Alberto Rigoni – L’universo in un granello di sabbia
Il 10/11/2022, di Fabio Magliano.
Ha visto la luce lo scorso 15 settembre ‘Grains Of Sand’, il nuovo lavoro firmato dal virtuoso del basso Alberto Rigoni in sinergia con un altro mostro sacro dello strumento come Michael Manring. Un lavoro poliedrico che mette in risalto tutto l’ecclettismo dei due musicisti, capaci di spaziare con grande armonia dal prog al jazz, dall’ambient alla fusion. Ulteriore nota, la presenza in veste di super ospiti di grandi del rock come Mark Zonder alla batteria, ed altri bassisti del calibro di Billy Sheehan, Stuart Hamm e Adam Nitti. Quanto basta per incuriosirci e andare a cercare di saperne di più direttamente dalle parole del bassista e compositore nostrano…
Alberto, so che ‘Grains Of Sand’ ha un significato particolare per te, addirittura avevi deciso ad un certo punto di stoppare la tua attività. Cosa ti ha spinto a ritornare in pista?
“Ciao Fabio e grazie per questa intervista! Diciamo che dopo ‘Songs for Souls’, disco dedicato a mio padre che ci ha lasciato a ottobre dell’anno scorso, e che vede quali ospiti anche Jordan Rudess e Jennifer Batten, avevo effettivamente dichiarato pubblicamente che era forse giunto il momento di ritirarsi. Tuttavia, verso marzo di quest’anno ho suonato qualche riff di basso che mi sembrava interessante per un disco basso e batteria. Ho chiesto a Michael Manring se fosse interessato a partecipare a fare il disco assieme. Non ho resistito, per me è sempre un grande onore collaborare con lui e cosi abbiamo incominciato a lavorarci assieme”.
‘Grains Of Sand’ evoca qualcosa di infinitamente piccolo. A cosa dobbiamo ricollegare questo concetto soprattutto se riferito a questo disco?
“Non è di per sè un concept album anche se il titolo richiama senz’altro il fatto che l’essere umano è solo un granello di sabbia… di passaggio in questo mondo. Le tracce non sono però necessariamente legate a questo concetto. Abbiamo fatto quello che ci veniva istintivo, anche come genere, che non è definibile a priori, anche se direi che spazia tra il prog fusion e l’ambient”
Qual’è la cosa più importante che ti ha lasciato il collaborare con Michael Manring?
“Michael mi ha lasciato indubbiamente la sua incredibile tecnica ma anche capacità melodica. Io spero di avergli lasciato qualche ispirazione melodica”
C’è un musicista con il quale hai collaborato che ha rappresentato qualcosa di particolare per te e perchè? C’è un musicista con il quale ti piacerebbe confrontarti in futuro?
“Non saprei al momento… ho già collaborato con una miriade di musicisti. Forse Steve Vai?”
Quanto è cambiato nel corso degli anni il tuo modo di approcciarti al basso e il tuo stile?
“Direi che il mio stile non è cambiato molto, forse sono meno tecnico e più concentrato sulla melodia”
Come è cambiato secondo te, negli anni, il ruolo del bassista all’interno di una band?
“Indubbiamente il mio ruolo in una band e come solista è diverso. Nella band sono al loro servizio e a quello dei brani. Come solista sono libero di esprimermi al massimo della mia creatività”
Dove trovi i giusti stimoli per andare avanti e soprattutto spingerti sempre “oltre” con il tuo strumento?
“Non è sempre facile trovare stimoli. Per me la cosa fondamentale è prendere il basso in mano e suonare. Qualcosa di buono esce sempre e a quel punto sono stimolato a continuare. Cerco di non ripetermi mai e di sfruttare sempre diversamente il basso che è veramente versatile”
Quale pensi sia il momento della tua carriera che può essere considerato il tuo highlight e il cui ricordo conservi ancora gelosamente?
“Quando Bass Magazine UK ha allegato alla rivista la mia compilation “Into the bass””
Visto tutte le collaborazioni di altissimo livello che hai avuto, mi stili la formazione della tua band ideale?
“Band ideale? mmm Jorn Lande alla voce, Portnoy alla batteria, Kevin Moore alle tastiere, sul chitarrista a dir la verità non saprei…”