Devilpriest – Blackest ov the Black

Il 13/12/2022, di .

Devilpriest – Blackest ov the Black

Attivi sin dal 2015 i polacchi Devilpriest nascono dall’incontro di musicisti con una buona esperienza alle spalle nel mondo del metal estremo, al servizio di band come Anima Damnata, Mord, Blitzkrieg, HellBorn, Embrional, Imperator e Raging Death. Dopo un primo album uscito nel 2017 ma soprattutto dopo un terremoto a livello di line up che ha ridotto a duo la band, i Devilpriest ritornano oggi con ‘In Repugnant Adoration’, lavoro che vede coinvolti il cantante/chitarrista Tom Hermies e il batterista Necro Docre. Ed è proprio quest’ultimo che ci porta alla scoperta del nuovo disco.

Per i nostri lettori che non conoscono i Devilpriest, puoi spiegare brevemente la musica della tua band?

“(Necro Docre) I Devilpriest si sono formati nel 2015 per opera mia, del cantante e chitarrista Tom Hermies, e del bassista Durtal Tot. L’intento era quello di suonare un death metal classico, quello che scatenava l’inferno negli anni Novanta. Nel 2017 abbiamo esordito discograficamente con  ‘Devil Inspired Chants’ , poi alcune divergenze di vedute hanno fatto sì che i Devilpriest rimanessero un duo, e con questa formazione abbiamo inciso oggi ‘In Repugnant Adoration'”.

‘In Repugnant Adoration’ è il vostro secondo album. Ce lo puoi presentare?

“Questo album è una miscela di riff pesanti, arrangiamenti complessi e un’incessante pulsazione della batteria. Con un’alta dose di probabilità si può trovare un’atmosfera unica, che non è facilmente riscontrabile nelle produzioni attuali.

Quali sono le principali differenze tra ‘In Repugnant Adoration’ e l’album di debutto?

“L’album di debutto ‘Devil Inspired Chants’ uscito nel 2017 era il risultato di un compromesso tra i tre membri della band, ognuno dei quali aveva una visione molto personale di come doveva essere la nostra musica, con il risultato che le canzoni alla fine erano molto varie. ‘In Repugnant Adoration’ è stato invece composto da due di noi che condividono una visione più comune di come dovrebbero suonare i Devilpriest. Pertanto, le canzoni del nuovo album sono più coerenti e prive di riff accidentali, stilisticamente invece è più incentrato su un ‘blackened death metal’ lasciando indietro quel death metal moderno che intaccava il disco precedente”.

Come è stato il processo di lavorazione del disco ma soprattutto come è stato lavorare con Haldor Grunberg in regia, un tecnico noto per aver lavorato con nomi importanti come Behemoth, Dopelord, Me And That Man, Azarath…

“Abbiamo iniziato a lavorare al disco ancora come trio, ma dopo una lotta senza successo per raggiungere un compromesso abbiamo dovuto dividerci in duo. Da quel momento il processo di scrittura ha preso slancio e ha richiesto diversi mesi. La registrazione ha richiesto diverse settimane perché ogni strumento è stato registrato in un luogo diverso a seconda di come percepivamo il suono ideale per un determinato strumento. Quando tutte le tracce sono state ultimate, abbiamo realizzato un rough mix che è stato poi utilizzato come linea guida per il mix finale con Haldor, che è stato proposto da Odium Records come la persona giusta per aiutarci a raggiungere i nostri obiettivi”.

Cosa ha trovato più impegnativo nella registrazione di ‘In Repugnant Adoration’?

“Credo il mio modo di approcciare lo strumento. Arrangio sempre le parti di batteria al limite delle mie capacità attuali, quindi è sempre una sfida ottenere da ogni traccia la perfezione”.

Ci sono stati particolari temi lirici che avete esplorato nel corso delle canzoni di ‘In Repugnant Adoration’?

“‘In Repugnant Adoration’ è un album completamente concettuale in termini di testi. Le sei canzoni dell’album rappresentano i sei passi verso l’oscurità interiore. Un viaggio, o una ricerca di metamorfosi attraverso l’illuminazione, la distrazione e la gioia. Bisogna esplorarlo a modo proprio”.

In questo contesto, cosa rappresenta ‘The Black Milk of Lilith’?

“Il latte nero di Lilith è un veleno che si usa (in piccole quantità) per avvicinarsi al limite dell’esistenza. L’autodistruzione attende un passo più in là, sotto l’occhio di Set”.

E ‘Walpurgis’?

“‘Walpurgis’ è appunto una gioia. Dopo aver attraversato il confine dell’esistenza, la mente viene fatta a pezzi e si libera del fardello temporale. Quando ci si rende conto di come percepire il mondo senza falsi limiti, arriva la gioia”.

Ma è un concept astratto o c’è qualcosa di concreto alla base di questo percorso che proponete nei vostri testi?

“Nulla di astratto, tutto assolutamente reale. Io stesso ho seguito i sei passi descritti nelle canzoni dell’album, ora sono una persona diversa”.

Quanto è importante per i Devilpriest il lato musicale e quanto quello lirico?

“Non c’è l’uno senza l’altro. Il suono, l’immagine, le parole creano un album che può essere veramente esplorato in termini di arte. Quella dei Devilpriest non è musica da ascoltare mentre si lavano i piatti o si fanno le faccende domestiche. È la chiave del cancello della consapevolezza di sé, ma sono necessari tutti i sensi per scoprire la serratura”.

Questo discorso artistico vale anche per l’artwork del nuovo album?

“Assolutamente! L’artwork è stato realizzato da BMS Illustration e rappresenta a pieno il contenuto lirico dell’album. Analogamente alla musica, è stato realizzato passo dopo passo, aggiungendo diversi strati. L’opera d’arte è un mezzo, un intermediario tra l’ascoltatore e le sue oscurità intrinseche. Un mezzo da usare durante il viaggio verso un’adorazione ripugnante. Per alcuni può essere un ingresso all’inferno”.

Venite dalla Polonia, un Paese che negli anni ha saputo sfornare band di prima grandezza nel panorama estremo mondiale, penso ai Behemoth, Batushka, Vader, Thy Desease, Decapitated, Graveland tanto per citarne qualcuna… Come ti spieghi il fatto che il black e il death metal abbiano attecchito così bene nel suo Paese? 

“Non ne ho proprio idea, ma sembra che ci siano alcuni Paesi o semplici regioni geografiche dove certi generi di metal attecchiscono meglio. Di sicuro la scena in Polonia è cresciuta molto negli anni, tempo fa le band si rivolgevano a label estere, oggi le etichette polacche sono cresciute molto e garantiscono grande visibilità alle band nostrane anche all’estero, con la conseguenza che circolano più soldi per promuovere i gruppi locali e la scena ne esce rafforzata notevolmente”

Quali saranno i prossimi passi dei Devilpriest? Cosa dobbiamo aspettarci da loro?

“Finalmente abbiamo dato una quadra alla line up e possiamo promuovere il nuovo album dal vivo. Non abbiamo ancora un tour organizzato ma confidiamo nel fatto che, una volta che il disco sarà lanciato, arriveranno offerte per i concerti. È passato molto tempo dall’ultimo album e abbiamo bisogno di ricordare di nuovo al mondo la nostra esistenza. Per fortuna non dovrete aspettare così tanto per il prossimo album. Non stiamo perdendo tempo e stiamo già lavorando al successore di ‘In Repugnant Adoration'”.

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