Blood Thirsty Demons – Life After Death
Il 04/10/2019, di Francesco Faniello.
Cosa c’è dopo la morte? In attesa di scoprirlo (il più in là possibile), godiamoci le piccole gioie che ci dà la vita. Tra quelle più recenti, senza ombra di dubbio, il nuovo album dei Blood Thirsty Demons ci sta di diritto. ‘… In Death We Trust’ ci conferma che la creatura di Cristian Mustaine vive un invidiabile momento di grazia, migliore anche di quello già ottimo che aveva accompagnato i due dischi precedenti.
Benvenuto su Metal Hammer Cris, e complimenti per il nuovo album. In sede di recensione l’ho definito il capitolo finale di una trilogia che vi ha riportato definitivamente al vostro sound primordiale. Sei d’accordo con me? E se sì, questo ritorno alle vostre radici è stata una mossa studiata a tavolino o un processo spontaneo?
Ciao, grazie per i complimenti e per questo spazio che mi dedichi. Per quanto riguarda il nuovo disco, ‘… In Death We Trust’, sicuramente c’è un legame con i due dischi precedenti, anche se i concept trattati sono diversi; non so se definire questo il capitolo finale di una trilogia, anche perché credo che anche i prossimi seguiranno questa linea e sicuramente mi spingerò su altri modi di comporre come cerco di fare in ogni album. In questo disco ho fatto qualche esperimento in più, dalla ballad ‘Cry On My Tomb’, dove per quasi tutto il brano non utilizzo lo scream. In ‘… My Soul To Take’ ho assemblato 14 minuti di riff creando una specie di storia sullo stile di King Diamond / Mercyful Fate, sempre inerente al concept sulla morte trattato nel disco, argomento già utilizzato in ‘Mortal Remains’ e per quale sentivo il bisogno di dare un seguito. Da quando ho creato il mio secondo progetto, ‘Human Degrade’, in cui riprendo le mie origini thrash, sono tornato a fare dei Blood Thirsty Demons una creatura puramente horror vecchio stile, quello che da sempre mi emoziona. Spero che questa emozione arrivi a chi ascolta la mia musica.
In ‘Misanthropy’ erano presenti le influenze thrash di Megadeth, Annihilator e Testament, poi sparite dal vostro sound all’indomani della pubblicazione dell’esordio del tuo progetto Human Degrade, come hai accennato nella risposta precedente. Credi che ci sarà un domani il ritorno discografico anche per il tuo animo più thrash?
Certo, assolutamente! Sto lavorando al secondo album degli Human Degrade, anche in questo caso come one man band. Credo che riproporrò lo stesso sound aggressivo del disco precedente, sono a buon punto e alcuni brani li ho già presentati sulla pagina Facebook del progetto.
Rimanendo in ambito thrash, non hai mai negato il tuo amore per i Megadeth, il tuo stesso nome d’arte è un tributo a Dave Mustaine. Hai saputo della sua malattia?
Sì, ho saputo e la cosa mi ha abbastanza sconvolto. Dave per me è sempre stato un esempio di vita, non solo come musicista, ma soprattutto come uomo; quando da ragazzino mi avvicinai alla sua musica, leggendo articoli e sue interviste, mi sorpresi del fatto che avesse lo stesso e identico carattere che ho io: la classica persona che o la ami o la odi! La sua musica mi ha aiutato tantissimo e gli devo tutto. Crescendo ho scoperto poi l’horror e il doom e ho deciso di farne parte, ma il thrash mi è sempre rimasto dentro come uno dei miei generi preferiti, lo ascolto da quando avevo 11 anni e iniziai a suonare.
‘… In Death We Trust’, ‘I’m Dead!!’, ‘Message from the Dead’ sono alcuni pezzi del nuovo disco che contengono la parola Death. Credo che sia il termine più ricorrente nell’intera discografia dei BTD: come ti spieghi questa tua fascinazione per la morte?
Beh, ‘… In Death We Trust’, come detto prima, è proprio un concept sulla morte, come fu al tempo ‘Mortal Remains’, in cui parlo della mia visione della morte vista da ogni angolazione. È sempre stata una cosa che mi affascina, non l’ho mai nascosto… anzi, questo non sapere se sia la fine di tutto o l’inizio di qualcosa di diverso mi crea quella curiosità che negli anni, attraverso lo studio dell’occulto, ho sempre cercato di soddisfare. Diciamo che vedo la vita come un cammino che ci serve a purificare, nei più svariati modi, la nostra anima, in attesa di quel fatidico giorno in cui sapremo davvero cosa ci sarà dopo. Può far paura, se pensi alla possibilità che finisca tutto, che non esisterai più in nessun modo; può darci speranza se pensi che ci sarà solo una liberazione dell’anima dal corpo. Forse un po’ questa domanda mi tormenta, ma diciamo che per la morte non ho fretta al momento!
‘I’m Dead!!’ credo che sia uno dei pezzi tipici della vostra discografia, mentre in ‘Killed by the Priest’ si respira un’aria malsana, ma ha qualcosa che lo distingue dal tuo solito songwriting. Ti andrebbe di parlare di queste due canzoni?
Sono due canzoni molto diverse una dall’altra, ma a mio modo di vedere hanno sempre il mio tocco nella scrittura. Forse, in ‘Killed By The Priest’, il fatto di aver diviso il brano da un assolo molto più lungo e strano ha reso particolare il brano, ma rimane il fatto che in ogni singola canzone cerco di fare qualcosa che non sia già sentito o possa sembrare ripetitivo all’interno dello stesso disco. Sono maniacale in questo. Di certo ‘I’m Dead!!’ è una canzone più di impatto, che mi serviva proprio per aprire il disco, mentre ‘Killed By The Priest’ era il brano ideale per introdurre la conclusiva ‘… My Soul To Take’, anche per far capire che valeva la pena finire di ascoltare l’intero album.
I due album precedenti si chiudevano con i tributi ai Black Widow e ai Death SS, questo invece non contiene cover. Come mai?
Questo album è stato più travagliato, perché scritto in parallelo con il nuovo album del mio secondo progetto. I tempi si sono dilungati e dato che, come dicevo prima, volevo fare qualcosa di diverso e non ripetitivo, ho chiuso così il disco che in quel momento mi sembrava completo e perfetto. I tributi dei due precedenti dischi sono nati un po’ per caso: la cover dei Black Widow mi è stata chiesta direttamente da Clive Jones, che voleva sentire un’altra mia riproposizione dei suoi brani, dopo ‘Come To The Sabbath’, prima di morire. E io l’ho accontentato, in quanto non potevo non fargli un tributo simile, anche perché per me, oltre ad essere stato di grande ispirazione come artista, è stato anche un ottimo amico e che mi ha dato forza quando dovetti sciogliere la band. La sua spinta mi ha fato capire che potevo andare avanti anche da solo e lo ringrazierò sempre, ovunque ora lui sia. La cover dei Death SS invece la volevo fare da anni, perché per me ‘Profanation’ rimane una delle loro canzoni più belle e alla quale sono affezionato; cover capitata per caso, preso dalle mie manie di composizione dei dischi.
Al posto della cover, in chiusura troviamo ‘… My Soul to Take’, il pezzo più lungo che tu abbia mai scritto. Possiamo considerarlo un’anticipazione dell’evoluzione sonora dei futuri BTD?
Al momento non lo so, è stato un esperimento. Scrivere un brano di 14 minuti, per quanto possa essere divertente, è anche pericoloso, perché rischi di annoiare l’ascoltatore. Io all’interno di un pezzo cerco sempre di mettere molte varianti, stupire chi ascolta per me è la base delle mie composizioni. Devo dire però che la composizione di ‘… My Soul To Take’ è stata dura, soprattutto nello scrivere i cinque assoli, mi sono voluto spingere vicino ai miei limiti per capire dove riesco ad arrivare.
Dal tuo modo di suonare la chitarra traspare chiaramente l’amore per lo stile di Paul Chain. Quanto è stato importante il chitarrista pesarese (sia dentro che fuori i Death SS) nei tuoi ascolti,, e quanto il suo stile chitarristico e compositivo ha rappresentato un punto di riferimento per l’horror metal, sia nazionale che internazionale?
Beh, diciamo che il suo stile, che a sua volta ha preso molto da Black Sabbath, Witchfinder General, ecc., credo che abbia influenzato centinaia di band che suonano doom. Nel mio caso è stato un grande riferimento, perché i Death SS a cui mi ispiro maggiormente sono proprio i primi, quelli del periodo con Paul Chain, che credo siano insuperabili e irripetibili. Anche da solista, nonché negli album solisti di Steve Sylvester, ha dimostrato di riuscire a dare sempre un suono malsano alla chitarra e ai suoi riff… Di sicuro è fondamentale per me ispirarmi a lui, anche se aggiungo molti passaggi che vanno anche un po’ fuori dall’horror classico, ispirati a chitarristi come Dave Mustaine e Jeff Waters.
Se non erro ‘Mortal Remains’ del 2007 è stato il tuo ultimo disco con altri musicisti, da lì in poi ti sei occupato tu di tutti gli strumenti. Credi che in futuro tu possa servirti di altri strumentisti nella realizzazione di un disco?
In realtà anche su ‘Occultum Lapidem’ non ero da solo, in quanto Jack lasciò la band dopo, poco prima di ‘Misanthropy’. In futuro non so cosa possa succedere per quanto riguarda la formazione, ma almeno che non cambi qualcosa nella scena live in Italia, non credo di prendere altri musicisti. È più facile che mi metta a fare altri progetti, come uno doom ad esempio, che ho sempre in testa. Chi lo sa, asseconderò quello che il mio cervello sentirà il bisogno di fare in quel momento.
Quindi, se ti dico live, cosa mi rispondi?
Ti rispondo che non si può mai sapere nella vita, ma di certo non ci sarà nulla nell’immediato. Tenere unita una band non è una cosa facile, soprattutto trovare musicisti che amano l’horror e lo sanno suonare. Senza contare i rapporti umani che non sono proprio il mio forte! In più gli spazi per i live sono sempre meno e la gente che li segue ancora meno. Al momento, preferisco cercare di regalare emozioni a qualcuno con la mia musica. Amo comporre e non credo che smetterò mai, almeno finché ci sarà qualcuno che apprezza ciò che faccio.
A te la chiusura!
Volevo fare un ringraziamento alla The Triad Rec che ha creduto nella mia musica e che ha permesso la realizzazione di questa co-produzione con la mia C.M. Releases. In oltre, ringrazio ancora te per lo spazio che mi hai dedicato e tutti i lettori.