Manowar – The Return Of The Warriors

Il 31/05/2022, di .

Manowar – The Return Of The Warriors Studio Report

Ad un mese esatto dall’ultima svolazzata europea alla ricerca del metallo epico, ma che più epico non si può, la strada di Metal Hammer si è incrociata questa volta con la band dalla quale tutto è partito, la band che ha fatto dell’epicità estrema il sommo vessillo e dell’heavy metal più puro ed incontaminato un’autentica ragione di vita. Sì, stiamo parlando proprio dei Manowar di Joey De Maio che, a sei anni di distanza dall’ultimo, sgonfio ‘Louder Than Hell’ e dopo due validi live album, si apprestano a ritornare sulle scene con un album nuovo di pacca, il dodicesimo in una ventennale carriera, un lavoro che, nonostante il titolo non lasci presagire nulla di buono (si intitolerà ‘Warriors Of The World’ l’album in uscita il 27 maggio prossimo), come vedremo non sarà immune da piacevoli sorprese. Prima fra tutte la location scelta dalla band statunitense per ultimare la lavorazione del nuovo lavoro: non un avveniristico recording studio nel mezzo di New York né qualche suggestivo studio di registrazione carico di storia sperduto in qualche angolo di Germania (ricordiamo che i Manowar sono il fiore all’occhiello della Nuclear Blast), bensì un’astronave spaziale posatasi nella desolata pianura belga, per la precisione a Mol, paesino ad un’ora di macchina da Bruxelles e a una manciata di minuti da Eindhoven. Già, un’astronave spaziale, perché questo è venuto da pensare ai cinquanta giornalisti provenienti da ogni parte del mondo (per l’Italia, oltre al sottoscritto, era presente il collega Stefano Giusti, valente penna di Flash, ma all’aeroporto della capitale belga si registravano arrivi da Brasile, Grecia, Bulgaria, persino dal Marocco!) una volta sbarcati sabato 9 settembre sulla soglia dei Galaxy Studio (un nome, un programma!), al giorno d’oggi forse i migliori studi di registrazione presenti su suolo europeo. Quel mastodontico cubo di vetro e cemento che ci si parava davanti, infatti, non solo è dotato di macchinari da fare invidia all’Enterprise, ma è attrezzato per offrire ogni sorta di comfort alle band che qui si trovano a lavorare (Lauryn Hill, Meat Loaf, Mary J Blige, Rammstein, solo come antipasto…) e a chi, come noi, viene ospitato per saggiare il prodotto parziale. Nell’enorme salone delle feste, tra buffet imbanditi, comode poltroncine e tavolini dal futuristico design, tutto è stato studiato a puntino per far sì che l’ascolto dei primi brani estratti da ‘Warriors Of The World’ possa avvenire nelle condizioni ideali. Imponenti ampli sono stati puntati sugli spettatori e dopo i saluti di rito del “boss” dei Galaxy, seguiti dalla raccomandazione di spegnere i registratori visto che quello che andremo ad ascoltare deve subire ancora diversi processi di missaggio, la tanto sospirata listening session può avere inizio.

PILLOLE DI WARRIORS OF THE WORLD

Come già accennato in precedenza, i Manowar non sono propriamente una band destinata a trovare spazio nella mia personalissima top ten “bandistica”. Troppo pacchiani, troppo spocchiosi, troppo retrò, troppo ottusi, troppo chiusi nella convinzione che, nel 2002, si possa ancora andare avanti con un ‘warrior’, un ‘louder’ ed uno ‘steel’ per sembrare veri, troppo ‘vittime’ di una sorta di autocompiacimento musicale (ok, questa non è una loro esclusiva, in campo prog si vede di peggio!)…troppo, insomma, per una persona ingenuamente affezionata al rock di vecchia scuola, quello più frivolo ed innocente. Certo, tutti gli album di Joey DeMaio e soci fanno parte della discografia del sottoscritto però, soprattutto negli ultimi anni, al quinto ‘stronger than steel’ ripetuto alla seconda canzone di un disco scelto a caso, l’impulso a cambiare cd è tale da rendermi impossibile l’ascolto di un album nella sua integrità. Però…eccola qua la congiunzione che vi farà posare le penne già mobilitate per scrivere improperi alla volta del sottoscritto e proseguire nella lettura. Però qualcosa è cambiato (!!!) in seno alla band e il sound ne ha risentito in positivo. Ogni brano, pur non perdendo in epicità, pare tremendamente più possente che in passato e la tanto millantata “rumorosità” della band, con ‘Warriors Of The World’ non sarà solo più una questione di amplificazione. La chitarra di Karl Logan tesse riff che se thrash non sono, ci vanno vicini, arrivando a donare ad ogni composizione un’anima oscura, pressante, in perenne bilico tra il marziale e il “capitale”, mentre Scott Columbus, “il batterista di legno” come era stato definito da qualcuno, scopre finalmente il doppio pedale e, incredibile ma vero, in alcuni passaggi dell’album arriva a prendere per mano la band e ad a recitare un ruolo di assoluto protagonista. Di Joey DeMaio e Eric Adams che dire? Beh, la classe strumentale del bassista italo-americano non è certo da scoprire oggi, mentre il piccolo cantante è destinato a stupire con una prova maiuscola e con una prestazione “lirica” da mozzare il fiato. Ma entriamo nel dettaglio. L’ascolto si apre con

‘Warriors Of The World United’ – il primo singolo la cui uscita è prevista per il 15 aprile nonché brano che, nonostante un titolo da forca, si propone come un dei migliori brani mai scritti dai Manowar da una decina di anni a questa parte. L’apertura è di una furia inaudita, giocata su un suono oscuro, a tratti talmente essenziale da apparire ben poco “manowariano”. Logan e DeMaio puntano l’ascoltatore incalzando con i loro strumenti sino a metterlo con le spalle al muro quindi, quando tutto sembra perduto, ecco giungere un’apertura ariosa destinata a rompere la tensione e a sfociare nell’immancabile ritornello pronto a stamparsi nella testa dell’ascoltatore e a non lasciarlo più. E’ comunque un tira e molla continuo, perché la tensione è sempre alle porte e il grado di incazzatura sonora perennemente alto. Se il missaggio finale non lo sgrezzerà e non ne limerà alcuni toni, uno dei brani “must” del 2002.

Sword In The Wind’ è invece una canzone che riporta i Manowar ai fasti di ‘Kings Of Metal’, il che è tutto detto. La forma è quella di una ballad dall’alto contenuto epico, però anche quando le emozioni e la dolcezza paiono avere il sopravvento, la band lascia colare sulle note sane dosi di metallo fuso che cambiano volto alla dolce ballad facendola divenire una fiera heavy metal song. L’apertura è imperiosamente sinfonica ma ben presto il tutto viene ricondotto sui binari del chitarrismo acustico, ed è proprio su queste basi che si diffonde il soffuso cantato di un poliedrico Eric Adams. Il lato più maestoso è però sempre dietro l’angolo ed esplode in un refrain ad ampio respiro. Come si diceva in precedenza, però, questa è una canzone dai due volti, ed ecco quindi che, pur mantenendo una notevole melodia di fondo, Logan si lancia in un assolo chitarristico molto potente che introduce il lato più oscuro della band che accompagnerà ‘Sword In The Wind’ al suo compimento.

‘Nessun Dorma’ – Ed ecco qui un’altra sorpresa targata Manowar nonché qualcosa che rende fieri tutti gli italiani (personalmente avevo i brividi durante l’ascolto), omaggiati dalla band con la loro versione della celebre aria della ‘Turandot’ di Puccini. Quella che prima di allora era stata una chicca live proposta al Gods Of Metal milanese tre anni addietro, oggi trova posto anche su disco. Eric Adams non è un cantante propriamente lirico, il suo ‘Vincerò…’ non potrà competere con quello di Pavarotti e lo sguaiato ‘Yeahhhh’ finale pare rovinare in qualche modo l’idillio, però il coraggio va premiato e, dopo aver visto il “maestro” Ian Gillan steccare nella medesima aria, va riconosciuta in questo frangente la vittoria ai punti del discepolo americano.

‘Hand Of Doom’ – L’inizio non è stato certo incoraggiante, per alcuni versi parevano gli Stratovarius più arrabbiati, però è solo un fuoco fatuo, perché il suoud riprende più cupo che mai e solo squarci di epicità nel “contro coro” spezzano la tensione. Scott Columbus si lancia a rotta di collo in doppiacassa tirando la volata a Karl Logan che fa sua la scena con un assolo cristallino di lunga durata. Pur non godendo di un ritornello “chewingum” la song si mantiene in questa parte su livelli incredibilmente alti e quando ricomincia a martellare con la sua inaudita rabbia, le orecchie ricominciano a fumare. Logan&DeMaio tessono un altro riff dall’effetto “tank” e poi ecco che, all’improvviso, filtra nuovamente la luce in un refrain finalmente diretto ed immediato.

‘Call To Arms’ – come dice il titolo, l’ultima canzone del lotto è dall’elevato contenuto marziale, tanto che, a tratti, abbandona la dimensione di semplice heavy metal song e va ad abbracciare lo status di “inno”. Tra quelle sin qui ascoltate è forse la più scontata e quella che offre spunti meno interessanti, però è anche quella che, senza accorgertene, ti cattura e ti avvolge, sino a ritrovarti a fare headbangin in mezzo alla sala. La ritmica è sempre incalzante, i soli di chitarra si inframezzano all’anthemico cantato e lo spirito di ‘Kings Of Metal’ torna a farsi più vivo che mai.

Cinque canzoni che lasciano presagire grandi cose, quindi. Se il missaggio non cambierà le carte in tavola, ‘Warriors Of The World’ andrà dritto dritto a competere per l’Oscar di fine anno e i Manowar inseriti nella mia personale lista di band da rivalutare.

KING’S WORDS

Al termine dell’ascolto, i quattro guerrieri si sono sottoposti al fuoco incrociato dei giornalisti presenti, pronti a rispondere, anche con un’incredibile dose di ironia, alle domande che venivano loro poste. La parte del leone l’ha ancora una volta fatta Joey DeMaio, lasciando ad Eric Adams le briciole e relegando gli altri due compagni di battaglia ad un ruolo di tappezzeria.
“E’ splendido avervi qui – attacca il bassista – E’ un po’ strano l’avervi fatto ascoltare solo rough mixes dei nostri pezzi, ma siamo talmente orgogliosi di quanto realizzato che sentivamo l’esigenza di dividere con voi questi nostri sentimenti. La perfezione è da sempre stata una delle nostre carte vincenti, ogni mattina ci svegliamo con il preciso intento di dare il meglio di noi stessi e questo è quanto fatto anche in questa occasione. Con l’invenzione di Internet, poi, tutto è diventato più interessante, perché la voce di ‘every asshole and his brother’ è giunta a noi, assieme ad e-mail estremamente simpatiche tipo ‘Hey Joey, svegliati! Scrivi qualche canzone, mettila assieme e registra un disco il prima possibile!’. Mi viene da ridere pensando a questo, perché un disco non è una cosa da ‘sparare’ in un sol colpo, perché tutto quello che facciamo, nasce in un posto speciale, nasce dal cuore, arriva dal profondo della nostra anima, ed è reale, è maledettamente reale! E quando noi diciamo che è magico, questo è magico per noi e per i nostri fan, e se loro ci amano veramente, e credono in noi, allora avranno la pazienza di aspettarci, perché ciò che ha origini “speciali”, ha anche bisogno di tempo per crescere e per avere compimento. Negli ultimi due anni non siamo stati con le mani in mano, abbiamo realizzato 4 DVD, ‘Blood In Brazil’ e i tre ‘Hell on Earth’ e un nuovo studio album sta arrivando, perché suonare è la nostra vita, ed una promessa ai nostri fan era stata fatta ed andava mantenuta”.
Perché avete scelto proprio il Belgio e proprio i Galaxy Studio per mixare il nuovo ‘Warrior Of The World’?
“Noi ci siamo sempre considerati dei pionieri anche per quanto riguarda le strumentazioni di registrazione. Siamo stati la prima band heavy metal a registrare un disco in digitale, e siamo anche tra i primi a costruirsi il proprio privato! Questo studio è anche il centro di sviluppo per il ‘Super Audio CD’, un formato che permette di ascoltare la musica esattamente come è stata prodotta ed il nostro produttore Ronald Prent è la mente di tutto ciò, per noi è ‘l’ingegnere degli ingegneri’, il migliore nel suo lavoro! E’ stato lui a consigliarci i Galaxy Studio, perché questo posto garantiva il miglior sound possibile al nostro lavoro. E poi il Belgio è un bel posto, Scott ama la sua birra, e Karl le sue ragazze!”.
Quanto tempo avete impiegato per scrivere i dieci brani che sono finiti su questo album?
“Il processo di songwriting non ha mai fine per i Manowar. Le nostre canzoni nascono da nostre esperienze personali, quindi tutto può entrare a fare parte del processo compositivo della band, dalla signin’session con i fan all’esibizione live. Posso dire che non ci siamo mai fermati, e che ‘Warriors Of The World’ ha iniziato a vedere la luce un minuto dopo la fine della registrazione di ‘Louder Than Hell’.
Come pensi possa essere rapportato il nuovo materiale, rispetto ai vostri precedenti lavori?
“Questa è una cosa divertente perchè le persone che hanno già ascoltato il disco si sono fatte opinioni differenti! Alcuni dicono ‘Hey, siete ritornati ai tempi di ‘Battle Hymns’, altri lo paragonano a ‘Hail To England’, altri ancora a ‘Into Glory Ride’…Credo sia un complimento perchè noi non abbiamo mai dimenticato il sound di quegli album”.
Come mai avete deciso di incidere un brano come il ‘Nessun Dorma?
“Il ‘Nessun Dorma’ è un’aria tratta da una delle opere più famose e riconosciute nel mondo. Un sacco di persone l’hanno ascoltato e registrato durante la nostra performance al Gods Of Metal Festival del 1999, è stato un nostro regalo per i nostri fans italiani e, visto il risultato, abbiamo pensato di realizzarne anche una versione in studio”.
Eric, come ti sei trovato a cantare per la prima volta il ‘Nessun Dorma’?
“Suonare quel pezzo richiede una seria pianificazione, un sacco di allenamento ed una certa conoscenza dell’opera in generale. Non abbiamo mai suonato quel brano fino a quando non siamo giunti in Italia, perché volevamo che fosse una sorpresa. Ti confesso che la prima volta che l’ho cantata avevo i crampi allo stomaco perchè era la prima volta che mi cimentavo con un brano operistico. Quando ho visto tutti quei giornalisti che scrivevano i loro articoli, ho chiuso gli occhi e mi sono concentrato unicamente sulla canzone. Quando ho riaperto gli occhi ho visto tutti scrivere assiduamente, chiamare amici e parenti con il cellulare e far ascoltare loro il ‘Nessun Dorma’, sono stato fiero di quanto avevo realizzato!”
Ma hai preso lezioni di canto per poter arrivare a cantare questo genere di brano?
“Io provengo dalla scuola dell’ ‘hard knocks’, il che significa che bisogna sempre provare a dare il meglio di se stessi. Detto questo, mi sono documentato tantissimo sull’opera, ho studiato il modo di cantare dei cantanti lirici, ho provato tecniche di respirazione differenti e ho ascoltato modi differenti di cantare. Mi sono esercitato tantissimo, il resto della band diceva che sarebbe andato tutto bene, così l’abbiamo fatta!”

L’aver appreso il canto lirico, pensi si rifletta sulle altre canzoni contenute in questo album?
“No, perché ogni song riflette un lato differente di me e del mio modo di cantare. Ogni brano ha un’impostazione ben precisa e va cantato con un tecnica vocale differente”.
Joey, per molti i Manowar sono i Kings Of Metal per eccellenza. Ma non temete che l’heavy metal possa finire travolto dalla nuova ondata nu metal che impazza ultimamente?
“Intendi dire quella merda di cane che cercano di far passare per musica? Credo che nessuno si possa preoccupare di questa schifezza. Qualcuno dice ‘Il metal sta morendo’. Io non so perché si riferiscono così parlando del metal, e non lo fanno per la musica classica o per il jazz. Questo è l’heavy metal, l’heavy metal è vita e ci sarà sempre vita in tutto questo fottuto pianeta!”.
Con la tua etichetta Magic Circle, hai prodotto il nuovo album dei Bludgeon. Come mai questa band?
“Vedi, sono convinto che nella carriera di chiunque arrivi sempre il momento in cui si cerca di fare qualcosa, ma nessuno ti nota. Questo è quanto è capitato ai Manowar quando hanno iniziato e questo è quello che succede per ogni altra band del globo. Quando ho ascoltato i Bludgeon, ho visto questi 5 ragazzi che suonavano e ho rivisto gli esordi dei Manowar. Non so se venderanno mai un disco o se diventeranno la più grande band del pianeta e non me ne importa niente. Io credo in loro, e questo è quello che importa! E, parlando della nostra etichetta, voglio segnalare che presto uscirà il disco del nostro ex drummer Rhino, una brillante rock opera basata sul mito dei vampiri. La band si chiama Shadow Symphony ed è tremendamente valida! Realizzeremo anche il nuovo disco di David Shankle, probabilmente a fine anno, e intanto sto lavorando al progetto ‘Holy Hell’ che mi vede impegnato come produttore e compositore. Come vedete, sarà un anno molto pieno, però vi prometto sin da ora una sana razione di metal, molto divertimento, molti concerti e tutto il nostro rispetto”.
Ma Joey De Maio ha una vita all’infuori dei Manowar?
“I Manowar sono la mia vita! Quando suoni questa musica ti trovi a dover fronteggiare molte avversità, ma se credi in quello che fai e sei onesto con te stesso, stai sicuro che avrai successo e sarai felice con te stesso! Noi sin dagli inizi abbiamo voluto vivere così e così vivremo per sempre! Nessuno ci dirà mai cosa suonare, noi suoniamo la musica che proviene dai nostri cuori, amiamo chi ci supporta e auguriamo la morte a chi ci ostacola!”

 

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