Blind Golem – Ritorno alla Fantasia
Il 11/03/2021, di Alex Ventriglia.
Il viaggio dei Blind Golem è un autentico ritorno alla Fantasia, quella più suggestiva e sgargiante di colori, ma soprattutto di suoni, impreziosita da un feeling d’altri tempi, che non può non ricordare i gloriosi anni ’70 e alcuni dei suoi eroi indimenticabili, tra cui i leggendari Uriah Heep ai quali il quintetto scaligero è legato a doppio filo. Un viaggio memorabile, incantevole e sinuoso, intitolato appunto ‘A Dream Of Fantasy’, primo, straordinario album della band veronese, sponsorizzato Andromeda Relix, e sul quale indaghiamo con l’aiuto di due dei protagonisti, Silvano Zago e Francesco Dalla Riva, rispettivamente chitarra e basso dei Blind Golem.
Un minimo di storia dei Blind Golem, credo sia doveroso farla… Senza tralasciare i nomi di Forever Heep e Bullfrog, due monicker che già di loro han brillato di luce propria.
(Silvano Zago) Io e Francesco suoniamo da più di un quarto di secolo nei Bullfrog, power-trio di Hard Rock Blues anni ’70, con i quali abbiamo pubblicato cinque album e da cui abbiamo avuto molte soddisfazioni. Qualche anno fa siamo entrati nei Forever Heep, tribute-band degli Uriah Heep, che in più di un’occasione ha accompagnato Ken Hensley in concerto. Ad un certo punto, abbiamo sentito l’esigenza di produrre materiale originale. Andrea (voce) ha aderito con entusiasmo al progetto; abbiamo completato la formazione con Simone (tastiere) e Walter (batteria), e il Golem ha preso vita.
Che siate appunto legati a doppio filo ai suoni classici, spesso marchiati Uriah Heep, è un dato di fatto, ma cosa vi ha spinto a fare il grande passo, a dichiararvi pronti all’esordio, vissuto con un primo album a dir poco splendido, se non sensazionale, qual è ‘A Dream Of Fantasy’?
(Silvano) Guarda, i Blind Golem sono nati come progetto parallelo di vari gruppi, visto che ognuno di noi suona/suonava anche in altre situazioni. Visto il poco tempo a disposizione, abbiamo pensato di saltare la classica trafila del rodaggio live, data anche la situazione non molto rosea dei locali che propongono musica dal vivo, e abbiamo pensato direttamente all’album. Avevamo anche una certa urgenza creativa, visto che i pezzi erano già pronti e aspettavano solo di essere suonati e registrati. Poi è scoppiata l’emergenza Covid, quindi, nostro malgrado, quella si è rivelata una scelta strategica…
(Francesco Dalla Riva) Direi che è stato un processo abbastanza naturale. Con i Bullfrog abbiamo una proposta musicale abbastanza definita, ma dal vivo ci è sempre piaciuto esplorare anche influenze musicali che magari su disco faticano ad uscire, magari con l’aiuto di amici ospiti. Negli anni siamo passati dal suonare dal vivo per una sera tutto ‘Tommy’ degli Who, a riproporre un intero concerto degli AC/DC del 1979, o a tributare gruppi come i Free, i Black Sabbath, Rory Gallagher. Il sound degli Uriah Heep è da sempre una delle nostre influenze e i Blind Golem ci consentono di esplorare questa dimensione in maniera creativa e non limitandoci a proporre qualche loro cover.
Un album che trova dell’assoluto valore aggiunto già partendo dallo strabiliante artwork di copertina, firmato dallo storico Rodney Matthews: qualche retroscena legato a questo sodalizio prestigioso?
(Francesco) Beh, Rodney è un vero rocker, oltre a essere il magnifico artista che tutti conoscono. Capisce il nostro genere di musica alla perfezione, essendo il suo immaginario parte importante dell’evoluzione del genere. Quando si è manifestata la possibilità di collaborare con lui, c’è stato un momento di esitazione, quasi il sentire che la musica avrebbe dovuto per forza essere all’altezza di un tale biglietto da visita. In questo, la nostra etichetta, la Andromeda Relix, ha dimostrato la massima disponibilità e fiducia nel disco, anche perché Max Bettinazzi, socio fondatore della label, è da sempre innamorato della copertina che Rodney disegnò per ‘Borrowed Time’ dei Diamond Head, e quindi ha visto la cosa come un onore per l’etichetta.
Prima di entrare maggiormente nel dettaglio, va anche sottolineato che ‘A Dream Of Fantasy’ sta letteralmente collezionando recensioni e reazioni entusiastiche, come forse poche volte accade, specie poi quando si tratta di un debutto. La cosa vi ha sorpreso? E quale potrebbe essere la ragione di tanto successo? Che forse si ha nuovamente voglia di grande musica? E che il rock, quello vero, con la “erre” maiuscola, mai potrà tramontare…
(Silvano) Devo dire, immodestamente, che un po’ ci speravo, visto che negli ultimi anni l’interesse per certe sonorità legate ai Seventies è aumentato e vanta una schiera di appassionati incalliti. Chiaramente aver avuto il privilegio di ospitare nomi prestigiosi come quelli di Ken Hensley e Rodney Matthews è stato un’attrattiva importante. C’è la soddisfazione di aver fatto un buon lavoro, con pezzi credibili e con la giusta attitudine.
(Francesco) Effettivamente, ci siamo anche resi conto che questo disco, nel suo piccolo, colma un vuoto nella proposta attuale del cosiddetto “classic rock” o “retro rock”. Esiste ormai un pubblico di nostri coetanei o quasi che è rimasto affezionato a certe sonorità e che è stufo di vedere celebrati gruppi che magari “flirtano” con le sonorità di Deep Purple e Rainbow, ma stemperandole con influenze più moderne o, nelle intenzioni, accattivanti. Il nostro album, in questo non fa compromessi: dagli arrangiamenti, ai suoni, è decisamente un disco rivolto a chi sa cogliere la differenza tra il suono di un Hammond e quello di un piano Fender Rodhes, a chi sa che l’hard rock classico è un genere che ha conosciuto le influenze più disparate. Ci conforta vedere che, in questo, ‘A Dream Of Fantasy’ stia trovando le orecchie giuste che lo ascoltino.
L’impronta Uriah Heep, non è un mistero, è piuttosto calcata, ma non solo, perché all’interno dell’album si respira a pieni polmoni tutta la miglior tradizione rock anglosassone, sia anni Sessanta che Settanta, con un occhio di riguardo verso brani ad ampio respiro, dall’humus sgargiante e florido di influenze. Quale i brani su cui puntare? A mio avviso, già solo il lotto iniziale, le prime tre tracks fanno la differenza, oltre alla ormai celebre ‘The Day Is Gone’ realizzata con il super guest Ken Hensley…
(Silvano) Sono di parte, ti citerò due pezzi composti da me, ‘Bright Light’ e ‘Night Of Broken Dreams’, che hanno atmosfere diverse. Ma direi che tutto l’album ha un suo perché.
(Francesco) In fase compositiva è sempre stata forte l’esigenza di svariare tra molte soluzioni diverse, presentando una paletta di colori molto varia, per cui anche la scaletta dell’album rispecchia questo. I primi brani sono forse quelli più d’impatto e che inquadrano l’intento della band chiaramente, ma nella seconda parte del disco, e in questo direi che ‘Ghost Of Eveline’ è forse lo snodo dell’album, ci sono episodi più differenziati, che spaziano anche verso atmosfere più evocative, acustiche, per concludere poi il percorso con la delicata e sognante ‘A Spell And A Charm’. Personalmente, non ho un brano preferito, trovo che tutti lavorano bene insieme. Certo, ‘The Day Is Gone’ ha assunto un valore particolare.
Parliamo allora proprio di ‘The Day Is Gone’, un titolo che pare profetico già di suo, vista la recente e improvvisa scomparsa di Ken, e un bellissimo modo per ricordarlo da parte vostra…
(Francesco) Grazie. È stato il primo brano scritto per i Blind Golem ed è quello quindi più datato. All’inizio aveva una melodia un po’ differente da quella attuale ma certo era molto ispirata a tante ballate che Ken ha composto nella sua carriera. Naturale, quindi, che sia stato uno dei pezzi considerati per la sua collaborazione. Devo dire che ciò che ha suonato alla chitarra slide nei suoi vari interventi si sposa perfettamente con l’atmosfera che avevamo in mente e, anzi, la fa suonare in maniera riconoscibilissima come un pezzo di Hensley. Certo, non avremmo pensato che sarebbe diventata una sorta di commiato, ma ci ha fatto immensamente piacere vedere come molti fan di Ken abbiano sentito questa canzone come tributo a un artista talvolta snobbato quando si parla di grandi compositori rock, ma che ha saputo toccare il cuore di milioni di persone.
Una curiosità tutta mia, visto che con voi posso andare sul sicuro: sono curioso di sapere il vostro album preferito degli Uriah Heep, e perché…
(Francesco) Io amo tutta la loro discografia e sono un collezionista anche dei vari percorsi solisti. In generale, direi che fino al 1976 tutti i loro dischi sono candidabili. Per rispondere alla tua domanda, sceglierei però il trittico ‘Demons And Wizards’, ‘Sweet Freedom’ e ‘Magician’s Birthday’ perché trovo che la loro vena creativa, trainata in gran parte dall’estro di Ken, abbia raggiunto la sua piena maturità e consapevolezza in quei dischi. L’equilibrio tra energia, fantasia e lirismo ha una suggestione tutta sua.
(Silvano) Sono quel genere di domande a cui è veramente difficile rispondere… A caldo, mi viene da dire ‘Salisbury’. Non è il loro lavoro più maturo, ma dentro a quei solchi c’è una forza evocativa e un’atmosfera sognante che gli conferiscono un’aura quasi mistica…