Bloodbath – Gli arcieri di Satana colpiscono ancora
Il 19/11/2018, di Giuseppe Cassatella.
Più o meno a metà anni 90, alcune delle band più importanti della scena death e doom imposero una svolta stilistica al proprio sound, in alcuni casi snaturandone anche i contenuti iniziali. Tiamat, Pestilence, The Gathering, Anathema, Samael, Entombed sono solo alcuni dei nomi coinvolti in quello che fu un vero e proprio terremoto che sconvolse l’underground. Quasi per controbilanciare quella metamorfosi, alcuni di quegli eretici crearono, più per gioco, una sorta di bolla temporale in cui preservare il suono primigenio. Messi da parte per un attimo Katatonia, Opeth ed Ege Of Sanity, Anders “Blakkheim” Nyström, Jonas Renkse, Mikael Åkerfeldt e Dan Swanö diedero vita ai Bloodbath, fieri difensori della old school. Oggi alcuni dei membri fondatori sono andati via, nuovi volti si sono affacciati, tra questi spicca quello di Nick Holmes dei Paradise Lost, guarda caso un’altra di quelle band che partecipò a quella rivoluzione stilistica citata all’inizio. Chi è sempre rimasto al suo posto dagli esordi dei Bloodbath è Anders, nessuno meglio di lui può parlarci del nuovo e marcio ‘The Arrow of Satan is Drawn’.
Benvenuto su Metal Hammer Italia, Anders. Non ti nascondo che da vecchio deather della prima ora, adoro il tuo nuovo album. Però devo ammettere che non capisco il vero significato del titolo, ‘The Arrow of Satan is Drawn’. È molto criptico ed evocativo! Potresti aiutarmi? Inoltre, mi domandavo: c’è una connessione tra il nome dell’album e la copertina?
Beh, prima di tutto, devo dirti che desideravamo una vera copertina con un dipinto, non un’immagine photoshoppata. Dato che apprezziamo quanto prodotto dal talentuoso artista Eliran Kantor, lo abbiamo sfidato a creare qualcosa che potesse soddisfarci. La cover di ‘The Arrow of Satan is Drawn’, alla fine, è risultata molto diversa, non solo da quanto utilizzato da noi in precedenza,ma anche da quelli che sono gli standard della scena estrema in generale. Sembra una copertina di un libro o, al massimo, un dipinto indipendente, non commissionato per scopi musicali. Quella che vedi è l’interpretazione di Eliran del nome dell’album, che Nick ha ideato. In realtà, è una frase contenuta nel testo di una canzone, che si è immediatamente distinta, tanto da essere incoronata come titolo dell’intero lavoro. Va intesa come un’istigazione, una dichiarazione profana che dovrebbe lasciarti con una cupa sensazione di incertezza. L’artwork stimola l’immaginazione nello stesso modo. Noi della band, l’autore e l’etichetta abbiamo discusso per un po’ riguardo a questa scelta. Ci siamo chiesti se questo taglio particolare sarebbe stato adatto e come sarebbe stato percepito dai fan e dai media. Però abbiamo rapidamente lasciato cadere ogni preoccupazione quando abbiamo visto la versione finale. Il risultato spinge alla riflessione, ti fa rimuginare sul suo significato! Siamo stati incantati! Abbiamo convenuto che era molto più intrigante avere una cover che si sarebbe distinta, suscitando confusione e persino creando uno scenario di amore/odio, piuttosto che percorrere la solita strada con la scelta di una cover standard, che si fa dimenticare immediatamente dopo il primo sguardo.
Direi che il risultato è stato raggiunto in pieno, sia per quanto concerne il titolo che per la copertina. Questo è il vostro secondo album con Nick Holmes alla voce: Old Nick è stato più coinvolto nelle operazioni di songwriting rispetto al suo esordio?
Sì, questa volta abbiamo coinvolto Nick fin dall’inizio, discutendo con lui i temi e concetti. Alla fine ha scritto un sacco di testi e linee vocali per questo nuovo capitolo, quindi è arrivato ben più preparato al momento di entrare in studio per la registrazione. Quando abbiamo inciso ‘Grand Morbid Funeral’ si era appena riabituato al growl. Dopo un lustro, è di nuovo la sua seconda lingua, anche grazie al ritorno dei Paradise Lost alle loro radici doom.
Se Nick ormai è un membro rodato, un nuovo losco figuro ha fatto il proprio esordio nella line up: come siete entrati in contatto con Joakim Karlsson, noto per i suoi trascorsi nella black metal band svedese Craft?
Tutti i membri dei Bloodbath sono in realtà dei fan dei Craft. L’anno scorso abbiamo confidato a Joakim che stavamo pensando di intraprendere un percorso più vicino al black con i Bloodbath. Joakim, da parte sua, ha affermato che da sempre ama le sonorità del death metal old school che hanno contraddistinto i nostri lavori precedenti. Così, quando il ruolo di seconda chitarrista divenne vacante, decidemmo di darlo a Joakim e di incontrarci più o meno a metà dei nostri universi musicali, per creare un nuovo capitolo putrefatto della nostra saga.
Hai citato i Paradise Lost e i Craft. Tu sei coinvolto nei Katatonia. Immagino, che abbiate bisogno di pianificare con largo anticipo una pausa dai vostri progetti principali per registrare con i Bloodbath. Quanto è complicato coordinare tutti i vostri impegni?
Sì, è sempre una lotta destreggiarsi tra tutti i progetti, ed è questa la ragione principale per cui possono passare anche molti anni tra un album e l’altro. Se dipendesse da me, pubblicherei qualcosa molto più frequentemente. Ma guardiamo il lato positivo, almeno così alimentiamo, grazie all’attesa, una vera e propria fame di Bloodbath!
Ricordo che nelle tue prime interviste hai descritto i Bloodbath come una joke-band, nata durante una jam session tra ubriachi. Dopo 20 anni e 5 full-length, la tua percezione del gruppo è cambiata?
Non siamo più sicuramente uno scherzo e non lo siamo più stati sin dai giorni successivi alla registrazione del primo EP. Abbiamo mantenuto intatta la volontà di rendere omaggio alla vecchia scuola, e ci siamo riusciti, creando una nostra nicchia di fan!
Rimanendo in tema di vecchia scuola e di band cult, ‘Morbid Antichrist’ mi ricorda le prime cose dei miei compatrioti Necrodeath. Conosci questi pionieri del metallo estremo italiano?
Sì, ricordo i Necrodeath! Ho ben impresso il loro logo nella mia mente! Avevano un suono thrash molto oscuro e malvagio. Che ne è stato di questi ragazzi?
Sono ancora in attività e hanno tirato fuori nei mesi scorsi uno dei loro lavori migliori, ‘The Age Of Dead Christ’. Tornando a ‘The Arrow Of Satan Is Drawn’, cosa mi dici delle due tracce bonus?
Appaiono solo nell’edizione speciale, in versione 7″ Ep. Joakim ha scritto le due canzoni, per questo motivo contengono molti riff e beat che ricordano i Craft. ‘Ride the Waves of Fire’ tenta di raccontare la storia di una creatura indescrivibile che vive fuori dallo spazio e dal tempo che, con pazienza, si fa strada verso di noi! La fine dell’universo sta arrivando! ‘Wide Eyed Abandon’ parla di una tecnica chiamata “scafismo”, nota anche come “la tortura delle barche”. Questo era un antico metodo persiano di esecuzione – riportato da fonti storiche – che era stato ideato per provocare una morte molto dolorosa! Comportava l’intrappolamento della vittima all’interno di due barche, poste una sull’altra, dove veniva alimentata e coperta con latte e miele, in modo tale che fosse divorata, per settimane intere, lentamente dai parassiti.
I temi trattati in queste due tracce sono in linea con il pessimismo che permea l’intero lavoro. Il nostro è un mondo senza futuro?
Il destino del mondo è permeato dall’incertezza alimentata da un lento declino della nostra civiltà.
Passiamo ad argomenti più allegri: Jeff Walker (Carcass), Karl Willetts (Bolt Thrower/Memoriam) e John Walker (Cancer) sono le guest star dell’album. Come mai questa imponente iniezione di death metal britannico nei Bloodbath?
Beh, alla fine si è rivelata una cosa tutta “in famiglia”. Questi ospiti ci hanno permesso, senza ombra di dubbio, di mettere a segno un bel colpo a base di death metal britannico!
Conosco il tuo amore per il classico death metal svedese, ma mi piacerebbe sapere se ti piacciono le cose vecchie band made in Florida: Morbid Angel, Obituary…
Certo, le adoro fino alla morte! Morbid Angel, Death, Deicide, Obituary, Autopsy sono tutte vere e proprie leggende, e la mia lista potrebbe continuare…
Presumo che questa tua passione, alla lunga, ti abbia riempito casa di cd e vinili…
Non nascondo di essere stato ossessionato dal collezionare sia vinili che cd. Lo stesso valeva anche per videogiochi, film, libri, per non parlare delle chitarre. La situazione era fuori controllo! Ultimamente non sto collezionando nient’altro che esperienze e ricordi. Sto solo mantenendo un archivio fisico delle mie cose, ma cerco di resistere a qualsiasi altra tentazione.
La tua passione per il death metal della vecchia scuola è palese, ma cosa ne pensi di quello moderno?
Impressionante! Apprezzo anche la nuova scuola, più moderna e tecnica, ma non ho nessun ricordo nostalgico collegato a questo filone, quindi per me è meno “magico”.
Per ovvie ragioni, non avete mai avuto un’attività live particolarmente prolifica, per lo più concentrata sui grandi eventi: questa volta le cose andranno diversamente?
Per noi è impossibile girare in modo continuo e capillare, perché significherebbe avere dei session guest sempre con la valigia in mano, pronti per sostituire, di volta in volta, qualcuno di noi. I nostri impegni con le band principali sono costantemente in contrasto! Però, posso anticiparti che saremo presto in tour in Europa e, per la prima volta nella nostra carriera, in America.