Vinnie Paul & Rebel Meets Rebel – Clash with reality
Il 23/06/2018, di Fabio Magliano.
La notizia della scomparsa di Vinnie Paul si è abbattuta come un macigno sulla comunità metal mondiale, che perde un’altra delle sue figure più forti e carismatiche. Proprio come in quel maledetto 8 dicembre 2004 quando un folle pose fine alla vita del fratello di Vinnie, Dimebag Darrell, spegnendo per sempre la stella di una autentica icona del metal a stelle e strisce. Oggi i due fratelli si possono finalmente riabbracciare, mentre Metal Hammer Italia vuole rendere omaggio a Vinnie Paul pubblicando un’intervista datata 2004, una delle prime concesse dal drummer dopo la tragedia di Columbus, in occasione della pubblicazione postuma del progetto country/metal Rebel Meets Rebel.
La prima volta che mi trovai faccia a faccia con Vinnie Paul, fu nel 2000, in occasione della pubblicazione di ‘Reinventing The Steel’, canto del cigno di una delle più influenti metal band del globo. All’epoca ebbi l’impressione di trovarmi al cospetto di un mastodontico “cazzone”, molto più propenso alla risata e allo scherzo che non a parlare di musica, ed infatti molto presto la conversazione si spostò dal mondo dei Pantera a quello della goliardia, tra battute e racconti di “scommesse” al limite dell’umana sopportazione. Però tutto cambia, con il tempo. E se a far cambiare le cose ci si mette un destino bastardo, viene facile capire perché la persona che oggi risponde al telefono dal Texas è solo l’ombra sbiadita di quel “rozzo redneck” con il quale avevamo scherzato sette anni prima. Perché se dalla tragedia il batterista ha saputo fisicamente riprendersi anche grazie alla vicinanza di preziosi amici/colleghi, mentalmente la ferita continua a rimanere aperta, per questo motivo Vinnie Paul oggi è un muro impenetrabile che a tratti rasenta l’apatia, destinato a sciogliersi solo in parte quando il discorso, aggirando i paletti imposti in precedenza dall’ufficio stampa, viene fatto cadere sul compianto fratello. Un tasto pigiato non per cinismo, ma perché impossibile non parlare del grande Dimebag quando ad essere promosso è il progetto country/metal Rebel Meets Rebel, alla luce di quanto accaduto autentico testamento musicale dell’esplosivo chitarrista texano…
Voci legate al progetto Rebel Meets Rebel hanno iniziato a circolare già nel lontano 1998, eppure solo adesso viene lanciato sul mercato. Cos’è che ti ha spinto oggi ad andarlo a tirare fuori dal cassetto?
“(Vinnie Paul) Il progetto è nato quasi per scherzo, era da tempo che io e Dime volevamo fare qualcosa con David Allan Coe, perciò non appena abbiamo avuto l’occasione abbiamo inciso qualcosa. E’ stata una cosa talmente concepita in relax che in brevissimo tempo ci siamo trovati con un disco pronto. L’idea era quella di farlo uscire in un periodo morto della nostra carriera, però quasi subito ci siamo trovati a dover lanciare i Damageplan e questo ci ha tolto dalla testa ogni pensiero legato ad altri progetti. Dopo quanto accaduto due anni fa, però, mi è sembrato giusto andare a tirarlo fuori dal cassetto perché era una delle ultime testimonianze su disco di mio fratello ma soprattutto perché vede Dime decisamente in palla. Per il progetto Rebel Meets Rebel Dime ha inciso alcune parti di chitarra davvero ottime, quindi perché non renderlo disponibile a tutti? Appena ho varato la mia etichetta discografica personale, la Big Vin, ho fatto uscire il disco sul mercato americano e qui ha ricevuto ottimi responsi, quindi mi sono dato da fare per trovare una distribuzione anche in Europa imbattendomi nei ragazzi della Locomotive che subito hanno creduto in questo disco. E a giudicare da come stanno andando le cose non posso che essere soddisfatto”
Hai affermato di aver dato vita a questo progetto quasi per scherzo. Visto che è nato in un periodo abbastanza travagliato per i Pantera, pensi si possa vedere in esso un mezzo per “staccare la spina” e voltare per un attimo pagina da quanto sempre fatto con la vostra band madre?
“Negli anni con i Pantera ci siamo costruiti una certa fama e una buona credibilità, e questa sicurezza ci ha resi anche un po’ incoscienti e parecchio curiosi. E una cosa che ci incuriosiva tantissimo era vedere come la nostra musica si sarebbe potuta fondere con uno stile che, con il metal, non c’entrava nulla. Forse è la prima volta che una metal band metteva su un progetto simile, però volevamo proprio vedere come un cantante come David Allan Coe si sarebbe calato nella nostra realtà, quindi non ci siamo fatti troppe domande e abbiamo fatto semplicemente quello che ci andava di fare”.
Peculiarità di questo disco è proprio la voce di David Allan Coe. E’ stato complicato farlo calare in una realtà così distante da lui come quella del metal?
“No, non è stato affatto difficile, anzi. David ha sempre ascoltato la nostra musica, aveva nelle sue corde certe sonorità, e anche noi non ci siamo mai tirati indietro quando si trattava mettere su un disco country, quindi si è trattato solamente di fare congiungere due elementi che per loro natura si attiravano da sempre. La cosa migliore di questo progetto è il fatto che alla fine nessuno di noi è uscito sfigurato e tanto meno si è piegato all’altra parte. David ha continuato a cantare country senza cercare di diventare un cantante metal, e noi abbiamo suonato metal senza venderci al country”.
Guardando questo progetto con occhio critico, come giudichi la performance di David Allan Coe e cosa più ti piace di essa?
“E’ vero, David non c’entra nulla con il metal, ma questo non conta, perché lui è un cantante molto istintivo, non sta a pensare troppo su come deve cantare ma pare muoversi seguendo unicamente il cuore, e infatti non c’è stato bisogno di incidere venti volte le voci, ha praticamente improvvisato ma tutto gli è venuto maledettamente bene. Cosa mi piace di lui? La sua voce e il marchio che riesce ad imprimere ad ogni disco al quale lavora. Pur non facendo nulla di particolare riesce a risultare inconfondibile e a dare una grande personalità al disco”.
Anche se oggi stiamo parlando dei Rebel Meets Rebel, la tua attuale priorità si chiama Hellyeah (band composta, oltre che da Vinnie Paul, da membri di Mudvayne, Nothingface e Danzig, il cui omonimo disco ha recentemente visto la luce N.d.A)…
“Vero, dopo tutto la musica ha sempre fatto parte della mia vita e nonostante quanto successo quel giorno, ho cercato quasi subito di rimettermi in piedi e di ricominciare a suonare. Era da tempo che alcuni ragazzi dei Mudvayne e dei Nothingface parlavano di fare qualcosa insieme, poi quando hanno deciso di fare le cose più seriamente e di mettere su una band Jerry (Montano, bassista già con Danzig/Nothingface N.d.A), che è anche un mio grande amico, mi ha proposto di unirmi al gruppo. Subito ho rifiutato perché avevo da badare alla mia casa discografica e al disco dei Rebel Meets Rebel, poi visto che insisteva ho ascoltato qualcosa e quel qualcosa mi ha fulminato. Roba così fresca non la sentivo dai tempi dei primi Pantera, poi la chimica tra i membri del gruppo è qualcosa di incredibile. In soli otto giorni abbiamo praticamente tirato giù tutto il materiale poi finito su disco e trovato il nome alla band. E’ pura attitudine, è voglia di spaccare il culo senza compromessi”
Possiamo affermare che gli Hellyeah sono il tuo vero, nuovo punto di partenza?
“Certo che lo è. Quando la tua vita viene stravolta in un modo così drammatico rimani per alcuni mesi che fatichi anche a renderti conto in che stanza della casa ti trovi. Io da un giorno all’altro mi sono ritrovato ‘indipendente’, e non è stato facile, perché sin da quando ero un ragazzino tutto ciò che facevo sopra e fuori dal palco lo facevo con Dime, quindi trovarmi a muovermi senza una persona così a fianco è stato traumatico. Però poi ho capito che in un modo o nell’altro dovevo mettere la testa fuori dal guscio, e allora perché non farlo nell’unico modo che conoscevo bene, cioè suonando? Gli Hellyeah sono semplicemente il primo passo fatto solamente con le mie gambe”
Quanto pesavano le tue bacchette la prima volta che ti sei trovato a suonare la batteria dopo la tragedia?
“Tanto, ma non avevo altra scelta. Quando hai un incidente in macchina si dice che la cosa migliore sia tornare subito a guidare, lo stesso è stato per me. Ho avuto a fianco cari amici come Zakk Wylde, i ragazzi dei Disturbed, Sammy Haggar…che mi hanno preso quasi a forza e mi hanno fatto subito suonare, facendomi capire che la tragedia mi aveva portato via Dime, che era una parte importante della mia vita, ma anche la musica lo era, e questa nessuno potrà togliermela”.
Non hai paura, oggi, a suonare dal vivo?
“Fuck, no. Se avessi paura smetterei di vivere, perché dopo ciò che è successo dovrei guardarmi alle spalle in ogni istante della mia esistenza, e invece preferisco guardare avanti. E’destino. Quello che è successo è avvenuto nonostante la security e mille misure di sicurezza, perché per un destino bastardo doveva semplicemente succedere. Oggi preferisco lasciare che le cose vadano come devono andare e badare alla mia vita giorno dopo giorno, cercando di impedire a quella tragedia di rovinarmi l’esistenza più di quanto non abbia già fatto”.
Di solito quando tragedie come queste avvengono, i sopravvissuti si chiedono ‘Perché? Perché proprio a me?’. Hai già trovato una risposta a questa domanda?
“(Sospirando con rassegnazione) No, e non so quanto mi interessi cercarla. A cosa serve? Quello che è accaduto non ha spiegazione, e forse non ce l’avrà mai visto che l’unica persona che conosceva le ragioni di questa assurdità non è più di questo mondo. Tutto il resto è speculazione, discorsi inutili che non portano a nulla, quindi perché sprecare fiato? Tanto le cose non potranno più cambiare”
Torniamo per un istante agli Hellyeah: pensi sia possibile tracciare un parallelo tra quanto proposto dalla tua nuova band e quanto suonato in passato con Pantera prima e Damageplan, poi?
”Non mi piace fare paragoni perché ho avuto modo di suonare con due delle più grandi rock band del globo e per una questione di rispetto non voglio tirare in ballo certi paragoni. Non ne ho fatti tra Pantera e Damageplan e tanto meno li voglio fare oggi. Posso dirti che vogliamo rompere più culi possibile e diventare sempre più grandi, però mi fermo qui. Certo, ognuno di noi ha portato in questa band le esperienze passate con Pantera, Damageplan, Mudvayne, Nothingface…però gli Hellyeah rimangono una band originale e dannatamente fresca completamente indipendente da quanto fatto negli anni scorsi”.
Oltre a suonare curi attivamente la tua casa discografica. Come ci si sente ad essere “dall’altra parte della barricata”?
“E’ strano perché se vuoi fare questo lavoro seriamente di tempo libero te ne rimane proprio poco. Una volta avevo persone che lavoravano per me, oggi sono io che fisso le interviste per me stesso, curo la distribuzione dei miei dischi, tratto con i distributori, curo i rapporti con radio e televisioni per la promozione…c’è un lavoro mastodontico dietro che prima manco immaginavo, però da tutto questo sto imparando molto e certamente mi si è spalancato davanti un mondo nuovo. Al momento sto curando unicamente uscite discografiche legate alla mia persona, però visto come stanno andando le cose penso che mi amplierò presto tanto che conto di fare uscire nel prossimo inverno alcune band giovani ma di grande talento”
Ma perché hai deciso di compiere questo passo?
“Perché in alcuni frangenti conviene. Prendi il disco dei Rebel Meets Rebel: quando andai a proporlo all’Elektra mi dissero che non erano interessati a questo tipo di prodotto. Capii quindi che, forse, con i tempi che corrono, la cosa migliore era creare un’etichetta tutta mia e curare i miei prodotti come volevo io, cercando da me i migliori distributori e rendendo la mia band una priorità e non solo un numero in catalogo. Credo che questa sia stata una delle scelte più azzeccate tra quelle fatte in carriera”
Allora forse un giorno vedremo anche i nostri Lacuna Coil incidere per la Big Vin Records… So che hai una predilezione per la band italiana…
“Sì, hai proprio ragione, ma non credo proprio che chi li ha sotto contratto se li lascerà scappare tanto facilmente! A parte le battute, ho un grande rispetto per i Lacuna Coil, sono dei ragazzi seri che hanno saputo rimboccarsi le maniche e guadagnare il successo lavorando duro senza avere fretta e facendo sempre i passi giusti. Musicalmente sono freschi, originali, penso abbiano molto da dire, ma ciò che ha permesso loro di conquistarsi il mio rispetto è il fatto che sono principalmente ottime persone”.
Proprio i Lacuna Coil non perdono occasione di parlare con entusiasmo di quando sono stati ospiti del tuo strip bar. Sei ancora proprietario di quel club?
“Certo che ho ancora il club a Dallas. Ormai il Clubhouse è diventato un’istituzione tra tutte le rock band, e chiunque si trovi a suonare in America un salto al locale lo fa sempre. Perché è vero che dentro ci sono tante belle ragazze, ma principalmente è un locale rock, c’è ottima musica, gente cool e ogni pretesto è buono per trasformare la serata in un party selvaggio”.