Infection Code – Il dado è tratto!
Il 07/10/2022, di Alessandro Ebuli.
In occasione della pubblicazione di ‘Alea Iacta Est’ Metal Hammer incontra Gabriele Oltracqua, frontman dei piemontesi Infection Code. Gli argomenti da trattare sono molti, in primis un nuovo album granitico e fortemente Metal figlio del buco nero causato dalla pandemia, i numerosi cambi di line-up avvenuti nel tempo, non ultima la defezione del chitarrista a fine 2021, poi la voglia sperimentazione e il ritorno alle origini. C’è tanta carne al fuoco dunque cediamo la parola a Gabriele che ci introdurrà nel mondo oscuro degli Infection Code e del nuovo e potente ‘Alea Iacta Est’.
Ciao Gabriele, è un piacere ritrovarti in occasione dell’uscita del nuovo album degli Infection Code dal titolo ‘Alea Iacta Est’. Partiamo proprio dal disco, cosa vuoi raccontarci in merito alla nuova uscita?
“‘Alea Iacta Est’ è la summa di un lavoro svolto in questi ultimi due anni, soprattutto durante il periodo della pandemia, perché stavamo promuovendo ‘In.Ri’ con alcune date live in giro per l’Italia e improvvisamente la chiusura a causa del Covid ci ha impedito di poterci vedere e incontrare in sala prove. Grazie alla tecnologia e al lavoro di composizione di Riky, il nostro batterista, lavoro che peraltro ha svolto anche negli album passati coadiuvato dal nostro precedente bassista Enrico (Cerrato, che ha lasciato la band nel 2018 n.d.r.), ‘Alea Iacta Est’ è nato tramite lo scambio di file da parte di ognuno di noi, chi nel proprio studio chi nel proprio spazio casalingo, poi verso fine maggio, inizi giugno del 2020 con la riapertura se pure parziale della vita in comune abbiamo iniziato a provare fino a registrarlo verso la fine del 2021 nello studio di Francesco Salvadeo a Novi Ligure. Trovate QUI la recensione”
Curiosamente in questo periodo a cavallo tra il 2021 e il 2022 moltissime band si trovano a pubblicare album pensati, elaborati, partoriti durante il buco nero della pandemia.
“Noi non abbiamo avuto problemi perché non ci è mai mancata l’immaginazione e per fortuna l’ispirazione; personalmente sul piano testuale e i miei compagni su quello musicale, comporre e scrivere, però diciamo che questa pandemia ci ha sicuramente aiutato sul piano dell’ispirazione e per la gestione di determinati tempi di lavoro, anche considerando il fatto che non potendo uscire e costretti a condividere gli spazi con la famiglia era necessario concentrarsi su qualcosa che fosse più congeniale a ognuno di noi, coltivare quindi la propria passione in funzione di un nuovo progetto che ora si concretizza con l’uscita di ‘Alea Iacta Est'”.
Quindi sei tu ad occuparti principalmente delle liriche dei brani?
“Sì, me ne occupo io sostanzialmente perché all’interno degli Infection Code ci siamo sempre divisi i compiti. Dalla stesura dei testi, alla scelta della copertina, alla composizione delle musiche fino alla parte manageriale”.
Perché la scelta di questo titolo ‘Alea Iacta Est’ (Il dado è tratto)?
“La scelta è ricaduta su questo titolo in latino perché ha un significato profondo. Lo ha scelto Riky, primo fondatore degli Infection Code nel 1999, dopo poco sono entrato anche io in formazione. Il titolo si rifà ad un fatto preciso accaduto durante la pandemia e un giorno, parlando con Riky, ci siamo detti che alcune cose accadute nella nostra vita avremmo dovuto lasciarcele definitivamente alle spalle. Era giunto il momento e quella frase Il dado è tratto sembrava perfetta soprattutto sul piano personale più che su quello musicale. Nel 2019 abbiamo affrontato diversi cambi in line-up e non ultimo la defezione del nostro chitarrista lo scorso anno. La profondità del significato di questo titolo è proprio il lasciarsi il passato alle spalle, tutto ciò che di tragico e brutto abbiamo passato, tracciare una riga definitiva e guardare avanti a una nuova vita”.
Mi ricollego agli avvicendamenti in line-up, tu e Riky siete gli unici membri rimasti della formazione storica. Tutti questi cambi hanno sicuramente condizionato in qualche modo la composizione dei brani. Nel vostro specifico percorso che cosa è cambiato in tutti questi anni dal primo album ad ‘Alea Iacta Est’?
“Di sicuro non è cambiato il nostro modo di comporre, la nostra visione della musica, di come la intendiamo, cercando di mantenerla sempre simile dall’inizio in modo da vere un canovaccio da seguire e restare così riconoscibili, ma è logico che nel corso degli anni abbiamo cercato di dare un taglio nuovo ai nostri brani con ramificazioni, con sperimentazioni, cercando anche di imbastardire un po’ il nostro stile con altre sonorità, nonostante io e Riky fossimo in parte i “conservatori” del gruppo, quelli che tenevano a mantenere una linea riconoscibile all’interno di queste sperimentazioni più o meno evidenti. Noi due siamo sempre stati i più metallari e gli altri membri della band tendevano ad andare un po’ oltre, a volte fin troppo come nel disco ‘La Dittatura Del Rumore’ del 2013 che risulta a tratti un po’ forzato. Non dobbiamo dimenticarci che noi Infection Code non siamo musicisti professionisti e abbiamo un tempo purtroppo limitato da dedicare all’esplorazione di nuovi percorsi spesso tortuosi che, se non si conoscono in profondità, potrebbero rivelarsi dei tunnel senza una via d’uscita. Facciamo quello che siamo capaci di fare, siamo nati col Thrash Metal, con l’Industrial Thrash dei Fear Factory, con i Ministry, con l’Hardcore, con i Kreator, con i Sepultura, quello è il nostro Metal di riferimento. Ci siamo accorti di esserci avventurati in luoghi che non si rifacevano alla nostra cultura musicale di riferimento, per cui siamo tornati nel nostro ambito che ci è più congeniale”.
Queste varie e numerose influenze miste al desiderio di esprimere la vostra voglia di sperimentazione hanno quindi creato una spaccatura all’interno del gruppo?
“Sì, ci sono state importanti differenze di vedute che hanno fatto discutere sui vari album, ma restano pur sempre parte fondamentale del nostro percorso di crescita nel bene e nel male”.
Il primo estratto da ‘Alea Iacta Est’ è ‘Red Death Masquerade’ che a mio avviso racchiude molteplici elementi che ritroviamo all’interno del disco. Perché la scelta di quel brano piuttosto di un altro?
“‘Red Death Masquerade’ perché a livello musicale e di struttura è la summa del disco. Non per quanto riguarda le liriche, è stato un mio esperimento per raccontare una storia di Edgar Allan Poe. Non mi sono mai avventurato nella rielaborazione di storie tratte dai libri, le mie liriche ruotano sempre intorno ad argomenti e situazioni personali. Questa volta ho voluto tentare di fare qualcosa di diverso e lo abbiamo scelto perché ci piaceva l’idea di presentare il nuovo album con una canzone che a proprio modo lo raccontasse interamente sul piano musicale”.
Anche nel precedente ‘In.Ri.’ del 2019 hai cantato in inglese. Considerato l’uso dell’italiano in alcuni vostri album passati mi chiedevo se aveste deciso di utilizzare definitivamente l’uso della lingua inglese.
“L’uso della lingua italiana, per tornare al discorso fatto in precedenza, è stata una sorta di sperimentazione, una voglia di provare a fare qualcosa di diverso. In quel periodo ero molto interessato a quanto accaduto politicamente in Italia negli anni settanta e inevitabilmente quella sorta di “ricerca” ha influenzato il mio desiderio di approcciarmi a una nuova strada musicale, soprattutto nella difficoltà di pensare a una traduzione in inglese di quanto scritto in italiano, così strettamente legato a quel periodo storico. Fare un disco in italiano e improntarlo completamente con testi che riguardassero della storia degli Anni di Piombo, delle Brigate Rosse, del dualismo fascismo/comunismo era la cosa più sensata”.
Un approccio molto Hardcore se vogliamo.
“Beh, sì, e poi in quel periodo era tornata a bruciare in me la fiamma dei CCCP e dei C.S.I. che ho sempre reputato due grandissime band. Ecco perché ci siamo in parte staccati dal Metal in direzione di un certo Hardcore, a tratti Noise, proviamo a fare questo esperimento ci siamo detti. Un vero e proprio salto nel buio. Col senno di poi sono felicissimo di avere fatto ‘La Dittatura Del Rumore’.”
In questo modo sei riuscito a colmare un tuo bisogno, una tua necessità. Vostra come band intendo.
“Sì, sicuramente, ma è stato al contempo un periodo molto pesante e a seguito di queste esplorazioni e innovazioni del nostro percorso abbiamo avuto i primi cambi di line-up e così io e Riky ci siamo detti di tornare alle nostre origini, a ciò che più strettamente ci apparteneva. Ci è piaciuto provare una diversa direzione, ma il Metal ci appartiene, è la nostra dimensione”.
Cambio argomento. Riguardo ai tour della band, avete sicuramente percorso molta strada live e mi chiedevo se c’è un tour o una data in particolare che vi hanno regalato un’emozione importante o che semplicemente ricordate per un motivo preciso, un aneddoto da raccontarci.
“Tour nel vero senso della parola purtroppo non siamo mai riusciti a farne, qualche data consecutiva sicuramente sì. Abbiamo suonato parecchio negli anni passati e date memorabili ce ne sono state tante. Ricordo alcune date in Puglia, abbiamo dormito dentro un trullo in cui faceva un freddo devastante, anche vicino a L’Aquila, praticamente sotto il Gran Sasso e anche lì un freddo terrificante in mezzo alla neve, oppure in un centro sociale in Svizzera grande quanto l’Alcatrazz di Milano con un’attrezzatura e strumentazione di palco straordinaria che certe band se la sognano. Sorprese talvolta piacevoli altre meno…”
Domanda trabocchetto ma credo di conoscere la risposta: qual è il tuo album preferito di sempre, quello che porteresti sull’isola deserta?
“‘Script For A Jester’s Tear’ dei Marillion”.
Mi hai spiazzato, avrei scommesso su ‘Heartwork’ dei Carcass.
“Ma io ho una grande passione per i Marillion del periodo Fish (lo storico cantante dei Marillion defezionario nel 1988 n.d.r.), poi è chiaro che c’è tutta la scena Metal che amo da sempre e il disco che hai citato tu è tra i miei dieci album Metal preferiti di sempre. I Marillion però sono stati la prima band in assoluto che abbia ascoltato, c’è sicuramente un discorso affettivo relativo a quando ero bambino, quando mio cugino mi portò questa cassetta di ‘Script For A Jester’s Tear’ e rimasi folgorato. Poi col tempo ho scoperto i Black Sabbath, gli Iron Maiden eccetera”.
Cosa pensi dell’attuale scena Extreme Metal, ci sono ancora band o album che ti fanno sognare, che ti fanno pensare che il Metal è ancora vivo e che arde come un tempo?
“Sì, io sono ancora un bambino, un sognatore, a quasi cinquant’anni mi sorprendo ancora. Certo, il Metal non ha più grosse possibilità di rinnovare generi come, ne cito un paio, il Thrash o il Death, nati, cresciuti e sviluppatisi in un determinato contesto storico e culturale che non si ripeteranno più. Però ci sono molte band che scrivono dischi che sono molto interessanti e innovativi pur restando ancorate a genere ben definiti, il livello tecnico dei musicisti si è innalzato moltissimo, poi anche la parte musicale con nuove strumentazioni e nuove tecnologie permettono di evolversi in maniera più accessibile che in passato. Sono convinto che il Metal e l’Extreme Metal abbiano ancora molto da dare e incuriosire le nuove generazioni”.
Avete in programma date live da qui alla fine dell’anno?
“Circa un paio di settimane fa abbiamo fatto un release party per l’uscita di ‘Alea Iacta Est’ vicino a Como, il 22 ottobre saremo a Finale Ligure al Beer Nest, poi faremo un altro release party il 31 ottobre all’Officina di Alessandria, il 12 novembre alla Centrale Rock Pub ad Erba in provincia di Como, il 26 novembre a Vercelli, poi il 9 dicembre all’Area 51 a Chiaromonte in provincia di Torino. Un altro paio di date a febbraio e una a maggio in attesa di conferma. Intanto a dicembre stiamo già pensando di registrare il disco nuovo”.
Quindi avete altro materiale già pronto?
“Abbiamo molti brani già scritti e Chris, il nuovo chitarrista entrato a dicembre, ci ha dato una botta di entusiasmo che ci ha permesso di dedicarci a pieno ritmo alla composizione”.
Dove si può reperire il nuovo album degli Infection Code?
“‘Alea Iacta Est’ esce per Argonauta Records, è stato disponibile in pre-order prima del 30 ottobre, data di pubblicazione ufficiale del disco; si può trovare in tutte le piattaforme musicali digitali e in formato fisico in cd digipack sul sito di Argonauta Records, sul nostro Bandcamp, oppure scrivendo a me personalmente sulla nostra pagina Facebook”.
Vuoi aggiungere qualcosa alla nostra interessante chiacchierata?
“Voglio ringraziare tantissimo Metal Hammer per il tempo e lo spazio che ha dedicato al nuovo album degli Infection Code e per il supporto costante”.