Sweet Oblivion feat. Geoff Tate – Dolce oblio

Il 09/07/2019, di .

Sweet Oblivion feat. Geoff Tate – Dolce oblio

Metti una delle ugole migliore che il metal abbia mai partorito come Geoff Tate e uniscile al talento compositivo di un chitarrista (italiano) qual’è Simone Mularoni, difficilmente troverai qualcosa che non valga la pena di ascoltare. Ed è proprio il caso di questo nuovo progetto semplicemente intitolato ‘Sweet Oblivion’ che sotto l’egida della Frontiers hanno da poco pubblicato il loro self-titled album. Un disco dove la voce di Tate è inconfondibile, certo non raggiunge le vette del proprio glorioso passato pur mantenendo inalterata tutta la sua espressività, la produzione è assolutamente di primo piano curata dallo stesso Mularoni coadiuvati da una schiera di musicisti nostrani poco conosciuti ma che non faticheranno a trovare un loro meritato posto al sole a breve. Per capire qualcosa in più su questo ennesimo progetto abbiamo contattato proprio Mularoni che si è dimostrata persona squisita e pronta a rispondere alle nostre domande

Ciao Simone, la prima domanda è probabilmente di rito, scontata: com’è nata e come si è sviluppata questa collaborazione con un mito come Geoff Tate?
Ciao! Come tanti dei progetti che intraprende Frontiers, anche Sweet Oblivion è stata un’idea partorita dalla mente di Serafino, presidente dell’etichetta. La sua visione era quella di riportare Geoff sui territori che tutti i suoi fan storici amano condito però con un sound più attuale e moderno unito ad influenze maggiormente heavy.

C’è mai stata una sorta di timore reverenziale per un cantante come Tate che con i Queensrÿche ha scritto pagine a dir poco importanti con dischi come ‘Empire’, ‘Operation Mindcrime’, ‘Rage For Order’ giusto per citare qualche titolo a caso?
Inizialmente si! Quando ho accettato di prendere parte al progetto avevo chiaramente una sorta di “ansia da prestazione” nel dover produrre e scrivere per un personaggio così importante nella storia del rock/metal. Sono cresciuto ascoltando quei capolavori che hai citato e quindi penso sia naturale. Una volta però iniziato il lavoro la cosa si è evoluta in maniera molto tranquilla e quindi quella che inizialmente era appunto una sorta di timore/ansia si è tramutata in carica e spinta nel cercare di fare il meglio possibile.

Collegata alla domanda precedente, qual è stato il rapporto che si è venuto a creare tra voi due? È stata più una sorta di collaborazione dove ognuna delle due parti ha contribuito in maniera sostanziale al songwriting oppure è stata una sorta di “io (Simone) scrivo e arrangio i brani” e “Io (Tate) mi limito ad interpretarli”? Sarebbe curioso capire come la sua personalità sia riuscita ad integrarsi in questo progetto…
Diciamo 50 e 50. Il rapporto essendo a distanza è stato sempre abbastanza professionale, ma a livello di songwriting c’è stato molto interscambio. Devi sapere che i brani non sono assolutamente stati scritti tutti da me: due li ho scritti a quattro mani con Geoff, uno l’ho composto insieme al mio amico Davide Moras (Elvenking, Hell In The Club), uno interamente io e gli altri insieme a Filippo Martignano, bravissimo tastierista/chitarrista con cui avevo già collaborato in passato. Ovviamente in tutto questo Geoff ha modificato/adattato le parti in modo che risultassero più personali, è difficile darti una risposta “univoca” poiché ogni brano ha avuto una storia a sé.

Nella fase di produzione, hai avuto modo di avere Tate da te in studio anche se per brevissimo tempo come “si faceva una volta” oppure si è proceduto come nei tempi moderni che ognuno registra nei propri studi personali per poi scambiarsi online i rispettivi “prodotti”? Non pensi, come produttore affermato, che si sia persa quella magia e quel bel modo di lavorare tutti in studio dove si può creare quell’alchimia giusta per produrre musica?
Come accennavo poco fa, purtroppo non siamo riusciti a incontrarci mai di persona. Dico appunto purtroppo perché so bene che lavorare nella stessa stanza ha tutto un altro spessore a livello di alchimia. Non sto dicendo che il disco sarebbe venuto necessariamente “meglio”, ma sicuramente diverso. Devi tenere conto però che le schedule mie e di Geoff erano veramente incasinate fin da subito, lui ha registrato parte dell’album con uno studio mobile in tour! Mentre io purtroppo (o per fortuna!) sono sempre in trincea con le produzioni del mio studio e l’album aveva una deadline da rispettare. Avremmo dovuto ritardare il tutto di troppo tempo se avessimo dovuto aspettare di essere insieme per fare tutto. Ma sono sicuro che se l’album avrà una buona risposta potremmo programmare in anticipo delle sessioni per il seguito! Se ci pensi oggi come oggi, con i budget che ci sono e le vendite degli album sempre piu in calo, in tante band si lavora in questo modo. Io stesso con i DGM, pur abitando a 4-5 ore di distanza da ognuno, ho sempre fatto i nostri dischi componendo quasi tutto a distanza!

Pensando alla voce di Tate ho avuto l’impressione che la sua timbrica sia sempre rimasta magica come nei tempi d’oro mentre purtroppo ha perso un po’ smalto ed estensione vocale. Ad esempio, in ‘Hide Away’ ho scritto “purtroppo la voce di Tate a tratti è un po’ forzata, si vede che vorrebbe osare ma fisicamente le sue corde vocali lo lasciano al palo nel momento più bello, quando proprio ce ne sarebbe bisogno. Ma sono gli anni che avanzano, inesorabilmente”. Tu che hai avuto modo di lavorare insieme a lui, che impressione ne hai tratto? Pensi che il mio punto di vista sia esagerato? Considera che la prima volta li vidi a Modena nel 1991 e da lì in poi fu Amore, letteralmente!
Non penso il tuo punto sia esagerato, sono d’accordo con te! Bisogna però rendersi conto che a parte qualche caso isolatissimo (mi vengono in mente su tutti Glenn Hughes, o anche Bruce Dickinson) ogni cantante ha una sorta di cambio di timbro dovuto al naturale deterioramento delle corde vocali, ritengo sia proprio un fatto biologico in fondo. Bisogna un po’ rispettare l’avanzare dell’età e soprattutto ammirare la voglia di tutti i cantanti in questione nella continua voglia di mettersi in gioco cercando di dare il massimo in ogni produzione che li vede impegnati. Pur pensandola come te riguardo l’estensione, ancora mi fa emozionare ogni qualvolta sento un cantante che adoro perché penso che il timbro sia parte della ‘magia’ di cui parli non svaniscano mai!

Qual’è stata la parte più difficile di questo progetto? E quella più intrigante?
La più intrigante è sicuramente stata quella di avere la possibilità di comporre e lavorare a servizio di una delle voci che più ho apprezzato durante la mia crescita musicale mentre la più difficile invece è stata proprio quella di non poter parlare a quattrocchi di certe soluzioni e di attendere sempre le risposte via mail quando magari si sarebbero potute risolvere in pochi minuti stando insieme!

La scelta della backing-band è stata alquanto azzeccata, musicisti che hanno saputo donare il giusto quid ai brani realizzati: senza nulla togliere chiaramente al loro valore, hai mai avuto la tentazione di chiamare nomi più “altisonanti” che ti avrebbero garantito una maggiore esposizione mediatica?
Sinceramente no, non ci ho mai pensato. Le occasioni in cui mi sono trovato a scegliere una line up per una produzione, ho sempre pensato innanzitutto alla preparazione tecnica, al gusto nel playing e non da ultimo al rapporto personale che ho instaurato con i vari musicisti durante il corso degli anni. Non mi è mai interessato avere un nome “tanto per averlo”, anche perché spesso molti personaggi sono sì “rinomati” ma non sono poi sempre all’altezza del nome che si sono fatti! Quindi di solito mi ascolto i demo dei brani che ho scritto/arrangiato e penso ai musicisti che ho incontrato nella mia carriera di produttore e quale di questi si possa sposare meglio con la tipologia di brani e di suono che ho in mente senza pensare a quante copie in più o in meno potremmo vendere alla fine.

La produzione è proprio di ottima fattura… dove hai trovato il tempo da dedicare a questo progetto in mezzo ai tantissimi lavori ai quali sei solito lavorare? Quanto è stato difficile caratterizzare i suoni cercando di non far ‘annegare’ questo disco tra le tante tue produzioni?
Ti ringrazio! Ci tengo perché la mia vera passione, al fianco ovviamente della chitarra è la produzione in studio e il mixaggio, occupazione che mi prende praticamente la totalità della mia vita. Far combaciare tutto spesso è veramente difficile, ci sono periodi che ho anche 5-6 dischi aperti! Uno in registrazione, uno in fase di mix, uno in fase di scrittura, quindi non è sempre facile riuscire a portare tutto a termine. Ma faccio questo da talmente tanti anni che poi ci si abitua, ed è proprio la passione per questo lavoro che mi spinge tante volte a lavorare tantissime ore in un giorno per portare a termine tutto nei tempi stabiliti. Oltretutto ovviamente avendo suonato io gran parte degli strumenti e avendo arrangiato i brani è molto più semplice finire una produzione del genere perché non ho clienti a cui rendere conto o con cui dover discutere certe cose di mixaggio o di arrangiamento.

‘True Colors’ è un ottima opening-song, a tratti si riescono a riscontrare elementi a là DGM nel riffing mischiati sapientemente invece con elementi più a là Queensrÿche. Nel disco ci sono anche altre influenze ma l’aver scelto questo brano come singolo non pensi che possa rendere troppo stereotipate le aspettative che il pubblico può crearsi con l’ascolto (anche attento) del pezzo?
L’influenza DGM è più o meno ovvia in quasi tutto il disco anche perché la scelta delle note è insita dentro di me. sarebbe quindi difficile per me scrivere cose al di fuori del mio gusto. Proprio per questo motivo ho scelto di non scrivere da solo la totalità dei brani anche perché sono sicuro che il disco sarebbe stato sicuramente più monotono a livello stilistico. La scelta dei singoli per ogni album è sempre difficile perché ovviamente gli ascoltatori associano un disco intero al singolo brano che hanno ascoltato e da un lato è normale, io stesso lo faccio quando ascolto brani di altre band! Ma ritengo che la linea sia molto sottile tra scegliere un brano che la gente si aspetta e scegliere un brano che non invece in quel momento si possa pensare sia il più rappresentativo dell’intero lotto… in ogni caso ci sono i pro e i contro, prendi per esempio il progetto Operation Mindcrime con cui Geoff ha pubblicato qualche album ultimamente: se avesse ricalcato i brani dei vecchi Queensrÿche, sicuramente gli sarebbe stato detto che vive troppo nel passato e fa sempre le stesse cose… se (come ha fatto) avesse sperimentato cose molto diverse, tutti i fan di vecchia data gli avrebbero detto che non è più quello di un tempo! In sostanza ritengo che bisogna essere onesti e sinceri presentando quello che da musicisti pensiamo sia il meglio ogni volta e poi sarà il pubblico a decidere se comprare o no il disco, senza polemiche di alcun tipo!

Questo è un progetto che credo, a meno di clamorose smentite, non possa avere un seguito live: come pensi che questo progetto, pur ribadisco nella sua sostanziale qualità, possa “sopravvivere a se stesso”?
In realtà abbiamo ricevuto già 2-3 belle proposte per bei festival, ma purtroppo il calendario live di Geoff è veramente pieno e quindi abbiamo dovuto declinare per ora. Continuo a sperare che ci sia l’occasione per portare dal vivo i brani, anche perché penso che fare un disco del genere fine a se stesso non possa portare poi a crearsi un seguito sostanzioso.

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