi della Mente
Il 10/12/2023, di Dario Cattaneo.
I Secret Sphere sono oramai una band pioneristica del power Italiano… nati negli stessi gloriosi anni dell’esplosione di Labyrinth e Rhapsody, la band di Aldo Lonobile e Roberto Messina ha percorso a testa alta tutti questi anni, portando avanti un percorso evolutivo notevole, che li ha portati a realizzare lavori caratterizzati da un ventaglio stilistico decisamente ampio, anche più rispetto ai loro colleghi tra cui quelli citati in apertura. Col precedente ‘Lifeblood’ però si è registrato un netto ritorno ad alcune sonorità del passato, soprattutto in riferimento allo stile dei primi due dischi…
Sentiamo quindi proprio col fondatore Aldo se con questo scoppiettante nuovo album intitolato ‘Blackened Heartbeat’ gli intenti sono rimasti gli stessi di ‘Lifeblood’ o se qualcosa è cambiato…
E così ci siamo trovati un nuovo album in tempi direi piuttosto brevi… Da dopo ‘LifeBlood’ pensi sia stato un periodo molto creativo per voi? Dalle interviste lette nel 2021 non mi risultavano left-over dall’album, quindi questo è tutto materiale nuovo composto in questo periodo?
“Abbiamo iniziato a scrivere musica poco dopo l’uscita di ‘Lifeblood’, in effetti è tutto materiale nuovo. L’album precedente era uscito ancora in un periodo che non ci permise di promuovere il disco a dovere sul fronte live, per cui a seguito della pubblicazione ci siamo dedicati forzatamente alla stesura di nuovo materiale. ‘Blackened Heartbeat’ devo dire che ha avuto un periodo di scrittura controverso, come band eravamo decisi a rimanere nel percorso di ripresa delle nostre origini musicali avviata con l’album precedente, però volevamo farlo in maniera più aggressiva, più decisa. Il disco è stato prodotto nei miei studi, i TMH Studios, e quindi abbiamo avuto la fortuna di poter far tutto in tranquillità, senza guardare al tempo che scorreva, e mirando con determinazione al massimo risultato.”
Un’ altro indizio che faceva pensare a brani composti in tempi ravvicinati tra loro è la compattezza stilistica che l’intero album mostra, oltre che una certa distanza invece dai pezzi di ‘Lifeblood’ … “Blackened Heartbeat” segue come dici tu le coordinate power del predecessore, però è più cupo e oscuro. ‘Lifeblood’ riguardava temi legati alla positività e all’energia, quest’album già dal titolo si permea di connotati più drammatici. Come mai questa scelta diciamo agli antipodi rispetto al precedente album?
“I dischi dei Secret Sphere alla fine hanno sempre messaggi positivi, diciamo, magari vestiti in maniera diversa di volta in volta. Affrontiamo temi impegnativi, vero, ma penso che alla fine sia sempre tutto indirizzato ad una visione tutto sommato positiva. Sono però d’accordo che ‘Blackened Heartbeat’ custodisca in sé una matrice più tenebrosa ed introspettiva, ma è tutto legato al concept del disco, che tratta dell’oscurità dell’animo umano… ecco anche il perchè del cuore nero del titolo.”
Parlavi di approccio diretto e deciso, e infatti musicalmente avete spinto molto sul pedale del power… cosa vi ha convinto a farlo? Il progressive metal sviscerato con gran classe in ‘The Nature Of Time’ farà ancora parte del vostro pentagramma?
“Si, hai detto bene, si tratta di un disco molto spinto, costruito sul riffing e sul drumming, che prende ispirazione anche generi più estremi, almeno a livello chitarristico. Di mio sono un amante delle ritmiche serrate ed articolate, e già in passato le nostre strutture ritmiche non si sono mai limitate ad accompagnare la melodia, hanno sempre avuto una certa presenza. Questa volta le abbiamo semplicemente esasperate, spingendo su questo aspetto che faceva già parte del nostro sound. Il prog è anche lui un elemento che fa parte del nostro background, ma non ho mai considerato i Secret una band che deve necessariamente esplorare il prog… lo usiamo all’occorrenza, ecco, ed è quindi più o meno presente anche in base alla scrittura e allo stato d’animo.”
Parlando di un singolo brano, mi ha colpito molto l’introduzione chitarristica di ‘The Crossing Toil’, assolutamente diversa dalle intro sinfoniche che accompagnano spesso album come questo… potete parlarcene se possibile?
“Ti stupirò perché potevi pensare a un pezzo mio, ma l’intro di cui parli è stata scritta ed eseguita da Marco Lazzarini, il batterista sull’album. Avevo in mente l’idea di un intro strumentale che non fosse la solita orchestra, legando il brano maggiormente alle introduzioni invece dei dischi thrash… Marco è un appassionato del genere, ha delle grandi idee sull’acustica, la suona bene e quindi ho pensato che fosse assolutamente giusto lasciare spazio a lui su quel brano.”
Con una lineup consolidata, come detto prima, il songwriting ci è sembrato assolutamente compatto e focalizzato. Avete trovato facile lavorare a questo lavoro dopo il ritorno di Roberto su quello precedente?
“Il processo di scrittura in realtà è sempre rimasto immutato. Io scrivo la maggior parte delle musiche e le condivido con i ragazzi, cui chiedo di mettere la loro creatività in fase di arrangiamento ed esecuzione. Quello che è successo su ‘Blackened Hearthbeat’ è che la modalità di scrittura, che mi ha ricordato molto il periodo di ‘A Time Never Come’, ci ha portato a divertirci molto. Abbiamo passato molto tempo assieme… i Secret Sphere sono nati come una band di amici, e questa atmosfera direi che è tornata al 100% con questo ultimo lavoro!”
Con ‘Blackened Heartbeat’ si ha peraltro a che fare con un concept molto interessante… Puoi parlarcene, raccontandoci a grandi linee la storia che ci sta dietro?
“Il concept lirico è stato scritto con Costanza Colombo, scrittrice indipendente che pubblica anche con il nickname di X. Aveva collaborato già in passato con noi nella stesura del concept di “Portrait Of A Dying Heart”. Con lei abbiamo definito un’idea primordiale che io e Roberto partorimmo insieme, cioè quella relativa a una storia basata su patologie mentali e che, fondamentalmente, presentasse ambientazioni oscure e a tratti anche violente. Ci sono – in particolare – un paio di canzoni che trattano direttamente di questo argomento legato a malattie mentali che causano comportamenti aggressivi, un po’ perché è un tema che ci appassiona e un po’ perché con i Secret Sphere abbiamo quasi sempre toccato questo tipo di tematiche. Il nome stesso della band ha a che fare con l’inconscio, cosa che ci ha portato a incentrare l’intera trama su uno psicologo dotato di poteri paranormali. Certo, il tutto avrebbe dovuto avere una base assolutamente realistica, ma permeata di un alone di mistero, vista la capacità dello psicologo di entrare, durante le sedute, nella mente dei propri pazienti e di nutrirsi delle loro emozioni vitali”.
Ecco, appunto, sicuramente interessante è il personaggio principale… un villain direi più che un protagonista classico. Chi è Julius B.? Come avete lavorato sulle sue anomalie e le sue perversioni?
”Il protagonista del concept, cui viene anche dedicata una canzone omonima, si chiama appunto Dr. Julius B., e la sua figura è ispirata ad un amico mio e di Roberto, ovviamente non rispecchiando però la parte più violenta e tragica del concept. Roberto stesso ha studiato psicologia, e questo amico era un suo compagno di università, che tuttora fa lo psicologo di mestiere. Il suo stile di vita mi ha colpito molto, suggerendomi il paradosso di una persona che riesce a curare benissimo i suoi pazienti, ma magari non se stesso.”
Parlando di temi delicati come la psiche umana, vorrei chiedevi se c’è un giudizio dietro al ritratto che dipingete del protagonista, o se si tratta più che altro di una storia che raccontate in vesti da narratore?
“No, no, nessun giudizio, assolutamente. La storia magari è ispirata da diversi fatti accaduti o da persone reali, come nel caso del Dr. Julius, ma il tutto senza giudizio alcuno.”
“Lifeblood” fu creato in un periodo complicato come quello dell’anno post Covid-19… anche se le cicatrici rimangono, ora sembra proprio che ne siamo usciti. Come modo di lavorare però vi sembra di essere tornati alla normalità? O le botte rimangono, e sentite ancora impatti di quei disgraziati due anni appena trascorsi?
“Come attività da band per fortuna adesso possiamo dire sia tornato tutto al ‘normale’ ciclo. Ovviamente per tutta una serie di motivi che non sto a discutere, si sono create post COVID altre difficoltà, legate soprattutto agli aumenti dei costi in ambito live… questo per una band come la nostra comporta che agganciarsi ad un tour o fare un numero maggiore di date all’estero diventi parecchio più complicato. E’ brutto dirlo, ma non avendo la portata di band più blasonate, spesso abbiamo dovuto rinunciare ad alcune cose che ci sarebbe piaciuto fare.”
Come vi siete organizzati per gestire tutti gli impegni e attività necessarie alla realizzazione di questo nuovo album? Avete già piani per l’anno che verrà?
“In linea di massima abbiamo una serie di date live programmate… abbiamo suonato nel release party il 26 Novembre, legato ad un evento benefico, e poi andremo in Giappone per degli show. Infine ci concentreremo di nuovo sull’Europa, ma non prima del 2024”.
Quindi ‘Blackened Heartbeat’ sarà accompagnato da un tour vero e proprio? Potete raccontarci qualcosa?
“Guarda, come detto prima, abbiamo diverse delle discussioni in ballo, ma nulla ancora di confermato. L’intenzione sì, è di portare il disco live il più possibile, se non altro perché lo merita.”
Ok Aldo, ringraziandoti per il tempo che ci hai dedicato, non mi resta che lasciarti spazio per le tue ultime considerazioni e/o saluti.
“Beh, come al solito ringrazio tutti coloro che ancora – dopo molti anni – seguono la band; e anche tutti coloro che la scoprono per la prima volta. Abbiamo profonda gratitudine per entrambi, perché è questo che ci permette dopo molti anni di continuare a fare dischi con passione. Seguite le nostre attività attraverso i nostri canali web e social e… ci vediamo sotto il palco!”