DGM – Learning To Live
Il 16/11/2020, di Andrea Lami.
Come sempre l’uscita di un nuovo album (top album e recensione qui ) è la splendida occasione per approfondire il discorso con i diretti interessati, capire dove nascono certe canzoni, come si sviluppano, cosa significano i testi. Insomma, discostarci un attimo da quella che è l’interpretazione di un’opera ed avvicinarci alla verità di chi quell’opera l’ha composta. Abbiamo fatto due chiacchiere con Simone Mularoni (chitarrista e produttore) nonché con Fabio Costantino (batterista) che mai come in questo caso ci viene in aiuto nello spiegarci l’idea del concept e il suo sviluppo.
Partiamo dall’inizio. Quattro anni d’assenza (intervallata da tour e produzione di un album live). Che cosa è successo in tutto questo tempo?
Simone Mularoni: Una marea di cose! Io personalmente mi sono buttato in alcune produzioni e nel frattempo ho mixato e registrato decine di album per altri gruppi, come tu hai detto poi la produzione del blu-ray ‘Passing Stages’ ci ha portato via quasi un anno intero e in più vari tour e tante date a supporto di ‘The Passage’. L’ultima data l’abbiamo fatta ad Agosto 2019 quindi più o meno un anno di lavoro solo per la produzione del nuovo album!
Il nuovo album è un concept. Ci raccontate un po’ la storia che ci sta dietro?
Fabio: Il concetto dietro ai testi riguarda un percorso di vita di una persona. Inizia con la nascita, quindi l’incontro con quella cosa meravigliosa che è il mondo al di fuori della sicurezza del grembo materno. Crescendo il personaggio capisce che ha bisogno di qualcosa in più, un qualcosa di non precisamente definito. La ricerca di quel qualcosa lo porta a fare delle scelte. Scelte che in modo più o meno conscio lo portano alla separazione, al distacco da quelle che, fino a quel momento, erano le sue certezze, i suoi affetti, la sua casa (in senso metaforico). Ne conseguono incertezze e dubbi su ciò che avrebbe potuto essere se fossero state fatte scelte differenti e, in una sorta di consuntivo finale, la consapevolezza maturata in questo ‘percorso’ porta il personaggio a realizzare che, forse, il senso di ciò che cercava stava nel viaggio stesso più che nella destinazione finale.
Sappiamo che Fabio si è occupato dei testi… Fabio, raccontaci com’è nata l’idea di approfondire questo argomento?
Fabio: Non c’è un momento particolare in cui ho deciso che dovesse essere un concept. C’erano due/tre testi già scritti che giravano più o meno intorno allo stesso soggetto. Mentre si decidevano le linee melodiche ho maturato la convinzione di poter ‘espandere’ a tutto il disco quel seme che già era stato piantato, ispirato anche da ciò che sentivo (in tutti i sensi).
Già che ci siamo, so che è una domanda assai banale, ma come nasce una canzone dei DGM?
Simo: A meno che i brani non arrivino da Emanuele (Casali) o Marco (Basile), nel 99% dei casi il brano nasce a livello strumentale da me, butto giù sempre tante idee registrandole “a voce” sul cellulare e poi quando sento di averne qualcuna che funziona la trasformo in brano vero e proprio con la chitarra, in più suono una rudimentale linea di basso e qualche tastiere guida e ci aggiungo una batteria elettronica. In questo modo ho il brano semi “finito” e da qui poi ci si vede tutti insieme per comporre le linee vocali, che partono spesso da un’improvvisazione di Marco, che ci canta sopra finché non siamo tutti soddisfatti! Ci teniamo sempre tanto a comporre le linee vocali tutti insieme, perché riteniamo siano la cosa più importante in un brano.
La copertina. Ci sono cinque simboli, rappresentano per caso ognuno di voi come fecero prima i Led Zeppelin e altri successivamente? Le mani oltre a regalarci quella sensazione di separazione (come detto dal titolo), ci riportano alla mente l’opera di Michelangelo. Diteci di più…
Simo: La copertina è stata realizzata dal nostro “vecchio” amico Simone Bertozzi, che già aveva realizzato le cover del nostro primo dvd ‘Synthesis’ e la cover di ‘Momentum’. Durante le session di registrazione dell’album abbiamo avuto vari incontri con Simone e gli abbiamo dato le direttive che avrebbe dovuto avere la copertina, solo però qualche input derivante dal significato del concept e lui ha realizzato l’opera! I simboli sono legati sia a noi cinque che alle canzoni e le mani rappresentano come tu hai detto la separazione già citata dal titolo, ma non voglio entrare nello specifico perché a questa domanda dovrebbe rispondere Simone (Bertozzi) stesso!
Dopo l’uscita del singolo ‘Flesh And Blood’ in tanti hanno paragonato l’inizio con ‘Iconoclast’ dei Symphony X. Voi cosa ne pensate?
Simo: Capisco bene il perché! In realtà la verità è che l’intro di ‘Flesh and Blood’ mi è venuta ispirandomi ad un riff di pianoforte di Francesco dei Fleshgod Apocalypse! Ovviamente però appena suoni un riff sulle basse con il tapping fa subito ‘Iconoclast’. Ma va bene tutto, non ci offendiamo ed i Symphony X sono la mia band metal preferita quindi ben venga! Lol
Simone è spesso ospite di altre band. Fare un album DGM ed essere ospite è completamente diverso. Simone, ci racconti la differenza tra queste due cose?
Simo: Totalmente diverso. Quando sono ospite è quasi solo un ‘divertimento’. Non ho responsabilità come artista se non per le parti che suono e lo faccio sempre molto volentieri se la musica mi attira. Fare un album dei DGM invece è un vero e proprio ‘parto’… peso ogni nota per mesi e ogni brano viene sminuzzato e rimpastato per anni fino a quando non mi soddisfa al mille per mille e quindi è molto soddisfacente da un lato ma anche molto stressante dall’altro, però continuerò a farlo fino a quando ci sarà l’ispirazione!
Sempre per Simone, lavorando con Frontiers e producendo cose per altre band, come fai a capire se una canzone è meglio per i DGM o per altre band? Insomma, ti viene un’idea, la classifichi e poi lavorandoci prende da sola questa o quella direzione?
Simo: Guarda, alla fine non ho fatto poi tanti album al di fuori dei DGM… Lione Conti, Geoff Tate e qualche brano qua e là, ma tutti questi erano progetti ben definiti quindi è semplice scindere le due cose. Per i DGM ho un sound preciso in mente e so esattamente che stile voglio dare ai brani, mentre gli altri dischi che ho prodotto avevano un loro percorso a se stante quindi diverso alla fonte.
Andando un po’ più nello specifico, c’è una ragione per la quale spesso usate come schema ‘solo chitarra, solo tastiera, solo chitarra’?
Simo: Bella domanda! Penso che provenga del tutto dai dischi di Malmsteen, in cui c’è quasi sempre stata questa suddivisione! Ora che me lo hai fatto notare nel prossimo disco farò prima tastiera e poi chitarra! Lol. Seriamente, è uno stile che ho da sempre adorato proprio da Malmsteen, i primi Dream Theater e Symphony X, e poi con un tastierista come Emanuele non si può non fare!
Come si fa a bilanciare la tecnica (che voi patroneggiate) con l’orecchiabilità delle canzoni? È una cosa che richiede una grossa quantità di gusto musicale che vi fa prendere le scelte giuste…
Simo: Difficile rispondere a questa domanda. Spesso quello che molti considerano ‘tecnico’ per noi magari è ‘normale’ mentre invece altre cose considerate ‘semplici’ sono per noi più complesse, quindi penso sia un discorso molto soggettivo. In generale cerchiamo sempre di avere delle parte super orecchiabili e melodiche e quando magari il pezzo si fa troppo “melenso” ci infiliamo qualche riff più intricato, ma non saprei dirti la “ricetta” finale, è tutto a sentimento. Di sicuro per noi la priorità è sempre quella di avere il ritornello più “cantabile” possibile, quindi questa sarà sempre e comunque una costante nella nostra musica, sia che i riff siano intricati o no.
Chiudo l’intervista con una domanda obbligatoria, e cioè: Eddie Van Halen! Siamo cresciuti con la sua musica, ci ha insegnato tanto. Cosa ne pensate?
Simo: Be’, Eddie è il padre di ogni chitarrista moderno! Non tanto per la velocità o i “numeri” solisti ma più per tutto il personaggio. Il sound è incredibile, le idee sono rivoluzionarie e la band ha sempre fatto dei live devastanti. Penso sia stato l’ultimo vero e proprio guitar hero.
E più nello specifico a Simone, essendo chitarrista, ed essendo nato come fan di Michael Jackson, che ne pensi dell’assolo (e della sua storia) di ‘Beat It’? Quanto e come ti ha influenzato Eddie Van Halen?
Simo: Beh forse il solo più iconico di tutti i tempi! Ricordo le giornate e le nottate per cercare di impararlo ben prima che ci fossero i tutorial su YouTube, e ancora oggi non riesco a farlo venire uguale!
Se ti chiedessero di fare un assolo in una canzone pop…lo faresti?
Simo: Certo! E l’ho già fatto varie volte in passato per progetti di conoscenti e amici! È un genere che mi piace quando la canzone è ben costruita e ha idee fighe e di sicuro aiuta a non fossilizzarsi nelle stesse idee ogni volta.