Twisted Sister – Are you a sick motherfucker?
Il 12/02/2020, di Fabio Magliano.
L’8 giugno 2003 è una di quelle date da segnare sul calendario e non scordare più. Per la prima volta dal 1986 tornano a calcare i palchi europei i fenomenali Twisted Sister, una delle band fondamentali nel panorama glam ottantiano. Erano cinque energumeni vestiti da prostitute, eppure seppero conquistare il mondo con un rock tagliente figlio di ritornelli pop e chitarre tipicamente heavy metal. Un gruppo unico la cui assenza si sentì sin da quel lontano 1987, anno in cui, in punta di piedi, se ne andarono. Oggi, in occasione del pluri invocato come back, Metal Hammer ha voluto dedicare a Dee Snider e soci il suo personale tributo.
Come un grande, roboante, intenso fulmine, la cui durata è inferiore al battere di ciglia e le cui conseguenze là, dove va a colpire, sono tremende e devastanti, così i Twisted Sister sono stati per la scena rock degli anni Ottanta, nati dal nulla, esplosi con un album, approdati al paradiso con il secondo e poi risucchiati nell’oblio con altri due dischi forse mediocri, forse non in possesso dell’attitudine dinamitarda dei precedenti, forse semplicemente soffocati da una realtà musicale che lentamente stava cambiando, con una autentica rivoluzione sonora alle porte (eravamo alle soglie di QUEL 1986, l’anno di ‘Master Of Puppets’, ‘Reign In Blood’, ‘Peace Sells…But Who’s Buying”…) ed una tendenza a prediligere suoni oscuri ed incazzati a lustrini e paillettes. Quanto fatto dalla band di Dee Snider in due anni, però, è ancora agli occhi di tutti, una valanga di rock’n’roll volgare e trasandato gettato in faccia alla folla da cinque pseudo scaricatori di porto truccati senza remore come puttane di bassa lega in grado di raggiungere vette oggi immaginabili solamente per boy band della MTV Generation, un autentico fenomeno di costume e cattivo gusto capace di lanciare alla grande quell’ondata glam poi portata a livelli stellari dai Motley Crue.
Ma dove sta il segreto di tanto clamore? Nella cipria e nel fondo tinta a coprire lineamenti normalmente sgraziati (Dee Snider è considerato, assieme a Lemmy, l’uomo più brutto del panorama metal mondiale)? Anche, ma soprattutto una formula musicale rivoluzionaria per quei tempi (chitarre di ispirazione birtish metal a congiungersi con un’attitudine pop-rock per dar vita a tre minuti di party radiofonico) e una capacità di tenere il palco in occasione di show incendiari senza eguali (ormai mitica è la loro prima apparizione al Festival di Reading nel 1982). Un gruppo osannato, decaduto con l’avvento del thrash, quindi rimpianto ed ora dopo ripetuti rinvii giunto al pluri-invocato come back. E se ci dovesse essere una seconda “Twisted Sister Explosion”, nessuno avrebbe nulla da ridire!
Tutto ebbe inizio da un rifiuto…
…o meglio, da un indirizzo e da un bruciante “no”. L’indirizzo è quello di una cantina sulla 23ma strada a Manhattan; il destinatario del rifiuto è John French Segall, un giovane chitarrista conosciuto nell’ambiente come Jay Jay French e mittenti della risposta negativa una band pressochè sconosciuta, tali Wicked Lester, capitanati da uno strambo duo di musicisti di origine ebrea. Per chi non lo avesse capito, JJ aveva appena sfiorato (erano i primi anni Settanta) la possibilità di entrare nei futuri Kiss, scartato dopo una fulminante audizione di mr. Ace Frehley, ma come vedremo, non tutto viene per nuocere. Ogni cosa, però, al suo tempo.
Devono passarne degli anni prima che anche l’occhialuto chitarrista arrivi ad assaporare il suo “quarto d’ora di notorietà”, ma soprattutto sono i musicisti a passare per la cantina di JJ, quattordici in otto anni per l’esattezza, prima che i veri, autentici Twisted Sister siano pronti per conquistare il mondo.
E’ il 1973 quando Johnny Heartbreaker (così si farà chiamare per un breve periodo il “nostro” JJ), cercando di rincorrere il suo sogno di una band in grado di far convivere in un’unica identità lo spirito di New York Dolls, Mott The Hoople, Humbe Pie, Alice Cooper ma soprattutto Ziggy Stardust/David Bowie, fonda il primo nucleo dei Twisted Sister formato anche da Michael Valentine, Billy Diamond, Mell Starr e Kenneth Harrison-Neill. Gli inizi non sono incoraggianti, la leggenda vuole che il primo concerto tenuto a Coockstown (un nome, un programma) sia seguito da sole 30 persone e nemmeno troppo entusiaste! La prima, importante “scossa” si ha nell’aprile del 1976 quando nella band arrivano, assieme al batterista Tony Petri e al bassista Ken Neill, un secondo chitarrista Eddie “Fingers” Ojeda (già negli Scarecrow) ed un mastodontico, inquietante singer newyorkese strappato a qualche gang locale e ai Dukes, una band specializzata in repertorio anni ’50, chiamato Daniel Snaider. Tutti, presto, inizieranno a conoscerlo come Dee, ed allora non ce ne sarà più per nessuno! L’ingresso del biondo singer dà la scossa che ci voleva ad una band ancora in stato embrionale, prima di tutto perché fornisce ad essa un autentico animale da palco in grado di tenere in pugno il pubblico come nessun altro saprebbe fare, poi perché apporta al glam originario del gruppo quella matrice heavy rock (figlia di Rolling Stones da una parte e Judas Priest dall’altra) in grado di far compere alla “sorella” l’atteso salto di qualità. “Io mi considero un metalhead/glam-rocker. – ha sempre dichiarato Dee Snider – Un glam anomalo per quel tempo, in grado di unire all’immagine un sound frutto della fusione di riff tipicamente Rolling Stones-iani con influenze di Black Sabbath, Ac/Dc e Judas Priest. Un mix che inizialmente venne preso con le molle dagli altri ragazzi della band, però io ero il più giovane, avevo una mentalità più rivoluzionaria, non me ne fregava un cazzo se era un mix improponibile: era quello che amavo e che volevo fare! E questo è stata la nostra fortuna, perché ci ha consentito di costruirci una solida base in ambito underground, quello che è il vero cuore pulsante della scena heavy metal dal quale è poi emersa l’ondata Losangeliana qualche anno più tardi”.
Salto di qualità che inizialmente stenta però ad arrivare, il gruppo non riesce a schiodarsi dalla cerchia di locali (spesso infimi) nei quali si esibisce, eppure sono sempre di più i “Sick Mother Fuckin’ Friends of Twisted Sister” (così la band appellava normalmente i loro fan) conquistati dall’immagine shockante della band e dal suo heavy rock. Audience che cresce ulteriormente a partire dal 1978 quando Ken Neill viene sostituito da Mark “The Animal” Mendoza, un musicista “mitico” nell’underground newyorkese. Mendoza proviene infatti dai The Dictators, un gruppo di culto che aveva ospitato tra le sue fila anche Ross The Boss, in seguito chitarrista dei Manowar, e la sua esperienza ed il suo nome saranno un importante trampolino di lancio per il gruppo soprattutto in chiave live. “Eravamo degli autentici fenomeni da palcoscenico – Continua Snaider – i dischi all’epoca non ci interessavano, l’unica cosa che ci importava era rompere il culo a tutti i Sick Motherfucker che venivano a vederci dal vivo. Ogni sera suonavamo davanti a 2/3.000 persone ed una volta, nel 1979, facemmo 23.000 persone con i Kiss che, nello stesso tempo, si esibivano al Madison Square Garden, a pochi chilometri da noi. L’unica differenza tra noi e loro è che noi facemmo il tutto esaurito e loro no, ma i ‘Sister non avevano alcun disco fuori!”.
Sotto la lama della sorella skizzata…
Senza dischi, però, non si va lontano, questo lo capiscono anche i ragazzi della band che, seguendo la moda punk dell’autoproduzione, fanno uscire nel 1979 il singolo ‘I’ll Never Grow Up, Now/Under The Blade’ (prodotto da Eddie Kramer) e un anno più tardi ‘Bad Boys (Of Rock’n’Roll)/Lady’s Boy’. Tony Petri a questo punto abbandona il gruppo sostituito da Richie Teeter, prima, Joey Brighton, poi e dal 1 aprile 1982, da un abile batterista proveniente dai Cities, una solida heavy metal band newyorkese: A.J. Pero. Signori, i Twisted Sister sono finalmente completi e pronti al botto! E’ la consacrazione. I due singoli pubblicati ma soprattutto una rocciosa reputazione live fanno crescere il mito dei Twisted Sister soprattutto dall’altra parte dell’Oceano dove una piccola label indipendente, la Secret (celebre per avere nel suo rooster i punkers The Exploited), dimostra grande interesse per JJ French e soci. Ecco quindi uscire nei primi mesi del 1982 l’EP ‘Ruff Cuts’ comprendente oltre all’inno ‘Under The Blade’, ‘What You Don’t Know’, ‘Shoot’Em Down’ e la cover dei The Shangri Las ‘Leader Of The Pack’, anni dopo inclusa nel flop ‘Come Out And Play’. Le loro dichiarazioni provocatorie rilasciate ai magazine britannici con obiettivi gli “epici” Manowar fanno accrescere ulteriormente l’amore dei media inglesi per la band, tanto che nel 1982 viene chiamata ad esibirsi al celebre Festival di Reading con headliner, per l’occasione, i lanciatissimi Motorhead. Questo ricorda Dee Snider dell’evento: “Era il 1982, nessuno si era ancora truccato e stavamo aspettando per salire sul palco, per di più in pieno giorno. Avevamo sentito storie inquietanti, di Anvil presi a bottigliate perché Lips aveva osato presentarsi on stage con un guanto pitonato. E noi stavamo per salirci completamente truccati! Gli altri ragazzi erano preoccupati, qualcuno manco voleva suonare, poi è venuto da noi Lemmy e ci ha detto: ‘Ok ragazzi, non preoccupatevi, vi presento io!’. Quando siamo usciti vedevo gente pronta con le bottiglie a prenderci come bersaglio, poi dopo aver visto Lemmy divenire di ghiaccio. Lui ha semplicemente detto loro “Vi presento dei miei amici dagli States. Dateci un’ascoltata!”. Questa cosa ci diede molto coraggio, tanto che suonammo come mai avevamo fatto, tanto che, una volta scesi dal palco, ancora sentivamo la terra tremare e la gente che impazzita saltava e urlava ‘Twisted Sister!’”. Pochi mesi dopo Pete Way degli UFO produce loro il primo album ‘Under The Blade’ in uscita nell’ottobre del 1982. Il disco, pur perdendo in produzione, può contare su una manciata di canzoni rozze e potenti ma maledettamente anthemiche, in grado di fare male ma allo stesso tempo di rimanere in testa come un chewingum. E’ il caso della già citata ‘Under The Blade’, del rock di ‘Shoot’em Down’, della scanzonata ‘I’ll Never Grow Up, Now!’ (una sorta di Ramones in chiave heavy) e dell’incudine di ‘Destroyer’, un crocevia tra Black Sabbath e Kiss. Il disco raggiunge il settantesimo posto delle chart inglesi ma a far parlare ancora una volta dei Twisted Sister sono le loro shockanti dichiarazioni ed un’incendiaria esibizione al programma televisivo ‘The Tube’ al quale assiste (assieme ad altri 14 milioni di persone!) anche Phil Carson, Vice Presidente dell’Atlantic Records: è amore al primo graffio. La major mette subito sotto contratto la band e pochi mesi più tardi ecco deflagrare nei negozi ‘You Can’t Stop Rock’n’Roll’. ‘I Am (I’m Me)’/’Sin After Sin (Live)’, ‘The Kids Are Back’/’Shoot’em Down (Live)’ e ‘You Can’t Stop Rock’n’Roll’/’Let The Good Times Roll/Feel So Fine’ raggiungono presto le vette dei singoli in Inghilterra, la formula già sperimentata in ‘Under The Blade’ (song brevi, potenti e dai cori immediati) si rivela ancora una volta vincente in Europa dove la popolarità della “sorella” lievita attimo dopo attimo. Paradossalmente l’America in questa fase pare refrattaria al sound dei Twisted Sister tanto che questo “singolare fenomeno” del rock viene oltre Oceano etichettato come “puramente inglese”. Ma i tempi sono ormai maturi anche per la conquista della propria patria.
Affermazione americana totale che avviene nel giugno del 1984 quando vede la luce ‘Stay Hungry’, disco che sbarca su MTV e va oltre, stordisce il PMRC e va oltre, sfonda le classifiche di tutto il mondo (qualche dato? Triplo platino in America, Sestuplo Platino in Canada, Platino in Australia e Nuova Zelanda e disco d’oro in Messico, Danimarca, Norvegia e Finlandia) e va oltre… insomma, un autentico capolavoro! Ogni brano di questo album è un potenziale hit single, dalla trascinante ‘We’re Not Gonna Take It’ (comprensiva di un video sensazionale ed apparsa anche come colonna sonora del film ‘Aquile d’Acciaio’) all’inno ‘I Wanna Rock’, dall’anthemica title track alla ballatona ‘The Price’, chiaro esempio di come le dolci emozioni siano di casa anche in questo nugolo di malati rockers. Dopo tutto Dee Snider ha sempre sostenuto che… “Ho sempre pensato che le power ballad siano la via migliore per esprimere l’amore che portiamo dentro. L’amore è la più potente delle emozioni, e per essere spiegata ha bisogno di un coro maestoso, non di una cavalcata di chitarra!”. Con il successo planetario arrivano anche le prime critiche alla band; la PMRC si scaglia contro i ‘Sick Motherfucker’ di Snider, il Senato americano prende la band come esempio di come l’heavy metal possa rovinare la gioventù americana e, al culmine di tutto questo, Dee Snider viene arrestato ad Amarillo, Texas, per aver utilizzato un linguaggio “fortino” durante un concerto.
This is the price, we gotta pay…
Polemiche con la PMRC, arresti, scandali… con un simile battage pubblicitario (gratuito) il successo del successore di ‘Stay Hungry’ dovrebbe essere assicurato. Ecco quindi che la Atlantic non perde tempo e prima stampa in America ‘Under The Blade’, quindi investe ingenti somme e nel novembre del 1985 fa uscire ‘Come Out And Play’. L’ormai mitica copertina apribile dell’LP con Dee Snider che schizza fuori da un tombino fa da contorno ad un lavoro che vede la partecipazione di grandi artisti come Alice Cooper chiamato a duettare con Snider in ‘Be Chrool To Your Scuel’, Billy Joel a suonare il piano nella medesima traccia ed ancora Brian Setzer degli Stray Cats, Clarence Clemmons della Street Band e Don Dokken nelle backing vocals di ‘I Believe In You’. Con simili premesse il successo dovrebbe essere cosa fatta, ed invece ‘Come Out And Play’ si rivela un grosso flop. Le song perdono il loro mordente originario, la componente heavy va smorzandosi a favore di un taglio più commerciale e catchy ed il risultato è un disco d’oro in America, Canada e Norvegia ed una novantacinquesima posizione in classifica nell’amica Inghilterra. Troppo poco per una band pluri platinata come i Sister! Quello che più fa tremare la band è però il mastodontico fallimento dell’imponente tour organizzato di supporto all’album. Una scenografia mastodontica con tanto di carcasse di auto su di essa a ricreare un sobborgo di ambientazione ‘Guerrieri della Notte’ (parte del ‘cult movie’ è stato preso come intro per la title track) fa da spettatrice ad arene quasi sempre semi-vuote, segno tangibile che il declino per i Twisted Sister è ormai iniziato. “Al tempo di ‘Come Out And Play’ – giustifica Dee Snider il fallimento – eravamo pieni di soldi, avevo tutto quello che volevo e la nostra fama era paragonabile a quella dei Kiss. Che potevamo volere di più? La rabbia di un tempo aveva ormai lasciato il posto al nostro desiderio di divenire i nuovi Beatles, e questo ha segnato la nostra fine”. A dire il vero, prima del definitivo scioglimento, c’è ancora il tempo di assistere ad un avvicendamento nella line up del gruppo con A.J. Pero che torna nei suoi Cities sostituito dall’ex The Ladder/Fiona Joey Franco e la pubblicazione nel 1987 di ‘Love Is For Suckers’, album che segna la definitiva uscita della “sorella” dalla scena. Il disco, al quale collabora massicciamente Ronnie Le Tekro dei TNT, esce spompo, docile, mansueto, l’esatto opposto di quanto aveva portato al successo i Twisted Sister e, complice la definitiva esplosione del thrash ed il totale disinteressamento dei ragazzini per il vecchio glam rock tutto capelli cotonati e rossetto, si rivela un mastodontico buco nell’acqua. A Dee Snider non rimane altro da fare che abbandonare la band e darsi ad una altalenante carriera solista (sarà però in altri campi che arriverà il nuovo successo per il singer) costringendo i vecchi compagni di battaglia allo scioglimento.
The kids are back!
Il canto del cigno, se così lo si vuole vedere, della “sorella skizzata” è ‘Big Hits And Nasty Cuts’, un best of abbastanza esauriente (anche se un paio di remissaggi nei brani non ci sarebbe stato male!) uscito nell’aprile del 1992 per “commemorare” una band che ormai non c’era più. Da quel momento, infatti, il gruppo si disgrega e ognuno prende le strade più disperate. JJ French e Mark Mendoza passano dall’altra parte della barricata e si danno alla produzione lanciando tra gli altri i Sevendust (oltre alla produzione di alcune compilation tra le quali ‘Twisted Forever’, ‘Celebrity Deathmatch’, ‘Duke Nukem: Music To Score By’ e ‘Strangeland’), Eddie Ojeda e AJ Pero vivacchiano in band locali senza troppo successo e Dee Snider… beh, un personaggio del suo carisma non poteva certo accontentarsi di un ruolo da comprimario. Eccolo quindi divenire rock dj di successo presso una radio americana dove il suo ‘The House of Hair’ diviene un programma di culto (in rete è anche ascoltabile la sua radio personale), lanciarsi nel mondo del cinema scrivendo nel 1998 la trama dell’horror movie ‘Strangeland’ diretto da John Pieplow, ed interpretando in esso il ruolo del maniaco CaptainHowdy riscuotendo tra l’altro tiepidi consensi ma soprattutto continuando la carriera musicale con una serie di svariati progetti, i Desperado prima (assieme all’ex Ian Gillan Bernie Tormè alla chitarra, Marc Russel al basso e Clive Burr alla batteria) autori nel 1989 dell’album ‘Bloodie, But Unbowed’ inizialmente previsto su Elektra ma pubblicato solamente cinque anni più tardi, quindi i Widowmaker assieme a Mark Russel, Joey Franco ed Al Pitrelli (Alice Cooper, Savatage e Megadeth). Il risultato sono due album, ‘Blood And Bullets’ (1992) e’ Stand By For Pain’ (1994) in grado di riscuotere buoni consensi dalla critica ma tiepidi da parte dei fan, tanto che il gruppo viene congelato. Nel 2000 esce il primo disco a suo nome dal titolo ‘Never Let The Bastard Wear You Down’ (disco di rock/blues mediocre), quindi l’ultima incarnazione musicale di Dee Snider, la più attuale, a nome SMF (Dee Snider’s Sick Mutha Fuckers), una sorta di tribute band dei Twisted Sister concepita assieme al bassista di Marilyn Manson Twiggy Ramirez ed oggi autori unicamente di un brano incluso nella compilation glam ‘The Pink And The Black’ ed uno in ‘Twisted Forever’, con una line up comprendente Keith Alexander e Tony Palmucci alla chitarra, Derek Tailor al basso e Charlie Mills alla batteria.
Verso la metà degli anni Novanta, però, succede qualcosa di insperato (per i nostalgici) ed inaspettato (per il resto della scena metal). Un forte, fortissimo bisogno di Twisted Sister inizia ad avvertirsi un po’ ovunque ed allora ecco uscire nel 1994 su Music For Nation il doppio live ‘Live At Hammersmith’, testimonianza esplosiva del concerto londinese nel 1984 (il disco verrà ripubblicato con due bonus track nel 2001 dalla Spitfire), quindi nel 1999 vede la luce ‘Club Daze – The Studio Session Volume 1’, una raccolta di rarità e outtakes live risalenti ai primi anni di attività della band, ghiotta mossa dedicata agli afecionados della band newyorkese bissata nel 2002 con il secondo volume del disco, questa volta dedicato ad una registrazione radiofonica di uno show tenuto nel 1979 contenente i grandi classici della band ed alcune inedite chicche. I tributi a Dee Snider e soci non si contano più, ormai la febbre per i Sister è altissima, voci di reunion si rincorrono vertiginosamente, Dee Snider appare in un paio di festival europei mandando in visibilio il pubblico presente, appare in alcuni show in compagnia dei vecchi compagni ma la situazione pare non sbloccarsi sino allo scorso mese quando, quasi all’improvviso, i Twisted Sister vengono annunciati come headliner allo Sweden Rock Festival in programma l’8 giugno in Svezia, la loro prima apparizione in Europa dal lontano 1986. “Era da tempo che se ne parlava – Conclude Dee – ma era sempre mancato il tempo di metterla in pratica. JJ aveva da badare ai suoi Sevendust, io alla seconda parte di ‘Strangeland’ ma soprattutto non volevamo che fosse una semplice mossa per nostalgici come erano state altre reunion prima della nostra. Volevamo tornare in grande, come nel fottuto stile Twisted Sister, perché nella nostra testa quella band non era mai realmente morta. Questo è il momento giusto per tornare e per far vedere a tutti chi erano e chi sono ancora i Twisted Sister!”… la sorella è tornata, una nuova deflagrazione è vicina. Preparatevi ad urlare nuovamente e con orgoglio ‘I’m a Sick Motherfucker!’. Twisted Sister… come out and play!