Shores Of Null – Abbandonando le Rive
Il 22/04/2021, di Dario Cattaneo.
Che ‘Beyond The Shores (on Death And Dying)’ fosse un album particolare lo sapevamo già guardando la sua struttura: un unico brano di quaranta minuti. Ma che fosse stato addirittura composto dopo un album intero praticamente già registrato, e che per motivi legati soprattutto al mood e al testo avesse scavalcato tutto e tutti finendo pubblicato proprio quest’anno non ce lo saremmo certo immaginati. Dalle parole del vocalist Davide Straccione apprendiamo però questo e altro…
Una prima domanda non certa fantasiosa, cioè la oramai tristemente lunga pandemia qui in Italia. Posto che a quanto sappiamo questo evento non ha toccato le fasi di scrittura di questo album e di quello che seguirà, come avete vissuto personalmente e come band questo periodo? Qual è di tutta questa vicenda l’aspetto che proprio non riesci a sopportare di quanto è successo al mondo della musica e all’Italia tutta?
“Fortunatamente, come hai giustamente detto tu, le fasi di scrittura e registrazione di questo lavoro, nonché del prossimo ancora inedito, si sono svolte prima dell’inizio della pandemia; e questo per noi questa è stata davvero una manna dal cielo. A differenza di altre band non abbiamo quindi impiegato l’ultimo anno a comporre nuovo materiale, proprio perché questo processo per noi si era appena concluso. Ciò che ci premeva era pubblicare ‘Beyond The Shores (On Death And Dying)’ nel 2020, ovvero l’annus horribilis per eccellenza. Ma si è trattata di stata un’urgenza espressiva, ci sembrava la cosa giusta da fare, perché questo lavoro vuole essere la nostra colonna sonora al periodo più buio che la nostra generazione ricordi, qualcosa che ha colpito chiunque, ad ogni latitudine. Non mi aspetto che si torni alla normalità in tempi brevi, c’è ancora un’emergenza sanitaria e non ne siamo ancora fuori, ma vedere ignorato un intero settore come se fosse invisibile, questo sì, fa male. Vedere club senza sapere se riapriranno, locali che non hanno ricevuto un supporto economico adeguato… direi che questa è forse la cosa che fa più rabbia.”
Torniamo ora un attimo indietro, precisamente al periodo successivo la pubblicazione di “Black Drapes For Tomorrow”. Dopo le date live che hanno seguito la pubblicazione dell’album vi siete messi subito al lavoro immagino, considerando le tempistiche. Ci raccontate come è nato ‘Beyond The Shores (On Death And Dying)’? Da dove nasce la scelta peculiare di tradurre tutto in un’unica traccia lunga?
“Di solito ci prendiamo sempre del tempo dopo l’uscita di un album prima di riprendere a scrivere materiale nuovo. ‘Black Drapes For Tomorrow’ è uscito nel 2017, e nei due anni subito successivi abbiamo lavorato sul fronte live, prendendo parte al Frantic Fest, al Metalitalia.com Festival e al Winter Days Of Metal (l’edizione invernale del Metal Days). Abbiamo tenuto ben tre tour europei, uno con Harakiri For The Sky e Sylvaine, uno con In The Woods, Ereb Altor e Isole, e infine uno in solitaria; mentre in Italia abbiamo avuto modo di accompagnare Arcturus, Candlemass e In The Woods per qualche data. Durante questi due anni di attività live abbiamo però buttato giù i pezzi per il disco successivo, non sto parlando di ‘Beyond The Shores’, bensì del disco ancora inedito cui hai accennato prima. Quesot ci porta a dire che ‘Beyond the Shores’ è stato composto invece in pochi giorni, quasi di getto, e ben dopo che avevamo già iniziato a registrare l’altro disco, durante una pausa dalle registrazioni per la precisione. Un giorno Gabriele (chitarra, ndR) ha contattato Cinghio (Marco Mastrobuono, il produttore, ndR) dicendogli che volevamo aggiungere una traccia, di circa quaranta minuti. Beh, poco dopo eravamo nuovamente al Kick Recording Studio a registrare basso e batteria per questo brano, prima di proseguire con il resto e completare così entrambi i dischi.”
Che storia interessante! Ci racconti meglio come è nato quindi questo pezzo, che ha scavalcato addirittura il disco principale?
“È vero, la genesi di questo brano/album è stata molto particolare. I rapporti con la nostra precedente etichetta (Candlelight/Spinefarm, ndR) non erano dei migliori per via di un lavoro promozionale non soddisfacente su ‘Black Drapes’, però eravamo ancora legati a loro contrattualmente. L’idea di affidargli di nuovo un lavoro su cui avevamo lavorato sodo e investito tanto ci spaventava, non volevamo davvero ripetere gli stessi errori! Da qui la decisione drastica di scrivere un’unica traccia doom estrema, assolutamente anticommerciale, da proporre alla label. Era come se – almeno inizialmente – tenessimo di meno a questo nuovo pezzo, un po’ come se fosse un brano di serie B; però per fortuna la nostra sete di perfezionismo ha fatto sì che proprio quel brano si evolvesse in maniere totalmente inaspettata, e in tempi relativamente brevi: in una manciata di pomeriggi Gabriele e Raffaele hanno abbozzato la struttura, e man mano che il pezzo prendeva forma ci rendevamo conto che si trattasse di un pezzo molto Shores Of Null, sebbene in qualche modo differente. È come se avessimo preso una singola peculiarità del nostro sound e l’avessimo dilatata, enfatizzata. Per una serie di motivi poi ci siamo poi riusciti a svincolare dalla etichetta, trovandoci tra le mani due dischi completi. La scelta di far uscire prima ‘Beyond The Shores’ è stata infine dettata dal fatto che tra i due lavori era appunto quello più adatto al periodo particolare della pandemia, quello che stiamo ancora vivendo.”
Ma quindi l’idea di un concept (a prescindere dalla forma monocanzone adottata) era già nelle vostre teste? O il comparto lirico è stato aggiunto dopo?
“A dire il vero no, l’idea del concept è nata dopo, quando il pezzo era ormai già stato ampiamente abbozzato. Io avevo da poco ultimato i testi dell’altro disco ed ero un po’ a corto di idee, così mi sono confrontato con Gabriele che mi ha consigliato di prendere spunto da ‘La Morte e il Morire’ (in inglese ‘On Death And Dying’’), libro di Elisabeth Kübler-Ross che affronta le cinque fasi del lutto. Mi è sembrata da subito un’idea vincente, e il brano ha poi subìto ulteriori evoluzioni nella parte strumentale, anche in base al testo, cercando di abbinare le parole alla giusta musica e viceversa.”
La scelta di appoggiarsi sotto questo aspetto a un libro sicuramente impegnativo come quello citato merita di sicuro un paio di domande… Era Gabriele a conoscere lo scritto della Kübler-Ross? Chi ha lavorato in maggioranza alla traduzione dei contenuti del libro in testi? Come si approccia un lavoro di questo tipo?
“Già, è stato Gabriele a parlarmi di questo libro e l’idea mi è piaciuta fin da subito perché si sposava alla perfezione col mood del disco. Con l’altra mia band, gli Zippo, ho pubblicato due concept album in passato e anche alcuni brani degli album precedenti degli Shores Of Null prendevano ispirazione da alcune letture. E’ sempre una sfida notevole cimentarsi con qualcosa di preesistente, utilizzandolo come base per il proprio lavoro. Ho letto il libro ‘On Death and Dying’ nella versione inglese, l’ho assimilato e poi ho cercato di scrivere interiorizzando in qualche modo le testimonianze che in esso erano raccolte. In questo libro la Kübler-Ross teorizza le cinque fasi del lutto, e lo fa intervistando veri malati terminali, persone a cui resta poco da vivere. Lavora cercando di capire le loro paure, il modo in cui affrontano il pensiero della propria morte imminente. È proprio questo il punto di vista del testo di ‘Beyond the Shores’, lo stesso del libro.”
Ecco, una cosa che personalmente mi ha incuriosito è proprio la scelta del registro che si poteva dare a un’opera del genere. Lo scritto è un trattato scientifico, che immaginavo analizzasse l’elaborazione del lutto da un punto di vista psicologico e razionale. Ma quando si parla di questi temi, non si può trascendere dall’aspetto invece emotivo e irrazionale, che almeno sulla carta sembra cocciare con l’approccio descritto in precedenza. Quindi quale dei due approcci ritenete ‘vestiva’ meglio il disco? Nello scriverlo e comporlo, soprattutto le liriche, ti sei affidato più alla parte razionale o a quella umorale di te come artista?
“Partendo dal libro e dalle varie testimonianze raccolte, ho deciso di scrivere il testo in prima persona: ho provato ad immaginare il percorso di un malato terminale, dalla scoperta della propria malattia fino all’accettazione della morte. Non importa quanti anni restano da vivere, non saremo mai preparati abbastanza per un evento simile. Nulla ci prepara davvero ad affrontare la fine dei nostri giorni con serenità e questo è un paradosso, se pensi che la morte alla fine fa semplicemente parte del ciclo della vita. Eppure resta indubbiamente la nostra paura più grande, fonte infinita di dolore per chi la vive in prima persona e anche e soprattutto per chi rimane. Il testo affronta sicuramente l’aspetto emotivo, però non lo considero un vero e proprio concept, Non vuole essere infatti un trattato sull’elaborazione del lutto, bensì riflessioni nell’immedesimarsi in qualcuno che sa di dover morire. Ho provato a ragionare con la sua testa in base alle toccanti esperienze raccolte nel libro, ecco tutto. Nessuno di noi ha studiato psicologia, ero del tutto nuovo a questo tipo di scritti, ma la tematica andava totalmente a braccetto con la musica che avevamo sviluppato, quindi mi sono lasciato travolgere. La cosa incredibile è che diverse persone ci hanno scritto dicendo che il nostro brano li stava aiutando in un periodo difficile della loro vita… chi aveva da poco perso un famigliare, chi soffriva di depressione, chi addirittura aveva tentato il suicidio. Quando degli sconosciuti sentono il bisogno di scriverti per ringraziarti perché la tua musica ha rappresentato la luce in un periodo buio, ecco che comprendi davvero il potere curativo della musica.”
Il titolo sembra un po’… autoreferenziale. ‘Beyond The Shores’, come a dire ‘Oltre gli Shores of Null’… è solo un caso o il richiamo alla parola ‘Shores’ è stata voluta e ricercata per questo titolo?
“No, non è stato un caso, e hai ragione a dire che si tratta di un titolo autoreferenziale. Volevamo fosse chiaro sin dal titolo che si trattasse di un lavoro differente, che andasse “oltre”, al di là degli Shores Of Null a cui eravate abituati. Le rive (Shores) rappresentano l’elemento che ci tiene ancorati alla vita, andare oltre rappresenta – anche da un punto di vista lirico – l’andare incontro alla morte. Da un punto di vista musicale invece, volevamo rappresentare l’abbandono della comfort-zone, la sperimentazione di qualcosa di diverso dal solito, certo prendendosi il “rischio” di un’operazione simile.”
Il parco ospiti è di sicuro ricco e variegato… ci spenderesti qualche parola su Mikko, Thomas, Elisabetta e Martina? Come li avete contattati? Cosa pensi che abbiano dato “in più” ai brani, inteso come loro personalità?
“Nel caso di Mikko e Thomas, la verità è che più lavoravo alle linee vocali e più mi rendevo conto che in determinate parti c’era bisogno proprio di loro. Non so come spiegartelo, alcuni riff sembravano fatti su misura per la loro voce; e più li ascoltavo e più nella mia mente sentivo che il loro tocco avrebbe giovato al brano. Così ho contattato entrambi e per fortuna hanno accettato: li abbiamo invitati a Roma e sono stati entrambi in studio con noi. Si tratta quindi di collaborazioni “in presenza” usando un termine ora di moda, e credo anche questo abbia influito profondamente sulla coesione finale. Sentivo poi la necessità di una voce femminile in un paio di punti, soluzione peraltro abbastanza classica nel gothic metal, ma che noi non avevamo ancora mai sperimentato. Parlandone con Cinghio lui ci ha consigliato di chiedere ad Elisabetta, la voce degli Inno e sua moglie. Al di là del facile contatto, l’abbiamo comunque scelta per la sua voce, incredibilmente calzante con quanto avevo in mente, cioè un duetto con me con armonizzazioni costanti, e il risultato ha superato ogni nostra aspettativa. Martina, è la moglie di Gabriele invece, colei che alla fine è dietro anche ai concept, alla regia e al montaggio dei nostri video sin dai tempi di ‘Quiescent’. E’ anche cantante in diverse formazioni thrash/death, in passato ha militato con i viterbesi Enforces, ed è dotata di uno scream in line come quello di Chuck Shuldiner! L’abbiamo inserito come controcanto sulla parte più veloce del disco, e… beh, quando sentirete delle urla acutissime, saprete che è lei!”
Divertente! Ma è stato difficile affiancarsi a registri vocali così diversi e uniformare il tutto? Non credo, possedendo già tu (Davide) un ampio range di stili vocali, ma la domanda devo fartela…
“Sin dall’inizio ‘Beyond the Shores’ è stato concepito per essere un lavoro diverso dagli altri. Per stile e durata, ma anche a livello vocale, per certi versi. Chi conosce gli Shores Of Null è abituato a un largo uso di armonizzazioni vocali, è un po’ il nostro trademark, così come un guitar-work molto stratificato; in questo caso abbiamo invece optato per il minimalismo. Ci sono meno stratificazioni, e sulle voci ho cercato di lavorare a melodie che funzionassero a prescindere, senza per forza aggiungere cori o armonizzazioni. Noterai che per gran parte del pezzo la mia voce è da sola, mi sono concentrato più che altro sul trovare melodie che fossero semplici e al tempo stesso significative, anche se ciò non significa che non ci siano voci armonizzate. Semplicemente, se paragoni questo lavoro ai due album precedenti, puoi renderti conto che parliamo però di un uso della voce più… minimale, ecco. Abbiamo trattato questo brano un po’ come una piece teatrale, dove i guest sono gli attori che aggiungono colori e personalità al racconto, e qui mi riferisco anche della presenza di piano, violino e violoncello.”
Sempre a proposito di stili vocali, ce ne è uno in cui ti senti più a tuo agio e uno in cui devi invece ‘spingere’ per ottenere ciò che vuoi? O sono tutti, dal pulito al malinconico fino al growl, diversi aspetti del tuo essere?
“Non vengo dal metal estremo, per cui mi sento molto più a mio agio nel cantato pulito, e possibilmente su tonalità medio basse. E’ la mia comfort-zone possiamo dire. Col tempo però ho imparato a padroneggiare anche altri stili vocali, ed era chiaro sin dal primo momento in cui Gabriele mi fece ascoltare i primi demo di ‘Quiescence’ che l’inserimento di vocalità più estreme da parte mia avrebbe giovato al sound generale. Lo stile nel quale devo ‘spingere’ maggiormente è però sicuramente quello, lo scream.”
Il passaggio dalla Candlelight alla Spikerot è avvenuta però in un periodo difficile per le case discografiche. Siete soddisfatti del lavoro di promozione fatto, nonostante il periodo storico appunto difficile?
“Sì, siamo molto soddisfatti. Spikerot è la mia etichetta, per cui mi sono messo doppiamente in gioco questa volta. Il lavoro promozionale è stato molto soddisfacente, molto più di quello che abbiamo ottenuto col precedente ‘Black Drapes For Tomorrow’. Abbiamo potuto gestire la promozione come volevamo, fare uscire il video quando volevamo, scegliere i formati che volevamo, e nonostante la pandemia e l’assenza di concerti, è stato il lavoro che ha avuto maggiore riscontro fino ad ora. Da qui possiamo solo crescere.”
Ci parleresti della musica che dobbiamo ancora ascoltare? Come pensate di muovervi con l’altro album, quello che era nato prima?
“Come abbiamo già detto, l’altro lavoro è già pronto, missato e masterizzato, e manca di fatto solo la veste grafica. L’idea iniziale era quella di farlo uscire a breve distanza da ‘Beyond the Shores’, considerando quest’ultimo come un piacevole fuori pista, un esperimento. Ma ci abbiamo riflettuto, e col perdurare della situazione globale, non volevamo uscire con un altro album senza prima aver dato un’entità live a ‘Beyond the Shores’. Vorremmo riuscire a portare anche questo dal vivo, prima di far uscire un nuovo album. Il prossimo lavoro ha già un titolo (ma è ancora top secret) e ti diciamo che sarà più classicamente Shores, a mio avviso una sorta di naturale evoluzione di ‘Black Drapes For Tomorrow’.”
Non vediamo l’ora! Per concludere… visto che il periodo tra il 2020 e il 2021 è come dire per molti di noi “sospeso” tra ciò che si è perso e ciò che succederà… quale è la tua più grossa speranza per la seconda parte del 2021? Cosa auguri a te, e agli Shores, una volta che sarà finito tutto questo?
“Di riuscire a fare almeno un concerto in presenza, seppure dovesse trattarsi di un concerto in teatro con posti a sedere, non mi importa. Voglio portare dal vivo ‘Beyond the Shores’; è senza dubbio questo la nostra più grande speranza e priorità al momento. Quando tutto questo sarà finito mi auguro che tutti comprendano i sacrifici enormi che band, club e addetti ai lavori hanno fatto in questi lunghi mesi, e auspico un reset anche a livello di mindset, affinché si torni a vivere i concerti underground con rinnovata passione.”