Witches Of Doom – Welcome To The Hotel Paranoia
Il 25/06/2020, di Francesco Faniello.
Lo avevo scritto in occasione della recensione del loro ultimo ‘Funeral Radio’ e lo confermo qui: i Witches of Doom hanno trovato la sintesi perfetta del loro caleidoscopio musicale con il terzo album e con il definitivo bilanciamento tra le suggestioni hard’n’heavy e quelle più classicamente goth/wave, unito a un lotto di canzoni dannatamente efficaci. Oggi è Fed Venditti a farci strada nell’antro delle streghe della malasorte…
Ciao Fed! Siete giunti al terzo capitolo della vostra discografia: possiamo subito dire che ‘Funeral Radio’ si presenta come il classico “terzo album”, quello decisivo, o aspettiamo il prossimo episodio per esprimere un giudizio definitivo?
Innanzitutto grazie per il vostro spazio. Allora Francesco, sì… in genere è come dici te, il terzo album di ogni band è quello decisivo, però nel nostro caso credo che anche i capitoli precedenti siano altrettanto importanti nella nostra evoluzione. Oggi ti possiamo rispondere che ‘Funeral Radio’ è la summa dei primi due album con l’aggiunta di un po’ di sano metal che forse nei dischi precedenti era meno presente, dal momento che le chitarre qui sono più avanti nel mix. Credo che i riconoscimenti che stiamo ricevendo per questo disco siano più numerosi nel mondo metal perché richiama di più certi elementi di quella scena, mentre i due album precedenti erano più legati alla scena goth/dark.
Alla fine ho seguito il tuo consiglio e sono andato ad ascoltare qualche estratto dal vostro debut ‘Obey’, confermando l’impressione sul percorso evolutivo compiuto dalla band… Vorresti descrivere il processo artistico che vi ha portato da ‘Obey’ a ‘Funeral Radio’, passando per ‘Deadlights’?
Come dicevo prima, ogni album rappresenta un momento diverso. È come scattare una foto per catturare un preciso momento della tua esistenza, poi la riguardi dopo anni e la vedi con occhi diversi. Da questo punto di vista, credo che i Cult siano una band che in ogni disco hanno cambiato pelle pur rimanendo riconoscibili ed è quello che vorremmo fare noi. Quando è uscito ‘Obey’ eravamo insieme da poco e lo stile definitivo del gruppo è stato modellato in studio da Fabio Recchia – il nostro produttore storico – che ci ha conferito un tocco alla Depeche Mode e NIN. Alla fine è venuto fuori un ibrido tra stoner e goth con un tocco doom e addirittura rimandi alla new wave inglese. Due anni dopo siamo tornati in studio per registrare ‘Deadlights’ e il nostro obiettivo era quello di sperimentare e aggiungere campionamenti ed elettronica, non volevamo assolutamente ripetere la stessa identica formula del primo pur mantenendo il nostro stile. Ci siamo affidati a Fredrick Folklare (Unleashed) per avere una produzione svedese e fredda ed infatti il risultato è stato un disco che aggiungeva elementi riconducibili all’industrial e alla dark wave anni ottanta. Non tutti hanno capito quel disco nel mondo metal, mentre chi ascolta musica dark ha apprezzato questa nostra evoluzione sonora. Arriviamo quindi a ‘Funeral Radio’, che per me è un parziale ritorno al sound del debutto però con gli arrangiamenti di ‘Deadlights’ ed in più tanti riferimenti al metal anni 80 e 90. Avrai sicuramente notato le tante citazioni a band illustri che ci hanno influenzato, dai TON ai Cult e ai Monster Magnet, fino a Metallica, Iron Maiden e Slayer.
Ho sempre considerato il vostro monicker fuorviante “a metà”: se da un lato è bene cercare di evitare il facile accostamento al doom metal (che non c’è, almeno non secondo la mia concezione di doom metal), dall’altro non posso fare a meno di notare che amate descrivere la vostra formula come gothic / stoner / doom, anche se di “doom” ne è rimasto sempre di meno, disco dopo disco. Qual è il bandolo della matassa?
Sì, il nostro nome può trarre in inganno qualche ascoltatore, ma in realtà noi intendiamo la parola “Doom” in senso letterale – come sventura, malasorte e non necessariamente come genere musicale, anche se ascoltando i nostri dischi è impossibile non notare come i Black Sabbath e i Trouble abbiano influenzato il nostro stile in maniera evidente. Quello che cerchiamo di fare è di unire Stoner, Goth e Doom con spruzzate di hard rock cupo e un po’ di dark wave anni 80. Il doom c’è sicuramente nel nostro sound, ma ci piace reintepretarlo a modo nostro. Non capisco quelle band che copiano pari pari i Black Sabbath o i Death SS ad esempio, magari nell’immediato raccolgono consensi facili, ma sulla lunga distanza annoiano. Noi abbiamo sempre cercato di seguire una strada poco battuta ed in salita cercando di rielaborare diversi stili in un unico pacchetto. Dal mio punto di vista siamo una specie di Faith No More del Doom!
Un disco come ‘Funeral Radio’, a partire dai titoli, è facile da accostare alle tematiche “decadenti” di gente del calibro dei Type O Negative; mi chiedo però se ci sia anche un filo conduttore che lega le varie tracce…
‘Funeral Radio’ non è sicuramente un concept album nel senso classico del termine, ma le tracce sono legate tra loro, un po’ come lo erano in ‘Songs for the Deaf’ dei QOTSA. Qui tra un brano e l’altro non c’è pausa come in tanti dischi, ma è come se si stesse ascoltando una stazione radio che trasmette un brano dopo l’altro. Ovviamente le frequenze Fm sono 666, come canta Danilo nel ritornello della title track. Da un punto di vista strettamente tematico i testi hanno quell’alone dark tipico di band come TON, ma anche la vena cupa e morbosa degli Alice in Chains altra nostra grande influenza in senso lirico e musicale.
Cos’è l’Hotel Paranoia, accogliente (o quasi…) magione descritta nell’ultimo pezzo della tracklist?
Hotel Paranoia è una metafora della società in cui viviamo, dove tutto è esasperato e dove l’uso smodato dei social network ha portato ad un livello di alienazione mai sperimentato prima dall’uomo. Questo hotel è sempre aperto e c’è sempre posto per tutti, d’altro canto la paranoia, l’ansia e le manie ossessivo/compulsive sono il grande male da sconfiggere per l’uomo del ventunesimo secolo, nessuno ne è immune e non esiste distinzione di età, razza o provenienza sociale. Colpisce quando meno te lo aspetti. Poi, come è facilmente intuibile, il titolo è un chiaro rimando al classico degli Eagles, grandissima band. Da un punto di vista strettamente musicale nel brano ci trovi dai Maiden fino ai Metallica del periodo ‘Master of Puppets’ e ai Pantera. Noi le nostre influenze non le nascondiamo, ma piuttosto sono veri e propri omaggi alle nostre radici musicali e a quando da ragazzi macinavamo chilometri a piedi o in autobus per andare dal nostro negozio di dischi preferito.
Tra i pezzi più indicativi di una certa attitudine musicale c’è ‘Sister Fire’, sorta di summa di determinate sonorità goth e “lascive” che partono dai Doors per trovare riscontro nei Cult, nei Mission e anche nei nostri Litfiba (penso al sound di tastiera, così reminiscente di quello di ‘Cuore di Vetro’). Pensi che i Litfiba siano stati in grado di competere con la blasonatissima concorrenza internazionale?
Per quanto riguarda ‘Sister Fire’ vedo che te sei uno che ha colto tutti i riferimenti musicali del brano, dal momento che le band da te citate sono il nostro pane quotidiano. ‘Sister Fire’ è un brano che secondo me è una specie di possibile versione dei Doors se fossero esistiti nel ventunesimo secolo. Nel testo, ma anche nelle melodie, ci sono molti rimandi al loro modo di approcciare la forma canzone. Aggiungo anche una buona dose di Danzig e nel ritornello un chiaro ammiccamento ai Cult, forse la mia band preferita di sempre. I Litfiba invece sono una grandissima band che adoro, ma come tutte le grandi band hanno vissuto un periodo d’oro che si è esaurito con Terremoto, ultimo loro grande disco. Anzi proprio con quell’album se non ricordo male fecero breccia in alcuni mercati europei. Mi ricordo che una volta in una discoteca francese misero a cannone ‘Maudit’, singolo al tritolo dell’album. Quindi, nonostante il cantato in madrelingua hanno avuto un certo riscontro anche all’estero, ma solo i Rammstein in altro ambito musicale sono riusciti a fare breccia ovunque cantando nella loro lingua. Concludo sottolineando però che i loro dischi che ascolto più spesso sono quelli della Trilogia del Potere apice creativo a livelli di testi e musica
Non amo molto fare domande sulla stretta attualità, ma non posso esimermi dal chiedere se col senno di poi avreste schedulato più avanti la data di uscita del disco, vista l’emergenza sanitaria in corso e l’effettiva impossibilità di effettuare un tour promozionale…
La pandemia Covid19 ha cambiato radicalmente le nostre abitudini e non nascondo che ci ha scombussolato i piani come band, avevamo serate programmate che salteranno e il tour nord europeo di giugno molto probabilmente sarà posticipato. Detto ciò questo periodo forzato dentro casa può essere un grande vantaggio per il nostro album. Primo perché molte altre uscite sono state rimandate in autunno e quindi essendoci meno uscite sul mercato ci sarà più attenzione per ‘Funeral Radio’. Tra l’altro crediamo che purtroppo questa epidemia non si esaurirà con l’arrivo dell’estate, ma proseguirà anche il prossimo anno, quindi posticipare in autunno non avrebbe avuto senso per noi se poi ci ritroveremo nella stessa situazione di non poter suonare live. Sono sicuro che quando ritorneremo a suonare ci sarà più interesse perché manchiamo da molto dai palchi.
Restando in tema, immagino che abbiate ben chiara l’idea di portare in tour ‘Funeral Radio’, quando sarà possibile pianificare di nuovo delle date live. Vi vedremo in giro per l’Italia?
Come dicevo prima al momento avevamo delle date programmate, che saranno posticipate a non so quando. Avevamo pianificato un piccolo tour nei paesi baltici a giugno, ma è tutto rimandato. Ci piacerebbe molto fare un tour italiano, ma sembra sempre il posto più difficile dove organizzare qualsiasi cosa. Poco pubblico e i locali sono sempre di meno. Purtroppo credo che dopo la quarantena molti nemmeno riapriranno i battenti.
Sempre a proposito di tour, quanto siete stati influenzati dalle date con Michale Graves (cantante dei Misfits negli anni ’90, nda) nell’inserimento di elementi horror nella vostra musica? Che ne pensate dell’horror punk di Misfits e TSOL?
Il tour con Graves è stato fenomenale, tutte le date sold out o quasi, e guardarlo esibirsi ogni sera è stata un’ottima scuola per apprendere trucchi e tanta professionalità. Sono delle macchine da guerra e quando sono sul palco spingono al massimo delle loro possibilità. Per quanto riguarda l’horror punk, Danilo [il cantante, ndr.] è un grande fan dei Misfits. A me piacciono, ma vengo dal mondo metal e loro li ho apprezzati dopo aver scoperto i dischi solisti di Danzig, mio idolo assoluto. I TSOL mi piacciono molto, ma soprattutto nella fase hard rock di ‘Strange Love’, un album da rivalutare se vi piacciono le motociclette e un sound sporco alla LA Guns.
Come vi trovate con la My Kingdom Music? Dal punto di vista di colui che sta dietro la scrivania, mi sembra che per essere una label piccola faccia le cose con un certo criterio, a partire dalla presentazione del packaging fino alla puntualità di inserimento di informazioni esaurienti nei comunicati diramati, una caratteristica che sembra scontata ma che è disattesa da molti, nell’ambiente. Certe cose si notano sin dai piccoli particolari, no?
La My Kingdom Music la seguo da anni, ho sempre pensato che scegliesse in maniera accurata i propri artisti credendo fermamente in ogni sua pubblicazione. Francesco cura ogni singolo dettaglio dai comunicati stampa a tutto il resto. Molte etichette invece lasciano i loro artisti al proprio destino una volta pubblicato il disco, ma specialmente di questi tempi con tutte le uscite che ci sono in giro il vero lavoro è quello promozionale, se non viene fatto in tempo e con meticolosità il disco lo ascolteranno solo i membri del gruppo e i loro famigliari. Quindi… tornando alla tua domanda, la My Kingdom è una label molto seria con un roster di qualità.
Ci sono altri artisti della stessa scuderia che apprezzate?
Di quelli storici sicuramente i Klimt 1918, band di Roma che con ‘Dopoguerra’ ha sfornato uno dei dischi più interessanti dei primi anni duemila, con il loro incrocio di primi U2 e atmosfere dark e shoegaze. Di quelli attuali invece direi gli Ecnephias che mi ricordano i Moonspell.
Lo so per esperienza: non è facile suonare dal vivo e trovare una propria collocazione per una band così particolare come i Witches of Doom, poco accostabile a quelli che sono (o sono stati) i filoni “di massa”, per cui esistono magari dei festival dedicati (power, death, black metal, ma anche hardcore/punk o goth classico e “demetallizzato”). Quanto il fatto di suonare un genere “differente” rappresenta un vantaggio e quanto un ostacolo apparentemente insormontabile, ai vostri livelli?
Allora… lo svantaggio è rappresentato dal fatto che soprattutto nel mondo metal (non tutto per la verità) si hanno spesso i paraocchi e quindi ci si aspetta del Doom classico, lento e morboso. Poi, quando ci ascoltano rimangono di sasso perché come sai noi mischiamo diversi generi. Molti vogliono un prodotto facilmente collocabile – come se fossimo in un supermercato – e quindi vogliono la band che suona come i Saint Vitus, poi quella che suona alla Candlemass, ecc., per cui noi risultiamo incatalogabili. La cosa positiva invece è la stessa, e cioè il fatto di non essere catalogabili ti mette subito in evidenza e siccome nel mondo metal ci sono anche tante persone che sono andate oltre il 1983, in molti apprezzano questo mix di Stoner, Goth, Doom e hard rock. Dunque, adesso molti ci conoscono in ambito underground e sanno quello che proponiamo. Per quanto riguarda suonare dal vivo, abbiamo fatto di spalla ai gruppi più disparati, dai Venom ai Christian Death e Lizard: siamo un gruppo trasversale che può piacere sia al metallaro medio che al darkettone e quindi possiamo suonare con band di diversi generi.
Chi vi segue sa bene della vostra passione per le cover, rigorosamente adattate al vostro stile. Ne sono esempio ‘New Year’s Day’ e ‘Kings of Evil’: avete l’abitudine di inserire cover anche nella vostra scaletta dal vivo?
Suonare cover lo troviamo estremamente divertente e stimolante. Dal vivo ne abbiamo suonate diverse che poi non sono state registrate come ‘It’s So Easy’ dei Guns N’ Roses e ‘Land of Sunshine’ dei Faith No More. ‘New Year’s Day’ degli U2 è la nostra cover più famosa, anche perché il solo di chitarra lo ha suonato Paul Bento (ex TON e Carnivore), veramente un grande chitarrista e persona disponibile. ‘Kings of Evil’ invece ci è stata proposta dalla Black Widow per un tributo ai Death SS e anche li ci siamo divertiti molto dato che li amiamo alla follia da sempre. Quando suoniamo live ne mettiamo sempre una o due in scaletta perché credo spezzi la setlist e dà modo agli spettatori di concentrarsi su un brano che già conoscono. Magari nel prossimo disco ne inseriremo un’altra… vedremo.
Fed, oltre a essere il chitarrista dei Witches of Doom, nonché attivissimo commentatore musicale e fanzinaro, sei l’autore del romanzo ’19 – Un Tram Chiamato Nostalgia’ ambientato in un’epoca (i primi anni ’90) davvero prolifica per un certo genere di musica che trova echi anche nella tua band. Pensi che al protagonista Polvere e ai suoi amici sarebbero piaciuti gli ipotetici Witches of Doom calati nella realtà del 1993?
Bella e difficile domanda questa… allora, per quanto riguarda le mie attività extra band, sì… mi piace scrivere da sempre e poi quando si parla di musica o cinema sono sempre in prima linea. Il libro ’19 – Un Tram Chiamato Nostalgia’ appunto è incentrato sull’amore viscerale del metal di un ragazzo al suo ultimo anno di liceo che trova conforto ai suoi dubbi esistenziali nel suo negozio di dischi preferito. Polvere avrebbe sicuramente ascoltato con curiosità i Witches Of Doom, ma poi sarebbe andato di corsa al negozio di dischi Sabbra Cadabra e avrebbe chiesto un giudizio definitivo a Santiago ahahahaha!
Siamo alle conclusioni. Ecco, una delle domande più classiche in sede di intervista riguarda i dischi da portare sull’isola deserta. In questo caso e in questi giorni, l’isola è rappresentata materialmente dalle vostre abitazioni. Cosa staziona nel lettore / nella piastra / sul piatto / nella playlist virtuale dei Witches of Doom?
Questa è una domanda molto difficile: io, come sai, sono un nerd musicale e ascolto un sacco di roba ogni giorno. In questi giorni ascoltiamo dai Faith No More ai Depeche Mode U2, ma anche i super classici del metal come ‘Master of Puppets’ e ‘Seasons in the Abyss’. A me personalmente piace scoprire nuove band oltre che ascoltare le vecchie. Gli ultimi arrivati sul mio stereo sono gli irlandesi Death the Leveller, fautori di un doom fatto molto bene, poi se amate lo stoner non potete non ascoltare il debutto dei Sky Valley Mistress, un misto di stoner-blues con voce femminile di alto livello. Insomma se già quotidianamente ascolto tanta musica, ora in quarantena ancora più del solito.