Girlschool – Chi ha detto quarantacinque anni?
Il 10/07/2023, di Francesco Faniello.
Benché parte della formazione “solo” da ventiquattro anni, Jackie Chambers è a tutti gli effetti uno dei motori propulsivi delle Girlschool. L’abbiamo raggiunta per parlare sia di un disco in uscita come ‘WTFortyfive!’ che si presenta come celebrazione del sound che le ha rese note, sia più in generale di un gruppo come il loro, che è a tutti gli effetti uno dei prime movers della presenza femminile nel rock’n’roll. E scusate se è poco…
Parliamo del nuovo disco ‘WTFortyfive!’: mi piacerebbe commentare un paio di cose in merito. Per prima cosa, non ho potuto fare a meno di notare un certo flavour americano in determinati pezzi, a partire dall’opener ‘It is what it is’ o magari ‘Bump in the Night’, senza però che siano andate perdute le vostre origini di matrice britannica con episodi un po’ più “oscuri” come ‘Cold Dark Heart’. È stata una scelta intenzionale dl punto di vista artistico?
“In realtà no, tendiamo a suonare quello che ci viene naturale. Non ci piace fare un album a tavolino, pianificando questa o quella sonorità. Mi baso semplicemente sui pezzi che compongo alla chitarra e li giro a Kim [McAuliffe, chitarrista/cantante e fondatrice, NdR] che ci scrive sopra i testi. Lavoriamo così e non c’è nulla di intenzionale, senza che nessuna di noi dica “suoniamo più americane o più britanniche”. Il resto lo hanno fatto le due settimane di lavoro in studio e il risultato è quello che uscirà!”
Sono curioso di conoscere un aspetto in merito al vostro singolo ‘Are you ready?’: lo storyboard era già pronto quando gli Alcatrazz hanno tirato fuori ‘Don’t Get Mad… Get Even’ o è nato tutto in conseguenza del loro videoclip?
“Beh, come sai abbiamo partecipato alla registrazione del loro singolo mentre eravamo in tour insieme inserendo i cori, quindi è sembrata un’idea carina che il tutto venisse ricambiato. Ecco dunque che dopo aver registrato le parti di chitarra abbiamo pensato a Joe [Stump, il chitarrista degli Alcatrazz, NdR] affinché aggiungesse uno dei suoi incredibili assoli. Lo storyboard del video è stata una conseguenza naturale, poiché ci siamo dette “perché non usiamo gli stessi personaggi per questo pezzo?”. In questo modo, abbiamo avuto la possibilità di andare a salvare Joe, come poi avviene nello storyboard!”
Come descrivereste il nuovo album? Era da tanto che non veniva fuori un disco di inediti a firma Girlschool, quindi mi chiedo quale sia il background della sua gestazione…
“Beh, era un po’ che parlavamo di fare un nuovo disco, visto che ‘Guilty As Sin’ è uscito nel 2015 e per un po’ siamo stati impegnate in tour. Finché, anno dopo anno siamo giunti al periodo pandemico e si è fermato tutto. Alla ripresa, la prima cosa che ci siamo dette è che il momento era arrivato, ed eccoci qui!”
Cosa puoi dirmi del vostro tour con gli Alcatrazz? Com’è nata l’idea, che poi ha portato a questa reciproca collaborazione in studio? So che siete entrambi sotto Silver Lining…
“Questa è una cosa tipica delle etichette, il fatto di cercare di organizzare tour con le band del roster. In questo caso devo dire che la scelta è stata azzeccata, perché nonostante le differenze di interpretazione si tratta pur sempre dello spirito più puro del rock’n’roll!”
Pensa che proprio poco tempo fa ho intervistato Jimmy Waldo [il tastierista degli Alcatrazz, NdR] e in quell’occasione mi ha detto che apprezzava davvero il vostro stile, assieme a quello dei Motorhead, benché si trattasse di un approccio differente dal suo, come detto poc’anzi. Ma la cosa importante è che lui abbia menzionato le Girlschool come esempio di rock’n’roll viscerale. Ricordi invece qualcosa degli inizi degli Alcatrazz come band – intendo il periodo con Malmsteen e Bonnet in formazione…
“Certo, conoscevo gli Alcatrazz ma non li avevo mai davvero seguiti. Ricordo questo video girato in una chiesa [si tratta probabilmente di ‘God Blessed Video’, NdR]…”
Una cosa che probabilmente avete in comune è che entrambi a un certo punto sembravate a un passo dalla vetta. Cosa ne pensi, benché da un punto di vista esterno – dato che ti sei unita alla band poco più di vent’anni fa?
“Per come la vedo io, sono le tipiche cose che capitano quando le label si concentrano su poche band, lasciando che le altre seguano un po’ il proprio destino. Tuttavia, la cosa più importante è sempre stata quella di suonare…”
Va comunque detto che potete vantare la carriera più lunga tra le all-female bands, e personalmente credo che un sacco di gruppi odierni al femminile o semplicemente con cantanti donne vi debbano qualcosa. Siete praticamente dei pionieri, o non è così?
“Sì, un sacco di gruppi al femminile quando ci incontrano ci dicono quanto siamo stati importanti ed è bello avere un simile riconoscimento. Al contempo, la cosa bella è che le cosiddette “quote rosa” non sono più rappresentate da pochi casi isolati, ma possiamo dire con chiarezza che ci sia più spazio per le donne nel rock. E questo è incredibilmente bello, unito al fatto che ci siano un sacco di gruppi validi in giro con questa costante…”
Il vostro primo full length è uscito nel 1980, quindi verrebbe naturale ascrivervi alla NWOBHM. Vi sentite pienamente parte di essa o preferite considerarvi a cavallo tra quel movimento e il coevo spirito punk?
“Sì, sono d’accordo con quest’ultima interpretazione. Sai, all’epoca c’erano un sacco di band incredibili in giro, alcune delle quali magari avevano maggiori affinità rispetto a noi con la New Wave of British Heavy Metal, ma siamo state accostate ad essa spesso e volentieri. Ora come ora vedo chiaramente come i nostri elementi punk fossero evidenti: nessuno può negare l’influenza del punk su quello che sarebbe stato il rock a partire da allora. Io stessa, quando scrivo, mi rendo conto di inserire molti elementi del punk nelle mie parti di chitarra. Alla fine, la formula che definisce una band è la somma di vari elementi, quindi ora come ora puoi dire che quello è semplicemente il “suono Girlschool”!”
Ricordo di avervi viste dal vivo a Bologna nel 2010, in occasione del British Steel Festival, con un cartellone pazzesco di gruppi. Cosa ricordi di quell’occasione?
“Pazzesco è il termine giusto, me lo ricordo molto bene! E poi io adoro i festival rock, con un sacco di gente che accorre per band diverse e magari ne conosce di nuove, che non ha mai visto o di cui magari ha semplicemente sentito parlare.”
Il discorso calza a pennello, perché si trattò di un’occasione davvero unica, con i convenuti che ebbero l’occasione di vedere in un’unica soluzione Diamond Head, Angel Witch, i Grim Reaper del compianto Steve Grimmett, voi, i Demon…
“Sì, sì… lo ricordo molto bene!”
Hai mai ascoltato gruppi italiani? Parlo sia di rock/metal che di punk/hardcore…
“Non saprei… puoi farmi qualche esempio? Quella sera non c’era un gruppo italiano in cartellone?”
Sì, c’erano i Crying Steel… ma potrei citarti i Vanadium, i Death SS o anche i Raw Power, molto noti in America…
“Quando suoniamo nei vari Paesi veniamo a contatto con molte band locali, anche come opener… e una volta c’era proprio un gruppo tutto al femminile, ma non ne ricordo assolutamente il nome!
Erano davvero brave…”
Bene, faremo una ricerca! Mi piacerebbe sapere, anche se da un punto di vista esterno, quali sono i vostro ricordi dei giorni gloriosi del ‘St. Valentine’s Day Massacre’…
“Beh, ero ancora una ragazzina quando loro hanno registrato quel disco, ma resta una testimonianza storica di un periodo irripetibile. ‘Please Don’t Touch’, ‘Emergency’, ‘Bomber’… tutto oggi risuona come un tributo a quell’incredibile figura che era Lemmy. Sai, spesso suoniamo ‘Please Don’t Touch’ dal vivo e in un paio di occasioni è capitato di farla con Lemmy; parlo del tour del trentennale, per dirne una… ovviamente, suoniamo ‘Emergency’ a ogni concerto e anche ‘Bomber’ ha trovato spazio in scaletta, in passato!”
Stavo proprio per chiederti se avete mai fatto un concerto senza ‘Emergency’ in scaletta, ma credo sia impossibile…
“Esatto, è impossibile! È un po’ il pezzo che ci definisce, nonché quello per cui siamo più famose, per così dire…”
Ho molto apprezzato il vostro doppio tributo ai Motorhead presente su questo disco. L’ho definito “doppio” perché non solo avete scelto di coverizzare una delle loro canzoni più note, ‘Born to Raise Hell’, ma avete inserito degli ospiti, proprio come hanno fatto loro nella seconda versione del pezzo, con Ice-T e Whitfield Crane [quella inserita nella colonna sonora di ‘Airheads’, NdR]. Si è trattato di una citazione?
“Non esattamente… ovviamente conosco quella versione, ma l’intento era quello di prendere una loro canzone, una grande canzone, e che sarebbe stata una buona idea chiamare un po’ di ospiti a collaborare, non solo per i cori. Phil Campbell, Biff alla voce e Duff McKagan al basso, che hanno fatto un lavoro eccelso.”
Ma qual è il segreto della voce di Biff Byford? È sempre al massimo, anche dopo quarantacinque anni!
“Grande voce, senza alcun dubbio. E poi… se ad esempio prendi la voce di Lemmy, c’è poco da fare: è Lemmy. Lo stesso discorso vale per Biff!”
Bene, altra domanda: quali sono i tuoi chitarristi preferiti?
“Sicuramente Brian May, e di parecchie lunghezze. I suoi assoli… amo i suoi assoli. Non è un discorso di tecnica, non parliamo certo di shredders come Malmsteen o Steve Vai, ma della sua inventiva, del suo gusto. Per non parlare del tremolo, del suo tocco unico. Ah, e poi mi piace molto Billy Duffy dei Cult!”
Quali sono stati i tuoi primi passi nel mondo della musica, prima di unirti alla band?
“Devo dire che tutto è iniziato un po’ tardi, rispetto agli standard: avevo diciassette anni quando ho imbracciato la chitarra elettrica per la prima volta. In ogni caso, ho iniziato a comporre sin dall’inizio e poi ho fatto parte di una band chiamata The Parasite; ho continuato a suonare finché non ho incontrato Kim nel 1995. Ho iniziato a collaborare con lei e scrivere canzoni per un side project, finché non mi hanno convinta a unirmi alla band come chitarrista solista, prendendo il posto di Kelly [Johnson, una delle fondatrici, NdR]: era il 1999!”
Una specie di sogno che si è realizzato, no?
“Ci pensavo proprio un paio di giorni fa: alla fine sono ventiquattro anni che ricopro questo ruolo!”
E se parliamo dei dischi classici delle Girlschool, qual è il tuo preferito?
“Beh, ‘Hit and Run’ è fantastico, molti dei suoi pezzi sono tuttora l’ossatura della nostra scaletta dal vivo. Mi piacciono anche altri dischi che hanno allargato la base del sound, ma sicuramente ‘Hit and Run’ detiene il primato. E poi, ho suonato sulla nuova versione di quel disco, ‘Hit and Run – Revisited’ e mi è piaciuto molto rifare quelle canzoni in un’ottica diversa.”
E ora sta per uscire ‘WTFortyfive!’… mi sento chiamato in causa, perché io stesso compio quarantacinque anni quest’anno!
“Ah, proprio un ragazzino! Pensa, il titolo l’ho ideato io: eravamo in studio, pensando a un possibile titolo per il disco, magari scegliendo una title track tra i pezzi presenti. Ero in cucina a fare il caffè e ho pensato proprio “quarantacinque anni? What the fuck…”. È mai possibile? Ed ecco il titolo: ‘WTFortyfive!'”
Allora, quali sono le vostre prossime mosse?
“L’album uscirà il 28 luglio, poi prevediamo di andare in tour in Sud America a settembre. Poi probabilmente continueremo a promuovere il disco nel corso del prossimo anno. Poi il 28 maggio è la data di uscita del video di ‘It is what it is’, il secondo singolo. Come vedi, andiamo di 28 in 28 con le uscite [‘Are you ready?’ era uscito il 28 aprile, NdR]!”
Mi chiedevo se avessi qualche “consiglio per gli ascolti”, in particolare relativamente a qualche gruppo nuovo che ti ha colpita o cose simili…
“Eh, all’epoca per cercare i gruppi nuovi leggevo Kerrang!, ora cerco di tenermi comunque aggiornata (specie con le band che vivono nella mia zona) ma a dire la verità è un po’ che non sento nulla di interessante. So che ci sono alcuni gruppi carini in giro, e spero di incontrarne in giro per i festival, in futuro…”
Allora vi aspettiamo in Italia, appena possibile!
“Ma certo! Non vediamo l’ora di tornare, e cercherò di ricordami il nome di quel gruppo! Grazie per l’intervista e… magari ci saluteremo a un nostro concerto!”