Soen – Fra spiritualità e istinto
Il 08/02/2021, di Federica Sarra.
“Dobbiamo essere per forza ottimisti, non appena la “luce diventerà verde” sappiamo cosa dobbiamo fare, uscire là fuori a suonare. È il nostro piano!” Esordisce così Joel Ekelöf, voce dei Soen, con un savoir-faire estremamente ottimista nonostante i tempi duri che affliggono le band.
Parliamo del nuovo album, ‘Imperial’, cosa pensi che i fan debbano aspettarsi?
“Sinceramente oggi nella scena progressive molte band tendono a tralasciare la componente più Metal, le origini e le radici del genere per spostarsi verso territori più Rock e Jazz. Noi vogliamo invece mantenere questa caratteristica e inoltre troviamo più interessante cercare di conservare l’attitudine di band degli anni Settanta che suonavano cercando di raccontare una “grande avventura” senza dover diventare per forza una “clinic”. Questo è quello che abbiamo cercato con il nuovo album ‘Imperial’ e spero che i fan apprezzino questa scelta.”
Sembra che ci siano stati degli ottimi feedback ascoltando il primo singolo uscito…
“Sì è vero, abbiamo avuto diversi feedback positivi e pare proprio che la gente abbia apprezzato quello che stiamo facendo.”
‘Imperial’ è stato composto durante la pandemia e c’erano già alcune idee prima?
“Il processo di scrittura è iniziato molto tempo prima, abbiamo iniziato a registrare l’album appena tornati in dal tour in Sud America poco prima che scoppiasse la pandemia in Europa. Purtroppo abbiamo dovuto interrompere il tour. Fatto l’ultimo show in Messico siamo poi dovuti tornare in Svezia, una volta a casa ci siamo concentrati sulla registrazione del nuovo album.”
Questa situazione eccezionale ha in qualche modo cambiato il vostro approccio compositivo e ispirazioni?
“Non abbiamo scritto nulla di specifico su questo tema anche se questi sono tempi oscuri e ovviamente incidono sull’umore e sui sentimenti di tutti. Ci ha mostrato come questa società sia sempre più polarizzata sull’amare qualcosa oppure odiarla incondizionatamente, senza una via di mezzo. Se qualcuno la pensa diversamente da te si percepisce più livore, questa situazione ha creato ancora molte tensioni. È un periodo in cui i demagoghi hanno spazio e riescono a far presa sulle persone, spingendole e incitandole all’odio.”
Pensi che ci si debba aspettare grandi cambiamenti nel music business?
“Sarà un ‘bagno di sangue’. Ti posso già anticipare che molte band si scioglieranno perché in questa situazione è semplicemente impossibile avere delle entrate fisse per i gruppi. Ci dovrebbero essere più aiuto da parte del Governo svedese per chi suona Metal, non è così purtroppo.
Strano sentire questo perché abbiamo in qualche modo idealizzato la scena musicale svedese.
“È curioso vedere come in Svezia esistano così tante band metal famose ma in realtà non ricevono nessuno aiuto perché vengono privilegiati generi mainstream.”
Pensa se stavate in Italia… Come si è evoluto il rapporto con i vostri fan durante questa pandemia che ci ha costretti tutti a casa e in qualche maniera ad essere più attivi sui social.
“Bella domanda! Sì, abbiano notato una vicinanza incredibile da parte dei nostri fan. Abbiamo ricevuto molti messaggi, anche delle donazioni e il supporto tramite l’acquisto del nostro merchandising ufficiale.”
Come ti aspetti che sarà il ritorno “on the road”, a livello psicologico intendo…
“Penso semplice. Una volta che torneremo sul palco sarà come se ci fossimo lasciati la sera prima. Sono più spaventato dal fatto di essere super eccitati e troppo carichi! Ma è l’unica cosa che vogliamo fare: suonare live!”
Avete già in mente chi sarà il support act?
“Sì, ma non te lo posso svelare (ride, ndr.).”
Ovviamente non vediamo l’ora di riavervi in Italia.
“Certamente! Abbiamo voglia di tornare il prima possibile e riprendere i nostri piccoli rituali, per esempio quando io e Lars usciamo per andare a farci una grappa!”
Siete consapevoli del fatto che la musica debba essere un momento di catarsi reciproca, per chi suona e per chi ascolta. Voi lo sottolineate costantemente e non è così scontato che una band lo palesi così.
“Non abbiamo paura di aprici al nostro pubblico, tirando fuori le emozioni. Questa è la musica che vogliamo fare, vogliamo che sia onesta, diretta e terapeutica. È una cosa naturale e semplice per noi.”
Tornando a ‘Imperial’, avete collaborato nuovamente con Inaki Marconi. Quale elemento ha aggiunto la sua presenza?
“Inaki è come se fosse un componente della band, il sesto membro dietro le quinte. È un grande produttore e uno che ti risolve sempre il problemi (ride, ndr.), ovvero modernizzare il sound senza aver paura di perdere il feeling. Ci sono tendenzialmente due filoni da seguire, o il Prog settantiano oppure sperimentare altri percorsi più Metal, lui è in grado di coniugare queste due cose.”
Nel corso degli anni non avete fatto un cambiamento radicale o inaspettato ma siete arrivati al sound di ‘Imperial’ album dopo album. Vi piacerebbe avere un side-project completamente diverso dai Soen?
“Se dovessimo fare un album Black Metal sarebbe un progetto anonimo (ride, ndr.).
Non è un segreto che tutti i musicisti sono influenzati da diversi generi musicali, altrimenti non avrebbero gli strumenti e la creatività per poter comporre buona musica. Adoro anche l’Opera! Ma se dovessi fare un progetto solista mi ispirerei, per esempio, a Brian Ferry.”
Joel, uno dei grandi pregi dei Soen da sempre, è quello di saper bilanciare la vostra parte più istintiva e diretta e la forte spiritualità che pervade testi, artwork, suoni. A che punto della vostra carriera avete acquisto questo valore con maggiore consapevolezza?
“Difficile ripensare a un momento o un brano specifico, sicuramente con l’album ‘Cognitive’ siamo stati in grado di compensare questi aspetti e rendere il nostro personale “discorso” più omogeneo e riconoscibile.”
Ph. Gabriele Capriulo per Metal Hammer Italia ©