Inter Arma – Un Sound Senza Confini
Il 23/05/2019, di Federica Sarra.
Con l’ultimo lavoro ‘Sulphur English’, il quarto album per la Relapse Records, e un lungo tour negli States in programma, la band di Richmond ancora poco nota in Italia, ha già conquistato, non senza fatica, pubblico e critica d’oltralpe. È decisamente il momento di conoscerli meglio attraverso le loro parole e provare a raccontare di un sound che non trova facilmente una collocazione stilistica precisa. La piacevolissima conversazione con Mike Paparo, Trey Dalton e T.J. Childers avvenuta durante il tour con i Deafheaven che li ha portati in Italia, diventa un delizioso spunto riflessivo per domandarci se abbiamo ancora bisogno di linee di confine per collocare una band che ha solo voglia di esprimere se stessa.
Come venite percepiti da chi non ha mai ascoltato i vostri album?
Mike: Non siamo quel genere di band che ascolti per 10 secondi e pensi “li adoro!” specialmente perché in un settore dove è tutto compartimentalizzato in generi e sotto generi, noi siamo decisamente fuori.
Trey: Abbiamo notato però che durante il tour europeo con i Deafheaven, a parte una certa indifferenza iniziale e pareri discordanti, il giorno dopo sui nostri social il numero dei follower cresceva in maniera sorprendente. La cosa ci ha piacevolmente stupito.
Provate a descrivere il vostro sound e il vostro mood a chi non vi ha mai ascoltati prima.
Trey: La domanda che temiamo di più! Ci è capitato durante il tour, mentre eravamo al ristorante che ci chiedessero “che tipo di band metal siete?” ed è così difficile per noi doverci inquadrare a tutti i costi in un genere specifico. Noi proveniamo da molti “territori” diversi, suoniamo ciò che ci piace ma se proprio dovessi trovare una definizione probabilmente sarebbe “Dirty Mystical Metal”. In qualche modo strano funziona, ci rappresenta.
In quale paese avete riscontrato maggiori reazioni e interesse nei vostri confronti?
Mike: Principalmente Olanda, Belgio, in Norvegia ad esempio siamo stati accolti benissimo dai fan.
Trey: In alcuni paesi invece abbiamo notato una tendenza alla conservazione e naturalmente alcune persone necessitano di più di un ascolto per capire e apprezzare il nostro sound.
Il vostro nuovo lavoro ‘Sulphur English’ è ormai prossimo all’uscita, potete raccontarcelo?
Mike: Mettiamola così, se non ti siamo piaciuti prima, sicuramente non ti piaceremmo adesso. Non so esattamente cosa i fan o gli ascoltatori in generale si aspettino da noi ma non penso che non sarà un album facile. In molti forse si aspettano un cambio di rotta da parte nostra ma in realtà non abbiamo scelto una strada diversa. Prima di tutto sarà molto più aggressivo di tutto ciò che abbiamo scritto fino ad oggi.
Quindi non ci saranno parti melodiche come in passato?
Trey: In realtà sì saranno presenti ma il mood generale dell’album è molto più rabbioso.
Mike: È un album molto “incazzoso”! Abbiamo iniziato a scriverlo a Gennaio del 2017, poi siamo partiti per il tour americano e ci ha rallentato parecchio. Non riusciamo a scrivere quando siamo on the road, è molto difficile che accada.
Trey: Abbiamo bisogno di lavorare insieme e costruire il pezzo man mano, non ci sediamo a tavolino e decidiamo di scrivere un nuovo album piuttosto è un lavoro che accade in modo fluido con la partecipazione di tutti. Tutto avviene in maniera molto spontanea per lo più, ovviamente poi dipende dal brano, in alcuni casi siamo più riflessivi e necessitiamo di rivedere le varie parti e pensiamo a che tipo di feeling vogliamo esprimere e conseguentemente comunicare in quel momento.
Quali sono i vostri piani dopo l’uscita del disco?
Mike: Tour, tour, tour! Ci piacerebbe moltissimo tornare in Italia e suonare anche in città dove non siamo mai stati.
Vi aspettiamo!