Fallujah – The void alone
Il 08/11/2022, di Fabio Magliano.
I Fallujah, gruppo tech-metal dalla Bay Area, dopo la pausa forzata dovuta al Covid è tornata alla carica con il nuovo album ‘Empyrean’, il quinto di una lunga carriera, un disco che vede l’ingresso nella band del cantante Kyle Schaefer degli Archaeologist e del bassista Evan Brewer (ex Entheos/The Faceless), ad affiancare il primo compositore/chitarrista Scott Carstairs e il compagno/batterista Andrew Baird, ma soprattutto un album che rappresenta una sfida vinta. Sin dalla loro formazione nel 2007 i Fallujah hanno trionfato sulle loro sfide. Che si tratti di autogestire la band, andare a scuola, scrivere musica o lavorare a tempo pieno, hanno assaporato la pubblicazione e l’ammirazione dei fan più accaniti per cinque album: ‘The Harvest Wombs’ (2011), ‘The Flesh Prevails’ (2014), ‘Dreamless’ (2016), ‘Undying Light’ (2019) e appunto ‘Empyrean’ uscito lo scorso 9 settembre via Nuclear Blast. In attesa di vederli all’opera dal vivo in compagnia di Rivers Of Nihil, Allegaeon, Inferi e Harbinger (toccheranno l’Italia il prossimo 13 novembre allo Slaughter Club di Milano abbiamo contattato Scott Carstairs per farci raccontare qualcosa di più sulla sua nuova creatura.
Potresti parlarmi di ‘Empyrean’? Cosa rappresenta per voi un album come questo?
“(Scott Carstairs)’Empyrean’ è il passo successivo nell’evoluzione dei Fallujah come band. Segna un nuovo capitolo per noi in termini di formazione e di suono, ma rende anche omaggio ad alcuni dei nostri vecchi lavori”.
Cosa avete trovato di più impegnativo nella registrazione di ‘Empyrean’?
“È stato scritto e registrato durante la pandemia, un periodo incerto sotto molti aspetti. Abbiamo anche affrontato alcuni cambi di formazione, ma alla fine siamo stati più forti. Grazie a tutte queste avversità abbiamo imparato a fidarci della nostra visione e a prenderci il tempo necessario per assicurarci che ogni aspetto della musica sia all’altezza del suo pieno potenziale”.
Pensi che la pandemia in qualche modo sia andata a influire sul vostro modo di fare musica?
“Sembra che tutti abbiano ritrovato un nuovo apprezzamento per la musica dal vivo dopo non averla potuta sperimentare per tanto tempo. Come rovescio della medaglia, abbiamo anche assistito alla realizzazione di alcuni album davvero straordinari da parte di band che hanno trascorso il periodo di inattività lavorando su nuovo materiale. Come Fallujah posso dire che la pausa dalle tournée ci ha dato il tempo di sederci e di prenderci il nostro tempo per la musica di questo nuovo album, e di essere ancora più meticolosi del solito”.
Quali sono le principali differenze tra il nuovo ‘Empyrean’ e il precedente ‘Undying Light’?
“Penso che ‘Undying Light’ sia stato uno sforzo consapevole di lasciare più spazio nella musica e di giocare con un suono più shoegaze e atmosferico. Con ‘Empyrean’, gli obiettivi erano molto diversi: volevamo che queste canzoni fossero veloci, brutali e molto complesse, pur mantenendo intatte le atmosfere. Il risultato finale è un vero e proprio viaggio. L’album in modo piuttosto cupo, ma alla fine finisce in un luogo più speranzoso. Volevamo includere abbastanza dettagli perché qualcuno si immergesse completamente nell’esperienza”.
C’è qualche canzone a cui siete molto legati e perché?
“Siamo tutti molto eccitati all’idea di suonare ‘Mindless Omnipotent Master’ dal vivo. Sembra essere una delle nostre canzoni preferite ultimamente. E naturalmente la canzone che abbiamo scelto come primo singolo per rappresentare l’album: ‘Radiant Ascension'”.
A livello di testi dove avete tratto ispirazione per la composizione di questi brani?
“‘Artifacts’, ‘Embrace Oblivion’ e ‘Mindless Omnipotent Master’ sono probabilmente le nostre preferite in termini di testi. Le canzoni trattano una varietà di argomenti diversi, ma c’è un tema comune di rinascita e crescita in molte di esse. Comunque anche se i testi sono molto importanti, alla fine la musica è sempre la parte più importante. La musica trascende tutte le lingue”.
Personalmente ho apprezzato particolarmente ‘Soulbreaker’. Te la senti di parlarcene?
“‘Soulbreaker’ è una delle canzoni più veloci e intense dell’album. Abbiamo sempre saputo che volevamo che fosse un singolo. Inoltre, si discosta un po’ dal nostro sound consolidato, puntando maggiormente su ritmi sincopati di chitarra e incorporando più voci pulite rispetto al passato”.
Come è cambiato il vostro approccio alla scrittura, alla registrazione e al tour nel corso degli anni?
“Credo che nel corso degli anni abbiamo affinato il nostro approccio a tutte queste cose e abbiamo imparato cosa è davvero importante. Siamo fortunati a essere arrivati a un punto in cui abbiamo le risorse, le connessioni e l’esperienza per sapere esattamente cosa vogliamo in ogni momento”.
Se ti guardi alle spalle, qual è la più grande soddisfazione che vi è capitata nella vostra carriera musicale?
“La nostra più grande soddisfazione è sentire che i nostri fan sono stati in grado di relazionarsi con la musica e hanno sentito un impatto positivo sulle loro vite”
Quali saranno i prossimi passi dei Fallujah? Cosa dobbiamo aspettarci da loro?
“Siamo in tournée in Nord America e in Europa per il resto dell’anno e, una volta tornati, inizieremo a scrivere per il prossimo disco! Fino ad allora, speriamo che tutti continuino ad apprezzare il nuovo album ‘Empyrean'”.