Oceans Of Slumber – Un nuovo inizio
Il 14/09/2020, di Dario Cattaneo.
Gli Oceans Of Slumber con il loro quinto, omonimo, album hanno rilasciato un passo importante della propria carriera, sempre più lanciata verso palcoscenici importanti in tutto il mondo. Dalle parole di Cammie Gilbert sentiamo un po’ cosa è successo in questo periodo di grandi cambiamenti per la band e il mondo, e come vedono loro t la creazione di questo album così peculiare.
In questo periodo di caos sanitario lo sto chiedendo un po’ a tutti, ma a maggior ragione a voi che venite dagli States: come state vivendo l’emergenza COVID-19 in America?
“Non c’è molto da dire… l’impatto economico sulle città, sulle attività e sulle finanze di una band come la nostra lo conosciamo tutti. È un periodo buio, e in molti stanno perdendo il lavoro o passando grosse difficoltà. Da un punto di vista personale è un dramma sentire le notizie di così tanti morti… e non poterci fare niente. Lato nostro, abbiamo preso questa emergenza seriamente fin da subito, siamo rimasti in casa il più possibile e abbiamo rispettato le regole… e niente, stiamo aspettando che tutto finisca.”
Credete che la gente cambierà il proprio modo di comportarsi e di essere dopo questa prova così dura?
“Beh, lo spero. Un po’ ci conto, direi. Qui nel nostro paese molte cose non andavano bene neanche prima, ma c’è anche chi fin da prima si lamentava per molte cose anche futili… con tutti questi posti di lavoro persi, con queste morti e con la gravità di tutto quello che è successo; forse tutto questo dovrebbe aiutarci a capire cosa è veramente importante e a dare minor peso ad alcune cose più stupide. È una prova dura come dici tu, difficile pensare che una cosa così non provochi dei cambiamenti anche nelle persone… speriamo, solo, che sia in meglio!”
Veniamo al vostro nuovo album, ‘Oceans Of Slumber’. Scegliere il nome della band come titolo è una dichiarazione di intenti?
“Più sì che no. Da un lato non volevamo un nome distraente, dall’altro chiamare questo disco come la band ci sembra appropriato. Sono successe tante cose in seno al gruppo, quasi tutti i membri sono nuovi, e in generale io e Dobber abbiamo lavorato a mettere assieme le varie influenze, i vari elementi del nostro sound, per crearne una versione più compatta, che rappresentasse quello che siamo noi adesso. Da quel punto di vista, il titolo è appropriato. Spesso l’album omonimo è il primo, per noi è il quinto… possiamo vederlo come un nuovo inizio, no?. Anche questo ci piace, ci sembra adatto.”
Come ci hai fatto intendere, il lavoro di composizione dei brani della band è nelle mani tue e di Dobber, gli unici rimasti della vecchia formazione. Gli altri ragazzi nuovi, hanno collaborato alla stesura dei brani?
“Si, il lavoro è stato piuttosto organico. Le registrazioni sono state piuttosto libere, tutti potevano contribuire, dire la loro sui vari aspetti di ogni canzone. Comunque non direi che il grosso del lavoro è nelle mani mie e di Dobber. Io lavoro alle linee vocali, ai testi e ad alcune melodie. Dal punto di vista strumentale non aggiungo molto… quella mi piace pensarla come competenza dell’intera band.”
Il modo a cui avete lavorato a ‘Oceans Of Slumber’ è stato un po’ diverso dal solito?
“Anche qui… sì e no. Come ti dicevo, questo lavoro arriva in un periodo di transizione, e come tale non può essere stato sviluppato nella stessa maniera degli altri, per via di condizioni al contorno diverse. È stato strano: da un lato senza più una band, tutto è stato composto da Dobber, consolidando e focalizzando gli elementi importanti per il nostro sound. Da un lato, poi i nuovi membri sono arrivati con i brani già in larga parte scritti, e hanno cercato di portare ognuno qualcosa, di aggiungere il proprio sangue ai brani. ‘Fresh Blood’, capisci? ”
Penso che un buon motivo per cui il tuo cantato piace così tanto ai vostri fan sia perché è in grado di veicolare sensazioni. È molto coinvolto nel mood di ogni brano. Che tipo di esercizi, anche mentali, fai per immedesimarti così bene in quello che canti?
“Come ti dicevo, sull’aspetto strumentale io non entro, quindi le canzoni arrivano a me con già un volto, un identità. A questo punto, quello che posso fare io sul brano è appunto interpretarlo, cercare di capirlo ed entrare in esso. Vivo ogni canzone come un regalo della band a me, e prendo questo molto seriamente, cercando di sentirla, di capire che sentimenti mi trasmette e adattando lo stile vocale a questi sentimenti. Lascio che la canzone mi parli e vedo che sentimenti mi suscita. Questo fa parte del mio lavoro. Quando cominciamo a lavorare alle linee vocali la mia voce è come uno strumento in più sullo spartito, le emozioni cerco di metterle nel modo che ti ho spiegato.”
Per le voci cariche di pathos come la tua, chiedo spesso come si fa a sposare questa carica interpretativa nella situazione live. Non è difficile essere tristi, disperato o angosciati in una situazione, quella live, che invece dovrebbe trasmettere al performer energia e voglia di fare casino?
“No, non credo sia difficile. Ti dicevo prima dell’importanza della canzone in sé, e te lo ripeto. È sempre quella a guidarmi. Conosco la canzone, so di cosa parla, so che sentimenti provavo mentre ci lavoravo, mentre la facevo mia. E anche quando sono on stage è quello a guidarmi. Sto interpretando la canzone, è su quello che mi concentro. Questo non implica che io non sia felice, non sia piena di energia on stage. Lo sono, mi sento positiva ed esaltata. Ma sto interpretando la canzone, e in quel momento è quella che mi parla. L’interpretazione è separata dal posto in cui mi trovo o da come mi sento.”
Puoi dirmi qualcosa sulla cover scelta per quest’album? ‘Wolf Moon’ dei Type O Negative… una scelta forte, se vogliamo…
“La volevamo fare da un po’… e credo che sia una delle mie preferita dei Type O Negative. Ecco una delle canzoni con cui sento una sorta di connessione particolare, proprio nel modo in cui Peter (Steele, ndr.) la canta e in cui io la reinterpreto. Ci piace, viene bene e la suonavamo da un po’… la scelta di registrarla è stata facile.”
Hai detto che questa canzone ti piace molto… quali sono i tuoi gusti musicali e quali quelli della band?
“Per i miei in realtà arrivo molto dal rock alternativo anni Novanta, e prima ancora dal jazz e R&B che suonava mio padre. Questa è la mia culla. Come band ti dico Soundgarden, Alice In Chains, Faith No More… quel tipo di musica lì. Il resto della band ha alter influenze che puoi sentire di più… Opeth, Katatonia, Acid Bath, Type O’ Negative, Evergrey… tutti elementi che poi ritrovi nella musica degli Oceans Of Slumber.”
Il nostro tempo giunge alla fine, e riportiamo ancora l‘attenzione sul vostro album. Quale pensi sia il suo punto forte? La cosa che ti soddisfa di più?
“La sua completezza. La sua capacità di rappresentare al meglio la band stessa. È stato concepito in un momento difficile, poteva rappresentare una fine se le cose andavano male, ma invece rappresenta un nuovo inizio, e da una immagine della band da cui siamo fieri di partire e andare avanti. Credo che sia questo a rendercelo così importante.”