Oceans – Three Steps From Hell
Il 25/10/2022, di Ermes Casagrande.
Sin dalla loro nascita, i tedeschi Oceans hanno saputo stupire grazie ad un suono unico che si colloca a metà strada tra nu-metal, progressive, post e death metal. Gli Oceans si sono fatti conoscere per la loro inclinazione all’innovazione e alla sperimentazione all’interno del loro genere; hanno coverizzato brani di artisti del calibro di Alessia Cara e collaborato con musicisti di spicco come Robb Flynn dei Machine Head e Andy Dörner dei Caliban, tra gli altri. Dopo aver pubblicato due EP nel 2019, il loro album di debutto nel 2020 e un altro EP nel 2021, la band con il visionario mastermind Timo Rotten può essere facilmente descritta come una delle band europee di genere che lavorano più duramente e velocemente. Nel 2022 gli Oceans hanno già dimostrato di essere pronti a continuare la loro traiettoria ascendente con tre EP confluiti nell’album ‘Hell Is Where The Heart Is’. Ne parliamo con il chitarrista Patrick Zarske e il bassista Thomas Winkelmann.
‘Hell Is Where The Heart Is’ fa parte di un progetto molto ambizioso. Potete parlarcene?
“Volevamo creare un album diviso in tre capitoli (amore, desiderio e chiarezza). Sono tutti autonomi, ma funzionano anche come un album completo. Quindi sono tre parti che comprendono tre canzoni più un’introduzione per ogni capitolo, che abbiamo pubblicato negli ultimi 11 mesi. Abbiamo anche girato sei video per tutto l’album. Quindi sì, c’è stato molto lavoro e molta linfa vitale in questo album”.
Pensate che quello che è successo con il Covid abbia influenzato la vostra musica e il vostro sound?
“Certamente. I nostri testi si evolvono spesso intorno a temi come la salute mentale. E la pandemia ha fatto la sua parte per aumentare i problemi legati a questo tema. Un paio di canzoni e la maggior parte dei testi sono stati scritti durante la pandemia”.
Quale è stata la sfida più dura che avete dovuto affrontare durante la lavorazione di ‘Hell Is Where The Heart Is’?
“Non è tanto la registrazione quanto il fatto di non poterlo presentare dal vivo come avremmo voluto e vorremmo ancora fare. Il nostro processo di scrittura è un flusso continuo che non si è ancora fermato. C’è sempre qualcosa di nuovo in lavorazione fino a questo momento. Perciò è difficile individuare sfide vere e proprie sulla registrazione”.
C’è una canzone a cui siete particolarmente legati?
“‘I Want To Be Whole Again’. In questa canzone c’è scritto: “Desidero il suono del mare, per calmare la mia tempesta interiore”. Credo che ogni anima stressata là fuori conosca l’effetto potente e calmante del suono del mare. Pensiamo al mondo rumoroso e veloce in cui viviamo e al desiderio di pace e tranquillità che a volte si prova. E quanto è silenzioso il fondo dell’oceano? Un luogo dove nessun problema può raggiungerti e dove nulla ti disturba. Questo è il pensiero che c’è dietro, in ogni caso”.
Parlando del nuovo album, potresti parlarmi di una canzone come ‘Living=Dying’?
“Parla della pressione che la società esercita su ognuno di noi. È una dichiarazione di guerra a questo sistema, che ha la tendenza a rendere noi e i nostri figli mentalmente e fisicamente malati”.
Un’altra grande canzone dell’album è ‘If There’s a God She Has Abandoned Us’..
“La nostra prima e ormai unica “vera” ballata. Senza dubbio ognuno di noi arriva a momenti della propria vita in cui dobbiamo combattere crisi enormi e tutto sembra essere senza speranza. Sono questi i momenti in cui pensi di essere solo e che persino il tuo dio ti abbia abbandonato. Sempre che ci crediate”.
Qual è la cosa più preziosa che avete imparato durante la scrittura, la registrazione e la pubblicazione di ‘Hell Is Where The Heart Is’?
“Credo che si possa sempre fare meglio. Non fraintendetemi. Siamo più che soddisfatti di ciò che abbiamo fatto finora, ma sono anche sicuro al 100% che ci sia ancora molto spazio per crescere come band, come individui e per con il nostro pubblico”.
Quanta speranza c’è in questo disco? E quanta negatività?
“Non c’è speranza senza negatività e non dovrebbe esserci negatività senza speranza. Quindi direi che è ben bilanciato”.
Pensate che la vostra visione della musica sia mutato nel corso degli anni?
“Diciamo che oggi non cerchiamo più di essere molto rock n’roll. In passato pensavamo che tutti i cliché sul mondo della musica dovessero essere all’altezza delle nostre aspettative, basate su ciò che le precedenti generazioni di musicisti avevano mostrato. E ovviamente pensavamo che quella fosse la strada da seguire. Oggi siamo molto più rilassati. Non beviamo quasi mai in tour. Cerchiamo di rimanere attivi e di fare sport, di mangiare bene e di dormire bene. Il che, come si vede, è un modo molto più sostenibile di andare in tour. Per la scrittura e la registrazione ci orientiamo sempre più verso un lavoro di squadra. Ognuno porta le sue idee per i riff, le canzoni, i testi. Ma anche per i disegni e il lato visivo delle cose. Credo che questo tolga un po’ di pressione, per distribuire il peso su tutte le nostre spalle, per così dire”.
Pensate che la vostra dimensione naturale sia in studio o dal vivo?
“Sicuramente ci sentiamo più a casa su un palco. Alla fine è per questo che facciamo tutto questo, giusto? Vogliamo vedere e ascoltare la gente e fare due chiacchiere dopo lo spettacolo. La cosa più difficile durante la pandemia è stata quella di lavorare molto e costantemente senza ricevere un riscontro dal vivo. Internet è fantastico per molti aspetti, ma non può assolutamente sostituire la sensazione straordinaria di uno spettacolo dal vivo. E credo che questo valga sia per gli artisti che per il pubblico. Parlo anche dal punto di vista dei fan, visto che anche a noi piace andare agli spettacoli”.
C’è un vostro concerto che portate ancora nel cuore?
“Può sembrare smielato, ma abbiamo raggiunto un livello tra noi e tutte le nostre adorabili persone che sono coinvolte nella realizzazione di questa band e soprattutto nel portare tutto su un palco, che ogni concerto significa molto per noi. È sempre un bel momento per riunirci e fare le nostre cose. Dal momento che viviamo tutti molto lontani l’uno dall’altro, ogni prova e ogni spettacolo diventano una questione di cuore”.
Qual è la soddisfazione più grande che vi è capitata nella vostra carriera musicale?
“Abbiamo fatto una canzone insieme a Rob Flyn dei Machine Head. Si chiama ‘Everyone I Love is broken’. Dovreste darci un’occhiata. È incredibile (parlo con modestia, ovviamente) ed è stato un onore lavorare con questa persona fantastica”.
Siete reduci dal Sick & Dangerous Tour con Blind Channel e Lost Society. Cosa mi dite di questo tour?
“È stato molto divertente. Tutte le persone che hanno partecipato a questo tour erano davvero alla mano e super gentili. È stato uno dei migliori tour che abbiamo fatto finora. C’è stato molto sostegno e aiuto reciproco e nel complesso c’è stata una bella atmosfera. Un saluto speciale ai nostri fratelli dei Lost Society. Abbiamo condiviso un paio di stanze nel backstage con loro e li abbiamo conosciuti un po’ meglio. E di sicuro torneremmo in tour con loro. In qualsiasi momento e ovunque”.
Quali saranno i prossimi passi degli Oceans? Cosa dobbiamo aspettarci da loro?
“Stiamo ancora preparando le ultime uscite dell’album in corso, ma ovviamente pianifichiamo sempre il futuro. Quindi, diciamo che abbiamo già qualcosa in cantiere e stiamo anche lavorando a materiale nuovo. Abbiamo raccolto molto materiale e lo stiamo ancora facendo. Quindi i prossimi due anni saranno interessanti”.