Joe Lynn Turner – Fire, Ice and Dynamite
Il 04/02/2023, di Andrea Lami.
Una carriera di cinque decenni capace di far impallidire il più scafato dei musicisti. La partenza con i Fandango, il percorso con i Rainbow di Ritchie Blackmore, il sodalizio con il virtuoso dello shred Yngwie Malmsteen, il ritorno con Blackmore sulla sponda Deep Purple e poi ancora le collaborazioni con Glenn Hughes, Bonnie Tyler, Cher, Lee Aaron, TNT, Riot, Brazen Abbot… E tra tutto questo una carriera solista ricca di successi giunta oggi alla pubblicazione di ‘Belly Of The Beast’. Non c’è tempo per il riposo per Joe Lynn Turner che, insieme a Mascot Label Group, da vita a una nuova sfida, il suo undicesimo disco solista realizzato insieme all’iconico produttore Peter Tägtgren (Hypocrisy, PAIN, Lindemann). Un buon motivo per andare a contattare il disponibile cantante italo/americano e ripercorrere con lui cinquant’anni di grande rock.
Ciao Joe, come stai e come vanno le cose dalle tue parti del mondo? Hai voglia di raccontarci come è nato il tuo amore per la musica?
“(Joe Lynn Turner) Io sto bene, mi sento bene. Il mio amore per la musica deriva dalle mie origini italiane. Io ho sempre avuto musica ovunque. Tutti nella mia famiglia suonano o hanno suonato uno strumento. ùMio zio suonava, mia nonna suonava, mio nonno suonava. Cantavano tutti, mio padre era un cantante. Un bravissimo cantante, non di professione ma abbiamo sempre ascoltato musica, l’opera, Sinatra…”.
Partiamo dall’inizio e quindi con i Fandango, ma subito dopo con i Rainbow?
“Ho suonato con band locali dove facevamo cover dei Deep Purple, Yes, Black Sabbath. Una si chiamava Ezra, una band hard rock che oltre a cover suonava anche inediti e puoi trovare qualche live su YouTube. Poi sono entrato in una band chiamata Fandango dove oltre a cantare suonavo anche la chitarra. La band ha fatto quattro album con RCA. Eravamo popolari e siamo andati in tour negli States ed in Canada, ma niente di grande. Le cose cambiarono quando ricevetti la telefonata di Richie Blackmore, dopo quattro anni di Fandango. Sono entrato nei Rainbow dopo aver fatto un’audizione. Ho avuto il posto ed ho iniziato a scrivere fin da subito. Abbiamo finito l’album ‘Difficult To Cure’ ed il resto è diventata storia.”
Richie Blackmore, inizia la collaborazione con questa icona del rock. Cosa hai provato le prime volte che hai suonato con lui?
“Richie Blackmore è sempre stato un grande idolo per me, perché io ero un chitarrista e non un cantante. Sono diventato un cantante per un caso. Più precisamente negli Ezra, quando il nostro cantante prese l’influenza, ci siamo accorti che avevo una voce e che si poteva sviluppare. Blackmore era il grande maestro della chitarra, io copiavo i suoi licks ecc. La nostra prima collaborazione fu eccitante ma erano anche affari. Io avevo già scritto prima, stavo migliorando le mie qualità come songwriter e volevo continuare a farlo. La maggior parte delle persone mi conosce come un cantante, ma io sono un cantante ma anche un songwriter e questo per me è molto importante. L’unione tra me e Richie ha avuto una chimica magica ed insieme abbiamo scritto alcune delle canzoni migliori dei Rainbow”.
Chiusa la parentesi Rainbow hai iniziato la tua carriera solista con la quale ti togli numerose soddisfazioni…
“Si. Dopo i Rainbow ho iniziato la mia carriera solista in maniera più massiccia con la quale ho avuto molte soddisfazioni. È una grossa responsabilità perché tutto è sulle tue spalle. Fare la band, scrivere le canzoni, fare i contratti. Tutto. Ma ne ero molto contento ed eccitato allo stesso tempo. Ci sono davvero tanti album solisti di cui sono molto soddisfatto”.
Yngwie Malmsteen, un altro mostro della chitarra. Raccontaci come è andata con l’asso svedese?
“I miei dieci anni con Yngwie Malmsteen hanno preso il via grazie a un mio amico alla Polygram Record, il vice presidente, Jim Luise. A quel tempo vivevo a New York, lui viveva nella City ed una sera a cena mi disse che sarebbe stato interessante vedermi suonare con Yngwie Malmsteen. Io conoscevo Yngwie Malmsteen, ma sapevo che era complicato. Abbiamo discusso di questo. Lui aveva un contratto con la Polygram e mi voleva per scrivere insieme delle canzoni commerciali perché lui è un grandissimo chitarrista ma le sue canzoni non venivano passate in radio. Questo è stato il punto principale, lo stesso dei Rainbow perché anche loro volevano delle canzoni che passassero in radio per scalare le classifiche. Cosa che facemmo. Fu la stessa cosa per Yngwie Malmsteen infatti abbiamo composto ‘Heaven Tonight’ ed un grande album intitolato ‘Odyssey’. È stato molto difficile ma indubbiamente Yngwie è un grandissimo genio come chitarrista, ma come tutti i geni è un po’…complicato. Ma io ero preparato, perché avevo un punto di vista ‘psicologico’ e per la maggior parte del tempo è andato tutto bene. Purtroppo non c’è stato un ‘happy ending’ perché Yngwie ha fatto quello che voleva ed io ho fatto lo stesso”.
Visto che hai vissuto da protagonista gli anni d’oro del rock, hai voglia di raccontarci qualcosa relativamente a quegli anni dove il rock, i concerti, i palchi enormi, i party erano all’ordine del giorno?
“Beh, non ci saranno mai più altri ’80/’90, mi ritengo molto fortunato di averne fatto parte per tutto quel tempo. In quel periodo c’erano palchi enormi, grandi show, grandi contratti, pazzi party. Io penso che il rock’n’roll style provenga proprio da quel periodo. Prima di quegli anni ci sono stati i ’60/’70, ma il rock è letteralmente esploso negli anni ’80 fino a metà degli anni ’90. Quello che ti posso dire è che è stato molto divertente ma allo stesso tempo è stato molto pericoloso. Perché sex, drugs and rock’n’roll era la regola e si poteva perdere la vita per colpa delle droghe. Quindi bisognava stare molto attenti, a partire dal bere. Ma non c’è un modo corretto per esprimere quanto e come ci siamo divertiti durante quegli anni. Mi ritengo molto fortunato per averli vissuti ed essere sopravvissuto. Alcuni di noi non ce l’hanno fatta ed altri invece si portano ancora dietro qualche problema di salute ma quasi tutti l’hanno superata ed oggi possono vivere la loro vita in tranquillità come faccio io”.
Dopo Blackmore/Malmsteen non c’è dubbio che tu sia diventato una stella di prima grandezza ed infatti non stupisce il tuo ingresso nei Deep Purple. Qui l’emozione penso sia stata più contenuta. Che ricordi hai di quegli anni?
“Il modo in cui sono entrato nei Deep Purple fu molto eccitante. A quel tempo stavo cercando delle date. I Fandango si erano sciolti. Ho avuto una chiamata dai Foreigner ed ho fatto un’audizione con loro ma Lou Gramm ha deciso di tornare indietro e quindi non funzionò. Mi chiamarono anche i Bad Company ma allo stesso tempo il mio manager ai tempi dei Rainbow che era manager dei Deep Purple mi chiamò. Io ero molto amico di Richie e di Roger, quindi non ho fatto nessuna audizione, una cosa abbastanza strana, mi ha solo presentato agli altri ragazzi (Jon e Ian). Abbiamo iniziato a jammare ed in pratica mi fu affidato il lavoro anche perché io potevo cantare ma anche scrivere le canzoni. Cosa estremamente importante. Fu molto eccitante e a quel tempo facemmo ‘Slaves And Masters’ che fu davvero un grande album sotto tutti i punti di vista, dalle canzoni, alla produzione, alla performance, tutto era eccellente. Io penso che alcune persone non erano pronte per un album del genere a quei tempi, gente che ci chiamava Deep Rainbow, ma se tu avevi quattro musicisti dai Deep Purple e tre dai Rainbow, cosa ti potevi aspettare? Ma le persone tendono a giudicare prima di ascoltare la musica, ma se metti vicino i Rainbow e i Deep Purple, questo è quello che ottieni e penso che ‘Slaves And Masters’ abbia superato anche la prova del tempo”
Veniamo ai giorni nostri. Abbiamo apprezzato molto la tua presa di posizione relativa al look/taglio di capelli. Hai fatto bene. I tempi sono cambiati ed è giusto che tu faccia ciò che senti.
“Penso che i tempi erano giusti per cambiare non solo il mio look, ma anche il mio stile. Sono alla ricerca di qualcosa di artistico. Penso che un artista che si ripeta troppo sia molto pericoloso non solo per sé stesso ma anche per i fan. Quindi voglio fare qualcosa di completamente diverso e fortunatamente ho incontrato Peter Tägtgren, abbiamo unito le nostre forze. Insieme volevamo fare un album metal melodico moderno, come penso che sia ‘Belly Of The Beast’. È stata una progressione naturale per me, con il supporto della mia famiglia e della mia splendida moglie. Mia moglie e gli amici dicevano che forse era l’ora di togliere il parrucchino e tornare al naturale. Penso che la gente abbia compreso la scelta e abbia apprezzato questo umile gesto di coraggio. Perché ci vuole un certo coraggio a fare una cosa del genere. Penso che ci siamo molte persone che non lo fanno. Ma questa è la loro scelta. Come uomo posso dire che tutti loro arriveranno al punto di prendere la decisione. Siamo tutti d’accordo che i tempi sono maturi per accettare la calvizie. Senza capelli sembri più cattivo, più cazzuto e mia moglie dice che sono più sexy. Io non potrei essere più felice”.
Finalmente arriviamo al tuo ultimo lavoro solista. Ce lo vuoi presentare? Raccontaci come è nato, come si è sviluppato e se ciò che hai pubblicato ti soddisfa completamente’
“Parliamo di ‘Belly Of The Beast’. Ho conosciuto Peter Tägtgren circa cinque anni fa. Eravamo al party di suo fratello Tommy, stavamo bevendo e parlando dopo uno show ed abbiamo che avevamo un sacco di cose in comune. La chiacchierata è proseguita fino al parlare di poter lavorare insieme. Abbiamo parlato di un album di metal melodico, abbiamo parlato di creare un suono fresco e diverso…e prima di tornare a casa mi diede una canzone, ‘Don’t Fear The Dark’. Io l’ho scritta e rimandata a Peter al quale è piaciuta molto. Il passo successivo fu andare nel suo studio (The Abyss) dove abbiamo scritto altre due canzoni che sono diventate ‘Black Sun’ e ‘Tortured Soul’. A questo punto abbiamo capito di avere qualcosa di bello ed importante tra le mani. Perché avevamo una alchimia magica. Siamo andati on the road, lui con i Pain, io con i JLT Band e poi è arrivata la pandemia. Per colpa della pandemia abbiamo iniziato a registrate virtualmente. A quel punto siamo ricorsi alla tecnologia, file, Whatsapp, Viber, Zoom, e qualsiasi cosa ci potesse aiutare. Io nel mio studio registravo le voci, lui nel suo la musica e un passo alla volta abbiamo composto undici belle canzoni. Io sono molto orgoglioso di ‘Belly Of The Beast’. Non ci sono brutte canzoni nell’album. Penso che sia molto controverso. Alcuni lo ameranno per alcune cose, altri passeranno oltre. Io sarò molto contento se verrà apprezzato dalla gente e penso che sia un punto fermo della mia carriera. Ho 71 anni, mi sento bene, la mia voce è in un ottimo stato di forma, il mio songwriting è migliorato diventando più profondo, molto più oscuro, molto più personale o politically correct, girando intorno a qualsiasi argomento e per questo io sono molto soddisfatto per come ‘Belly Of The Beast’ è venuto”.
Finiamo l’intervista con questa domanda. Quali sono gli album della tua carriera a cui sei più affezionato e quali sono i motivi di questo legame?
“Quando parliamo di album o delle canzoni devi pensare ad essi come dei figli. Tu hai tanti figli e li ami tutti in maniera diversa e non c’è un figlio che ami più di un altro. Penso che ci siano album che hanno riscosso maggiore successo e che probabilmente sono quelli che la gente ha amato di più. Ma non è di questo che stiamo parlando, è un feeling personale con quell’album. Devo dire di sicuro che ci sono alcuni album nella mia carriera solista ai quali mi sento più legato ma, mi ripeto, sono come figli. La stessa cosa vale per le canzoni…Per esempio ‘Street Of Dreams’ è un pezzo al quale sono molto affezionato ma ho anche lo stesso attaccamento per ‘Can’t Let You Go’ e molte altre. Mi sento molto rappresentato ed affezionato a ‘Belly Of The Beast’ in questo momento. Ma sono anche legato a ‘Love Conquers All’ dei Deep Purple. Si potrebbe andare avanti per ore. Quando scrivi una canzone, questa diventa come un figlio e tu la amerai e sarai affezionato a tutte nella stessa maniera. Detto in un’altra maniera, non c’è una mia canzone che odio, avrai solo delle preferenze del tutto personali. Credo di non aver risposto alla tua domanda anche se allo stesso tempo ti ho elencato qualche canzone alle quali sono più vicino. Quando lavori ad un album, sei ad un certo punto della tua vita e della tua carriera e nell’album metterai ciò che provi e che pensi in quel preciso momento. Sono tutti speciali perché è come una biografia. Come un diario. Perché quando guardo indietro ad un album, vedo esattamente dov’ero, cosa provavo in quel preciso momento. Ma vedo anche il miglioramento ed a questa età vedo come ‘Belly Of The Beast’ molto distante da ciò che ho pubblicato in passato, ma allo stesso tempo sono sempre io. Sono io in una nuova direzione, rinvigorito, rinato, con uno stile nuovo, una nuova immagine ed un nuovo ritmo. Io mi sono mosso da un lavoro all’altro e spero che tutti i miei fan si siano divertiti”.
Grazie per la tua disponibilità. Questo spazio è tuo per salutare i tuoi fan italiani
“Voglio ringraziare tutti i miei fan italiani per il supporto in tutti questi anni. ‘Mille Grazi ciao for now’, spero di risentirvi presto”.